Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 EPATITI E CIRROSI MARCATORI DELLE EPATITI HBsAb1 HBeAb1 HBVDNA2 HBs HBe HBc Infezione con ceppo selvaggio (non mutato) (1) + + IgM - - + a (1) in guarigione + - - + - b (1) guarigione recente Epatitico cronico + + + - IgM IgG IgG IgG IgG + - + + + + c d + - IgG - + - f Infezione con ceppo e minus (solitamente in individui affetti da epatite cronica) Guarigione dall’infezione generale, con capacità di sintetizzare l’antigene s Nota e Vi ho detto la volta scorsa che le epatiti croniche sono malattie infiammatorie croniche del fegato che durano da più di sei mesi. L’eziologia è in gran parte dei casi virali, meno comune immunitaria e da farmaci. Bisogna saper interpretare i marcatori delle epatite (vedi Tabella sovrastante): a. Questo è l’individuo che si è infettato, sta facendo la malattia ed è in fase acuta. Tenete presente che non possono essere positivi o negativi sia l’antigene che il rispettivo anticorpo, perché la ricerca nel siero è stechiometrica: ovvero se una persona risulta positiva per un dato antigene vuol dire che le molecole di antigene saranno in eccesso rispetto alle molecole del suo anticorpo e viceversa. L’anticorpo si titolala con l’antigene e l’antigene con l’anticorpo. Noi non possiamo tenere conto dei complessi antigene-anticorpo, i quali è come se si annullassero. 2 Solitamente la ricerca dell’HBV-DNA si fa alla fine. 1 1 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 b. Nel 96% degli adulti la situazione (1) va incontro a guarigione. L’individuo inizia a perdere per primo l’antigene e. c. La guarigione diventa più definitiva. Sierologicamente la guarigione recente è caratterizzata delle presenza dei tre anticorpi (contro l’antigene core, l’antigene s e l’antigene e). Tali anticorpi in mancanza di uno stimolo antigenico tendono a scomparire, con una sequenza ben definita, che è dipendente dalla potenza antigenica di ogni singolo antigene: quello più potente è l’antigene core. L’anticorpo anti-core si mantiene per tutta la vita. Il primo anticorpo ad andarsene è l’anticorpo antiantigene e (l’antigene e è debole), esso si perde dopo mesi, massimo un anno. Mentre l’anticorpo anti-antigene s si perde dopo alcuni anni (l’antigene s è un antigene medio, viene usato per la vaccinazione, ecco perché questa si deve ripetere). Il guarito fin da quando perde l’antigene diventa HBV-DNA negativo. d. L’individuo (1) che non è guarito (e che rimane infettato dal virus di ceppo selvaggio) diventa epatitico cronico. e. Alla situazione descritta al punto d, può sopraggiungere una popolazione virale mutata, ovvero il mutante e minus, cioè che ha perso l’antigene e. Questa situazione è quella che si trova in Italia nella grande maggioranza degli individui affetti da epatite B cronica. Questa situazione non è stabile: nell’infezione cronica da virus B con presenza del ceppo mutante, ci può essere ancora, in maniera occulta, il virus selvaggio. Ne è prova un fatto: non si perde mai l’anticorpo anti-antigene e, il quale essendo un anticoro prodotto contro un antigene debole, deve esserci sempre una stimolazione, seppure molto bassa. Quando c’è la mutazione dal ceppo selvaggio che produce l’antigene e al ceppo che non lo produce vuol dire che il 99% delle particelle virali saranno quelle mutate. Tuttavia all’improvviso, in maniera intermittente c’è una gittata di virus selvaggio che viene prodotto. Mentre il ceppo mutante è poco stimolante sul sistema immune, quindi provoca poca risposta immunitaria (che consiste nella distruzione cellulo-mediata delle cellule epatiche) il ceppo selvaggio risulta essere un bersaglio molto più visibile. Allora, ogni volta che viene fuori il ceppo selvaggio, il sistema immune se ne accorge, e massivamente distrugge le cellule epatiche che lo contengono. Questo vuol dire che nel decorso dell’epatite B cronica le transaminasi in presenza del solo ceppo mutato sono normali o solo di pochissimo aumentate, ma appena esce fuori il virus selvaggio c’è una riacutizzazione della malattia: sono una serie di successioni acute nel decorso della malattia cronica. Queste successioni sono importanti, perché sono il momento in cui dobbiamo aiutare il paziente a liberarsi del virus tramite stimolazione del sistema immune. f. Esiste un’altra maniera di guarire dall’epatite B cronica: è possibile che, sotto la pressione immunologica, l’infezione guarisca, cioè l’individuo non risulta più capace di produrre l’intero virus; tuttavia, pur essendo 2 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 HBV-DNA negativo, continua a mantenere nella cellula epatica quella parte del genoma virale che fa sintetizzare l’antigene s. Questo individuo è guarito dall’infezione, ma è ancora capace di sintetizzare l’antigene s. Cosa può succedere a questo individuo? Può prendere la sovra-infezione Delta [da HDV]. Pertanto, in un individuo di questo genere, prima di dire che è diventato sano, dobbiamo guardare se ha l’antigene Delta (e quindi fare la ricerca per l’antigene Delta, anticorpo anti-antigene Delta e HDV-RNA). I virologi dicono che di una infezione da virus a DNA non ci si libera mai. Cioè il genoma virale si mantiene in alcune cellule epatiche in quantità infinitivamente basse. Quindi un minimo di infezione occulta probabilmente esiste sempre. L’infezione occulta da virus B è stata trovata in un grosso numero di individui con epatocarcinoma (figura 1), pur essendo ufficialmente guariti dall’epatite B. La carcinogenesi indotta dal virus può essere importante anche negli individui clinicamente dichiarati guariti e che non producono quindi più niente, nemmeno il DNA. Figura 1. Epatocarcinoma. Immagine macroscopica ed immagine microscopica. L’infezione da virus Delta non si accompagna mai all’infezione antigene e positiva, ma a quella e negativa, sia nel caso della doppia popolazione (ceppo selvaggio/ceppo e minus), sia nel caso di antigene s positivo senza presenza di HBV-DNA. L’epatite C, grande cruccio dell’epatologia, fu diagnosticata per la prima volta nel 1988, grazie alla ricerca dell’anticorpo anti-HCV. Trovare l’anticorpo contro l’epatite C ha significato ben diverso che trovare la positività per l’HBV: nel caso di epatite B si ha una guarigione nel 96% di probabilità di guarigione, mentre nel caso dell’epatite C la guarigione scende drasticamente sotto il 20%. Dopo qualche anno è stato possibile avere il genoma virale: HCV-RNA. Se un individuo aveva gli anticorpi (anti-HCV) presenti e le transaminasi alte, nel 100% dei casi si trovava il virus. Nel gruppo con transaminasi normali c’erano: 3 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 - 50% di individui che rappresenta il gruppo che era guarito (il 20% degli infettati). - 50% di individui che avevano il virus nonostante avessero le transaminasi normali. Quindi le transaminasi normali non sono garanzia di non avere l’epatite. Questo concetto vale anche nel caso dell’epatite B. Quando è venuta fuori la possibilità di identificare il virus dell’epatite B (fine anni ’60, inizio anni ’70) si era pensato di identificare come portatore sano l’individuo che aveva l’antigene s e le transaminasi normali. Andando a bioptizzare questi individui si era visto che i veri portatori erano intorno al 20-25%. Il 50% erano epatitici cronici, mentre il restante 25% erano addirittura già cirrotici. Quindi l’evidenza sicura è che in presenza del virus e di transaminasi normali solo la biopsia epatica vi dice se vi trovate davanti ad uno che non ha un danno epatico significativo oppure a uno che ha un danno evoluto. Le transaminasi elevate vi testimoniano che c’è un processo epatitico attivo; le transaminasi normali non vi dicono, né nell’epatite B né nella C, che l’individuo abbia un processo epatitico insignificante, quindi la biopsia è più necessaria nell’individuo col virus e transaminasi normali, rispetto alla situazione in cui l’individuo abbia il virus e le transaminasi elevate. Nel caso di epatite C guarisce il 50% dei pazienti. Per quanto riguarda l’epatite B guariscono in modo definitivo solo il 20% degli infetti; i restanti soggetti che non guariscono vengono tenuti sotto controllo, con una situazione non evolutiva che rimane tale per molti anni (come per l’HIV). Come avviene il contagio di questi virus? Le infezioni di tipo parenterale si trasmettono col sangue, con gli strumenti contaminati dal sangue, al momento del parto (la placenta normalmente è impenetrabile al virus) e per via sessuale (il virus B si trasmette eccezionalmente bene, mentre il virus C lo è molto di meno: i partner di coppia di un soggetto HCV positivo sono per l’80% HCV negativi). L’incidenza dell’infezione da HCV nei famigliari di soggetti infetti è del 5%, rispetto all’1% della popolazione generale. Per l’epatite B esiste la vaccinazione, mentre non esiste per la C. Discorso particolare è la vaccinazione contro HAV: il consiglio del professore è quello di vaccinarsi. Nell’epatitico cronico, una epatite acuta di tipo A è un evento gravato di epatite fulminante, o comunque un aggravamento della situazione. Dell’epatite E bisogna ricordarsi che esiste, particolarmente nel terzo mondo; per una donna incinta si ha una mortalità del 20% per la madre. L’epatiti autoimmuni non sono mai non-evolutive, cioè sono sempre epatiti attive; la loro prognosi è buona in una percentuale elevata di casi. Come avviene l’evoluzione a cirrosi? Perché per tanto tempo si riesce a mantenere un’architettura e una situazione epatica buona, e poi a un certo punto le cose cambiano? Cosa ha un cirrotico di diverso da quello che ha un epatitico cronico? Tante cose le sappiamo, tante altre no! La longevità del fegato è legata ad una qualità “prometeica” del fegato stesso (figura2). Il nostro fegato è capace di rimpiazzare sia le cellule che muoiono 4 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 normalmente nell’individuo normale, sia eventualmente quelle che vengono perse a causa di atre situazione che esulano dal normale turn-over cellulare. Figura 2. Mito di Prometeo. Le cellule epatiche vengono assomigliate alle mattonelle di un pavimento: se le perdite sono poche, a ripararle interviene un artigiano solo, che riporta la situazione allo status quo ante. Quando le perdite sono molte, è come se venissero fuori due artigiani: oltre a quello già detto, interviene un altro che non riporta la situazione allo stato precedente, ma ripara per fibrosi. Nella storia clinica di una malattia cronica di fegato, si assiste progressivamente alla riduzione della massa di cellule epatiche e all’aumento del connettivo cicatriziale. La fibrosi cicatriziale è un evento progressivo nel corso delle epatopatie croniche, tuttavia questo non vi deve far pensare che il connettivo sia un tessuto eterno. Il connettivo, come l’osso, nell’individuo vivo si rinnova, nel senso che è fatto di fibre che hanno una vita breve (di pochi giorni), di fibre che hanno vita intermedia (qualche settimana) e di quelle che hanno vita lunga (150 giorni). Esiste quindi una sintesi del connettivo, che è di secrezione extracellulare ad opera dei fibroblasti. Le fibre dopo essere secrete vanno incontro a processi di stabilizzazione, ma poi anche di degradazione ad opera di collegenasi. Il processo è quindi dinamico, infatti voi dovere sapere che una delle frontiere dell’epatologia è di cercare di capire se riusciremo ad interferire positivamente in esso, e quindi ridurre la fibrogenesi. Nel fegato la fibrogenesi avviene dalle cellule di Ito o cellule accumulanti grasso (figura 3). Nella posizione di riposo immagazzinano grassi, specialmente le vitamine liposolubili A, E e D. Sono cellule peri-sinusoidale. Quando ricevono uno stimolo dalle citochine prodotte dalla necrosi e dall’infiammazione queste cellule si differenziano in fibroblasti e producono collagene. La produzione di fibre collagene ostacola la rigenerazione del fegato secondo la sua normale architettura, tuttavia a seconda di dove si deposita il collegane l’effetto non è ugualmente devastante: per esempio l’infiammazione degli spazi portali con una fibrosi prevalentemente in essi non è poi così tragico. Lo è di più a livello centrolobulare e intralobulare. La fibrosi 5 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 degli spazi portali non altera la struttura del lobulo e non incide moltissimo sulla pressione portale. Figura 3. Immagine schematica di una sezione istologica del fegato. E’ molto più facile, con la fibrosi (figura 4), far aumentare la pressione portale se questa non è pre-sinusoidale, cioè nello spazio portale, ma è post-sinusoidale, cioè a livello della vena centrolobulare, perché il sangue rallenta nel passare dalla periferia del lobulo al suo centro. Figura 4. Estesa fibrosi epatica. La somma dei calibri delle vene centrolobulari è molto più piccola rispetto alla somma dei calibri delle vene portali. Quindi mettendo uno ostacolo all’uscita si arreca molto più danno che all’ingresso, quindi la fibrosi peri-centrale è molto più importante. Il danno epatico da alcol si verifica specialmente a livello centrolobulare e pertanto lo stimolo alla fibrosi si ha specialmente a livello pericentrale. Un’altra 6 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 fibrosi tragica è quella intralobulare, perché va a formare una zolla di cicatrice che altera completamente la struttura normale, che presenta fibre collagene in quantità minima, condizionando la formazione dei cosiddetti pseudolobuli, ovvero quei lobuli che non hanno più una architettura tale per cui si mantiene una normale perfusione dalla periferia verso il centro del lobulo. Il patrimonio di cellule che rigenerano senza la giusta struttura è tale che possiedono funzioni ridotte. Quindi la fibrosi fa danno specialmente quando scompagina il lobulo Figura 5. Pseudolobuli nel fegato. La differenza tra una epatite cronica e una cirrosi è data dalla pseudolobulazione. La fibrosi invece è presente sia nell’epatite cronica sia nella cirrosi. Si diventa cirrotici nel momento in cui si formano gli pseudolobuli. Il tempo con cui si passa dalla fibrosi alla cirrosi può essere lunghissimo (30 anni), ma mediamente è di 5-10 anni. Fino a quando l’epatite cronica non diventa cirrosi, i suoi sintomi sono abitualmente zero. A volte, nell’epatite cronica, ci posso essere dei sintomi che però non sono epatici, ma extra-epatici e dipendono dalla presenza di un’infezione cronica, ovvero dall’interazione tra agente esogeno e sistema immune. Una delle malattie che prima era considerata essenziale, e che adesso si trova associata nella grande maggioranza dei casi alle epatiti B e C, è la crioglobulinemia. Le crioglobuline sono proteine che precipitano a 4°C, le quali risultano essere dei complessi antigene-anticorpo (nel caso di epatiti croniche gli antigeni sono quelli virali). Questi complessi immuni hanno una dannosità legata alle loro dimensioni, che sono paragonabili a quelli dei pori delle membrane biologiche. I deficit di funzione epatica iniziano a manifestarsi nella cirrosi epatica scompensata. Il fegato normale è morbido, mentre il fegato cirrotico è duro per via del connettivo. Non esistono mezzi diagnostici indiretti per dire quanto è evoluta la strada tra l’epatite cronica e la progressiva connettivizzazione epatica (figura 6). La cirrosi è un processo che non avviene in maniera simmetrica in tutto il fegato. Nella cirrosi epatica aumenta le resistenze al flusso a causa della fibrosi, questo determina l’instaurarsi lentamente di una ipertensione portale. Quindi si sviluppano dei circoli collaterali: lombari, circolo del Retzius, sottomucoso esofageo e emorroidario, ecc. 7 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 Per quanto riguarda il plesso emorroidario importanti sono solo le manifestazioni sintomatologiche: le emorroidi (vedi figura 7), che in un paziente cirrotico non vano operate. Figura 6. Fegato cirrotico. Figura 7. Emorroidi. Una rottura di una varice emorroidaria non è un grave danno, poiché è molto facile legarle. Discorso ben diverso si ha quando vanno incontro a rottura le varici esofagee (figura 8). Figura 8. Varici esofagee (immagine endoscopica). 8 Gastroenterologia – Prof. Bombardieri 27/10/2006 – ore 9.00/11.00 La rottura delle varici esofagee è da scoppio, non da erosione (raramente si ha una esofagite erosiva dovuta a reflussi gastrici). L’evento è drammatico, da luogo a ematemesi e melena. Questo evento ha una mortalità non piccola ed inoltre va frequentemente incontro a recidive. Con l’endoscopia si può valutare l’eventuale tendenza a sanguinare delle varici esofagee: si guarda la percentuale di lume esofageo occupato ed il colore della varice (biancastra varice piccola, blu varice più grossa, segni rossi sulla varice blu punti dove la distanza tra lume interno dell’esofago e il flusso sanguigno all’interno della vena è brevissima). L’ematemesi e la melena nel cirrotico non sono dovuti esclusivamente alla rottura delle varici esofagee. In un cirrotico ancora ben compensato (epaticamente), il 50% delle emorragie che si manifestano con ematemesi o melena derivano da emorragie a livello dello stomaco, la cosiddetta gastropatia congestizio erosiva: le vene dello stomaco hanno una pressione che passa da 7/8 mmHg a 30/35 mmHg; la mucosa gastrica risulta edematosa e questo provoca una distrofia, quindi la pur normale secrezione acida agisce sulla ridotta resistenza della mucosa gastrica (per ridotto trofismo, dovuto alla stasi venosa cronica) provocando una gastropatia erosiva, con trasudazione di sangue tanto importante da poter diventare una emorragia acuta come quella che si ha in caso di rottura delle varici esofagee. Ringraziamenti… pochi, ma buoni: ‘more: per ogni istante che mi sei stata vicina, per ogni volta che mi hai consolato, per ogni momento in cui mi hai dato forza, per ogni occasione in cui mi fatto sentire speciale, per ogni giorno che rendi magico… io dico GRAZIE! Non c’è persona più bella che io potessi desiderare, più speciale che Dio potesse mettere sulla terra… semplicemente UNICA! Lara: l’amore che mostri per Barbara è qualcosa di unico e raro, non c’è persona più bella che io potessi desiderare come metà per lei… ricordati però che non ti devi far mettere i piedi in faccia. Silvia: … che dire, tanto sai già tutto! Ah, una cosa: non incaponirti (sai a cosa mi riferisco), che prima o poi tutto si aggiusta. Chiara: un grazie speciale per una vera sorella di vita. Ricordati che a volte le persone non meritano (ogni riferimento è puramente casuale). Irma + Ida: la medicina siete voi… un grazie di cuore a due amiche vere (cosa ormai rara). Davide: archimandrita (vedere Dante, Divina Commedia, per maggiori dettagli). A tutti i medici in carriera un imbocca al lupo per i successi futuri, specialmente a chi non si monta la testa e sa rimanere con i piedi per terra. Vabbè adesso sò stanco. Francesco Pennestrì 9