Diapositiva 1 - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"

Colture Cellulari
Le colture preparate direttamente da un tessuto si dicono colture primarie; le cellule isolate da un
qualsiasi tessuto animale sono in grado di compiere un numero finito di divisioni cellulari in vitro,
dopodiché vanno incontro a degenerazione e morte. Tale fenomeno avviene indipendentemente
dalla presenza di metaboliti appropriati per la crescita e si indica come senescenza.
In genere il numero di “cicli” che una cellula è in grado di effettuare in vitro dipende dall’età
dell’animale.
Le linee cellulari continue derivano da singole cellule in cui mutazioni spontanee o indotte hanno
annullato il programma genetico della senescenza.
Si dicono perciò immortali: proliferano in modo continuo in presenza degli opportuni metaboliti.
Molte linee cellulari continue sono state ottenute a partire da tessuti tumorali (es HeLa).
Le cellule trasformate , invece, presentano caratteristiche simili alle cellule cancerose: sono
immortali, proliferano in vitro fino a raggiungere una densità maggiore delle cellule normali e,
spesso, crescono senza aderire ad alcuna superficie.
Le colture si distinguono a seconda che le cellule siano in sospensione o aderenti.
Le cellule di origine emopoietica, che normalmente crescono in mezzo fluido, crescono in sospensione
e si moltiplicano in vitro senza aderire.
Le cellule che, invece, fanno parte di tessuti solidi crescono in vitro aderendo alla superficie delle
piastre da coltura.
Cellule confluenti in monosrato (100 x magnification) L929 mouse fibroblast cells.
La crescita delle cellule in vitro viene assicurata dalla presenza di elementi nutritivi
di base (glucosio, aminoacidi, sali minerali) e fattori di crescita (presenti nel siero)
Terreni per colture
I terreni usati per le colture cellulari (BME; MEM; DMEM; …)differiscono tra loro per il contenuto in
amminoacidi e sali, e per la concentrazione di glucosio. La composizione esatta dei singoli terreni ed il
tipo di terreno adatto per una data linea cellulare viene di solito specificato dalla ditta produttrice.
Per la crescita, le cellule richiedono un valore di pH del mezzo compreso tra 7.2 e 7.4.
Per mantenere costante tale valore di pH, si ricorre per lo più ad incubatori con una fase gassosa
contenente il 5% di CO2 e terreni contenenti NaHCO3.
In soluzione acquosa il bicarbonato dissocia va incontro ad idrolisi (tende a riformare l’acido debole di
partenza).
La CO2 presente nell’incubatore tende a controbilanciare questo aumento, mantenendo così il giusto pH
del terreno.
Per avere un indicazione visiva del pH, i terreni vengono addizionati di rosso fenolo, un indicatore che ha
un colore rosso-arancio a pH 7,3, vira al gialloarancio a pH acido e al rosso viola a pH alcalino.
Con il proliferare della crescita cellulare, in incubatore al 5% di CO2, il terreno tenderà al giallo a causa
dell’acidificazione prodotta dal metabolismo cellulare. Se le piastre tenute in incubatore, invece, virano al
violaceo, significa che la regolazione della CO2 del macchinario è errata oppure che le cellule stanno
morendo (non sono metabolicamente attive).
I terreni liquidi normalmente non contengono antibiotici, siero e Lglutamina, perché instabili; questi
composti vanno perciò aggiunti prima dell’uso. Il siero è una miscela complessa di proteine plasmatiche,
fattori di crescita, minerali … Il siero di uso più comune nelle colture cellulari è il siero fetale bovino o di
vitello (FBS o FCS).
Controllo contaminazione
Pur operando in condizioni di sterilità, lavorando con le colture cellulari c’è sempre rischio di
contaminazione da parte di batteri, funghi, micoplasmi e virus. Mentre la contaminazione da batteri e
miceti è facilmente identificabile (provoca un intorbidimento del terreno), quella da virus e da micoplasmi
è più difficile da identificare (tranne che si riscontri un effetto citopatico).
Per ridurre il rischi di contaminazioni, perciò, vengono aggiunti ai terreni da coltura degli agenti
antibiotici (penicillina, streptomicina, kanamicina,…) e antimicotici (anfotericina B,…).
Precauzioni per la prevenzione delle contaminazioni
Per prevenire le contaminazioni occorre seguire alcune regole:
1)i terreni e le soluzioni che si usano devono essere tutti sterili;
2)si aggiunge penicillina-streptomicina per evitare contaminazioni da batteri; anfotericina B (se non
tossica per le cellule) contro i miceti;
3) si destina un laboratorio solo alle colture cellulari;
4) si opera sempre sotto cappa a flusso laminare;
5) si utilizza solo materiale sterile (di vetro o di plastica);
6) si utilizzano pipettatori elettrici;
7) la cappa va pulita a inizio e fine lavoro;
8) i filtri della cappa vanno periodicamente controllati;
9) l’incubatore va pulito periodicamente;
Piastre da coltura
In commercio sono disponibili piastre per colture cellulari e piastre per batteriologia (queste utilizzabili
anche per la coltura di cellule in sospensione). Sono tutte in polistirene, ma la superficie delle piastre da
coltura è trattata chimicamente in modo da renderla idrofila e carica negativamente: il polistirene è, in tal
modo, capace di legare i fattori di adesione.
.
Conta delle cellule
Prima del conteggio si devono staccare le cellule dalla piastra e eliminare gli aggregati cellulari mediante
trattamento enzimatico o chimico (es. tripsina, EDTA). La conta del numero di cellule in genere si effettua
con la camera di Burker.
Questa è costituita da un vetro spesso, in cui è ricavata una camera capillare, la parete superiore della camera
è costituita da un vetrino bloccato da due graffe laterali.
Al microscopio diventano evidenti una serie di linee ortogonali tra loro, che definiscono una serie di aree e,
quindi, di volumi.
Per effettuare il conteggio:
dopo aver pulito la camera, montata correttamente, depositato un dato volume di cellule, al microscopio si
contano le cellule presenti nei quadrati delimitati da una doppia barra e quelle presenti su due lati dello stesso
quadrato (non si contano, invece, quelle su gli altri due lati).
Si ripete la conta per almeno tre quadrati, si fa una media del numero di cellule contate e si ricava il numero
totale di cellule moltiplicando il numero ottenuto per 25x10 4; si corregge poi per il volume totale della
sospensione (il numero che si ottiene è riferito, altrimenti, ad 1ml).
Test di vitalità delle cellule
Per discriminare tra le cellule vive e quelle morte si ricorre all’uso di Tripan blue (colorante che viene
assunto solo dalle cellule morte).
Le cellule vengono risospese in PBS, aggiunto il colorante e lasciate qualche minuto a temperatura ambiente.
Si contano in camera di Burker. In tal modo si ricava la percentuale di cellule morte presenti nel campione
esaminato.
Colture di cellule aderenti
Le cellule aderenti crescono fino ad occupare l’intera superficie disponibile: a questo stadio si dicono
confluenti. A confluenza la crescita si arresta e le cellule devono essere staccate e trasferite in nuove piastre.
A) Per il trasferimento si ricorre all’uso di EDTA (chela Ca2+ e Mg2+, indispensabili per l’adesione) e/o di
tripsina (degrada le proteine della matrice).
B) Avvenuto il distacco l’azione dell’EDTA e della tripsina viene neutralizzata dall’aggiunta di nuovo
mezzo di coltura che contiene cationi divalenti in eccesso ed inibitori della tripsina.
C) Le cellule vengono quindi contate e seminate in nuove piastre.
Il tempo necessario alle cellule per duplicarsi è di circa 20-24 ore a seconda del tipo cellulare.
Linee cellulari particolarmente utilizzate.
3T3 fibroblast (mouse)
BHK21 fibroblast (Syrian hamster)
MDCK epithelial cell (dog)
HeLa epithelial cell (human)
PtK1 epithelial cell (rat kangaroo)
L6 myoblast (rat)
PC12 chromaffin cell (derived from a rat pheochromocytoma)
COS fibroblast (monkey)
CHO ovary (chinese hamster)
HEK-293 generated by transformation of embryonic kidney cells (human)
Conservazione delle cellule in azoto liquido
Per la conservazione delle cellule per lunghi periodi si ricorre alla conservazione in azoto liquido (-196°C).
Il congelamento in azoto liquido mantiene le cellule vive in completa quiescenza per anni.
Tramite congelamento, quindi, si può costituire uno stock di cellule che mantengono le caratteristiche
fisiologiche e biochimiche delle cellule di partenza. Le reazioni enzimatiche cessano a –130°C circa. Le
cellule prima del congelamento devono essere in fase logaritmica di crescita o devono aver appena raggiunto
la confluenza. Il congelamento viene fatto in presenza di terreno di crescita, siero e agenti crioprotettivi
(DMSO). La velocità con cui il campione viene congelato è molto importante perché congelamenti troppo
rapidi portano alla formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule, questi, al momento dello
scongelamento, provocano lisi della membrana plasmatica.
Il raffreddamento graduale comporta il mantenimento del campione dapprima in ghiaccio, poi si arriva
lentamente a temperature di -70°C e quindi il campione viene trasferito in azoto liquido.
Lo scongelamento, al contrario, deve essere rapido: il campione viene trasferito in un bagnetto termostatato a
37°C per pochi minuti e le cellule si risospendono in medium completo per la piastratura.
Transfezione delle cellule
L’introduzione di DNA esogeno nelle cellule in coltura consente di studiare la funzione e i meccanismi di
controllo dei geni. Per facilitare l’ingresso del DNA esogeno nelle cellule sono stati sviluppati diversi metodi,
ciascuno più efficace a seconda delle linee cellulari utilizzate. Essenzialmente il trasferimento genico nelle
cellule animali si può realizzare in tre modi:
1) trasferimento diretto del DNA: mediante mezzi fisici, per esempio tramite microiniezione in vitro, o
bombardamento con microscopiche particelle metalliche rivestite di DNA in vivo.
2) Trasfezione: metodi fisici e chimici che fanno sì che le cellule internalizzino il DNA presente nel terreno di
coltura. La trasfezione può essere transiente o stabile, a seconda di quanto a lungo il DNA esogeno si integra o
meno nel genoma della cellula bersaglio.
La quantità di cellule da piastrare, la quantità di DNA da impiegare nella transfezione, il tempo richiesto per la
transfezione e quello da attendere dopo che il DNA è stato messo in contatto con le cellule, variano a seconda
del metodo scelto, della linea cellulare utilizzata e del tipo di effetto che si vuole valutare.
Transfezione tramite liposomi: il DNA viene veicolato in micelle (i liposomi) che
si fondono alla membrana cellulare.
Le ditte che producono i kit di trasfezione tramite liposomi forniscono un gran numero
di miscele diverse di lipidi, la cui efficienza varia a seconda del particolare tipo
cellulare.
Transfezione tramite elettroporazione:
L’applicazione di brevi impulsi ad alto voltaggio provoca la formazione di micropori nelle membrane
cellulari. Il DNA, pertanto, entra direttamente nel citoplasma e raggiunge poi il nucleo. I parametri
dell’elettroporazione (intensità e durata dell’impulso) devono essere determinati empiricamente per
ciascuna linea cellulare.
Vantaggi: riproducibilità del metodo e semplicità;
svantaggi: mortalità cellulare elevata (50%)
Transfezioni transienti e stabili:
La trasformazione di cellule animali mediata dal DNA avviene in due fasi distinte temporalmente:
1)introduzione del DNA nella cellula (trasfezione)
2)incorporazione eventuale nel genoma (integrazione).
La prima avviene più facilmente, in quanto la maggior parte delle cellule trasfettate non integra il DNA
esogeno nel genoma ma lo mantiene nel nucleo come elemento extracromosomico il quale viene via via
diluito e degradato.
Si parla di trasfezione transiente quando le proprietà della cellula sono state modificate grazie
all’introduzione del DNA, ma tale cambiamento è di breve durata (qualche giorno).
Nel caso di transfezioni transienti le cellule vengono, in genere, raccolte 24-48 ore dopo la transfezione per
valutare l’effetto prodotto dal gene transfettato.
Qualora il DNA esogeno, invece, si integri nel genoma e possa essere trasmesso ai discendenti, si parla di
trasfezione stabile.
Nel caso di transfezioni stabili si mira ad isolare e propagare cloni che contengano il DNA transfettato.
In genere le cellule vengono mantenute, in questo caso, nel mezzo di coltura per 1-2 giorni, poi vengono
divise e poste in un mezzo selettivo (in cui solo le cellule che hanno inserito il DNA esogeno riescono a
vivere). Il mezzo selettivo viene poi usato per 2-3 settimane fino alla selezione delle singole colonie.
Le trasfezioni stabili sono necessarie per la conduzione di esperimenti analitici di lunga durata o qualora si
volesse ottenere una linea cellulare in grado di produrre proteine ricombinanti da utilizzare per lunghi
periodi.
Le trasfezioni transienti, invece, sono adeguate per condurre un gran numero d esperimenti di breve durata,
come ad esempio per determinare l’efficienza di un dato promotore.
Geni reporter e analisi di promotori
I geni reporter (o geni marcatori saggiabili) codificano per un prodotto genico che può essere identificato
con facilità, usando saggi semplici e poco costosi. Posti sotto il controllo di un promotore forte, i geni
reporter rappresentano uno strumento utile per valutare l’avvenuta trasfezione (stabile o transiente). Infatti
solo le cellule che hanno inserito il DNA esogeno sono in grado di esprimere la proteina reporter.
Plasmide per l’espressione di proteine in cellule di mammifero