L`economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita

L’economia italiana:
problemi strutturali
e prospettive di crescita
Prof. Carluccio Bianchi
Università di Pavia
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Premessa
- Nel corso del 2009 l’economia italiana ha registrato
una caduta del PIL del 5,5% (tra le più elevate dei paesi
OCSE). Tale caduta si aggiunge a quella già registrata
nel 2008 (-1,2%): caso pressoché isolato tra i grandi
paesi industrializzati (salvo Giappone).
- Nel 2012 l’ulteriore caduta è stata del 2,4% e per il
2013 ci si attende un nuovo calo dell’1%. In tal modo,
sulla base dei modesti tassi di crescita attesi nei prossimi
anni (circa l’1% l’anno), occorreranno circa 7 anni
perché il livello del PIL reale ritorni ai valori del 2007.
-I grafici successivi mostrano la dinamica del PIL nei
principali paesi OCSE nei trienni 2008-2010 e 2011-2013.
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Variazione del PIL in alcuni paesi OCSE:
2008-2010
6,0
4,0
2,0
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
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2008
2009
2010
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Variazione del PIL in alcuni paesi OCSE:
2011-2013
9,0
7,0
5,0
3,0
1,0
-1,0
-3,0
2011
2012
2013
-5,0
-7,0
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Un confronto internazionale
- E’ interessante osservare che la crisi finanziaria,
pur originatasi nel 2008 negli Stati Uniti, ha
influenzando l’evoluzione economica di tutte le
nazioni: paradossalmente, peraltro, le dinamiche
congiunturali sono più favorevoli per gli USA
(-3,1% nel 2009; +2,4% nel 2010) che per l’Europa
(-4,3%, +1,9% rispettivamente).
- In tale contesto l’Italia, pur meno direttamente
colpita dalle conseguenze finanziarie della crisi, ha
sperimentato una dinamica del reddito inferiore a
quella europea (e dell’area UME)
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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La bassa crescita italiana: un
problema di lunga data
- In effetti il problema di un basso tasso di crescita
dell’economia italiana, rispetto ai propri maggiori partner
commerciali, è un problema di lunga data, che può essere
fatto risalire almeno all’inizio degli anni ‘90
6
4
USA
2
UME
0
-2
Italia
-4
-6
90
92
94
96
98
00
02
04
06
08
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12
6/39
La bassa crescita italiana: un
problema di lunga data
- La differenza di crescita può essere ancora più apprezzata se
si calcolano i trend di crescita nello stesso periodo: il divario tra
Italia e UME-USA è pari a circa 1-2 punti percentuali.
4
3
2
USA
1
UME
0
-1
Italia
-2
90
92
94
96
98
00
02
04
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08
10
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7/39
Ci si dovrebbe preoccupare se gli altri
diventano più ricchi?
1.
Il potere politico e militare dipende dal potere economico relativo
2.
Il benessere dipende dalla ricchezza relativa, non assoluta
3.
Le nazioni a crescita bassa o stagnante sviluppano una cultura di
declino ed abbandonano l’innovazione
4.
Uno sfavorevole andamento demografico può essere sostenuto
soltanto da una crescita economica elevata
5.
Una bassa crescita rende più difficile l’aggiustamento dei conti
pubblici, rischiando di innescare un circolo vizioso
6.
Una bassa crescita persistente può abbassare il tasso di crescita
potenziale (isteresi)
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Perché l’Italia cresce poco?
Alcune possibili risposte possono essere ottenute
considerando sia il lato della domanda sia quello dell’offerta
(peraltro dominante in un’ottica di medio-lungo periodo)
a) Lato della domanda:
I possibili vincoli ad una soddisfacente espansione della domanda
sono:

impossibilità di usare il bilancio pubblico in maniera espansiva
(vincoli europei)
 scarsa dinamica delle esportazioni ed elevata dinamica
importazioni
 modesto contributo dei consumi, penalizzati dalla cattiva
distribuzione del reddito, dalla pressione fiscale, dalle riforme
recenti del mercato del lavoro e della previdenza sociale, nonché
dall’accresciuta incertezza sul futuro
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Perché l’Italia cresce poco: deficit e debito
pubblico
8
6
4
Avanzo primario (in rapporto al PIL)
2
0
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
-2
-4
-6
Deficit (in rapporto al PIL)
-8
-10
-12
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Perché l’Italia cresce poco: deficit e
debito pubblico
130,0
120,0
Rapporto debito/PIL - Italia
110,0
100,0
90,0
Rapporto debito/PIL - UME
80,0
70,0
60,0
50,0
1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Perché l’Italia cresce poco: differenziale di
interesse con la Germania
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Perché l’Italia cresce poco: differenziale di interesse con
la Germania (acuito dalla crisi greca)
La crisi italiana: congiuntura e problemi strutturali
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Perché l’Italia cresce poco: la dinamica delle
esportazioni (quota del commercio mondiale)
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Perché l’Italia cresce poco: la
competitività delle esportazioni
Tasso di cambio reale: 1990-2012
120
115
110
105
100
95
90
90
92
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06
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Un modello di specializzazione
obsoleto e scarsamente competitivo
Il made in Italy che ha sostenuto la crescita passata delle
nostre esportazioni è sempre più inadeguato sia dal
basso (sfida dei paesi emergenti e Cina in primis), sia
dall’alto (esportazioni high-tech):
- non si può più puntare su beni a basso contenuto
tecnologico
- non si può più contare su un basso costo del lavoro
- non si può più contare sulla svalutazione e l’euro è
sempre più forte
- la capacità di innovazione è poco diffusa (anche se
efficace dove presente)
- l’Italia low tech piace ai turisti ma non ai mercati (e la
burocrazia e la carenza di regole scoraggiano gli IDE)
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Esportazioni di beni ad alto contenuto
tecnologico
La crisi italiana: congiuntura e problemi strutturali
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Perché l’Italia cresce poco: la
dinamica dei consumi privati
2.4
2.0
1.6
Propensione marginale
al consumo
1.2
0.8
Trend
Hodrick-Prescott
0.4
0.0
90
92
94
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Perché l’Italia cresce poco: la
dinamica delle importazioni
2.0
Propensione marginale
a importare
1.6
1.2
Trend
Hodri ck-Prescott
0.8
0.4
0.0
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
10
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Perché l’Italia cresce poco?
b) Lato dell’offerta:
Gli ostacoli più rilevanti alla crescita italiana dal lato
dell’offerta sono riconducibili a:
 scarsa crescita della produttività
 insufficienza, arretratezza e deterioramento infrastrutture
(sia materiali sia immateriali)
 frammentazione e “nanismo” sistema imprese, che
impedisce applicazione nuove tecnologie, attrazione IDE,
investimenti in R&D
 scarsa concorrenza interna tra imprese (in ulteriore
diminuzione)
 ricerca occasioni di profitto nel campo della finanza
piuttosto che dell’imprenditorialità
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Dinamica della produttività italiana: 1990-2012
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Dinamica della produttività italiana: 1990-2012
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Un confronto internazionale: crescita
media della produttività
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Il “nanismo” delle imprese
Imprese troppo piccole non riescono a sostenere la sempre più
agguerrita concorrenza internazionale, dove fusioni e acquisizioni
hanno aumentato la dimensione media aziendale. Nell’industria il
valore modale è <10 addetti e sono solo 200 le grandi imprese
con più di 1.000 addetti (appena 10% occupazione). Nelle PI la
produttività del lavoro è inferiore del 20% a quelle delle GI.
Le imprese italiane sono ancora a prevalente direzione familiare, e
la classe dirigente è pericolosamente vecchia (il 47% degli
imprenditori ha più di 51 anni ed il 30% più di 65 anni).
La dirigenza di impresa è proteiforme (nelle 223 società italiane
quotate in Borsa, l’83% hanno almeno un membro in comune nel
CdA). Il numero di aziende quotate in Borsa è molto basso.
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Il “nanismo” delle imprese
Il sommerso ammonta a circa il 15% del PIL.
I distretti industriali rappresentano il 40% della manifattura, ma le
aziende distrettuali sembrano essersi appagate della posizione
occupata nello spazio locale, consolidando le posizioni relative con
le imprese non distrettuali.
Imprese piccole e dirigenti anziani ostacolano l’investimento in
R&S necessario per aumentare la produttività del lavoro e crescere
di più.
L’economia italiana sembra avere cessato di operare come
“economia imprenditoriale”: la congiunzione di profittabilità
elevata e produttività stagnante è l’elemento caratteristico
dell’economia italiana negli ultimi vent’anni.
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Il “nanismo” delle imprese
Occupazione e valore aggiunto di imprese con meno
di 20 occupati (come percentuale sul totale, 2005)
La crisi italiana: congiuntura e problemi strutturali
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La riduzione della concorrenza
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E l’istruzione - capitale umano?



I laureati, come percentuale, sono tra i più bassi
d’Europa e gli studenti faticano a leggere e scrivere
correttamente! Un laureato in lettere ha le stesse
probabilità di trovare lavoro del suo collega chimico …
(sistema produttivo obsoleto)
E la scuola media superiore? I risultati del progetto
PISA sono ben poco confortanti. In tutte le prove cui
sono stati sottoposti gli studenti italiani palesano un
preoccupante ritardo …
Eppure lo sviluppo del capitale umano è
indispensabile per superare il declino e consentire un
ammodernamento del nostro modello produttivo.
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Percentuale di laureati
(% forza lavoro, 2010)
La crisi italiana: congiuntura e problemi strutturali
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Risultati del Test OCSE-PISA 2009
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Numero di ricercatori
(per migliaia di occupati)
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Investimenti in R&S
Per competere in un mondo globalizzato,
ammodernare l’apparato produttivo e
sviluppare tecnologie e conoscenza,
stimolare le innovazioni di processo e di
prodotto occorre investire in ricerca e
sviluppo e in istruzione
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Spesa in R&S
(in % del Pil)
L’economia italiana: problemi strutturali e prospettive di crescita
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Risultati della spesa in R&S
(numero di brevetti per milione di abitanti, 2010)
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Spesa in istruzione
(in % del Pil - 2009)
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Il capitale sociale:
la classe politica
Il 60% dei leader politici italiani ha più di 51 anni
ed il 16% più di 65 anni (ma il 75% dell’élite
politica ha più di 60 anni). L’80% della classe
politica del 2004 era già presente nel 1998.
Nell’indice di corruzione elaborato nel 2009 da
Transparency International l’Italia si colloca al 63°
posto (su 180 nazioni) con un punteggio pari a
5,2 (su 10), dietro tutte le nazioni industrializzate,
alcuni paesi emergenti asiatici e latinoamericani,
nonché alcuni paesi caraibici.
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Il capitale sociale:
il peso della burocrazia
L’Italia è al 70° posto (su 155 paesi) nell’indice di facilità di
svolgere una attività produttiva.
Il costo di avviare un’impresa è pari al 16% del reddito pro
capite in Italia contro il 5% della Germania e l’1,2% della
Francia.
Per ottenere un permesso di costruzione in Italia
occorrono 284 giorni, contro 165 in Germania e 185 in
Francia, con un costo in termini di reddito pro capite del
147% in Italia contro l’82% della Germania e il 78% della
Francia).
Fonte dati: Doing Business 2006.
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Burocrazia e sviluppo
economico
A causa dell’eccesso di regole e di regolamentazione è difficile
per le nuove imprese entrare sul mercato.
Le relazioni personali e l’esperienza diventano più importanti dei
criteri meritocratici, a discapito dell’efficienza.
Le élite gerontocratiche tendono a mantenere la loro leadership
impedendo ai nuovi entranti di arrivare al potere.
Questo sistema basato sulle relazioni personali e sui legami
politici ostacola il progresso tecnologico, specialmente quando
l’innovazione implica radicali cambiamenti nello status quo e
l’eliminazione di situazioni di rendita esistenti.
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Come procedere?
1. Riequilibrio del bilancio e riduzione del debito pubblico:
riduzione spesa corrente; maggiore efficienza PA;
perequazione fiscale; riduzione dell’evasione
2. Miglioramento delle infrastrutture materiali e immateriali
(riscrittura diritto economia, amministrativo, commerciale e
credibile enforcement)
3. Aumentare dimensione media imprese, riducendo “favore”
per PI e favorire crescita GI
4. Stimolare la concorrenza, in senso dinamico, eliminando
posizioni di privilegio e di rendita
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