IL CONCETTO DI “CAMPO” : CARATTERISTICHE E PROPRIETA’ Il pensiero di gruppo LEZIONE 4 – 5/10/2012 Relatori: Paolo Cruciani, Valerio D’Alessandro Prima Parte: Nascita del concetto di campo in psicologia Quando si sviluppa un concetto bisogna rifarsi a due elementi che funzionano come stimolo per lo sviluppo della disciplina scientifica: 1. la storia interna: si riferisce al movimento delle teorie che si stanno sviluppando all’interno di queste discipline, quindi ci rimanda agli aspetti e ai momenti precedenti la nascita del concetto in questione; 2. la storia esterna: si riferisce alle richieste che la società pone in termini di strumenti per affrontare i fenomeni. Nel corso dell’Ottocento avvengono fenomeni di urbanizzazione che portano alla formazione di grandi aggregati urbani di varia natura, in cui persone che non si sono mai viste né conosciute prima, si trovano ad operare insieme. Sempre in questo periodo si comincia ad osservare che nelle grandi collettività compaiono comportamenti che sono qualitativamente diversi da quelli dei soggetti considerati singolarmente, per cui non è più sufficiente leggere i fenomeni collettivi sulla base delle caratteristiche personali di chi è coinvolto; il gruppo non può più essere visto come la somma degli aspetti comportamentali presenti nei singoli, ma come un qualcosa di qualitativamente differente. All’interno di questo contesto nasce la Psicologia Scientifica che ha come obiettivo principale quello di spiegare i fenomeni basandosi sulle osservazioni sistematiche, sulle formulazioni di ipotesi e sulla verifica in contesti empirici, per cui alcuni autori cominciano ad interessarsi allo studio dei fenomeni collettivi e cercano di darne una spiegazione ipotizzando l’esistenza di un elemento “sovrapersonale” riconducibile al concetto di campo. Scipio Sighele è stato il primo ad introdurre tale concetto nel suo libro La folla delinquente (1891), in cui la durezza del titolo rimanda alle descrizioni molto cruente e forti degli avvenimenti delle guerre di indipendenza in un’Italia frammentata. Sighele si interessa in particolare a come la collettività sia in grado di innescare comportamenti più aggressivi e distruttivi di quelli che si presentano nel singolo individuo, rifacendosi quindi maggiormente ad un interesse di tipo giuridico. Un altro pioniere della psicologia collettiva è stato Gustav Le Bon. Il suo libro la Psycologie des foules (1895), che ha dato il via allo studio dei fenomeni collettivi, non si pone solo il problema dei comportamenti violenti, ma anche quello di valutare come le folle rappresentino un forte elemento di pressione politica, di influenza all’interno delle nazioni. Le Bon afferma che nella folla si verifica una riduzione del controllo razionale ed un’amplificazione e diffusione delle emozioni. Questi temi vengono spiegati attraverso l’emergere di un inconscio collettivo fatto di eredità biologica e istinti sopiti dalla vita organizzata; è inoltre profondamente influenzato dai fenomeni culturali, genera quindi un modo di funzionare condiviso da tutti, che influenza chiunque si trovi immerso nella situazione e in cui emergono elementi non presenti singolarmente nelle persone che compongono la massa: la” legge dell’unità delle masse e delle folle”. La sua visione di campo è simile anche al concetto freudiano di “formula della costituzione libidica delle masse” (Freud, psicologia delle masse e analisi dell’ Io, 1921) secondo cui, all’interno della collettività, gli individui hanno qualcosa in comune che, in quel contesto, diventa l’elemento di identificazione per tutti; di conseguenza i comportamenti e gli stati d’animo degli individui che compongono la collettività diventano uguali, omogenei. Dottor Valerio D’Alessandro Si può dire, comunque, che il concetto di campo sia stato introdotto agli inizi del ‘900 in Germania, studiato in fisica da Maxwell, e in psicologia da Kurt Lewin. Quest’ultimo fu fortemente influenzato dalla Psicologia della Gestalt, in cui è fondamentale l’idea secondo la quale il tutto è diverso dalla somma delle parti. Un’esperienza importante nella vita di Lewin tale da condizionare il suo lavoro, è rappresentata dalla sua chiamata al fronte. Durante questo periodo l’autore ebbe modo di scrivere un saggio in cui descrisse come la percezione del paesaggio da parte dei soldati cambiasse in base alla vicinanza o alla distanza dal fronte, sottolineando la presenza di un cambiamento nell’interazione individuo-ambiente. È a partire da questi presupposti che egli cominciò ad elaborare il concetto di campo psicologico, definendolo, appunto, come una sorta di spazio psicologico che influenza il rapporto con l’ambiente: a seconda della modalità percettiva e rappresentazionale propria di quel soggetto, cambia ciò che è in primo piano rispetto allo sfondo, ciò che è soggettivamente importante (considerando sempre l’esistenza di una forte interdipendenza tra organismo ed ambiente e di un rapporto bidirezionale che li lega). [Esempi: Un concetto simile a quello di interazione individuo-ambiente di Lewin, è stato proposto dal biologo Von Uexkῢel che aveva osservato che qualunque essere vivente si relaziona con l’ambiente secondo le modalità dei suoi organi di senso e della sua organizzazione in termini di risposte. Dunque, noi vediamo il mondo in un certo modo, ma il mondo di un qualsiasi altro essere vivente, come ad esempio una medusa o un elefante, è concepito nei termini del sistema di percezione proprio della medusa o delle elefante e nei termini delle loro reazioni all’ambiente. L’autore distingue tra mondo percettivo e mondo in cui si compivano le azioni dell’essere vivente in funzione delle immagini che lui percepisce (Cruciani). Un ulteriore esempio di reciproca influenza tra ambiente e individuo e di trasmissione della comunicazione all’interno del campo, è dato dalla trasmissione ormonale di ansia all’interno degli sciami di vespe: se qualcosa si avvicina al loro nido, esse emettono tutte insieme un feromone di allarme e immediatamente partono e convergono sull’oggetto che si è avvicinato. Per quanto riguarda la percezione visiva, noi guardiamo da un finestrino del treno tutto il panorama che fa da sfondo alla nostra percezione visiva, che è integrale. Se nello strutturalismo il campo visivo era la somma di elementi come la luce, il colore, la forma degli oggetti ecc., per la Gestalt questo panorama è un tutto e fa da sfondo. Dallo sfondo poi, emerge in primo piano qualcosa di diverso per ciascuno di noi. Quindi la Gestalt studia il rapporto tra la figura in primo piano e lo sfondo. Secondo la psicologia della Gestalt ognuno di noi percepisce in modo diverso lo stesso panorama. Se si va in vacanza un certo paesaggio ispira tranquillità: si può notare un albero, sotto la cui ombra potersi rilassare; mentre andando al fronte, lo stesso campo non ispira tranquillità e da questo possono emergere in primo piano i cespugli, che possono essere visti come possibile nascondiglio. La percezione è data da ciò che per me è importante. Se ho sete, la prima cosa che vedo, nonostante lo sfondo complesso di elementi, è la fontana: è la gestalt per me pregnante in quel momento. D’altra parte la vista della fontana attiva la sete e diventa ancora più pregnante.] Lewin espanse questo concetto di rapporto bidirezionale tra organismo e ambiente al gruppo, affermando che il campo di ogni componente del gruppo è legato a quello degli altri, c’è un interdipendenza, per cui si viene a creare un campo sociale, collettivo che rappresenta qualcosa di più della semplice somma delle parti. [Esempio: Anche il gruppo è diverso dalla somma dei singoli membri e il campo di ciascuno è diverso. Il grosso di questa percezione è implicito, inconscio. Posso cioè vedere una persona senza accorgermi che sto entrando in risonanza o che mi si attivano a livello rappresentativo non cosciente, tutta una serie di meccanismi riflessi per cui anch’io esperisco la sua ansia.] Prof. Paolo Cruciani Uno degli elementi che differenziano il lavoro di Lewin da quello di Freud e Le Bon è la definizione di leadership all’interno del gruppo; infatti, per quest’ultimi la collettività è data dal fatto che i suoi componenti possiedono un elemento comune con il quale si identificano tutti: è il leader ad incarnare questo elemento e, nei momenti di bisogno, rappresenta ciò che la collettività stessa si aspetta. Per Lewin invece, non sono importanti le caratteristiche dei singoli componenti, ma il modo con cui queste vengono organizzate, trattate dal leader: è fondamentale la “forma” che il gruppo assume. L’autore distingueva tre tipi di leadership: 1. autoritaria: è presente un’omogeneizzazione dell’azione per cui per i componenti non è possibile essere dei soggetti di quanto accade; 2. autorevole: il conduttore del gruppo propone una gestione sulla base di un’effettiva competenza relativa ai problemi che si devono risolvere e quindi suscita quel tipo di cooperazione consapevole che è poi la base dei gruppi che funzionano bene (questa modalità è considerata da Lewin la migliore); 3. lassista: crea un senso di protagonismo in tutti i componenti del gruppo ma impedisce la coordinazione delle loro azioni, portando quindi alla formazione di un gruppo confuso. In base al particolare tipo di leadership presente nel gruppo, verranno messi in atto determinati comportamenti. In generale quindi si può dire che il campo non cancella i fenomeni individuali ma li avvolge e li orienta; esso ci permette di cogliere il clima presente nel gruppo. Domande 1. Quest'idea dell'interdipendenza tra individuo e ambiente si ricollega quindi alla scolastica di Brentano? Certamente, fa parte della stessa corrente di idee della psicologia filosofica o meglio, nel caso di Brentano, si trattava di idee che erano al confine tra filosofia come riflessione filosofica e filosofia come scienza empirica. Il riferimento a Brentano è fondamentale perché, oltre al fatto di essere stato uno dei maestri di Freud, è un personaggio che ha lavorato con alcuni strumenti che sono ancora retaggio della psicologia, cioè intenzionalità come riconduzione della vita psichica alla natura dei contenuti che la riguarda, ossia alla presenza dell'oggetto. Brentano comincia quindi a traghettare questi concetti in un ambito in cui si può cominciare a fare della psicologia sperimentale. 2. Visto che sappiamo di esperimenti in cui persone che provano uno stato di ansia possono trasmettere a livello ormonale la loro condizione ansiosa ad altre persone a loro fisicamente vicine, sarebbe corretto dire che il concetto di campo è anche un passaggio di fisicità, ormonale o meno, che influenza un gruppo? L'idea che il campo sia riconducibile anche a fenomeni di comunicazione ormonale è molto interessante. Voi sapete che il mistero dei comportamenti coordinati negli organismi con un sistema nervoso centrale molto piccolo, come ad esempio gli insetti, si spiega proprio così. Ad esempio l'attacco delle vespe: le vespe sparano contemporaneamente un ormone di allarme e tutte insieme convergono su un oggetto. È quindi evidente che, date le dimensioni ridotte del loro sistema nervoso centrale, non ci può essere un'elaborazione dei dati come quella che può avvenire in altri animali, ma è presente sicuramente un campo ormonale. 3. Lei ha detto che la Gestalt studia la percezione non tanto di ciò che è importante di per sè ma di ciò che è importante “di per me”, valorizzando la soggettività. Quindi in un certo senso la Gestalt è come se studiasse la rappresentazione come filtro per percepire l'ambiente esterno? Esatto. Ci stiamo infatti avvicinando al tema del gruppo, al fatto che un gruppo si determini una certa rappresentazione di qualche problema o tema che poi viene elaborata da tutto il gruppo sulla base di questa rappresentazione comune. Punti Chiave Storia esterna, contesto storico dell’ ‘800: fenomeni sociali di urbanizzazione; concentrazione; aggregazioni tra persone sconosciute che producono nuove forme di collettività. Storia interna, fine ‘800-‘900: all’interno dei gruppi si osservano comportamenti qualitativamente diversi rispetto a quelli che si manifestano individualmente. Si crea la necessità di comprendere le caratteristiche dei fenomeni collettivi. Scipio Sighele: “La folla delinquente”(1891): orienta il focus sui comportamenti aggressivi delle masse. Le Bon: “La psicologia delle folle” (1895): importanza dell’inconscio nella spiegazione dei fenomeni collettivi; enfasi sugli aspetti culturali; legge dell’unità delle masse. Freud: “ Psicologia delle masse e analisi dell’io” (1921): formula della costituzione libidica di una massa; identificazione orizzontale; osserva il verificarsi di “fenomeni sovraindividuali”. Kurt Lewin: influenzato dai costrutti elaborati dalla psicologia della Gestalt sull’importanza dei fenomeni percettivi (rapporto figura-sfondo, rapporto bidirezionale individuo-ambiente, processi di selezione percettiva). leadership (autoritaria, autorevole, lassista); campo psicologico (Teoria del Campo): l’individuo e l’ ambiente sono considerati come un insieme interconnesso che va a formare lo spazio vitale di ogni soggetto; campo collettivo: quando ci si trova in presenza di più individui, l’insieme dei campi psicologici di ognuno forma un campo collettivo, che è più della somma delle loro parti. Seconda Parte: Concetto di campo ed elementi correlati Si può parlare di campo anche in riferimento alla situazione analitica duale, infatti nella diade caratterizzata da analista ed analizzando si viene a creare una sommatoria delle capacità di pensare dell’analista, delle emozioni, delle memorie, delle fantasie e delle caratteristiche dell’analizzando; si crea un mondo comune che determina ciò che la coppia potrà fare nell’ambito della terapia, si crea una situazione che riguarda entrambi. Quindi, per essere efficace, una terapia deve essere caratterizzata dalla nascita di una consapevolezza condivisa, che determina il fatto che sono presenti sia le competenze dell’analista, che il mondo dell’analizzando: insieme questi aspetti vanno a costituire il concetto di campo. L’analisi, come il gruppo, è un accadimento, non una spiegazione; l’esperienza analitica è un movimento emotivo, un accadimento che coinvolge. [Esempio: un analista argentino, Luis Chiozza, raccontò di un suo paziente che gli disse: “perché io le devo dire tutti i fatti miei e lei non dice i suoi?”. Chiozza spiegò al paziente che c’era una piccola asimmetria, che lui era lì per aiutarlo e che loro si sarebbero dovuti occupare di lui più che dell’analista.] Madeleine e Willy Baranger danno una definizione di campo in cui non viene considerato come una somma delle situazioni interne dei membri della coppia, né è riconducibile all’uno o all’altro, ma si configura come un elemento terzo con qualità e dinamiche indipendenti. Esistono in particolare tre livelli di campo: 1. il livello caratterizzato dagli aspetti formali, dal contratto di base, in poche parole dal setting; 2. il livello formato dagli aspetti dinamici del contenuto manifesto e dell’interazione verbale, e quindi tutto ciò che viene detto dentro la situazione analitica; 3. il livello relativo alla funzione di integrazione e di insight rispetto alle fantasie inconsce sia dell’analista che dell’analizzando (il concetto di insight, importante in analisi, è influenzato dalla gestalt, cioè il momento in cui questi elementi frammentati acquisiscono un significato comune, un senso). [Esempio: cogliere una forma da una serie di segni tracciati su un foglio vuol dire dare un senso a questa forma, ma si possono avere delle varianti nell’interpretazione (si può cogliere una coppa bianca su sfondo nero, o anche vedere due forme nere su sfondo bianco). Applicando questa metafora ad una situazione analitica individuale o di gruppo si può ottenere una grande quantità di informazioni; pensando al discorso di dipendenza: B dipendo da A, ma anche A dipende da B, che svolgo una sua funzione come dipendente da A. Per capire, è possibile immaginare alcune situazioni di coppia: è l’elemento che appare più sicuro di sé, supponente, assertivo, l’elemento da cui dipende l’altro o non sarà che invece quello supponente e assertivo dipende dall’altro, che gli dà la possibilità di fare quella parte? Una situazione di questo genere, per es. in un gruppo, aiuta a capire il fenomeno per cui c’è uno che parla sempre perché gli altri lo fanno parlare.] Claudio Neri distingue tra il concetto di campo ed alcuni termini che rientrano negli strumenti che possediamo per definire processi che osserviamo nei gruppi: Atmosfera e campo: anche se sono spesso impiegati come sinonimi, non coincidono. Il termine campo indica qualcosa di più complesso e articolato dell’atmosfera, in quanto dal campo dipendono una serie di funzioni tra loro interagenti; esso è l’insieme delle condizioni che fanno sì che il gruppo funzioni, quali empatia, attenzione, attunement, ricezione, interpretazione, che possono interagire positivamente oppure essere bloccate, inibite o sovvertite. Il concetto di atmosfera può essere impiegato per designare un effetto del campo: il campo è l’insieme profondo delle relazioni che di volta in volta possono determinare atmosfere diverse. Legame e campo: Kaës e Puget danno del legame una definizione molto precisa descrivendolo come una realtà psichica inconscia particolare, separata e distinta per ciascuno dei soggetti collegati dal legame. L’idea di campo è più ampia e articolata di quella di legame: gli effetti del legame si manifestano all’interno del campo, quest’ultimo però non li fonda né li produce. Il legame, dunque, è un elemento di carattere più individuale che si trova immerso nel campo ma non ne è l’equivalente. In una situazione di gruppo infatti si possono individuare dei legami individuali fra le persone. Setting e campo: il setting è un insieme di regole che definiscono la cornice all’interno della quale avviene un certo tipo di cooperazione relazionale, terapeutica; si riferisce anche a ciò che viene definito “dispositivo”, per cui si può parlare di setting duale, gruppale, di coppia o comunitario. Il campo, per come lo intende Neri, non coincide con il setting, in quanto, diversamente da esso, non è relativamente invariante; la sua configurazione comprende alcuni elementi statici nel tempo ed altri che possono mutare: questi cambiamenti influenzano sia il paziente che l’analista oltre che la qualità della loro relazione. Se si verificano dei cambiamenti nel setting essi sono legati alle proprietà del campo. In generale però, il setting è un elemento costante ed aiuta a comprendere lo svolgimento degli altri fenomeni che riguardano il campo proprio perché svolge questa funzione di stabilità. Relazione analitica e campo: Una relazione si realizza contemporaneamente a vari livelli. Il nucleo essenziale di significato del termine fa riferimento all’interazione di individui in quanto centri di attività psichica, che sono di per sé molto organizzati e relativamente autonomi. Ognuna delle persone impegnate nella relazione, sebbene relativamente autonoma, dipende allo stesso tempo, per il proprio sviluppo e la propria preservazione, dal fatto di rimanere nell’ambito del campo affettivo, sociale e culturale che è proprio di quella relazione. Il campo svolge un’attività nutritiva e di sostegno sugli individui e sulle relazioni che hanno luogo nel suo ambito. In altre circostanze, al contrario, il campo può svolgere un’attività svuotante e paralizzante. Quindi una relazione ci porta in una dimensione interpersonale, mentre il campo riguarda più il transpersonale, cioè gli elementi che circondano le relazioni. I due concetti fanno riferimento a fenomeni che interagiscono tra loro: una relazione è una configurazione degli scambi fra due persone definite individualmente, il campo gli sta intorno. Condivisione e campo: Kaës propone l’idea di spazio comune e condiviso come conseguenza di un generale cambiamento dei modelli psicoanalitici e dell’introduzione di nuovi “dispositivi” (l’analisi di gruppo, la terapia di coppia) che aprono lo spazio della psiche mettendolo in relazione con lo spazio intersoggettivo. La condivisione, secondo Kaës, è resa possibile dall’attivazione di un apparato “interindividuale e sopra-individuale” che mette in rapporto gli individui, i loro apparati psichici e spazi onirici. Lo spazio comune del gruppo è una sorta di luogo immaginario e reale in cui si svolge la vita e si sviluppano gli scambi. Il concetto di campo coesiste e si affianca a questa idea di spazi interpersonali. Transfert e campo: si potrebbe asserire che i termini di campo e transfert si sovrappongono in larga misura e sono difficilmente distinguibili l’uno dall’altro; tuttavia si può anche dire che alcuni fenomeni di campo differiscono dal transfert e dal suo funzionamento. Neri preferisce tenere ben distinte le due nozioni perché il concetto di transfert, per evitare che si “svuoti”, deve mantenere una forte connotazione interpersonale. Per esempio si può affermare che una persona del gruppo presenta un certo transfert rispetto ad un altro membro del gruppo, ed è giusto che questo venga distinto dalla sua appartenenza al gruppo stesso che invece riguarda il rapporto che una persona ha con tutti, nell’insieme. (Il transfert riguarda dunque la relazione con un’altra persona e non con il gruppo “tutto insieme”). [Esempio: un conto è dire che una persona ha una relazione con B,C,D ed un conto è avere un sentimento diverso nei confronti del gruppo. Una persona può dire “questa istituzione fa schifo ma Gianni è una brava persona”. Gianni è due cose: equipe e transfert.] Terzo e campo: il terzo analitico è ciò che supera la distinzione fra i due soggetti della coppia: due persone si incontrano e danno origine ad un’entità sovra-individuale che è il terzo. Mitchel afferma che “ l’analista partecipa sempre ed inevitabilmente, co-crea quello che, insieme con il paziente, sta tentando di comprendere”. Questo concetto di co-creazione è molto importante perché contrasta l’idea che in un’analisi si stia semplicemente decifrando una cosa che “sta lì” ed è “già fatta”, e suggerisce l’idea che accanto a questo lavoro di decifrazione si affianchi un altro lavoro più importante che fa riferimento al modo di pensare le cose, che è uno dei fattori più importanti per il processo di trasformazione. Con ciò non si vuole negare la centralità della decifrazione ma piuttosto se ne fa un ampliamento. [Esempio: uno dei più grandi psicologi della collettività era Napoleone che disse che vinceva le battaglie con i sogni dei suoi soldati. Facendo ciò che i soldati si aspettavano facesse, incarnando il loro ideale. La miglior figura retorica, sosteneva Napoleone, è la ripetizione: “volete far credere una cosa? Ripetetela più volte e alla fine la persona ci crede”. Questo per dire che il terzo, l’entità sovraindividuale, quando riguarda centinaia di persone da condurre ha il suo peso. Molti soldati sarebbero morti, ma nessuno pensava a questo. Il terzo, l’entusiasmo comune, pensava alla vittoria.] Il cambiamento del campo: Le caratteristiche del campo analitico cambiano anche in relazione agli stati mentali che si succedono nella mente del paziente. Il variare delle caratteristiche del campo, insieme alle comunicazioni verbali e non verbali del paziente, alle associazioni ed ai sogni, forniscono all’analista una rappresentazione del percorso che il paziente sta facendo, durante la seduta e durante l’intera analisi, nell’esplorazione del suo mondo di relazioni, fantasie e memorie. Il mutamento del campo può essere considerato un modo di rappresentare un aspetto trasformativo di un’analisi o di un gruppo. Punti Chiave Il campo: quando si fa riferimento al concetto di campo ne viene enfatizzata la dimensione transpersonale che lo caratterizza e contraddistingue da altri costrutti. Distinzione tra campo e: atmosfera, legame, setting, relazione analitica e transfert. Il campo come terzo analitico. Cambiamento nel campo inteso come una realtà in trasformazione e metafora del cambiamento del gruppo.