R. Bin - G. Pitruzzella Diritto Pubblico, Giappichelli Editore, Torino, 2002.
Parte II - Capitolo 9
LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE
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Definizione di “giustizia costituzionale”:
Cap.II- 9 - Par. 1
COS’E’ LA GIUSTIZIA
COSTITUZIONALE
E’ un sistema di controllo giurisdizionale del rispetto della Costituzione.
Ogni Stato basato su una Costituzione rigida ha sviluppato un controllo di legittimità
costituzionale delle leggi, affidando alla giustizia costituzionale il compito di
sindacare il rispetto della Costituzione da parte del legislatore ordinario.
Se non ci fosse un modo per denunciare una legge che contrasta con la Costituzione,
la Costituzione perderebbe la sua prevalenza gerarchica rispetto alle altre fonti.
I vari Stati hanno adottato metodi diversi di giustizia costituzionale.
Il modello italiano è:
• in prevalenza orientato verso un giudizio successivo: investe leggi già in vigore
• accentrato: è svolto da un unico organo (la Corte costituzionale)
• indiretto: i cittadini non possono ricorrere direttamente alla Corte. Essa può essere
investita solo da un giudice. Il giudizio in via diretta è uno strumento riservato solo
allo Stato, quando impugna una legge regionale e alle Regioni, che impugnano una
legge statale o di un’altra Regione.
SINTESI A CURA DI: Andrea BAROLINI - Emanuele ISONIO
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Competenze della Corte costituzionale:
Cap.II- 9 - Par. 1
COS’E’ LA GIUSTIZIA
COSTITUZIONALE
L’articolo 134 Cost. elenca le funzioni riservate alla Consulta, la quale è competente
a giudicare:
• sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni
• sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato
• sui conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni
• sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della
Costituzione (altro tradimento e attentato alla Costituzione)
• sull’ammissibilità dei quesiti referendari.
SINTESI A CURA DI: Andrea BAROLINI - Emanuele ISONIO
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Cap.II- 9 - Par. 2
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LA CORTE COSTITUZIONALE
Composizione della Corte costituzionale:
La Corte, per i suoi obiettivi e funzioni, deve affermarsi come organo “neutrale”.
Per raggiungere tale neutralità i “poteri” dello Stato tendono a ripartirsi la nomina
dei 15 giudici costituzionali (secondo un severo regime di incompatibilità) nel modo
che segue:
• 5 giudici sono eletti dal Parlamento in seduta comune, a scrutinio segreto e con
maggioranza dei 2/3 (dopo il terzo scrutinio si passa ai 3/5)
• 5 giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica
• 5 giudici sono nominati dalle supreme magistrature ordinarie ed amministrative (3
dai magistrati di Cassazione, uno da quelli del Consiglio di Stato ed uno da quelli
della Corte dei conti)
I giudici della Corte durano in carica 9 anni e non sono rieleggibili.
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Cap.II- 9 - Par. 2
LA CORTE COSTITUZIONALE
Status del giudice costituzionale:
• Immunità ed improcedibilità: “I giudici non sono sindacabili, né possono essere
perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”
(art.5 legge cost. 1953)
• Inamovibilità: i giudici della Corte possono essere rimossi solo per mezzo di
votazione della stessa Corte, presa a maggioranza dei 2/3 dei membri.
• Convalida delle nomine: spetta alla Corte una sorta di verifica dei poteri.
• Trattamento economico: i giudici hanno un trattamento economico non inferiore a
quello dei magistrati ordinari.
• Autonomia finanziaria e normativa: la Corte amministra il proprio bilancio, che
è fissato dallo Stato.
• Autodichìa: la Corte gode di competenza esclusiva in materia di impiego dei
propri dipendenti.
SINTESI A CURA DI: Andrea BAROLINI - Emanuele ISONIO
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Cap.II- 9 - Par. 2
LA CORTE COSTITUZIONALE
Funzionamento della Corte:
I giudici della Corte non scadono tutti insieme, ma uno alla volta: ciò può creare la
possibilità di vacanza di alcuni membri per un breve periodo di tempo (il regime di
prorogatio è previsto solo per i giudizi d’accusa).
Nelle sedute, comunque, è richiesto un quorum di undici giudici.
Il Presidente della Corte costituzionale:
E’ un giudice della Corte, eletto dalla Corte stessa con mandato triennale e
rinnovabile. Egli, nell’esercizio delle sue funzioni:
• fissa il calendario delle udienze e convoca la Corte
• designa il giudice istruttore e relatore della causa di fronte alla Corte
• designa il giudice incaricato di redigere il progetto di motivazione della sentenza
• presiede il collegio giudicante e ne dirige i lavori
• vota per ultimo ed esprime voto decisivo in caso di parità
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Il controllo di costituzionalità delle leggi:
Cap.II-9 - Par. 3
IL CONTROLLO DI
COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI
“la Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle
leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”. (art.134 c. 1 Cost.)
• Cosa si intende per “legge”? Il giudizio di legittimità costituzionale non riguarda solo
gli atti che hanno la “forma” della legge e il grado delle “fonti primarie”, ma comprende
anche le leggi di revisione costituzionale.
Il giudizio della Corte può riguardare sia i vizi formali sia i vizi materiali.
• Sono impugnabili solo le leggi successive all’entrata in vigore della
Costituzione? No, anche le leggi “anteriori” alla Costituzione, ma solo per vizi materiali.
• Il controllo riguarda solo le le fonti-atto? Sì. Sono escluse le fonti fatto: le
consuetudini e le norme provenienti da altri ordinamenti (es. le norme comunitarie).
• La Corte controlla solo gli “atti con forza di legge”? Sì: DL e Dlgs. Non può
giudicare regolamenti governativi e amministrativi, che sono di competenza del giudice
amministrativo.
• Quali atti delle Regioni possono essere giudicati dalla Consulta? Le leggi
regionali e, a seguito della Riforma dell’art.123, le leggi che approvano gli Statuti delle
Regioni ordinarie.
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Il Giudizio in via incidentale:
Cap.II-9 - Par. 3
IL CONTROLLO DI
COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI
Si ha quando la questione di legittimità costituzionale viene sollevata nel corso di un
procedimento giudiziario (c.d. giudizio a quo).
La questione può essere sollevata da una delle parti o d’ufficio, cioè dal giudice
stesso.
L’atto introduttivo del giudizio incidentale coinvolge il giudice del processo (c.d.
giudice a quo): egli deve valutare la sussistenza delle condizioni di proponibilità
della questione di legittimità. Il giudice a quo deve verificare che:
La questione sia rilevante per risolvere il
giudizio in corso:
il giudice, cioè, non può proseguire se non si
risolve la questione di legittimità
costituzionale.
La questione non sia
manifestamente infondata:
la questione deve, cioè, avere un
minimo di fondamento giuridico.
Se sussistono i due requisiti, il giudice emette un’ordinanza di remissione, motivata:
tale rinvio sospende il giudizio principale fino al pronunciamento della Consulta.
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Cap.II-9 - Par. 3
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Il Giudizio in via principale (o d’azione):
IL CONTROLLO DI
COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI
può essere proposto
dallo Stato contro leggi regionali
da una Regione contro leggi
statali o di altre Regioni.
In questo caso, la questione di legittimità costituzionale viene proposta
direttamente, con una procedura ad hoc e non nel corso di un “giudizio”.
Per richiedere l’intervento della Consulta, il Governo non deve dimostrare alcun
interesse a ricorrere.
Al contrario, il ricorso della Regione contro una legge statale può avvenire solo se
c’è invasione della propria sfera di competenza: deve, perciò, dimostrare di avere
un interesse motivato.
L’atto introduttivo del giudizio in via principale è il ricorso: deve essere
deliberato dal Consiglio dei ministri o dalla Giunta regionale entro 60 giorni dalla
pubblicazione della legge o dell’atto con forza di legge che si vuole impugnare.
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Cap.II-9 - Par. 3
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Tipologia delle decisioni della Consulta:
IL CONTROLLO DI
COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI
le decisioni della Corte costituzionale possono essere suddivise in:
• Decisioni di inammissibilità:
sono pronunciate se mancano i presupposti per procedere ad un giudizio di merito.
Ciò accade quando:
- mancano i requisiti soggettivi e oggettivi per la legittimazione a sollevare la
questione
- è carente l’oggetto del giudizio
- manca il requisito della rilevanza
- la questione sottoposta alla Corte comporta una “valutazione di natura politica” o
un sindacato “sull’uso del potere discrezionale del Parlamento”.
• Sentenze di rigetto:
Con questo strumento, la Corte dichiara “non fondata” la questione prospettata
nell’ordinanza di remissione. Rigettando la questione, la Corte non dice nulla circa la
legittimità della legge in astratto, ma si pronuncia sul caso concreto. Per questo, la
sentenza di rigetto non ha effetti erga omnes.
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Cap.II-9 - Par. 3
IL CONTROLLO DI
COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI
• Sentenze di accoglimento:
Con la sentenza di accoglimento, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della
disposizione impugnata. In questo caso, la decisione ha effetti erga omnes (e non
solo inter partes, come nel caso della sentenza di rigetto).
La sentenza ha valore costitutivo: benchè il contrasto tra la norma invalidata e le
norme costituzionali sia sorto sicuramente in precedenza, è solo con la sentenza che
esso viene accertato. Si dice spesso che gli effetti della sentenza di accoglimento
operino ex tunc (retroattivamente), ma, in realtà, ciò è vero solo per quei rapporti,
sorti nel passato, che non siano già esauriti.
• Sentenze “interpretative” di rigetto:
Nel caso delle sentenze interpretative di rigetto, la Corte dichiara infondata la
questione di legittimità costituzionale, non perché il dubbio del giudice a quo sia
infondato, ma perché esso si basa su una “cattiva” interpretazione della disposizione
impugnata.
La Corte, con questo tipo di sentenza, trae dal testo legislativo una norma in tutto o
in parte diversa da quella tratta dalle parti o dal giudice a quo e dichiara che, rispetto
a questa norma, non sussistono vizi di legittimità costituzionale, salvando, in tal
modo, la disposizione legislativa.
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Cap.II-9 - Par. 3
IL CONTROLLO DI
COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI
• Sentenze “manipolative” di accoglimento:
le sentenze di accoglimento sono dette “manipolative”, “interpretative” o
“normative” quando il loro dispositivo non si limita alla semplice dichiarazione di
illegittimità della legge o delle singole sue disposizioni, ma la illegittimità è
dichiarata “nella parte in cui” la disposizione significa o non significa qualcosa.
Questo tipo di sentenze possono essere ulteriormente suddivise. Ricordiamo, ad es:
- sentenze di accoglimento parziale: la Corte dichiara illegittima la disposizione
solo per una parte del suo testo, lasciando in piedi le parti della disposizione che non
risultano illegittime.
- sentenze additive: la Corte dichiara illegittima la disposizione “nella parte in cui
non” prevede ciò che invece sarebbe costituzionalmente necessario prevedere. La
“addizione” è dunque una norma omessa dal legislatore.
- sentenze sostitutive: la Corte dichiara l’illegittimità di una disposizione legislativa
“nella parte in cui prevede X anziché Y”.
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I conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato:
Cap.II-9 - Par. 4
I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE TRA
I POTERI DELLO STATO
Sono lo strumento con cui un “potere” dello “Stato” può agire davanti alla Corte per
difendere le proprie “attribuzioni costituzionali”, compromesse dal comportamento
di un altro potere dello Stato.
N.B: il termine “potere” è qui usato in senso molto ampio: sono “poteri” tutti i
soggetti che hanno un ruolo (attribuzione) assegnato dal testo costituzionale.
Il conflitto può sorgere:
• da un atto di “usurpazione” di potere: se un organo svolge una attribuzione
spettante all’organo di un altro potere. In questo caso, il conflitto consiste in una
vindicatio potestatis: entrambi i soggetti, cioè, rivendicano per sé l’attribuzione ad
emanare l’atto.
• dal comportamento di un organo che intralci il corretto esercizio delle
competenze altrui: in questo caso, il soggetto ricorrente denuncia un altro soggetto
perché, con un atto o con un semplice comportamento (anche omissivo), ha impedito
o interferito con le attribuzioni ad esso spettanti (c.d. conflitti da menomazione o da
interferenza).
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I conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni:
Cap.II-9 - Par. 5
I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE TRA
STATO E REGIONI
Sono lo strumento per risolvere le controversie tra Stato e Regioni o tra Regioni.
L’atto di qualsiasi organo dello Stato o della Regione può provocare il conflitto, ad
esclusione degli atti legislativi, per i quali esiste il giudizio di legittimità in via
principale. Possono, quindi, provocare il conflitto:
- atti amministrativi
- atti giurisdizionali
Il conflitto è introdotto da un ricorso. Condizione indispensabile per ammettere il
ricorso è l’interesse a ricorrere: il ricorrente (sia lo Stato, sia la Regione) deve,
pertanto, dimostrare di aver subito una lesione attuale (non solo potenziale) e
concreta (non solo teorica) della sua competenza.
La sentenza della Corte dichiara a chi spetta (o non spetta) la competenza, con
conseguente eventuale annullamento dell’atto alla base del conflitto.
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La Consulta e il referendum abrogativo:
Cap.II-9 - Par. 6
IL GIUDIZIO DI AMMISSIBILITA’
DEL REFERENDUM ABROGATIVO
La Corte decide sull’ammissibilità dei referenda abrogativi con sentenza.
Come già analizzato, l’art.75 Cost. pone i casi di esclusione dal referendum (leggi
tributarie, leggi di bilancio, leggi di amnistia e di indulto, leggi di autorizzazione alla
ratifica di Trattati internazionali).
Tuttavia, a partire dalla sent.16/1978 la Corte ha allargato il suo giudizio a ulteriori
motivi di inammissibilità:
• sono sottratti a referendum la Costituzione e le leggi costituzionali
• oltre alle leggi di bilancio, i limiti si estendono alle c.d. leggi finanziarie
• sono esclusi i referenda che non abbiano “una matrice razionalmente unitaria”.
Nel prendere la propria decisione, la Consulta verifica la coerenza e l’univocità del
quesito presentato.
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La giustizia “politica”:
Cap.II-9 - Par. 7
LA GIUSTIZIA “POLITICA”
1) Responsabilità penale del Presidente della Repubblica:
il Capo dello Stato non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue
funzioni, ad eccezione dei casi di alto tradimento e di attentato alla Costituzione. In
questi casi, è messo sotto accusa dal Parlamento in seduta comune e giudicato dalla
Corte Costituzione, in composizione integrata da ulteriori 16 membri.
2) Reati ministeriali:
Prima della riforma del 1989, i reati ministeriali erano giudicati dalla Corte
costituzionale. A seguito di un referendum popolare del 1987, con cui venivano
abrogate le disposizioni relative alla c.d. “commissione inquirente”, la riforma ha
investito la magistratura ordinaria della competenza in materia. Tuttavia, per
giudicare dei reati ministeriali, è necessaria l’autorizzazione della Camera di
appartenenza, se il membro del Governo è deputato o senatore. Del Senato, nelle
altre ipotesi.
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