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Mercoledì 12 marzo 2014
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Da Huffington Post del 12/03/2014
XVI Congresso nazionale Arci e il valore
sociale dell'associazionismo
Di Paolo Beni
Presidente nazionale dell'Arci, deputato indipendente Pd
Dal 13 al 16 marzo l'Arci tiene il suo XVI Congresso nazionale. Ci arriva dopo un dibattito
intenso che ha attraversato centinaia di assemblee nel territorio, e questa è una bella
prova di vitalità e di pratica democratica. Un Congresso importante, perché deciderà il
ricambio del gruppo dirigente nazionale, ma anche perché cade in un momento molto
difficile per il paese e per il mondo del terzo settore. Bastano pochi dati a delineare i tratti
di una crisi drammatica: oltre tre milioni di disoccupati con la soglia record del 42% fra i
giovani, il disagio sociale che coinvolge ormai nove milioni e mezzo di italiani dei quali
quasi cinque inpovertà assoluta. Una vera emergenza che si somma alla crisi culturale,
morale, dell'etica pubblica, alla frattura sempre più profonda fra i cittadini e la politica, al
degrado delle istituzioni democratiche.
Un congresso è l'occasione per aggiornare l'analisi del contesto, definire obbiettivi e
programmi partendo dal lavoro svolto, dalle cose fatte e da ciò che resta da fare. Mai
come oggi abbiamo bisogno di riflettere su cosa è successo in questi anni. Su una crisi
che non è frutto della malasorte, ma della scelta consapevole di un modello di sviluppo
fallimentare che ha portato l'economia a mangiarsi la politica e poi la finanza a divorarsi
l'economia. Dobbiamo invertire la rotta, ridare alla politica la capacità di governare i
processi economici, chiudere la stagione dell'austerità e dello smantellamento dei diritti.
Non ci salverà il mercato, ma un cambio di paradigma che all'ideologia del profitto
contrapponga la cultura dei beni comuni, la riconversione ecologica, il primato dei diritti e
delle istituzioni democratiche.
Molte sono le cose urgenti da fare. Investire nel lavoro, perché se non c'è lavoro si
sgretola il tessuto sociale; ripristinare un livello decente di politiche sociali, redistribuire
ricchezza perché in Italia sono aumentati i poveri mentre una minoranza si è arricchita;
contrastare la corruzione che sottrae enormi risorse al paese; arginare la crisi morale,
dell'etica pubblica, il populismo demagogico, la regressione della cultura civica e della
solidarietà sociale; restituire dignità e rappresentatività alle istituzioni, perché se una
società è privata della rappresentanza il divorzio fra popolo e democrazia avrà
conseguenze devastanti.
Un cambiamento profondo, che nessuno può garantire da solo. Non ce la fanno le
istituzioni, non bastano i partiti, nemmeno le organizzazioni sociali, ma tutti devono
concorrere a un grande sforzo comune. In questo senso il ruolo dell'associazionismo è
decisivo, per la sua capacità di essere motore di partecipazione, costruire relazioni e
legami sociali, mettere in rete risorse e competenze, sperimentare soluzioni. Oggi la crisi
pone il terzo settore di fronte a nuove responsabilità, e l'Arci è in prima fila in questa sfida.
Per la sua storia, che è quella delle case del popolo e dei movimenti protagonisti delle
grandi conquiste sociali del secolo scorso, delle battaglie per la cultura popolare e i diritti
civili; per la sua vocazione politica, che non è alzare una bandiera ma svolgere, nella
pratica associativa, azioni concrete di resistenza e trasformazione sociale.
Come dimostra il recente censimento Istat, il terzo settore è l'unico comparto che nella
crisi ha continuato a crescere e produrre nuova occupazione. Ma proprio il suo crescente
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peso economico impone di tutelarne l'autonomia, l'identità culturale e il profilo ideale. È
tempo di affrontare nodi da tempo irrisolti come il pieno riconoscimento del valore sociale
dell'associazionismo al pari di altri soggetti del terzo settore. Negli ultimi anni questo non è
avvenuto, anzi la vita dei nostri circoli è stata resa più difficile da eccessivi obblighi
burocratici e controlli spesso viziati da una approccio vessatorio. Per questo
promuoveremo nei prossimi mesi una grande campagna per i diritti del libero
associazionismo.
Compito del congresso è anche dotare l'associazione di strumenti organizzativi utili a
realizzare i suoi obiettivi. L'universo dei circoli si evolve, diversifica le proprie attività,
esprime nuovi bisogni a cui tutta la nostra struttura, dai livelli territoriali ai regionali al
nazionale, deve offrire risposte efficaci. Dobbiamo valorizzare il protagonismo e
l'interscambio fra i territori; ridefinire funzioni e responsabilità della direzione nazionale,
operare un rinnovamento che valorizzi un nuovo gruppo dirigente senza disperdere
competenze che sono patrimonio di tutta l'associazione, dare più forza e coesione
all'associazione del futuro.
Da l’Unità del 12/03/2014, pag. 8
L’Arci al tempo della crisi sceglie tra due
candidati
Da domani a domenica il XVI congresso dell’organizzazione
In lizza Francesca Chiavacci e Filippo Miraglia
È la prima volta dalla fondazione: «Opzioni diverse, non contrapposte»
Il gigante apre il suo sedicesimo congresso e per la prima volta cerca una nuova
leadership scegliendo tra due candidature «diverse ma non contrapposte ».
Cinquantasette anni a maggio, l’Arci (Associazione ricreativa e culturale italiana) - l’unica
organizzazione di massa ad aver superato senza traumi il Secolo Breve, si inorgogliscono
i suoi dirigenti - è diventata più matura e oggi più di ieri cerca al suo interno ispirazioni e
valori che un tempo provenivano anche da partiti e movimenti, dal cuore pulsante della
sinistra, dai corpi intermedi che hanno cominciato a franare negli anni Ottanta.
«L’associazionismo al tempo della crisi» è il titolo del congresso, che a Bologna inizia
domani si conclude domenica prossima. Crisi di idee, della politica, della fiducia e della
partecipazione. Quattro giorni a riflettere su un lungo elenco di vuoti da riempire, ma senza
pretendere di sostituirsi a nessuno, assicurano all’Arci. Il core business dell’organizzazione
è rimasto lo stesso: una cultura gramscianamente intesa come antidoto ai modelli della
destra, alla solitudine urbana, all’imperio televisivo e dei social network. I numeri ci sono
ancora: oltre un milione di soci, diciassette comitati regionali, centosedici provinciali, poco
meno di cinquemila circoli dove ancora batte un cuore legato agli insegnamenti della
Resistenza. Si candidano a succedere a Paolo Beni, Francesca Chiavacci, presidente
dell’Arci fiorentina, un passato come parlamentare e consigliere comunale, e Filippo
Miraglia, insegnante immigrato in Toscana dalla Sicilia, che si è fatto le ossa con le
battaglie per i diritti degli immigrati (è presidente di Arci Immigrazione). «Non ci sono più
divisioni di quante ce ne fossero un tempo», mette le mani avanti Chiavacci, «i
cambiamenti più che all’interno sono avvenuti all’esterno. Le differenze sono differenze tra
diverse anime della stessa Arci». E la memoria torna a Tom Benetollo, leggendario
presidente scomparso dieci anni fa, protagonista di battaglie insieme ai movimenti per la
pace e no global. L’Arci c’è ancora, i movimenti sono molto meno presenti e visibili di
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allora. E anche partiti e sindacati non sono più quelli di una volta. «Una volta c’era un
partito della sinistra che si occupava delle istituzioni - dice Chiavacci - un sindacato che si
occupava del lavoro e noi che ci occupavamo del tempo libero. L’Arci era un pezzo di
quella cosa». La situazione è molto cambiata. «Oggi c’è un patto sociale che rischia di
andare in frantumi, la mancanza di fiducia nella politica, la gente che non vota o vota
Grillo. L’Arci può riempire questo vuoto: partendo dalle Case del popolo, dove ancora ci
siano, o dal riutilizzo di strutture sottratte alle mafie. La sua forza è comunque nel
radicamento sul territorio». Distinguere tra le tesi e le opzioni in campo al congresso non è
immediato. Entrambi i candidati precisano che quando si parla di leadership non si intende
quella di un uomo solo al comando. Filippo Miraglia chiede che l’Arci «diventi una sponda»
perché le presenze sul territorio e le dinamiche ad esse connesse si trasformino in
partecipazione. «Se l’Italia è attraversata da un conflitto che produce a sua volta
movimenti culturali, bisogna che tutto ciò si traduca in tessere Arci. L’Arci può diventare
una cerniera tra istituzioni e cittadini. Ovviamente solo parzialmente lo proponiamo con la
massima umiltà. La sfida è sottrarre l’egemonia culturale alla destra». L’analisi: «Ci
abbiamo messo un bel po’ a realizzare che non avevamo più un partito». Ora bisogna
camminare con le proprie gambe, continua Miraglia, tenendo presente che la vera
modernità non è quella delle leadership personali «ma di un’organizzazione che regala le
tessere o richiede quote di partecipazione di cinquanta centesimi». In definitiva Miraglia
chiede per le varie Arci una gestione nazionale, agire uniti per non essere marginali,
politicamente residuali. Chiavacci calca più la mano su un riconoscimento giuridico e
normativo dei circoli, «luoghi di buona pratica sociale, che non lasciano gli anziani soli
durante l’estate, provvedono al doposcuola o organizzano mercatini di libri usati.
Giustamente ci si è preoccupati di detassare i capannoni industriali, ma non le strutture in
cui produciamo attività di grande valore, anche se non monetizzabili». Secondo punto, i
diritti civili. «La palude politica produce un effetto di attenuazione. Ma i diritti attenuati non
esistono: o ci sono o non ci sono»
Da l’Unità del 12/03/2014, pag. 8
Lista Tsipras, lasciano i garanti Camilleri e
Flores
La decisione dopo lo scontro sulle candidature di Taranto
L’annuncio: «Noi estromessi dalla gestione delle liste»
Il leader greco: «Non si alimentino tensioni continue e ormai superate»
ALESSANDRA RUBENNI
Non sono riusciti a far passare una settimana dalla presentazione delle candidature che la
lista Tsipras è già in mille pezzi. Tra candidati che se ne vanno sbattendo la porta, scontri
dietro le quinte, sgambetti e liti urlate, la velocità con cui lo stereotipo della sinistra votata
all’autodistruzione prende corpo e arriva alla meta stavolta è da record.
Ultimo atto, un comunicato di cinque righe pubblicato su Micromega con cui Andrea
Camilleri e Paolo Flores D’Arcais fanno sapere di aver scritto una lettera a Alexis Tsipras
nella quale «prendono atto di non fare più parte dei garanti della lista “l’Altra Europa”» e
che resterannoc ome «due tra i 30mila cittadini » che sostengono il movimento. Fine,
uscita di scena, dopo la battaglia consumata intorno alle candidature di Taranto, sotto il
titolo «anti-Ilva» contro Sel. Da questa partita accusano di essere stati estromessi,
Camilleri e Flores D’Arcais, ai quali Tsipras indirizza a sua volta una lettera nella quale
sottolinea di sostenere «tutti i garanti che aiutino il successo della lista, senza alimentare
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continue e superate tensioni», ma riconoscendo loro l’impegno speso, finora, proprio per
evitare fibrillazioni. Sembra però impossibile ormai che possa rientrare il caso, scoppiato in
seguito al ritiro della candidatura dell’attivista di PeaceLink Antonia Battaglia, che non
tollerava di stare in lista, nella circoscrizione Sud, accanto a due esponenti di Sel, Gano
Cataldo e Dino Di Palma. Scriveva infatti la Battaglia: «I miei principi morali ed etici e la
netta consapevolezza di non voler portare avanti una campagna per Taranto e per il Sud
accanto a esponenti di un partito che ancora ieri ha continuato a disconoscere le proprie
gravi responsabilità sulla questione Ilva, mi inducono a ritirare la candidatura». Decisione
preannunciata dalla lettera che la stessa attivista aveva inviato lo scorso 5 marzo ai
garanti della lista Tsipras e alla quale i “saggi” Guido Viale, la giornalista Barbara Spinelli e
lo storico Marco Revelli avevano risposto chiedendole di ripensarci. Sarebbe stata proprio
questa corrispondenza a far traboccare il vaso per Paolo Flores D’Arcais, che da
Micromega accusa gli altri garanti di aver «occultato» la lettera della Battaglia. Guido
Viale, dal sito web de “L’Altra Europa” ammette: il caso Battaglia «è una nostra sconfitta.
Eravamo felici per una candidatura che abbiamo sollecitato, non siamo riusciti a trovare un
accordo», ma «le accuse a Vendola non sono state oggetto della nostra discussione.
Ognuno è libero di pensarla come vuole». E se ognuno la pensa come vuole, così è stato
sin dalle prime battute, ancora prima del debutto di lista e simbolo. Dall’inizio il gruppo dei
professori si è spaccato in due, tra un’anima movimentista e una col debole per la
giustizia, che hanno fatto scintille quando si è trattato di scegliere fra le candidature di
Luca Casarini, nome e volto dell’area antagonista - visto di buon occhio da Spinelli, Viale,
Revelli e appoggiato da Tsipras in persona - e Sonia Alfano, arrivata a Bruxelles nel 2009
con l’Idv, che piaceva invece ai più severi Camilleri, Flores D'Arcais e Luciano Gallino, che
avrebbero voluto arruolare pure giornalisti come Travaglio e Scanzi, di dichiarate simpatie
grilline. Scontro, quello su Casarini, finito con il benvenuto all’ex no global e i resti fumanti
della candidatura di Camilleri, ritiratosi per protesta. Così si è frantumata la testa di lista
della Syriza italiana, che aveva deciso di scommettere sul nome dello scrittore, insieme a
quelli della Spinelli, Moni Ovadia e dello storico Adriano Prosperi come testimonial da
mettere in lista ma dichiaratamente pronti, se eletti, a lasciare il posto ad altri, con più
«energie e competenze » per andare a Bruxelles. Altro caso, l’esclusione dalle liste
dell’imprenditrice palermitana Valeria Grasso, pizzicata a un’iniziativa di Fratelli d’Italia. E
chissà che, tra divorzi precoci e malumori, qualche altra sorpresa non arrivi fra domani e
domenica a Bologna, dove Tsipras parteciperà al congresso nazionale dell’Arci, presente
anche Vendola.
Da Redattore sociale del 12/04/2014
Congresso nazionale Arci, per il dopo Beni in
lizza Miraglia e Chiavacci
Si terrà da domani al 16 marzo il XVI Congresso nazionale Arci,
l’associazione che conta oltre un milione di soci e 4.867 circoli in tutta
Italia. Arci: “Vogliamo continuare a rappresentare un’alternativa alla
disgregazione sociale”. Il 16 l’elezione del nuovo presidente
IRENE LEONARDI
BOLOGNA - Si chiama “Dalla parte buona della vita. Il valore dell’associazionismo nel
tempo della crisi” perché “vogliamo continuare a rappresentare una alternativa alla
solitudine, alla sfiducia, alla disgregazione sociale, opponendoci all’emarginazione e alla
discriminazione in tutte le sue forme, sperimentando pratiche ispirate a un diverso modello
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di sviluppo”. È questa la spiegazione che dà l’Arci al titolo del suo XVI Congresso
nazionale. Cultura, formazione, pace, diritti, welfare e legalità democratica i principi su cui
si basa tutto il lavoro dei singoli circoli, 4.867 in tutta Italia con oltre un milione di soci, 17
comitati regionali e 116 comitati provinciali. A Bologna, dal 13 al 16 marzo nelle sale di
Palazzo Re Enzo, saranno protagonisti della riunione 592 delegati che incontreranno
istituzioni e voteranno i nuovi dirigenti.
Un programma pieno di appuntamenti. Il 13 ad accoglierli saranno il sindaco di Bologna
Virginio Merola e la presidente della Provincia Beatrice Draghetti che alle 15.30 daranno il
via ai lavori. Poi prenderà la parola il presidente nazionale dell’Arci uscente Paolo Beni e
subito dopo sono previsti gli interventi di Davide Faraone, responsabile nazionale Welfare
del Pd, del presidente di Sel Nichi Vendola, di Nicola Marongiu della Cgil nazionale, del
portavoce del Forum del Terzo Settore Pietro Barbieri e di altri presidenti di associazioni.
Venerdì, invece, a partire dalle 10.30, tutta l’attenzione sarà incentrata sull’Europa con
interventi video dei candidati alla presidenza della Commissione Europea Martin Schultz,
Alexis Tsipras e Josè Bovè. Saranno presenti e interverranno al congresso Argiris
Panagapoulos del partito greco Syriza e Jean Robert del Forum Civico Europeo. Nel
pomeriggio dello stesso giorno, poi, l’intervento di Maurizio Landini, segretario generale
Fiom-Cgil. Sabato mattina interverrà, tra gli altri, Luigi Ciotti. Domenica mattina è tempo
invece della votazione dei documenti congressuali e dei nuovi organismo dirigenti: per la
carica di presidente nazionale i delegati dovranno esprimere la loro preferenza tra la
presidente uscente del comitato territoriale di Firenze Francesca Chiavacci e Filippo
Miraglia, responsabile nazionale dell’immigrazione. “In questo congresso cercheremo di
analizzare a fondo le trasformazioni che attraversano il Paese – scrivono dall’Arci –
aggiornare il nostro progetto e il nostro modello associativo, cercando di attrezzare
innanzitutto noi stessi a resistere alle difficoltà di questo tempo”.
Da Redattore sociale del 12/04/2014
“Occupiamoci!”: precari e disoccupati
raccontano storie di crisi a teatro
Un laboratorio teatrale per vincere la solitudine casalinga. L’ha
promosso Arci Bologna insieme al Teatro dell’Argine e Arci Alle Rive
del Reno Millennium. Hanno partecipato circa 10 persone, dai 25 ai 55
anni. Lo spettacolo in scena a maggio
Irene Leonardi
BOLOGNA – Raccontare le proprie storie e condividere le azioni quotidiane su un palco. È
stato questo l’obiettivo di “Occupiamoci!”, il laboratorio teatrale promosso da Arci Bologna
e realizzato in collaborazione con Itc-Teatro dell’argine e il circolo Arci Alle Rive del Reno
Millennium. Protagonisti una decina di disoccupati. Uomini e donne, dai 25 ai 55 anni, che
hanno condiviso tra loro le esperienze di una vita fatta di lavoro e responsabilità che è
cambiata repentinamente: storie di persone che fanno parte della nuova fascia di
disoccupati, storie di adulti che non riescono a reinvestire subito le proprie competenze.
“Sono racconti che si pongono come campanello d’allarme per la società – spiega Azzurra
d’Agostino, collaboratrice Arci – perché la disoccupazione non è un problema del singolo
ma della collettività che ha all’interno questa nuova fascia di disoccupati e cassintegrati”.
Dopo un workshop svolto durante “Brisa!”, il festival di teatro promosso da Arci Bologna, il
laboratorio prende spazio e registra tanti partecipanti e tante testimonianze. “Sono
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circolate parecchie persone all’interno del laboratorio – spiega ancora d’Agostino –
Qualcuno, per fortuna, ha abbandonato perché ha trovato lavoro durante il percorso”.
Anche Lea Cirianni, attrice del Teatro dell’Argine, sottolinea l’eterogeneità del gruppo: “Si
sono confrontati mondi talmente diversi, per età e vissuti, che è impossibile fare un
identikit del gruppo di lavoro ma ciò permette riflessioni diverse”. L’idea era usare il teatro
come forma di aggregazione per dare un’alternativa alla solitudine di chi resta a casa
senza lavoro. Per esempio, una donna di circa 50 anni nella prima fase del laboratorio, nel
fare l’elenco delle sue azioni quotidiane, è inceppata nel suo rapporto con Internet e
dell’invio dei tanti cv, scoprendo come questo non le permetteva il confronto umano e la
portava all’isolamento. Il tutto però non è mirato a condividere solo momenti di
commozione. Alcuni partecipanti hanno raccontato in modo ironico come si scrive un
curriculum, i lavori più strani che hanno fatto e tutti gli annunci surreali che hanno
incontrato durante la loro ricerca.
Mancano ancora due mesi all’esordio del gruppo che porterà in scena uno spettacolo
ancora tutto da definire. Quel che è certo, assicura Cirianni, è che metteranno insieme le
riflessioni fatte durante il laboratorio e che “tutti i frammenti, che sono poi stati trasportati in
metafore teatrali, sono nati dalle immagini raccontate dai partecipanti”. Non mancheranno
pertanto in scena sensazioni provate durante i periodi a casa, i colloqui e il lavoro. “Non è
un caso però – conclude D’Agostino – se abbiamo deciso di fare lo spettacolo nel periodo
del primo maggio, è un giorno significativo e l’esperienza è stata molto importante per
mettere l’accento sulla questione del lavoro, sia pure con una forma narrativa come il
teatro”. L’esperienza del laboratorio “Occupiamoci”! sarà raccontata insieme ad altre
iniziative promosse dai circoli Arci italiani al congresso nazionale dell’Arci che si tiene a
Bologna da domani al 16 marzo.
Da Vita.it del 12/03/2014
LA SFIDA
Presidenza Arci, la doppia intervista che non
t'aspetti
Francesca Chiavacci e Filippo Miraglia rispondono alle nostre serrate
domande a 360 gradi. Ne esce un faccia a faccia divertente e importante
per capire chi sarà il prossimo presidente dell'associazione di
promozione sociale più grande d'Italia
di Daniele Biella
Filippo Miraglia e Francesca Chiavacci senza filtri. Ecco Francesca Chiavacci e Filippo
Miraglia, i due contendenti per la presidenza nazionale dell’Arci (il vincitore, successore
dell’uscente Paolo Beni, sarà eletto questo fine settimana nel Congresso associativo di
Bologna, diretta streaming su arci.it) che per Vita.it si sfidano in un genuino faccia a faccia
rispondendo alle stesse domande, e soprattutto aprendo le porte del proprio mondo ai
lettori. Vinca il migliore.
Quanti anni ha?
Francesca Chiavacci: 52
Filippo Miraglia: 49
Titolo di studio?
C: Diploma di maturità classica. Mi sono poi iscritta a Giurisprudenza, prima di
interrompere ho dato dieci esami.
M: Laurea in fisica, poi ho ottenuto l'abilitazione a insegnare elettronica alle superiori
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Città di origine e luogo attuale?
C: Sempre Firenze.
M: Originario di Serradifalco (Caltanissetta), oggi vivo a Sant’Agata Feltria (Rimini).
La sua famiglia oggi da chi è composta?
C: Vivo con i miei due figli di 17 e 14 anni, Leonardo e Marco. Sono separata.
M: Io, mia moglie e tre figli maschi, Leonardo, 12 anni, Tancredi, 11, e Pietro, 5.
Cosa ne pensano i figli della corsa alla presidenza dell’Arci?
C: Mi aiutano e mi supportano, soprattutto il minore, uno dei primi a mettere i ‘mi piace’ su
facebook quando si parla della mia candidatura. Comunque in generale preferisco non
assillarli, è giusto che seguano il proprio cammino e si facciano le proprie idee.
M: La vivono come una gara, mettono i ‘mi piace’ al papà e sono assolutamente
schierati…hanno capito comunque di cosa si tratta, e questo è importante.
Sport preferito?
C: Rugby, mi piace andare a vedere i miei figli giocare.
M: Nuoto, che pratico.
Piatto preferito?
C: La pastasciutta, ogni tipo.
M: La pasta alla norma.
Un luogo dove le piacerebbe vivere fuori dall’Italia?
C: Londra.
M: In Sudafrica.
Esistono i bamboccioni?
C: Non credo, perché non esistono concrete possibilità per molti giovani per uscire di
casa, quindi rimangono in famiglia…
M: Direi proprio di sì. Il nome, la categoria lascia il tempo che trova, però centra un aspetto
della società che esiste.
La sua prima volta nell’Arci?
C: Nel 1988 ero presidente del Cam, associazione che ha una scuola di musica, e la sede
era in una casa del popolo di Firenze. Sono legata all’Arci da allora, ovvero 30 anni fa.
M: Sono entrato nel mondo Arci a Pistoia nel 1993, frequentando il circolo. In quel periodo
ero attivista in un associazione dedicata all’immigrazione, Nero e non solo, che entrò a far
parte dell’Arci in quel periodo.
Ha avuto esperienze politiche?
C: Sì, a livello locale e nazionale. Ho iniziato nei movimenti pacifisti e nella Fgci,
Federazione giovanile comunista italiana, poi sono stata deputata dal 1994 al 2001, eletta
nelle file dei Progressisti. Dal 1999 al 2003 sono stata assessore a Pubblica istruzione e
cultura del Comune di sesto Fiorentino, poi nel 2004 è arrivata l'elezione come presidente
dell’Arci Firenze in sostituzione di Paolo Beni che diventava presidente nazionale.
M: Ho iniziato a impegnarmi in politica da studente, e ho militato nei movimenti per la
pace. Poi tutto il mio impegno politico si è riversato nel volontariato per l’Arci in Toscana,
che frequentavo appena potevo (mentre insegnavo elettronica donavo il sangue una volta
al mese per avere il giorno libero per andare in associazione) e che poi è diventato il mio
lavoro.
Gli iscritti Arci sono in calo, cosa manca per riportare il segno più?
C: Bisogna ridare significato alla tessera, come impegno politico che però si distingue
nettamente dalla ‘politica che non piace’. Dobbiamo far capire cosa significhi veramente
aderire all’Arci attraverso la tessera, la sua importanza in ogni situazione, dal frequentare
un singolo circolo allo spendersi in una delle tante associazioni.
M: Dobbiamo arrivare nei luoghi in cui oggi l’Arci non è presente, dove c’è voglia della
giusta politica ma c’è anche tanta sfiducia. Manca la consapevolezza di potere
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rappresentare un soggetto sociale che, se mette in campo il proprio collettivo, è motore di
una parte consistente del cambiamento sociale.
Quali priorità ha il suo programma (Per un rinnovamento vero - Con i circoli in testa
di Francesca Chiavacci e L’arci attore sociale del cambiamento di Filippo Miraglia)?
C: Innanzitutto recuperare il senso del riunirsi, nei circoli come altrove, per promuovere
meglio la relazione tra cittadini e contrastare l’individualismo che si è diffuso nella società.
Siamo l’unica realtà laica che vanta un peso sociale molto forte operando con modalità
eterogenee, dobbiamo essere in grado di incidere di più sull’agenda politica. In particolare,
nella difesa dell’associazionismo, anche a costo di conflitti con il mondo politico, senza
complessi di inferiorità, poi promuovendo buone pratiche a livello culturale, sociale e di
diritti civili.
M: Un tema fondamentale è l’arrivo a una leadership collettiva, attraverso un rinnovamento
del gruppo dirigente, verso un’orizzontalità che oggi non si ritrova. Ciò significa
l’allargamento della partecipazione alle decisioni ai tanti organismi del mondo Arci che
oggi, tramite il sistema delle deleghe, non hanno molta voce. Si tratta di un cambiamento
radicale, mi rendo conto, ma è il momento giusto.
Quanto tempo passa sui social network?
C: Ultimamente molto in vista del Congresso, comunque da quando ho l’Ipad direi
abbastanza, almeno due ore al giorno…comunque meno dei miei figli!
M: Li uso sempre con parsimonia, non sono sempre attaccato. Ma da quando sono
candidato ho aumentato l’utilizzo, perché per tempi e modalità di comunicazione sono i più
opportuni.
Le piacciono le slot machine?
C: No, per niente. Come Arci Firenze siamo stati capofila del No alle slot. Detto questo,
non si risolve il problema togliendole tutte, c’è il tema della prevenzione, e quello che lo
stato è esattore. Va fatta una battaglia mirata, anche nei circoli, che vanno accompagnati
a sorreggersi in altri modi che non siano guadagnando sull’azzardo.
M: Chiaramente no. Ma sono antiproibizionista, troviamo il modo giusto di combattere la
dipendenza delle persone dal gioco d’azzardo, e soprattutto sono contrario al fatto che lo
Stato faccia soldi con la ludopatia.
I Cie, Centri di identificazione ed espulsione, sono da chiudere?
C: Sì. Negli anni abbiamo aderito a tante campagne in merito…con questa sigla si
maschera una vera e propria detenzione, e pensare che erano nati come un primo filtro
avente come fine l’accoglienza delle persone.
M: Certo, lo diciamo ancora da prima che nascessero: nel 1997, dopo manifestazioni e
battaglie, siamo almeno riusciti a non far aprire quello che allora si chiamava Cpt, Centro
di permanenza temporanea. L’uso strumentale dell’immigrazione in campagna elettorale
deve finire.
Un consiglio a Matteo Renzi
C: Ci conosciamo da tempo, essendo entrambi fiorentini, ed essendo stato portaborse di
Lapo Pistelli quando io ero in Parlamento. Premesso questo, gli consiglio di fare un passo
alla volta, senza esagerare: sia realista quando promette di raggiungere degli obiettivi, e
tenga in conto le rappresentanze associative, senza voler fare il ‘capo’ che comunica solo
con la moltitudine.
M: Non credo che accetti consigli, tantomeno da noi…
Un paio di richieste a Matteo Renzi
C: Renzi sa bene il valore dell’associazionismo date le sue esperienze, per questo gli
chiedo di valorizzarlo e riconoscerlo una volta per tutte, interrompendo l emodalità che
negli ultimi anni ci hanno penalizzato molto. Non dico l’essere finanziati, ma agevolati in
quanto a normativa, a esenzioni. Inoltre, in tema di immigrazione vorremmo un impegno
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concreto sullo ius soli, e sulla parità di genere: non é sufficiente la nomina di ministri
donne, la bocciatura degli emendamenti alla legge elettorale in parlamento é stata una
cosa brutta.
M: Torni indietro sulla legge elettorale, come scritta ora restringe gli spazi di democrazia,
in particolare per lo sbarramento e le regole per le coalizioni. Non ci si può permettere di
ridurre questi spazi. E rimetta l’economia al servizio delle persone, non viceversa come
accaduto negli ultimi anni: in questo senso, a livello di rapporti con L’Unione europea, dica
No al fiscal compact e all’imposizione del pareggio di bilancio, c’è uno squilibrio tra poteri
forti e cittadini che va eliminato.
Una cosa in comune tra Papa Francesco e l’Arci
C: La difesa dei più deboli, e il mutuo soccorso, aspetto fondamentale per l’Arci che ritrovo
anche nel Papa, più attento alla solidarietà che alla carità.
M: Il ruolo sociale della Chiesa sotto l’attuale papa ha la stessa idea di mutuo soccorso
dell’Arci, così come è una caratteristica comune lo stare accanto agli ultimi.
Il punto forte del suo sfidante?
C: Filippo conosce molto bene la realtà dell’Arci a livello nazionale, essendo nella
presidenza e responsabile immigrazione da tanti anni.
M: Francesca è una donna, e sul piano antropologico le donne hanno una marcia in più,
senza ombra di dubbio.
Il punto debole del suo sfidante?
C: Il lato opposto dello stesso punto forte: la sua conoscenza dei territori non la vedo tanto
forte quanto quella a livello nazionale.
M: L’essere troppo legata all’Arci del passato, quando era un po’ troppo istituzionalizzato e
basato su una frequentazione delle case del popolo ‘neutrale’ e non ‘consapevole’ come
dovrebbe essere oggi, ovvero che si colloca in una parte politica ben precisa.
Quanto costa un litro di latte?
C: Alla coop vicino casa 1,08 euro al litro. Anzi, in questi giorni c’è lo sconto del 30% anti
crisi, viene venduto a 0,89.
M: Quello che compro nel negozio di alimentari fuori dalla sede Arci lo pago 1,50 euro al
litro.
Pensa di vincere?
C: Non lo so, siamo portatori di due anime diverse dell’Arci e l’importante è che il
Congresso risulti più che positivo, e si riparta con slancio qualunque sia l’anima
prevalente.
M: Non lo so, di solito sono ottimista, in questo caso la situazione è piuttosto incerta.
Un saluto non scontato al presidente uscente Beni…
C: Quando dieci anni fa, alla morte improvvisa di Tom Benetollo, ha preso le redini
dell’Arci nazionale e mi ha proposto come presidente di Arci Firenze, nessuno dei due si
aspettava quello che sta accadendo ora, lui deputato io che corro per la presidenza
nazionale. Beni è stato bravo in questi anni a tenere insieme due anime diverse, ora è il
nostro parlamentare di riferimento, gli faremo fare i compiti…
M: Gli direi semplicemente arrivederci. Ho lavorato molto con lui in questi anni, in
autonomia e anche a volte vedendo le cose in modo diverso. E’ stato il presidente di una
fase piuttosto difficile per l’Arci, di questo gli va dato atto. Ma ora si è in una nuova fase,
non bisogna solo resistere ma guardare avanti.
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