Donne, politica e istituzioni III edizione - 2013 1. Pubbliche amministrazioni e pari opportunità: per istituzioni d’altro genere? Storia di una legislazione fraintesa e disattesa... M. Antonella Cocchiara giovedì, 27 giugno 2013 - h. 15.00-17.00 1. - Pari opportunità: in che senso? 2. - Perché parlarne ancora? 3. - Pubbliche amministrazioni e pari opportunità: la normativa 4. - L’arcipelago degli organismi di parità 1. - Pari opportunità: in che senso? Il “Giardino delle delizie” di H. Bosch esprime, nel suo insieme, la bellezza e l’armonia realizzate dalle tante diversità che vi coesistono e lo animano, perché concepite NON come differenza che allontana, NON come causa di discriminazione, MA come risorsa che arricchisce. È questo il senso profondo del principio e delle politiche di pari opportunità. Cosa deve intendersi per “politiche di pari opportunità”? Le politiche per realizzare le pari opportunità sono, infatti, interventi temporanei adottati per superare uno o più ostacoli che impediscono nei fatti la parità, sono misure da adottare ogniqualvolta si sia in presenza di una diversità che – anziché essere “giocata" in termini di risorsa e, quindi, di ricchezza aggiuntiva – produce discriminazioni o è, comunque, causa di svantaggi. Che fare? In questi casi, per riportare equilibrio in situazioni in cui la bilancia pende di più da un lato e per garantire non solo uguale titolarità di diritti, ma anche concreta uguaglianza di opportunità, l’ordinamento giuridico prevede che si adottino misure – dette “azioni positive” – che permettono di contrastare o correggere tutte quelle discriminazioni che sono il risultato di pratiche sociali o di atteggiamenti culturali o di opzioni politiche o economiche. 1. - Pari opportunità: in che senso? Politiche dei diritti e contro ogni forma di discriminazione relativa: al genere all’orientamento sessuale alla razza all’origine etnica alla disabilità alla religione alla lingua all’età 2013: Anno europeo dei cittadini L'Anno europeo dei cittadini 2013 è dedicato ai diritti conferiti dalla cittadinanza dell'UE. Nel corso dell'anno si incoraggerà il dialogo tra tutti i livelli di governo, la società civile e le imprese in occasione di eventi e conferenze che si terranno in tutta Europa per discutere di questi diritti e sviluppare una visione dell'Unione europea per il 2020. 2007: Anno europeo delle pari opportunità per tutti L'Anno europeo delle pari opportunità per tutti 2007 era destinato a offrire un’occasione per promuovere una società più solidale e sensibilizzare meglio l’opinione pubblica nel campo dell’uguaglianza e della non discriminazione, favorendo al contempo la mobilitazione di tutti gli interessati per promuovere la strategia-quadro dell'UE in materia di non discriminazione e di pari opportunità anche dopo il 2007. diritti rappresentatività riconoscimento rispetto Proclamando il 2007 Anno europeo delle pari opportunità per tutti l’Unione Europea ha inteso perseguire un obiettivo generale - quello di PROMUOVERE CAMBIAMENTO - e quattro obiettivi specifici: 1) DIRITTI: ovvero sensibilizzare sul diritto alla parità e alla non discriminazione. I cittadini europei avrebbero dovuto essere meglio informati sulla legislazione vigente così da sapere che l’UE possiede uno dei quadri legislativi più avanzati del mondo in base al quale tutti, indipendentemente dal sesso, dalla razza o dalle origini etniche, dalla religione o dalle convinzioni personali, da eventuali handicap, dall’età o dalle tendenze sessuali, hanno diritto ad essere trattati allo stesso modo. 2) RAPPRESENTATIVITA’: cioè suscitare un dibattito sugli strumenti necessari per incrementare la partecipazione alla vita sociale dei gruppi vittime di discriminazioni nonché una partecipazione equilibrata alla vita sociale di uomini e donne. L’Anno europeo doveva favorire la riflessione e la discussione sulla necessità di una maggiore partecipazione di tali gruppi alla vita sociale e di un loro coinvolgimento nelle azioni volte a combattere le discriminazioni in tutti i settori e a tutti i livelli. 3) RICONOSCIMENTO: ovvero valorizzare e accogliere, celebrare e facilitare la diversità, favorendo così la parità. Evidenziando i benefici della diversità, l’Anno europeo doveva far prendere coscienza del contributo positivo e concreto che tutti, indipendentemente dal sesso, dalla razza e dall’origine etnica, dalla religione, dalle convinzioni personali, da eventuali handicap, dall’età o dalle tendenze sessuali, possono dare alla società nel suo complesso. 4) RISPETTO: cioè promuovere una società più solidale. Durante l’Anno europeo i cittadini dovevano essere sensibilizzati sull’importanza di eliminare gli stereotipi, i pregiudizi e la violenza, di favorire buone relazioni tra tutti i membri della società, in particolare tra i giovani, e di promuovere e diffondere i valori che sottendono la lotta contro le discriminazioni. più consapevoli dei loro diritti più informati sui vantaggi di una società solidale, sulla convenienza a far sì che le diversità rendano l’UE più forte e sulla legislazione antidiscriminatoria discriminazione Genericamente, per discriminazione possiamo intendere il trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o di un gruppo di individui in virtù dell’appartenenza ad una particolare categoria. Alcuni esempi di discriminazione sono il razzismo, il sessismo, l'omofobia. …limitatamente all’ambito lavorativo e alle differenze di genere Sotto il profilo normativo, su sollecitazione di direttive e di giurisprudenza europea, a definire la discriminazione è l’art. 25 del Codice delle pari opportunità (D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198) che distingue tra discriminazioni dirette e discriminazioni Discriminazione diretta Quando una persona (lavoratore o lavoratrice), in base al sesso, è trattata meno favorevolmente di quanto lo sarebbe stata un’altra in una situazione analoga. Esempio: la mancata assunzione di una lavoratrice perché incinta; la mancata promozione di una lavoratrice perché donna (o di un lavoratore perché straniero o omosessuale). Discriminazione indiretta Quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il conseguimento della finalità stessa siano appropriati e necessari. Esempi: 1) il caso della statura minima richiesta per la partecipazione a un concorso e tarata su medie maschili: va da sé che non vi è discriminazione sulla singola persona, ma adottando un simile criterio di selezione indubbiamente si avvantaggiano gli uomini rispetto alle donne; 2) la previsione di una particolare indennità solo per dipendenti che abbiano sempre optato per il full-time; le donne che più spesso richiedono il part-time per ragioni di conciliazione tra famiglia e lavoro, ne sarebbero indirettamente escluse.. 2. - Perché parlare ancora di “pari opportunità di genere”? QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015 (Commissione Europea, 21 settembre 2010) QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. Relazione sui progressi effettuati in ambito di uguaglianza tra le donne e gli uomini nel 2012 (Commissione Europea, 8 maggio 2013) disoccupazione femminile 90 80 70 60 50 uomini donne 40 30 20 10 0 presenz a dirigenti II fascia dirigenti I fascia …ma nel cervello politico e organizzativo della “cosa pubblica” le donne continuano a mancare o, quando ci sono, assumono spesso modelli di leadership “maschili” o sono prive di autonomia... Mancano nei vertici della politica, come sindaco, assessore, consigliere, e mancano negli apparati dirigenziali dell’amministrazione, di prima e anche di seconda fascia. Nelle pubbliche amministrazioni continuano a incontrarsi ostacoli (soprattutto culturali) e operano forme di ma anche di QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. È noto che nella PA la presenza femminile, in forte crescita, si riduce notevolmente nelle posizioni apicali e ancor di più nelle “posizioni fiduciarie”, dove le scelte avvengono per cooptazione QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. Il decalogo del successo: 1 Studiare e aggiornarsi continuamente 2 Non avere paura di mettersi in gioco 3 Avere fiducia in se stesse 4 Impegnarsi con costanza e professionalità 5 Autoironia e sano distacco 6 Curiosità e propensione al cambiamento 7 Essere tenaci e non arrendersi davanti agli ostacoli 8 Non negare la femminilità “scimmiottando” gli uomini 9 Non rinunciare ai propri desideri 10 Non puntare alle carriere facili e su affari provvisori Consiglio d’Europa L’Europa non può vincere se metà della squadra rimane negli spogliatoi… Terry Davis 2. - Perché parlarne ancora? Rapporto CEDAW – Luglio 2011 COMITATO per l’ELIMINAZIONE di tutte le forme di DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE Esorta l’Italia: a far conoscere alle donne i diritti loro garantiti dalla Convenzione; ad accrescere la conoscenza della Convenzione a tutti i livelli e in particolare tra i membri della Magistratura e della Professione legale, tra i partiti politici, in Parlamento, tra i funzionari e nell’opinione pubblica al fine di rafforzarne l’uso e per la realizzazione pratica del principio della parità tra uomo e donna; ad assicurare che la Convenzione, le raccomandazioni del Comitato e le inchieste “divengano parte integrale dei curricula scolastici, compresi quelli del settore legale e di formazione del settore giudiziario, al fine di creare con forza una cultura giuridica della non discriminazione verso le donne e per la parità di genere”; Rapporto CEDAW – Luglio 2011 COMITATO per l’ELIMINAZIONE di tutte le forme di DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE Invita l’Italia: ad applicare “misure speciali temporanee” nei settori in cui le donne sono sottorappresentate (legislativo, esecutivo, amministrativo e corpi politici), o sono svantaggiate, in particolare per migliorare la situazione delle donne nelle aree rurali, delle donne migranti, anziane, Rom e Sinti, con disabilità, e fornire, se necessario, risorse aggiuntive per accelerare il relativo sviluppo; a mettere in atto una politica, rivolta a uomini e donne, fanciulli e fanciulle, per superare l’immagine delle donne come oggetto sessuale e gli stereotipi relativi ai loro ruoli nella società e nella famiglia; a rafforzare la parità di genere ed eliminare gli stereotipi patriarcali nel sistema scolastico; ad assicurare che le questioni relative alla parità di genere e ai corsi di formazione e di sensibilizzazione divengano una componente integrale, sostanziale ed obbligatoria della formazione di tutti gli insegnanti a tutti i livelli; a dare informazioni sull’esistenza di stereotipi sessisti nei media e nel settore pubblicitario e sulle misure di auto-regolamentazione (codici di condotta); Rapporto CEDAW – Luglio 2011 COMITATO per l’ELIMINAZIONE di tutte le forme di DISCRIMINAZIONE CONTRO LE DONNE Esorta l’Italia: a sviluppare e applicare sistemi di valutazione del lavoro, secondo criteri legati al genere; ad accrescere gli sforzi per assicurare la conciliazione tra responsabilità familiari e lavoro e per la promozione dell’equa condivisione degli impegni domestici e familiari tra uomo e donna, anche attraverso l’innalzamento degli incentivi per gli uomini per l’esercizio del diritto ai congedi parentali, oltre a compiere degli sforzi concertati per fornire ulteriori strutture per le varie fasi dell’infanzia, specie in quelle Regioni in cui esse scarseggiano; 1 DONNA SU 5 LASCIA IL LAVORO DOPO LA NASCITA DI UN FIGLIO Prefazione di Susanna Camusso In Italia, una donna su cinque smette di lavorare dopo la maternità. A distanza di 18-21 mesi dalla nascita dei figli, secondo dati Istat, ben il 20,1% delle neo-mamme lascia il posto di lavoro. Ad abbandonare la carriera sono, in particolare, le madri fino a 30 anni. Sempre secondo i dati divulgati dall’Istat, tra queste ex lavoratrici il 7% perde il lavoro, il 24% non vede rinnovato il proprio contratto e il 69% abbandona il lavoro di propria volontà. Per il 60,8% delle madri, la motivazione più ricorrente è quella di voler “trascorrere più tempo con i propri figli” e l'inconciliabilità del lavoro con l’organizzazione familiare. …che vive sui bordi di una cittadinanza compiuta, ma pericolosamente inclinata verso l’incompiutezza: si raggiungono certi traguardi, ci si rinsalda su quel bordo scivoloso, ma ecco che s’incontra di lì a poco un nuovo ostacolo… la strenua difesa di privilegi di “caste” prevalentemente maschili o comunque declinate al maschile certe letture integraliste dei credi religiosi funzionali a interessi politici il mancato ri-conoscersi tra donne… …e anche altro Per esempio… …cioè rappresentazioni e immagini del maschile e del femminile ipersemplificate che riproducono e a loro volta influenzano il pensiero collettivo, riempiendo di specifici contenuti le convinzioni e le idee di un determinato gruppo sociale rispetto a uomini e donne e ai rapporti tra essi C’è almeno una delle seguenti affermazioni che condividete? è giusto che in casa sia l’uomo a comandare l’uomo deve lavorare, perché in famiglia il suo ruolo prioritario è quello di “procacciatore di reddito” per la donna la principale fonte di realizzazione personale è la maternità i figli devono stare con la madre Anche attualmente, i modelli “idealizzati” di donna e uomo sono alquanto polarizzati: l’uomo è percepito come forte, razionale, logico, indipendente la donna è specularmente definita come dipendente, tranquilla, incline all’ascolto, all’affetto e al lavoro di cura QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. lungo cammino verso l’attuazione dell’eguaglianza formale 3. - Pubbliche amministrazioni e pari opportunità: la normativa Divorzio (legge n. 898 del 1970 e succ. modif.) Asili nido (legge n. 1044 del 1971) Diritto di famiglia (legge n. 151 del 1975) Consultori familiari IVG (legge n. 194 del 1978) (legge n. 405 del 1975) Novità in materia di lavoro: 1970 = Statuto dei lavoratori 1971 = legge sulle lavoratricimadri (legge n. 1204 del 1971) che estende le tutele alle lavoranti a domicilio e alle addette ai servizi domestici 1977 = legge sulla parità tra uomo e donna Legge n. 903 del 9 dicembre 1977 dall’eguaglianza formale all’eguaglianza sostanziale Tina Anselmi dall’eguale trattamento di fronte alla legge alla rimozione degli ostacoli che provocano disuguaglianze le norme più innovative di questa legge (es.: l’art. 7) troveranno, però, scarsissima applicazione o saranno raggirate (es.: unica lista negli uffici di collocamento) dalla parità alle pari opportunità tra enunciazioni, legislazione ed effettività “Grande importanza dovrà essere annessa al problema della parità tra i sessi, che ha trovato idonee soluzioni di principio nella legge cosiddetta della parità del 1977, ma che esige ora strumenti concreti e operativi per meglio combattere le tante discriminazioni di fatto che, soprattutto per quanto riguarda gli sviluppi di carriera, colpiscono le donne… punto 5/7 del programma di governo (9 agosto 1983) D.M. 2 dicembre 1983: Comitato Nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento e uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici presso il Ministero del Lavoro COMMISSIONE NAZIONALE PER LA REALIZZAZIONE DELLA PARITÀ TRA UOMO E DONNA Elena Marinucci …che inizia ad operare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1984, anche se la legge istitutiva, che ne avrebbe definito le competenze e la composizione, è la n. 164/1990. La “Commissione” produce: il “Codice Donna” La “Commissione” produce: interessanti ricerche, come quella sul “maschilismo” dei libri di testo per le scuole … e quella di Alma Sabatini sul sessismo nella lingua italiana QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. A cominciare dal 1987, tutti i CCNL prevedono l’istituzione nei luoghi di lavoro, pubblici e privati, di appositi Comitati per le Pari Opportunità che dovevano … 1) 2) proporre misure adatte a creare effettive condizioni di pari opportunità relazionare «almeno una volta l’anno, sulle condizioni oggettive in cui si trovavano le lavoratrici rispetto alle attribuzioni, alle mansioni, agli orari di servizio, alla partecipazione ai corsi di formazione ed aggiornamento, ai nuovi ingressi». Contraddizione tra legge e realtà Sono previsti “sulla carta” organismi istituzionali e figure di riferimento con compiti di verifica e controllo delle politiche di pari opportunità, ma… sono istituiti ovunque? sono messi realmente in grado di funzionare? Legge n. 125/91 sulle azioni positive Legge n. 215/92 sull’imprenditoria femminile IV Conferenza Mondiale dell’ONU Pechino 1995 Legge n. 66/96 sul reato di violenza sessuale L. 125/1991 Azioni positive per la realizzazione della parità uomodonna nel lavoro favorire l’occupazione femminile realizzare l’uguaglianza sostanziale …sono misure di riequilibrio indirizzate ad un gruppo particolare di soggetti che si trova, di fatto, in una condizione di svantaggio o di asimmetria; mirano alla rimozione o al superamento degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità, così da consentire l’attuazione dell’eguaglianza sostanziale. Potremmo definirle discriminazioni all’incontrario, consistenti nell’adozione di trattamenti preferenziali per correggere disuguaglianze di fatto o per rimuovere discriminazioni. QuickTime™ e un decompressore sono necessari per visualizzare quest'immagine. Scadenza: 30 novembre 2012