Lavoro, mercato, welfare - Dipartimento di Sociologia e Ricerca

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Lavoro, mercato, welfare
Lavoro e risorse umane
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1
La costruzione sociale del mercato
del lavoro (tab. 2)
• Disoccupazione-lavoro-salari: “perché, quando esiste un
tasso di disoccupazione significativamente alto, non si
attiva una concorrenza per il limitato numero dei posti di
lavoro, e perché una simile concorrenza non riduce
subito il livello dei salari?” (Solow);
• Perché variano i tassi di disoccupazione tra un paese e
l’altro?
• Perché un lavoratore è disoccupato e un altro no?
• Perché variano i rendimenti economici tra le nazioni, in
termini di inflazione, salari e occupazione
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Teorie economiche del mercato del lavoro: salario di
equilibrio spiegato dal versante della domanda
• Teoria del “salario di efficienza”: i datori di
lavoro pagano un salario più alto rispetto a
quello degli altri datori di lavoro per motivare
maggiormente i lavoratori che nell’impresa
moderna hanno un certo grado di controllo sulla
propria produttività;
• Teoria “insider/outsider”: spiega il vantaggio
contrattuale dei lavoratori all’interno
dell’impresa (insider) con il fatto che data la loro
esperienza non sarebbero del tutto
intercambiabili con
altri lavoratori.
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Salario di equilibrio spiegato dal
versante dell’offerta di lavoro
• Teoria delle norme sociali: valori condivisi,
approvazione – disapprovazione dei
comportamenti;
• Teoria delle relazioni industriali:
rappresentanza collettiva del lavoro,
contrattazione collettiva, diritto di sciopero:
“saper essere” collettivo del lavoro
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Indicatori del mercato del lavoro
•
Forze di lavoro (popolazione attiva): somma degli occupati e delle persone in cerca
di occupazione);
•
Occupati: persone con almeno un’ora di lavoro retribuito nella settimana precedente
all’intervista (Istat);
•
Persone in cerca di occupazione: non occupati con almeno un’azione di ricerca del
lavoro negli ultimi 30 giorni e disponibili a lavorare nella settimana successiva:
–Disoccupati in senso stretto: hanno perso un precedente lavoro;
–In cerca di prima occupazione: non hanno mai avuto un precedente lavoro.
•
Non forze di lavoro (popolazione non attiva):
–Popolazione in età non attiva: con meno di 15 anni e oltre 64 anni;
–Popolazione non attiva ma in età attiva: studenti, casalinghe, ritirati dal lavoro e
inabili 15-64 anni;
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Indicatori del mercato del lavoro
• Tasso di attività: rapporto tra forze di lavoro e popolazione totale
(tasso lordo) o popolazione in età di lavoro (tasso netto) =
propensione a lavorare o a cercare lavoro (anche per genere, classi
di età e livelli di istruzione);
• Tasso di disoccupazione: rapporto tra le persone in cerca di
occupazione e le forze di lavoro (= quanti non trovano lavoro su 100
che lo cercano);
• Tasso di occupazione: rapporto tra occupati e popolazione totale o
in età attiva = livello della domanda di lavoro, grado di benessere
economico (n. di persone a carico di ogni lavoratore occupato)
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Erosione e multi-segmentazione dei mondi del lavoro
Job on call
Lavoro a tempo
determinato
Staff leasing
Partite iva
Interinali
Telelavoro
Part-time
involontario
Lavoro autonomo
economicamente
dipendente
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Stage,
tirocini
Associazione in
partecipazione
Apprendistato
Lavoro a progetto
Catena di fornitura
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La “soglia” mobile di protezione
sociale
• Dahrendorf: economie a bassa retribuzione ed economie
ad alta specializzazione (livello macro); economie a
bassa pressione fiscale/alti guadagni differenziali (ruolo
borsa, mercati finanziari) ed economie ad alta pressione
fiscale/bassi profitti (ruolo banche e investimenti di lungo
termine
• Modelli di mercato del lavoro: mediterraneo (Italia,
Grecia, Spagna: minor vulnerabilità capofamiglia,
maggiore per i figli); Europa centrale (Francia, Belgio,
Austria, Olanda: minor vulnerabilità capofamiglia,
maggiore per coniuge); Germania, UK (minor
vulnerabilità per i figli).
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FORME DI ORGANIZZAZIONE SOCIALE
(MODELLI DI CAPITALISMO O SISTEMI DI WELFARE)
1. MODELLO UNIVERSALISTICO SCANDINAVO: diffusione servizi di
welfare pubblici forniti come diritti sociali indipendentemente dallo
status occupazionale dei soggetti;
2. MODELLO ASSICURATIVO-CORPORATIVO: Europa centrale;
3. MODELLO ASSICURATIVO FAMILIARE: Europa meridionale.
Importanza della famiglia come istituzione di gestione dei rischi
sociali; diffusione del lavoro autonomo e delle micro-imprese.
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Promozione e sviluppo del lavoro
indipendente
• Instabilità in cambio di autonomia?
• La storia del “secolo del lavoro” dipendente (Accornero), una
parentesi nella storia del lavoro indipendente?
• Il ritorno al lavoro indipendente, dopo la crisi del modello
fordista, dei diritti sociali e della sicurezza sociale e accesso al
welfare, legati al lavoro subordinato?
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IL LAVORO INDIPENDENTE
• I dati: stabilizzazione quantitativa del lavoro autonomo;
trasformazione qualitativa:
– strategie di de-valorizzazione (esclusione dalle tutele tradizionali, fuga
dal diritto del lavoro, deregolamentazione);
– strategie di valorizzazione (capacità di innovazione, adattamento del
lavoro più qualificato)
• Visione ideale del lavoro post-fordista, flessibile in termini di tempo,
luogo, tipo di servizi, costi, qualità, creatività, prodotti innovativi e
immateriali?
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Legge e giurisprudenza in Europa
• Diritto europeo: autonomia come situazione di fatto e non per
convenzione
• Apertura al lavoro indipendente: tendenza a dare un quadro
giuridico; da una concezione estensiva di lavoro subordinato a
minori ostacoli allo sviluppo del lavoro indipendente (Spagna,
Germania, Francia);
• Situazioni di semi-dipendenza, con necessità di una categoria
giuridica intermedia tra lavoratore subordinato e imprenditore
autonomo:
– Germania: terza categoria “assimilabili ai lavoratori subordinati”
(Arbeitsnehmeraenliche Personen)
– Italia: i lavoratori “para-subordinati” (co.co.co.)
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Evoluzione della subordinazione
• Maggiore autonomia nell’organizzazione del lavoro: innovazione
tecnologica, formazione, coinvolgimento individuale, team di lavoro,
partecipazione (valorizzazione dimensione collettiva), obblighi di
risultato e non di mezzo: verso condizioni di lavoro indipendente
di fatto?
• Nuove forme precarie di lavoro: contratti a tempo determinato,
rafforzamento del potere del datore di lavoro, soprattutto sui giovani,
accentuato da disoccupazione, processi di downsizing, outsourcing,
piccole dimensioni imprese (meno di 50 o meno di 11, in cui lavora
la maggioranza dei lavoratori): crescita del peso della
subordinazione di fatto?
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Allargamento della nozione giuridica di lavoro subordinato
• Tendenza generale della giurisprudenza: nozione di
subordinazione risultato non solo della “sottomissione a ordini e
direttive precise nell’esecuzione delle mansioni, ma anche alla
“integrazione” del lavoratore in un’organizzazione collettiva del
lavoro concepita da e per gli altri”.
• Tecnica dei “fasci di indici”, caratteristica comune del diritto del
lavoro nei paesi europei: ricercare quegli indicatori che possono
rivelare l’esistenza di uno stato di subordinazione di fatto
nell’ambito di un lavoro convenzionalmente autonomo (es. Svezia,
p. 28)
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I confini del lavoro subordinato
• Ridurre il campo di applicazione del diritto del lavoro: ritorno ad una
concezione ristretta di subordinazione (es. Francia: riferimento alla
“subordinazione giuridica”);
• Allargare il campo di applicazione del diritto del lavoro: ricorso ad
altri criteri al di là di quello della subordinazione giuridica (es.
“dipendenza economica”: far coincidere il campo di applicazione
del diritto del lavoro con il reale bisogno di protezione); es.
telelavoratori, professionisti tecnicamente autonomi ma
economicamente dipendenti (arrestare la fuga dal diritto del lavoro
(Germania).
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Outsourcing
o sub-fornitura del lavoro
• Strategie di riduzione dei costi: esternalizzazione lavori di minor
qualifica professionale (pulizia, custodia, mensa);
• Esternalizzazione funzioni più qualificate:
– ricorso a servizi per innovazione tecnologica (Ict);
– evoluzione tecniche contrattuali (trasferimento d’azienda) con
possibilità di ripartizione del rischio di impresa e favorire alleanze
strategiche, cooperazione e nuovi modi orizzontali di fare impresa
(Bonazzi, Negrelli, 2003)
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I problemi di diritto del lavoro:
a) frode sociale: lavoro interinale e traffico di manodopera
(caporalato e fornitura illecita di lavoro);
b) sub-fornitura (con dipendenza tecnica o economica): contratti di
lavoro meno favorevoli; impossibilità del diritto del lavoro di
raggiungere l’interlocutore pertinente, ovvero l’impresa principale
(es. gruppi di imprese, imprese a rete, ecc.)
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Verso un “diritto comune” del lavoro?
• Adattamento alle diverse situazioni (lavoro subordinato
tradizionale, lavoro parasubordinato economicamente dipendente);
• Protezione di base per tutti i lavoratori in condizione di dipendenza
economica;
• Coesione sociale: non separare il diritto del lavoro dalla sicurezza
sociale, elementi indissolubili dello status occupazionale.
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La flessibilità del lavoro:
gli obiettivi principali delle imprese
• adattarsi alle oscillazioni e incertezze della domanda,
soprattutto sui mercati globali;
• incrementare i livelli della produttività;
• inserire le nuove tecnologie dell’informazione e i servizi
informatici;
• rendere più variabili le retribuzioni rispetto alle
prestazioni;
• migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi.
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Strumenti e istituti
di flessibilità del lavoro
Le imprese italiane hanno potuto disporre in questi anni di una
varietà di strumenti di flessibilità del lavoro che ha riguardato:
• la regolazione quantitativa dell'ingresso/uscita dei lavoratori
(contratti di lavoro atipici, mobilità), insieme alla gestione
quantitativa (soprattutto degli orari) dei mercati interni del lavoro
(flessibilità numerica esterna ed interna);
• la gestione qualitativa da parte delle direzioni aziendali dei mercati
interni del lavoro (polivalenza), insieme ai processi di
esternalizzazione di alcune funzioni (flessibilità funzionale interna
ed esterna);
• la variabilità del salario rispetto ad alcuni indicatori di performance
economica (flessibilità salariale).
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L’ideologia della flessibilità (1)
• “in tutto il mondo le imprese perseguono
l’ideale di utilizzare la forza lavoro pressappoco
nel modo in cui utilizzano l’energia elettrica”;
• effetti negativi per il lavoro: attacco generalizzato
al diritto del lavoro; frammentazione delle classi
lavoratrici e delle loro rappresentanze; deresponsabilizzazione delle imprese rispetto alla
gestione delle risorse umane; rilevanti costi per
gli individui, le famiglie, la società nel suo
complesso (Gallino, 2001)
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L’ideologia della flessibilità (2)
•
Un diritto del lavoro sempre più “infarcito di eccezioni alla regola comune, a volte formali a volte
di fatto” (Barbier, Nadel, 2000);
•
Supiot (1999): “lo sviluppo di un diritto del lavoro puramente strumentale adattato giorno per
giorno alle fluttuazioni della congiuntura”;
•
Castells (2002) delinea uno scenario di dualismo sociale della struttura occupazionale, con la
compressione del livello intermedio, la disaggregazione del lavoro, la spinta individualizzazione e
frammentazione: “le attuali tendenze tecnologiche favoriscono tutte le forme di flessibilità, tanto
che in assenza di accordi specifici per la stabilizzazione di una o l’altra delle dimensioni del
lavoro, il sistema si evolverà verso una flessibilità generalizzata e diversificata per lavoratori e
condizioni di lavoro, sia per coloro che sono altamente specializzati sia per coloro che hanno
basse qualifiche”;
•
Dualismo del mercato del lavoro tra una forza lavoro core e una forza lavoro periferica o
“disponibile ad essere automatizzata, assunta, licenziata, trasferita all’estero a seconda della
domanda di mercato e dei costi del lavoro” (Castells, 2002);
•
Sennett (1999): le conseguenze umane e sociali del “ciclo” di lavori che uomini e donne stanno
vivendo e che li porta sempre più “alla deriva” a causa dell’incertezza e della frenesia che sono
costretti a subire.
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La diversità del lavoro (tab. 3)
• Direttiva comunitaria del 2000 approvata per contrastare la
discriminazione occupazionale per ragioni etniche, religiose, di
genere, età e diversa abilità;
• In generale, i giovani, le donne, gli anziani, gli immigrati e i disabili
hanno livelli di occupazione più bassi e livelli di disoccupazione più
alti rispetto alla media;
• livelli di occupazione e di disoccupazione “socialmente determinati”;
• Target di Lisbona (marzo 2000): un tasso generale di occupazione
del 67% nel 2005 e vicino al 70% nel 2010; un tasso di occupazione
femminile del 57% nel 2005 e vicino al 60% nel 2010; un tasso di
occupazione dei lavoratori più anziani (55-64) del 50% entro il 2010
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Lavoro e welfare:
le politiche “passive”
•
amministrazione e servizi pubblici per l’impiego;
•
formazione al mercato del lavoro: formazione per gli adulti disoccupati e
per i soggetti a rischio; formazione per gli adulti occupati;
•
iniziative per i giovani: misure per i soggetti svantaggiati e disoccupati;
sostegno per l’apprendistato e per la formazione generale ad esso
collegata;
•
impiego sussidiato: sussidi all’occupazione regolare nel settore privato;
sostegno dei disoccupati che avviano un’impresa; creazione diretta di
posti di lavoro (nei settori pubblici o non profit);
•
misure per i disabili: riabilitazione professionale; lavoro per i disabili.
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Lavoro e welfare:
le politiche “attive”
•
•
sussidi ai disoccupati;
pre-pensionamenti per motivi legati
all’andamento del lavoro
Pochi paesi dedicano ad esse oltre l’1% del
Pil (Olanda, Danimarca e Svezia ben oltre tale
livello; ma comunque anche Belgio, Finlandia,
Francia, Germania, Irlanda): tab. 4.
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Il ruolo del diritto del lavoro
“La questione fondamentale non è quella della
“flessibilizzazione” (già largamente prevista da un
certo numero di legislazioni europee), ma quella
dell’armonizzazione dei nuovi imperativi di libertà
nel lavoro con il bisogno non meno importante di
tutti i lavoratori di far affidamento sulla lunga durata
di un autentico status professionale che possa
permettere loro di liberare in modo equo la propria
capacità di iniziativa individuale”.
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ESPERIENZE NAZIONALI
Paesi che combinano un alto livello di protezione sociale con
un basso tasso di disoccupazione, in un contesto di economie
dinamiche:
–
–
–
–
–
Danimarca,
Olanda,
Austria,
Italia settentrionale,
Germania meridionale
(con performance simili alle realtà neo-liberiste Usa e Gb).
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Au-delà de l’emploi:
uno “status” professionale continuo
• Nessun paese europeo in grado di proporre un’alternativa al
modello di lavoratore dipendente a tempo indeterminato, di
riferimento per il diritto del lavoro;
• Sforzi per adattare il modello regolando i passaggi della vita
lavorativa, che non garantisce più un carattere lineare;
• Aggiungere alla organizzazione statica della relazione di lavoro una
organizzazione dinamica delle transizioni tra situazioni di lavoro
successive: coprire tutti i momenti in cui la condizione di
subordinazione non può essere collegata a un impiego stabile.
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SUPERARE IL MODELLO DI LAVORO STANDARD
• Dall’”impiego” al “lavoro”: de-costruzione della nozione di
“lavoro salariato” (emarginazione delle forme non di mercato:
auto-formazione, lavoro a titolo gratuito, lavoro domestico, ecc.);
• Nozione di “lavoro” tout court”, come nuovo modello di
condizione professionale, che comprenda le esigenze di
formazione continua, di parità uomo-donna, di attività di
interesse generale, della libertà professionale;
• Distinto dalla “attività”, in quanto risponde ad un’obbligazione,
volontariamente sottoscritta o legalmente imposta (di natura
contrattuale, statutaria, a titolo oneroso o gratuito, ma sempre in
un legame di diritto).
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IL DIRITTO SOCIALE
(DIRITTO DEL LAVORO E SICUREZZA SOCIALE)
1) diritti sociali universali: garantiti a tutti indipendentemente dal
loro lavoro (sanità, meno sulla formazione professionale);
2) diritti fondati sul lavoro non retribuito (lavoro di cura alla
persona; autoformazione, lavoro volontario);
3) diritto comune dell’attività professionale: nel diritto
comunitario (igiene e sicurezza);
4) diritti propri del lavoro dipendente retribuito: graduati in
funzione dell’intensità della subordinazione;
+ principio di parità di trattamento uomo/donna (trasversale).
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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE
Lavoratore con diritto di passare da una forma di lavoro a
un’altra:
–
–
–
–
–
–
–
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crediti orari (rappresentanti del personale);
congedi speciali e diritti di assenza;
crediti di formazione;
banche del tempo;
aiuti ai disoccupati per l’imprenditorialità;
assegni di formazione;
ecc.
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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE
Diritti sociali riferiti al lavoro in generale:
• nella sfera familiare;
• lavoro di formazione;
• lavoro volontario;
• lavoro indipendente;
• lavoro di pubblica utilità
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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE
Sono “diritti di prelievo” perché la loro realizzazione dipende
da due condizioni:
a) costituzione di una “contribuzione” sufficiente;
b) decisione del loro titolare di utilizzare tale “provvista”.
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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE
Sono diritti di prelievo “sociale”, in quanto sono sociali:
a) nel loro modo di costituzione;
b) nei loro obiettivi (di utilità sociale)
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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE
Co-finanziamento dei lavori non di mercato, con copertura
garantita da:
•
•
•
•
stato: obiettivi di interesse generale;
sicurezza sociale: prestazioni per chi ha persone a carico;
organismi mutualistici paritetici: congedi di formazione;
imprese: continuità del contratto di lavoro, crediti orari, congedi
parentali;
• lavoratore: integrazione con banche del tempo, utilizzo crediti
acquisiti con il licenziamento, rinuncia ad una parte di stipendio
previsto, ecc.
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