Lineamenti generali
L’imposta sul valore aggiunto è stata creata
in sede europea ed è stata poi introdotta in
tutti gli Stati membri della Comunità.
In Italia, l’IVA è stata istituita con il
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

L’Iva grava sul consumatore in proporzione
del prezzo finale del bene, ed è neutrale
rispetto al numero dei passaggi: essa
dunque non influisce sul prezzo finale dei
beni, e non interferisce con la
organizzazione delle imprese.

L’IVA ha sostituito, nel nostro sistema
fiscale, l’imposta generale sull’entrata
(Ige):
quest’ultima
era
un’imposta
plurifase cumulativa («a cascata»), che
colpiva (con un’aliquota del 4 per cento) il
valore pieno dei beni e dei servizi
scambiati ad ogni fase del processo
produttivo e distributivo; l’imposizione di
ciascuna fase si cumulava con le altre.

L’IVA è dunque così denominata non perché il
valore aggiunto costituisca, in modo specifico, la
base imponibile del tributo (nell’applicazione alla
singola operazione imponibile), ma perché, per
effetto della detrazione (dell’IVA assolta sugli
acquisti dall’IVA dovuta sulle vendite), il tributo
ha come oggetto economico il valore
aggiunto: ossia il quid pluris che ogni
protagonista del processo economico produttivo
e distributivo aggiunge al prezzo del bene o
servizio.

Le situazioni giuridiche fondamentali.
L’IVA sul valore aggiunto è un’imposta
che, per il suo soggetto passivo (ossia per
gli operatori economici), è neutrale.


Il soggetto passivo:
«recupera» l’imposta che assolve sugli
acquisti acquisendo un credito verso lo
Stato (detrazione);
«recupera» l’imposta dovuta allo Stato
verso coloro che acquistano i suoi beni o
servizi (rivalsa).
Dal punto di vista giuridico-formale per i
soggetti passivi, operano quattro situazioni
giuridiche soggettive
Dal punto di vista del cedente:
 1)
il soggetto passivo (imprenditore,
lavoratore autonomo) che effettua operazioni
imponibili (vendite, ad es.) diventa debitore
verso lo Stato dell’Iva commisurata ai
corrispettivi che gli sono dovuti;
 2)
lo
stesso
soggetto
diviene,
contemporaneamente, creditore (di rivalsa)
verso i cessionari (o committenti);
Dal punto di vista del cessionario:
 3) il soggetto passivo che effettua acquisti
di beni o servizi soggetti ad imposta è
debitore (per Iva di rivalsa) verso colui che
cede il bene o presta il servizio;
 4) ma, al tempo stesso, il soggetto
passivo, acquistando beni o servizi, ha il
diritto di «recuperare» l’Iva dovuta sui
beni o servizi acquistati.

Il «consumatore finale», invece,
acquista con Iva e non recupera
l’imposta pagata; perciò egli è
definitivamente «inciso» dal tributo.


Per effetto di questo meccanismo,
l’imposta, dal punto di vista giuridicoformale, ha come soggetti passivi gli
imprenditori ed i lavoratori autonomi.
Dal punto di vista economico, invece,
l’imposta grava sui consumatori finali.



Tra le situazioni soggettive dell’Iva ha un
ruolo preminente il diritto di detrazione,
trattandosi di una situazione soggettiva
che non è presente in alcuna altra
imposta.
Il diritto di detrazione (o credito
d’imposta) del «soggetto passivo» verso il
fisco è dunque una situazione giuridica
soggettiva che caratterizza l’IVA e la
distingue da ogni altra imposta.
Rispetto al diritto di detrazione, il fisco è
debitore, il contribuente creditore.
Presupposto IVA
Art. 1, D.P.R. 633/1972

L'imposta sul valore aggiunto si applica
sulle
- cessioni di beni o prestazioni di servizi
- effettuate nel territorio dello Stato
- nell'esercizio di imprese o di arti e
professioni
e sulle importazioni da chiunque effettuate
 Requisito
oggettivo
 Cessioni di beni
o
 Prestazioni di servizi
Requisito soggettivo
Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
devono essere effettuate:
nell’esercizio di imprese, arti o
professioni
 Requisito
di territorialità

Secondo l’art. 4 del D.P.R. 633/1972 “per
esercizio di imprese si intende l’esercizio
per professione abituale, ancorché non
esclusiva, delle attività commerciali o
agricole di cui agli artt. 2135 e 2195 del
codice civile, anche se non organizzate in
forma di impresa, nonché l’esercizio di
attività organizzate in forma di impresa,
dirette alla prestazione di servizi che non
rientrano nell’art. 2195 del codice civile”.


Ai fini Iva, sono considerate in ogni caso
imprenditoriali le operazioni effettuate da
società ed enti commerciali.
In altre parole, sono soggette ad imposta
tutte le attività svolte da soggetti che
hanno
forma
giuridica
di
società
commerciale, o da enti che abbiano per
oggetto principale od esclusivo l’esercizio
di attività commerciali od agricole.

Invece, per gli enti non commerciali, «si
considerano effettuate nell’esercizio di
impresa soltanto le cessioni di beni e le
prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di
imprese commerciali o agricole»

La definizione di esercizio di arte o
professione è simile a quella data ai fini
delle imposte dirette; infatti, ai fini Iva,
«per esercizio di arte o professione si
intende l’esercizio per professione
abituale, ancorché non esclusiva, di
qualsiasi
attività
di
lavoro
autonomo»



In sostanza, questo presupposto soggettivo
dell’Iva è molto ampio, in quanto comprende
qualsiasi attività di lavoro: può trattarsi
tanto di una professione intellettuale, come
di un’attività materiale. Ciò che si richiede è:
a) che l’attività sia svolta in modo autonomo
(ossia senza il vincolo di subordinazione che
caratterizza il lavoro dipendente);
b) che non vi siano i connotati
dell’imprenditorialità.

Il «campo di applicazione» e le
operazioni «escluse».
Perché una operazione economica sia
rilevante ai fini dell’Iva, è necessario, da
un lato, che essa sia posta in essere da un
imprenditore o da un lavoratore autonomo
(presupposto soggettivo), e, dall’altro, che
rientri nel «campo di applicazione» del
tributo (presupposto oggettivo).
L’espressione «campo di applicazione»
dell’Iva designa non soltanto l’area delle
fattispecie imponibili ma anche l’area delle
operazioni altrimenti rilevanti; è dunque
particolarmente importante la distinzione
tra
- operazioni «incluse» e
- operazioni «escluse»
dal «campo di applicazione» dell’Iva.


Le operazioni “escluse” sono quelle che
non hanno alcun rilievo ai
fini
dell’applicazione dell’imposta:
- non comportano il sorgere del debito
d’imposta
- non determinano obblighi formali
(fatturazione, annotazione, ecc.)
- non rilevano ai fini del calcolo del
«volume d’affari»
Le operazioni che rientrano nel «campo di
applicazione» dell’Iva, a loro volta, si
distinguono in:
— operazioni «imponibili»;
— operazioni «non imponibili»;
— operazioni «esenti».
 A ciascuna di queste qualificazioni si
collega un peculiare regime giuridicofiscale.

Operazioni «imponibili»
Comportano il sorgere del debito
d’imposta e l’applicazione di tutto
l’apparato di regole di cui è formato il
meccanismo attuativo del tributo.
Operazioni “non imponibili” ed
“esenti”

Non fanno sorgere il debito d’imposta, ma
comportano gli stessi adempimenti formali
delle operazioni imponibili (devono essere
fatturate e registrate, devono essere
incluse nel calcolo del «volume d’affari»,
ecc.).
Le operazioni imponibili.
Le operazioni imponibili sono definite da
uno schema normativo che è composto da
una definizione generale, da un elenco di
fattispecie assimilate e da un elenco di
esclusioni.

Nella
categoria
delle
«operazioni
imponibili» sono comprese quattro specie
di operazioni:
1) cessioni di beni (all’interno del territorio
nazionale);
2) prestazioni di servizi (rese nel territorio
dello Stato);
3) acquisti intracomunitari;
4) importazioni (da paesi extracomunitari).

Le «cessione di beni»
Secondo
la
definizione
legislativa,

«costituiscono cessioni di beni gli atti a
titolo oneroso che importano trasferimento
della proprietà ovvero costituzione o
trasferimento di diritti reali di godimento
su beni di ogni genere».
È da sottolineare che il termine «cessione»
comprende non solo il trasferimento della
proprietà (o di altro diritto reale) ma
anche la costituzione di un diritto reale


Rientrano nella fattispecie in esame non
solo i contratti, ma tutti gli atti giuridici
che determinano effetti traslativi o
costitutivi di diritti reali (si pensi, ad
esempio, ai trasferimenti coattivi).
Le cessioni imponibili, secondo la
definizione riportata, sono quelle a titolo
oneroso; ma le cessioni a titolo gratuito
non sono sempre escluse da imposta,
perché sono imponibili le cessioni gratuite
di beni-merce (cioè di beni che l’impresa
produce o commercia).

Operazioni assimilate alle cessioni di
beni.
In deroga alle regole generali, vi sono
operazioni che non presentano uno dei
requisiti delle «cessioni», ma sono
«assimilate» alle cessioni, ed operazioni
che, pur presentando i requisiti delle
«cessioni», non sono considerate tali (e
quindi sono «escluse»).
Costituiscono operazioni assimilate
alle «cessioni» di beni:
- le vendite con riserva di proprietà
- le locazioni con clausola di trasferimento
della proprietà vincolante per ambedue le
parti;
- le cessioni gratuite di beni la cui
produzione o il cui commercio rientra
nell’attività propria dell’impresa (sono però
escluse da imposta le cessioni di campioni
gratuiti di modico valore);


- la destinazione di beni al consumo
personale o familiare dell’imprenditore o
del lavoratore autonomo o ad altre finalità
estranee all’esercizio dell’impresa o della
professione (è il c.d. autoconsumo)
Le cessioni «escluse»; i conferimenti e le
cessioni di aziende.
Vi sono operazioni che, pur presentando tutti i
requisiti delle «cessioni», non sono considerate
tali, e quindi sono «escluse» dal campo di
applicazione dell’Iva.
Tra di esse, sono da ricordare alcune «cessioni»
che non si collocano nell’ambito dell’ordinaria
attività d’impresa, ma nell’ambito delle attività
straordinarie di organizzazione dell’impresa.
L’Iva si correla alla gestione ordinaria,
mentre alle operazioni straordinarie
corrisponde l’imposta tipica per la raccolta
di capitali (imposta di registro).


Perciò, sono esclusi da Iva le cessioni di
azienda e i conferimenti di azienda (o di
rami d’azienda); la legge precisa altresì
sono esclusi anche i passaggi di beni
dipendenti da fusioni o scissioni o
trasformazioni di società.

Sono escluse, infine, le cessioni gratuite di
campioni di modico valore; alcune cessioni
di beni alimentari di prima necessità
(pasta, pane), le cessioni di beni soggetti
alla disciplina della tassa sulle lotterie, le
cessioni di danaro o crediti in danaro, le
cessioni di valori bollati e postali, ecc.
Le prestazioni di servizi
La normativa nazionale definisce le
prestazioni di servizio individuandole, in
generale,
in
tutte
quelle
che


comportano obbligazioni di fare, non
fare
o
permettere,
dietro
corrispettivo.

Anche per le prestazioni di servizi è quindi
richiesta la onerosità.

Tra le altre, sono esemplificativamente
indicate dalla legge come prestazioni di
servizi quelle dipendenti da contratti
d’opera, appalto, trasporto, mandato,
spedizione, agenzia, mediazione, deposito.

È soggetto ad imposta anche il c.d.
autoconsumo di servizi, quando sia di
valore superiore a 25,85 euro. La ragione
dell’imponibilità è simile a quella che sta a
fondamento dell’autoconsumo di beni:
anche i servizi non devono giungere al
consumatore finali liberi da imposta, sia
per ragioni di completezza del sistema, sia
per bilanciare la detrazione degli acquisti
«a monte».


Le prestazioni di servizi «assimilate»
e quelle «escluse»
Per le prestazioni di servizi troviamo di
nuovo lo schema normativo che fa
seguire, alla definizione delle fattispecie
imponibili (prestazioni di servizi in senso
proprio), un elenco di fattispecie
«assimilate» alle imponibili ed un elenco di
fattispecie «escluse».




Le ipotesi più significative di fattispecie
assimilate sono le seguenti:
1) le cessioni di diritti su beni immateriali
(ad esempio, cessioni di diritti d’autore e
di diritti su invenzioni industriali, marchi,
insegne, modelli, ecc.);
2) le somministrazioni di alimenti e
bevande;
3) le cessioni di contratto.

L’elenco delle prestazioni di servizi
«escluse» da imposta comprende, tra le
altre: a) le cessioni di diritti d’autore
effettuate dagli autori; b) i prestiti
obbligazionari; c) le cessioni di contratti
che hanno per oggetto beni la cui cessione
è «esclusa» da imposta (denaro; terreni
non edificabili, ecc.).
Le operazioni esenti
Le operazioni «esenti» non comportano il
sorgere del debito d’imposta ma (al pari
delle operazioni «imponibili» e «non
imponibili») sono operazioni rientranti nel
«campo di applicazione» dell’Iva e, perciò,
comportano gli adempimenti formali
richiesti per le operazioni imponibili
(fatturazione, annotazione nei registri,
ecc.); inoltre, non consentono la
detrazione dell’Iva «a monte»



E appena il caso di ribadire che il
trattamento giuridico delle operazioni
«esenti» è diverso da quello delle
operazioni «escluse»; queste ultime non
hanno alcuna rilevanza ai fini Iva, mentre
le operazioni esenti fanno parte del
«campo di applicazione» del tributo.
Sono, ad esempio, operazioni esenti:
— talune
operazioni
di
carattere
finanziario
(operazioni
creditizie,
assicurative, valutarie, relative a valori
mobiliari):
— le operazioni relative alla riscossione
dei tributi;
— l’esercizio di giochi e scommesse;

-
le prestazioni di mandato e di mediazione;
le operazioni in oro;
le operazioni immobiliari;
talune operazioni socialmente rilevanti
(cessioni gratuite di beni a determinate
categorie di soggetti; taluni servizi di
pubblica utilità; le prestazioni sanitarie; le
attività educative e culturali);

Le ragioni che giustificano l’esenzione
sono di vario genere: alcune operazioni
sono esenti per ragioni sociali (ad es.
prestazioni sanitarie, educative, di tipo
culturale); altre per ragioni tecnica
tributaria (ad esempio, le operazioni
finanziarie e assicurative, che sono
soggette ad altri tributi, di natura
sostitutiva).


Il soggetto passivo Iva che effettua
operazioni esenti non può detrarre l’Iva
sugli acquisti (e sulle importazioni)
Mancando la detraibilità, viene meno la
neutralità del tributo, che assume per il
soggetto passivo che effettua operazioni
esenti natura economica di costo.


Perciò, per il soggetto passivo, il fatto di
porre in essere un’operazione attiva
esente non è un vantaggio (posto che l’Iva
sarebbe recuperata con la rivalsa), ma può
essere anzi uno svantaggio, se il costo
dell’Iva sugli acquisti non viene trasferito
sui prezzi delle vendite.
L’esenzione
dovrebbe
giovare
al
consumatore finale, che acquista il bene o
il servizio ad un costo non maggiorato
dall’Iva
del
prezzo
finale
(ma
eventualmente solo dell’Iva inglobata nel
prezzo).
Il momento impositivo
Nella disciplina dell’Iva vi sono regole che
stabiliscono il momento in cui un’operazione si
considera
effettuata
(detto
«momento
impositivo»), vale a dire la data in cui si
determina la «esigibilità dell’imposta»: quella
data rappresenta il dies a quo del termine entro
il quale l’operazione deve essere fatturata e
registrata. In caso di mutamento di aliquote, si
applica l’aliquota vigente nel giorno in cui
l’operazione si considera effettuata




Per le cessioni di beni, la regola
fondamentale è che esse si considerano
effettuate
nel
momento
della
stipulazione,
se
riguardano
beni
immobili; e nel momento della consegna
o spedizione se riguardano beni mobili.
Per gli immobili conta dunque la data di
stipulazione del contratto, ma se gli effetti
sono differiti, conta il momento in cui si
producono gli effetti.

Per i beni mobili, ha rilievo invece la
consegna o spedizione, salvo anche qui il
caso in cui gli effetti traslativi siano
differiti; in ogni caso, però, l’operazione si
ha per effettuata dopo il decorso di un
anno dalla consegna o spedizione

Le prestazioni di servizi si considerano
effettuate quando è pagato il corrispettivo.
Non ha rilievo, quindi, la conclusione della
prestazione, ma il pagamento.


Sia per le cessioni di beni che per le prestazioni
di servizi, vi sono delle fattispecie anticipate di
effettuazione delle operazioni: la prima di tali
fattispecie è la emissione della fattura:
quando la fattura è emessa, l’operazione si ha
per effettuata.
Lo stesso vale per il pagamento del
corrispettivo, il quale vale come fattispecie
anticipata di effettuazione della operazione per
le cessioni di beni (per le prestazioni di servizi,
abbiamo già visto che il pagamento è la
fattispecie
principale
di
compimento
dell’operazione). Il pagamento di acconti, perciò,
deve essere fatturato e sottoposto a imposta.
La base imponibile
La base imponibile è costituita, di regola,
dall’ammontare complessivo dei corrispettivi
contrattuali (dovuti al cedente o al prestatore
secondo le condizioni contrattuali) non ha
dunque rilievo il valore normale o il valore venale
dell’oggetto del contratto, ma il corrispettivo
pattuito.
Solo nel caso in cui non vi è un corrispettivo, o il
corrispettivo è in natura, si applica il criterio del
«valore normale» (che è diverso dal «valore
venale», rilevante nell’applicazione dell’imposta
di registro)




Sono compresi nell’imponibile anche gli
oneri e le spese inerenti all’esecuzione,
nonché i debiti e gli oneri verso terzi
accollati al cessionario o al committente e
le integrazioni dovute da altri soggetti.
Non concorrono, invece, a formare la
base imponibile:
— gli interessi moratori e le penalità in
genere (come, ad esempio, la «clausola
penale» prevista dall’art. 1382 cod. civ.)
— l’importo degli imballaggi e dei recipienti
che devono essere restituiti.

Il diritto di rivalsa.
Come si è visto, l’effettuazione di una operazione
imponibile determina, da un lato, un debito
verso il Fisco del soggetto passivo d’imposta; a
tale debito si collega il diritto di rivalsa (del
soggetto passivo) nei confronti di chi acquista il
bene o il servizio. La rivalsa è quindi,
innanzitutto, un credito: un credito del soggetto
passivo dell’Iva, nei confronti della controparte
contrattuale, che si aggiunge, per effetto di
legge, al corrispettivo pattuito.
Il credito sorge, in concreto, dall’addebito
dell’Iva nella fattura



La fattispecie da cui scaturisce il diritto di
rivalsa è composta, perciò, di due
elementi: la effettuazione di una
operazione imponibile e la emissione della
fattura.


Il soggetto passivo Iva, quando effettua
una operazione imponibile, deve emettere
fattura e deve «addebitare la relativa
imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o
committente».
L’obbligo ha per oggetto, quindi, non la
rivalsa (nel senso di «esercizio del diritto
di credito»), ma l’emissione della fattura,
con addebito dell’imposta.


Poiché emissione della fattura e addebito dell’lva
in fattura sono elementi della fattispecie
costitutiva del credito di rivalsa, si può
concludere che il soggetto passivo Iva ha
l’obbligo di far sorgere il diritto di rivalsa; ha
l’obbligo, in altri termini, di costituirsi creditore.
L’obbligo riguarda, quindi, non l’esercizio del
credito di rivalsa, ma la nascita di tale credito;
esso attiene alla fase costitutiva del diritto, non
alle vicende del diritto già sorto.


All’obbligo di far sorgere il credito di rivalsa
corrisponde, dal lato del cessionario del bene o
del committente del servizio, il diritto di ricevere
la fattura con addebito dell’imposta; tale diritto è
in funzione della detrazione da parte del
cessionario o committente (la detrazione
presuppone il ricevimento della fattura con
addebito dell’imposta e l’annotazione della
fattura nel registro degli acquisti).
Vi è un interesse fiscale a che sorga il credito di
rivalsa; perciò la mancata emissione della fattura
e il mancato addebito dell’Iva in fattura sono
sanzionati
Il diritto di detrazione
Aspetto tipico dell’Iva è il diritto di
detrazione attribuito ai soggetti passivi, in
misura pari all’imposta che è stata ad essi
addebitata in via di rivalsa per gli acquisti
di beni e servizi inerenti all’esercizio
dell’impresa, dell’arte o della professione.


Tale credito viene denominato, nella
nostra legislazione, «diritto di detrazione»
(la direttiva usa il termine «deduzione»),
in quanto, in sede di liquidazione del
debito d’imposta verso il fisco, si detrae,
dall’imposta dovuta sulle operazioni attive,
il credito verso il fisco sorto per effetto
degli acquisti di beni o servizi


Oggetto del diritto di detrazione è l’importo
«dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto
passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in
relazione ai beni ed ai servizi importati o
acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o
professione».
Nel caso di importazioni, l’importatore può
detrarre l’Iva risultante dalla bolletta doganale;
nel caso di acquisto «interno», il soggetto
passivo Iva può detrarre l’imposta che gli è stata
addebitata nella fattura.
Indetraibilità specifica
La detrazione dell’Iva sugli acquisti
richiede che vi sia inerenza: come per la
deduzione dei costi nel calcolo del reddito
netto di impresa e di lavoro autonomo,
così per la detrazione dell’Iva sugli acquisti
occorre che l’acquisto sia «inerente» (o
«afferente») all’attività del soggetto
passivo



L’inerenza è il rapporto tra l’acquisto di un bene
o servizio e lo svolgimento di attività che danno
diritto alla detrazione (si tratta, in generale, delle
operazioni imponibili); se invece l’acquisto di
correla ad altre attività (come le operazioni
esenti), il diritto alla detrazione è escluso o
limitato.
Il risvolto del requisito di inerenza è dato
dunque dal complesso di regole, che escludono
o limitano il diritto di detrazione, in ragione della
relazione esistente fra operazioni di acquisto ed
operazioni attive non soggette ad imposta.


Tra le norme che incidono sul diritto di
detrazione, va in primo luogo menzionata la
regola della «indetraibilità analitica», o
«specifica», secondo cui «non è detraibile
l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione
di beni e servizi afferenti operazioni esenti o
comunque non soggette all’imposta»
Tale disposizione preclude la detrazione
dell’imposta assolta in rivalsa per acquisti
direttamente destinati al compimento di
operazioni esenti, non soggette od escluse dal
campo di applicazione dell’Iva


Si ha inoltre una riduzione dell’imposta
detraibile nel caso di operazioni passive
cd. promiscue, ossia direttamente riferibili
sia ad operazioni attive soggette ad
imposta, sia ad operazioni non soggette.
In caso di uso promiscuo, è detraibile la
quota di imposta riferibile all’impiego
imponibile, e non è detraibile la quota
riferibile ad un utilizzo non soggetto ad
imposta
Il pro rata
Quando non vi sono legami diretti tra
acquisti e specifiche operazioni attive che
non sono soggette ad imposta, ed il
soggetto passivo Iva esercita sia attività
che danno diritto, sia attività che non
danno diritto alla detrazione, il calcolo
della quota di Iva detraibile è fatto con
criterio forfetario (il pro rata).



Il criterio del pro rata si applica dunque quando
non è applicabile la regola della indetraibilità
specifica, ossia quando il contribuente ponga in
essere operazioni esenti in modo sistematico.
La percentuale di detraibiità è pari al risultato
della frazione avente al numeratore l’ammontare
delle operazioni con diritto a detrazione,
effettuate nell’anno, e al denominatore la
somma delle operazioni che danno diritto alla
detrazione e delle operazioni esenti effettuate
nello stesso periodo.

Ad esempio, se le operazioni imponibili
sono pari a cinquanta milioni di euro, e
quelle esenti sono pari a cento milioni, la
percentuale di detrazione è data dal
risultato di una frazione che ha come
numeratore cinquanta milioni, e come
denominatore centocinquanta milioni (l’Iva
detraibile è dunque pari ad un terzo
dell’imposta relativa agli acquisti)
Indetraibilità oggettiva.
Vi sono beni e servizi per i quali risulta
difficile stabilire la loro inerenza e la loro
utilizzazione nell’attività esercitata dal
contribuente; perciò il legislatore esclude
la detraibilità dell’Iva relativa ad essi, in
quanto presume in modo assoluto la non
inerenza.




Non è inoltre detraibile l’Iva relativa a
spese di rappresentanza ed a spese per
alberghi, ristoranti, alimenti e bevande.
L’Iva relativa ai telefoni cellulari è
deducibile per metà.
Indetraibilità soggettiva.
Gli enti non commerciali possono detrarre
soltanto l’Iva relativa agli acquisti fatti
nell’esercizio di attività agricole o
commerciali; occorre però che gestiscano
tali attività con contabilità separata (ossia
con contabilità distinta rispetto a quella
relativa all’attività principale)


Detraibilità dell’Iva non dovuta.
In materia di detrazione, resta da esaminare la
questione se il diritto di detrazione sorga anche
per l’Iva relativa ad acquisti per i quali l’Iva, in
tutto o in parte, non è dovuta.
In pratica, la questione si pone di frequente
quando viene ceduta una molteplicità di beni
aziendali,
con
applicazione
dell’Iva,
e
l’Amministrazione
finanziaria
qualifica
l’operazione come cessione di azienda. In tal
caso, se l’Iva risulta applicata indebitamente, si
pone il problema se il cessionario abbia il diritto
di detrazione.





La questione dovrebbe essere risolta in
senso positivo, in quanto il diritto di
detrazione è collegato al mero addebito in
fattura dell’imposta, per cui deve ritenersi
che il diritto di detrazione del cessionario
sorge anche quando è stata emessa
fattura per una operazione non soggetta
ad imposta.
La stessa soluzione deve valere nel caso in
cui la fattura addebita un’imposta
superiore a quella dovuta.
L’autofattura.
 Normalmente, obbligato ad emettere la
fattura è il cedente (o commissionario); vi
sono però casi in cui tale obbligo è posto a
carico del cessionario, il quale deve
emettere la c.d. autofattura:
— quando il cedente ha omesso la fattura
ed occorre «regolarizzare» l’operazione;
— quando il cedente risiede all’estero, e
non ha né una stabile organizzazione, né
un «rappresentante fiscale» in Italia”.



Inoltre, il cessionario ricorre all’autofattura
quando il cedente è un agricoltore con
volume d’affari insignificante (meno di
2582,28 euro)” e quando il cedente è un
raccoglitore
ambulante
di
rottami,
cascami, avanzi di metalli e simili.
Il soggetto passivo Iva (imprenditore o
lavoratore autonomo) ha il diritto, quando
acquista un bene o un servizio, di ricevere
la fattura con addebito di Iva; senza
fattura, non può detrarre l’Iva dovuta su
tali acquisti.
Se colui che cede un bene o presta un servizio
non emette fattura (cioè evade), nasce per
l’acquirente del bene o del servizio l’obbligo di
regolarizzare l’operazione.
 Più precisamente, il cessionario o committente:
a) se non riceve la fattura entro quattro mesi
dall’effettuazione
dell’operazione
deve
presentare all’Ufficio un documento sostitutivo
della fattura non ricevuta e versare la relativa
imposta (in sostanza, deve versare all’Erario l’Iva
che avrebbe dovuto versare per rivalsa al
cedente o commissionario);


b) se riceve una fattura irregolare, deve
presentare all’Ufficio un documento che
regolarizza la fattura ricevuta, e versare
l’imposta
o
la
maggiore
imposta
eventualmente dovuta.


In sostanza, dunque, se il cedente evade,
l’obbligo del cedente si estende al cessionario; la
responsabilità di quest’ultimo è da definire
«successiva» perché sorge solo se la fattura
regolare non è ricevuta dal cessionario entro
quattro mesi dal «momento impositivo».
Una conseguenza di questa normativa è che
l’Ufficio, quando scopre acquisti non fatturati (e
non regolarizzati dal cessionario), può chiedere il
pagamento dell’imposta sia al cedente, sia
all’acquirente.
Le note di variazione.
Dopo che una fattura è stata emessa e
registrata può risultare che debba (o
possa) essere apportata una rettifica, in
aumento o in diminuzione, all’ammontare
dell’imponibile o dell’imposta.
Ciò avviene o in conseguenza di eventi
sopravvenuti, o per rimediare ad errori ed
inesattezze.


A) Gli eventi sopravvenuti possono
comportare
un
aumento
o
una
diminuzione del tributo; le variazioni in
aumento sono obbligatorie, quelle in
diminuzione no.

Le ipotesi che possono dare adito a variazioni in
diminuzione sono varie:
sono, ad esempio, le vicende che comportano
l’eliminazione del contratto o la riduzione del
corrispettivo (nullità, annullamento, risoluzione,
rescissione del contratto; modifica transattiva del
corrispettivo, ecc.).
Quando ciò accade, resta ferma la fattura già
emessa, ed al fatto sopravvenuto può essere
data rilevanza tributaria con la emissione di una
«nota di variazione», di contenuto uguale e di
segno contrario a quello della fattura
originariamente emessa

La nota di variazione può essere emessa
anche come rimedio all’inadempienza del
cessionario, se il cedente non ha incassato
l’Iva di rivalsa neppure a seguito di
procedure
concorsuali
o
procedure
esecutive.


B) Alla procedura di variazione si può
ricorrere anche per rimediare, in aumento,
ad inesattezze della fatturazione o della
registrazione.
Gli errori materiali e di calcolo commessi
nelle registrazioni o nelle liquidazioni
possono
essere
corretti
mediante
annotazioni nei registri delle fatture
emesse (se la variazione comporta un
aumento dell’imposta) e nei registri degli
acquisti (se si tratta di variazioni in
diminuzione).
Eccedenze, detrazione e rimborso.
Il diritto di detrazione (nascente dal
ricevimento di fatture con addebito di Iva)
può dar vita, se supera il debito d’imposta,
ad una eccedenza, della quale — in taluni
casi — può essere richiesto il rimborso.
La determinazione finale annuale del
tributo, che il contribuente espone nella
dichiarazione, può dunque comportare un
debito o una «eccedenza».



L’eccedenza può essere:
a) compensata con debiti d’imposta diversi
dall’Iva;
b) può essere riportata a nuovo, per essere
compensata con le situazioni debitorie
degli anni successivi;
c) può essere chiesta a rimborso.
Per evitare abusi, il legislatore ammette il
rimborso solo in determinati casi,
minuziosamente disciplinati.

Il principio di territorialità.
Il principio di territorialità svolge un ruolo di
grande rilievo nella disciplina dell’Iva. Ai fini di
tale principio, rilevano due ambiti territoriali:
quello statale nazionale (territorio della
Repubblica italiana) e quello comunitario
(territorio della Unione europea).
Perciò, dal punto di vista della territorialità,
occorre distinguere tra: operazioni nazionali (o
interne); operazioni intracomunitarie; operazioni
extracomunitarie.




Le operazioni intracomunitarie sono quelle
che si svolgono tra soggetti residenti in
Stati diversi dell’Unione europea: esse
sono soggette (transitoriamente) ad un
particolare regime, in vigore dal 1993.

Le operazioni extracomunitarie sono quelle
che comportano uno scambio tra un paese
della
Comunità
ed
un
paese
extracomunitario; è solo con riferimento a
questi scambi che si può parlare, in senso
tecnico, di importazioni ed esportazioni.
Le operazioni intracomunitarie.
Dal 1° gennaio 1993 sono state abolite le
frontiere fiscali tra gli Stati dell’unione europea
ed è divenuta operante la disciplina delle
«operazioni intracomunitarie». In base a tale
disciplina, il trasferimento di merci all’interno
della Comunità non è più soggetto a controlli
fiscali e alla tassazione doganale (Iva sulle
importazioni). Gli scambi intracomunitari non
sono più importazioni ed esportazioni, in senso
tecnico, ma «acquisti intracomunitari» e
«cessioni intracomunitarie».



Il regime in esame resta ancorato al
principio di tassazione nel paese di
destinazione; esso è stato posto in
essere in via transitoria, fino a quando non
sarà realizzato il regime fondato sul
principio della tassazione nel paese di
origine.

In forza del regime transitorio, pertanto, le
vendite tra operatori economici (tra
soggetti passivi Iva) all’interno della
Comunità sono tassate a carico del
compratore,
ossia
nello
Stato
di
destinazione. Altro è invece, come si
vedrà, il regime vigente quando uno dei
due soggetti è un consumatore finale.


Regime degli acquisti e delle cessioni
intracomunitarie
La disciplina degli acquisti intracomunitari
differisce da quella delle importazioni (da
paesi extracomunitari) perché solo per le
importazioni l’Iva è riscossa dalla Dogana,
al momento dello sdoganamento.

Nel
caso,
invece,
di
acquisti
intracomunitari, non vi sono operazioni di
sdoganamento. Il soggetto Iva che cede il
bene emette fattura su cui l’operazione
sarà indicata come «non imponibile»;
l’imposta è dovuta dall’acquirente, che la
autoliquiderà sulla base della fattura
estera
(secondo
le
disposizioni
appositamente dettate per gli acquisti
intracomunitari e secondo le disposizioni
previste per gli acquisti interni).

La disciplina di cui si parla ha per oggetto
gli acquisti fatti da soggetti passivi Iva; nel
caso, invece, in cui l’acquirente sia un
consumatore finale (o, come anche si dice,
un «privato»), l’operazione è imponibile a
carico del venditore (e quindi nel Paese
del cedente, come se l’operazione
avvenisse all’interno di quel mercato).


La fattura estera, con le opportune
integrazioni,
deve
essere
annotata
dall’acquirente sia sul libro delle fatture
emesse che su quello degli acquisti.
L’annotazione sul libro degli fatture
emesse
sostituisce
il
pagamento
dell’imposta in dogana; il debito che ne
scaturisce
è
però
neutralizzato
dall’annotazione nel registro degli acquisti,
che equivale all’annotazione della bolletta
doganale

Gli operatori che pongono in essere
operazioni di cessione intracomunitaria
sono obbligati alla presentazione dei
cosiddetti elenchi Intrastat o elenchi
riepilogativi


Per impedire abusi e distorsioni alla concorrenza,
il regime degli acquisti intracomunitari è esteso
ad ipotesi in cui mancano i requisiti oggettivi o
soggettivi previsti per l’applicazione del regime
sopra indicato.
Ad esempio, l’acquisto a titolo oneroso di mezzi
di trasporto nuovi (barche, aerei o auto) è
soggetto al regime degli acquisti intracomunitari
anche se il cedente o l’acquirente non sono
soggetti passivi Iva: perciò è imponibile secondo
il regime del paese di destinazione l’acquisto, da
parte di un privato, di un’auto in altro paese
dell’Unione europea.
Le operazioni dei non residenti
Gli obblighi connessi alle operazioni
effettuate in Italia (secondo le regole della
territorialità) da soggetti Iva non residenti
(imprese o lavoratori autonomi) devono
essere adempiuti dagli stessi non
residenti, se hanno in Italia una stabile
organizzazione o se hanno nominato un
rappresentante fiscale



Se non hanno né stabile organizzazione,
né un rappresentante fiscale, gli obblighi
devono essere adempiuti dal committente
o cessionario residente, che deve
emettere autofattura.