Covisco12.A00.Passaggi - Dipartimento di Sociologia e Ricerca

CoViScO 2011/2012 – Scenari
Giuseppe A. Micheli
Premessa
Cosa sono i comportamenti
di passaggio? Perché ce ne
occupiamo? E quali
logiche li informano?
Covisco - Scenari - Lezione A1
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Perché ci occupiamo dei passaggi
"Ogni società generale comprende numerose società particolari. In qualsiasi tipo
di società la vita dell'individuo consiste nel passare successivamente da un'età
all'altra, da un'occupazione all'altra.
Ogni mutamento di situazione
dell'individuo comporta azioni e reazioni tra profano e sacro che devono essere
regolamentate e controllate perché la società generale non subisca né disagi né
danni.
E' il fatto stesso di vivere che rende necessario il passaggio da una società
speciale a un’altra, da una situazione all’altra, cosicché la vita dell’individuo si
svolge in una successione di tappe nelle quali il termine ultimo e l’inizio
costituiscono degli insiemi dello stesso ordine: nascita, pubertà sociale,
matrimonio, paternità, progressione di classe, specializzazione di occupazione,
morte” (A. van Gennep, Les rites de passage, 1909).
Ogni comportamento transizionale è comprensibile solo alla luce
dell’intero quadro dei passaggi cruciali di vita. Ma quali azioni
/comportamenti sono così rilevanti da rientrare nei ‘passaggi’?
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Scelte transizionali
Avendo a che fare con le transizioni principali nel corso della vita, i
comportamenti e azioni transizionali (o di passaggio):
sono azioni innescate da qualche drastico cambiamento di quadro
nel corso di vita di un individuo, tale da produrre un cambiamento
in profondità (dis-orientamento) dei suoi equilibri;
richiedono quindi a loro volta, per poter essere attuate, un
preliminare mutamento profondo negli equilibri dell'individuo;
 a loro volta producono nell’individuo processi di ri-orientamento
(che possono a loro volta innescare nuove scelte di passaggio);
 sono azioni e comportamenti che prendono forma tramite
processi decisionali ai bordi della razionalità strumentale;
 spiegarli implica la sistematica esplorazione delle logiche di
razionalità non ortodosse.
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Se ci sono quattro modi per orientare
un’azione, che dire dei passaggi?
Un passaggio produce dis-orientamento. De Martino (1975) parla di «crisi
della presenza»: “La morte fisica della persona cara, le malattie mortali,
le fasi dello sviluppo sessuale racchiudono l'esperienza acuta de! conflitto
tra la perentorietà di un "dover fare qualche cosa" e il funesto patire del
"non c'è nulla da fare", da intendersi non già come rassegnazione morale
ma come crollo esistenziale. Anche determinate esperienze della vita
associata, nella misura in cui riproducono il modello naturale della forza
spietata che schiaccia, aprono il varco alla possibilità della crisi”.
Azione strumentalmente
razionale, cioè
orientata esclusivamente dai
mezzi (soggettivamente)
ritenuti adeguati ai fini
che il soggetto si dà
Azione razionale rispetto
al valore, cioè determinata
da una consapevole
valutazione della qualità in
sé di una certa azione,
indipendentemente dalle
sue prospettive di successo
Azione emotiva/affettiva,
cioè determinata da specifici
stati affettivi e sensazioni
dell’attore
Azione tradizionale, cioè
determinata dalle abitudini
sedimentate
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Perché accettare uno slittamento
regressivo nel definire la ragione?
“Non già che solo l’agire razionale rispetto allo scopo sia per noi intelligibile:
noi ‘intendiamo’ anche il corso tipico degli affetti e le loro conseguenze
tipiche per l’atteggiamento. Ciò che ‘può venire inteso’ ha per le discipline
empiriche dei limiti fluidi. L’estasi e l’esperienza mistica, al pari di certe
connessioni psicopatiche, oppure dell’atteggiamento di bambini piccoli (..) non
sono accessibili alla nostra comprensione e alla nostra spiegazione
intelligibile nella stessa misura di altri processi.
Non che l’abnorme come tale si sottragga alla spiegazione intelligibile.. (Il
fatto è che) al pari di molti processi psicopatici anche il corso dei processi
della memoria e dell’attività intellettuale è solo in parte ‘comprensibile’.
(Perciò) il comportamento interpretabile razionalmente (si intende rispetto
allo scopo, NdA) rappresenta molto spesso il ‘tipo ideale’ più adatto
nell’analisi sociologica di connessioni intelligibili: sia la sociologia che la
storia procedono in primo luogo ad una interpretazione ‘pragmatica’, in base a
connessioni razionalmente intelligibili dell’agire” (Weber, 1913).
Ma poche pagine dopo MW attua uno slittamento rilevante nelle categorie di analisi: identificando il senso con la razionalità rispetto allo scopo,
da ‘parzialmente comprensibili’ alcuni processi attinenti la vita dell’uomo diventano ‘senza un riferimento di senso’.
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E ridurre le ragioni ‘recalcitranti
a puro scenario?
“Legate in maniera soggettivamente dotata di senso al mondo esterno, e particolarmente all’agire di altri, sono pure gli ‘stati affettivi’ che hanno rilievo
anche indiretto per il corso dell’agire. Alla sociologia comprendente non interessano però di essi i fenomeni fisiologici e quelli ‘psicofisici’, e neppure i
nudi dati psichici. Essa procede invece a una differenziazione in base ai
riferimenti tipici dotati di senso dell’agire: e pertanto si serve di ciò che è
‘razionale rispetto allo scopo’ in qualità di tipo ideale”..
.. “La rilevanza dei processi senza un ‘riferimento di senso’ soggettivo, ad
esempio l’andamento delle cifre di nascite e morti o i processi di selezione di
tipi antropologici - al pari dei nudi fatti psichici - consiste solo per la sociologia comprendente nella loro qualità di ‘condizioni’ e di conseguenze in rapporto a cui è orientato l’agire dotato di senso – come per la teoria economica
avviene per gli elementi climatici o fisiologici-vegetativi”
E’ qui che l’azione mossa da logiche non riconducibili alla razionalità rispetto allo scopo muta il suo statuto epistemico. Donde la scelta di abbandonare la comprensione di questi processi al loro destino: “Le
scienze rivolte alla comprensione considerano le regolarità constatabili in
quei processi psichici al pari delle uniformità legali della natura fisica”
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