CLIMATOLOGIA Prof. Carlo Bisci Vulcani Per eruzione vulcanica s'intende la fuoriuscita sulla superficie terrestre, in maniera più o meno esplosiva, di magma ed altri materiali gassosi provenienti dal mantello o dalla crosta Esistono due tipi principali di eruzione: Esplosive: il magma è viscoso e gassoso. Lapilli incandescenti vengono proiettati in aria; Effusive: il magma è fluido e cola lungo le falde del vulcano Durante le eruzioni più esplosive immense nubi, formate di ceneri, gas e pulviscolo, vengono proiettate a gran velocità nell'atmosfera e talvolta raggiungono anche la stratosfera, dove le particelle vulcaniche riescono a rimanere anche per qualche anno, prima di ricadere nella troposfera. La quantità di materiale immesse in atmosfera durante un'eruzione di grandi proporzioni è immensa. L’eruzione avvenuta circa 2 milioni di anni fa nel Parco di Yellowstone produsse una nube di polveri e ceneri che occupava un volume di almeno 2500 km3, sufficiente a ricoprire l’intera Valle d’Aosta con uno strato uniforme spesso 750 metri! La nube vulcanica però, oltre che polveri e ceneri, contiene anche vapore acqueo e gas, fra i quali l'anidride solforosa. Giunta nella stratosfera, l'anidride solforosa viene difatti convertita in triossido di zolfo o in solfati: composti che, a contatto con il vapore acqueo, si trasformano facilmente in acido solforico. L'acido così generato si trova generalmente allo stato di vapore e condensa assieme al vapore acqueo dando vita a minuscole goccioline costituite per circa il 75% di acido solforico e per la restante parte d'acqua. La presenza delle goccioline di acido solforico nella nube vulcanica svolge un ruolo importantissimo: mentre infatti le parti solide, pulviscolo e cenere, più pesanti, ricadono negli strati bassi atmosferici nel giro di poche settimane, le gocce di acido possono rimanere nella stratosfera anche per 2 o 3 anni. In tal modo, sospinto e sparpagliato dai venti in quota, si forma un velo di polvere e, soprattutto, di goccioline di acido che avvolge per mesi o anni una larga fascia della superficie terrestre L'effetto principale della nube vulcanica nella stratosfera è quello di riflettere parte della radiazione solare incidente, provocando un raffreddamento della parte più bassa dell'atmosfera e quindi anche della superficie terrestre Eruzione del Vulcano Tambora, aprile 1815 Le eruzioni vulcaniche sono poi uno dei pochi fenomeni naturali in grado di intaccare lo strato di ozono stratosferico che ci protegge dai nocivi raggi ultravioletti provenienti dal sole. I solfati presenti nella nube vulcanica sono infatti in grado di convertire facilmente i CFC (clorofluorocarburi) in composti molto più attivi e capaci di accelerare la distruzione del vitale strato di ozono. Scala empirica di misura dell’intensità delle eruzioni vulcaniche Nel XX secolo, le eruzioni con indice VEI maggiore di 4 sono state una decina; le più intense, tutte con VEI prossimo a 6: Santa Maria (Guatemala, 1902), Katmai (Stati Uniti, 1911), Pinatubo (Filippine, 1991). Negli ultimi 5000-10.000 anni, l'esplosione più violenta di cui si abbia memoria è quella del Mt. Tambora (Indonesia, 1815) che immise nella stratosfera circa 200 milioni di tonnellate di acido solforico: un'eruzione da VEI=7. L'impatto della nube sul clima è strettamente legato, oltre che alla quantità di polveri e gas, anche alla loro particolare composizione chimica. Per tale motivo, nel 1970 il climatologo inglese H. Lamb definì una nuova scala, quella del Dust Veil Index (DVI), con cui classificare le eruzioni sia in base alla loro intensità che al loro impatto sul clima. In particolare, il DVI consente di stimare in quale misura la nube vulcanica renda più o meno opaca l'atmosfera.