Capitolo 14 Termodinamica: il motore delle reazioni chimiche Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 Il calore di reazione viene misurato in condizioni di volume o pressione costante 14.2 Le equazioni termochimiche indicano anche il colore scambiato 14.3 Le equazioni termochimiche possono essere combinate 14.4 Una rassegna dei principali tipi di entalpia legati a trasformazioni chimiche e fisiche 14.5 Una trasformazione spontanea procede senza interventi esterni 14.6 I processi spontanei tendono a progredire da stati a bassa probabilità verso stati ad alta probabilità 14.7 Tutti i processi spontanei aumentano l’entropia complessiva dell’universo 14.8 Il terzo principio della termodinamica rende possibile la misurazione sperimentale delle entropie assolute 14.9 La variazione di energia libera standard, ΔG°, è il Δ G misurato in condizioni standard 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE Sappiamo che tutte le trasformazioni, sia fisiche sia chimiche, comportano nella stragrande maggioranza dei casi delle variazioni di energia, in particolare dell’energia interna dei sistemi presi in considerazione. Abbiamo constatato che tali variazioni sono dovute o a scambi di calore con l’ambiente oppure a lavoro compiuto dal o sul sistema. Vedremo ora qual è «il motore» che spinge una reazione a realizzarsi in modo spontaneo e quindi i motivi per cui essa si realizza senza che vi siano interventi dall’esterno. Per prima cosa dobbiamo soffermarci sui termini di base, in particolare quelli riguardanti il calore e il lavoro. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE La quantità di calore assorbito o liberato in una reazione chimica è detta calore di reazione. Il calore di reazione viene determinato misurando le variazioni di temperatura all’interno di uno strumento, chiamato calorimetro, che possiede una capacità termica nota ed è il recipiente in cui si verifica la reazione stessa. La scienza che studia i calori di reazione si chiama calorimetria. Copyright © 2008 Zanichelli editore Abbiamo utilizzato il simbolo q per rappresentare il calore; useremo il simbolo qV per indicare il calore misurato durante una trasformazione che avviene a volume costante; il simbolo qP invece indica il calore misurato a pressione costante. I due valori devono essere distinti perché possono essere anche molto diversi. 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE Le variazioni di energia interna possono avvenire sia attraverso scambi di calore sia attraverso lavoro compiuto dal sistema o sul sistema. Quando il sistema si espande contro la pressione atmosferica, compie un lavoro di espansione. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE Parte dell’energia che dovrebbe essere liberata sotto forma di calore viene invece utilizzata dal sistema per espandersi. Il lavoro di espansione compiuto, w, può essere calcolato conoscendo la pressione atmosferica e la variazione di volume cui il sistema va incontro: Copyright © 2008 Zanichelli editore P è la pressione contraria che si oppone alla pressione esercitata da un pistone, mentre ΔV è la variazione di volume del sistema (il gas) durante l’espansione, che corrisponde a Vfinale - Viniziale. Quando Vfinale è maggiore di Viniziale, ΔV è positivo; ciò significa che il lavoro di espansione è negativo. 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE Per convenzione è attribuito il segno negativo se il sistema libera energia verso l’ambiente: in questo caso la trasformazione viene detta esoergonica. Il segno positivo (reazione endoergonica) è invece attribuito se il sistema assorbe energia. Questi due termini sono più generici perché si riferiscono a qualsiasi forma di energia scambiata, mentre quelli, noti da tempo, di reazione esotermica ed endotermica si riferiscono soltanto a scambi di calore. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE ► CALORE E LAVORO SONO MODI PER TRASFERIRE ENERGIA Cerchiamo adesso di capire meglio per quale motivo lavoro e calore siano semplicemente due modi alternativi per trasferire energia. Consideriamo che cosa accade quando il sistema della figura compie un lavoro o scambia calore. Se il lavoro è negativo (come durante un’espansione), il sistema libera energia che viene assorbita dall’ambiente: possiamo affermare che il lavoro è compiuto dal sistema. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE ► CALORE E LAVORO SONO MODI PER TRASFERIRE ENERGIA Se il calore è negativo (come in una reazione esotermica), il sistema libera energia che viene assorbita dall’ambiente. In entrambi i casi, si ha una diminuzione dell’energia interna del sistema. Al contrario, se il lavoro è positivo (come durante una compressione), il sistema assorbe energia dall’ambiente: possiamo affermare che il lavoro è compiuto sul sistema. Anche quando il calore è positivo (come in una reazione endotermica), il sistema assorbe energia mentre l’ambiente libera energia. In entrambi i casi abbiamo un aumento dell’energia interna del sistema. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE ► CALORE E LAVORO SONO MODI PER TRASFERIRE ENERGIA Lavoro e calore scambiati con l’ambiente hanno quindi portato a una modificazione dell’energia interna in modo equivalente, come ci eravamo proposti di dimostrare. Possiamo formalizzare il fenomeno attraverso un’opportuna equazione. Utilizzando la convenzione dei segni appena descritta, possiamo mettere in relazione il lavoro w compiuto sul sistema e il calore q assorbito dal sistema con la variazione di energia interna, ΔE, cui il sistema va incontro: Copyright © 2008 Zanichelli editore Questa equazione è la formalizzazione del primo principio della termodinamica: esso stabilisce che il calore scambiato da un sistema e il lavoro compiuto sono equivalenti, e implica che l’energia può essere trasferita in vari modi ma non può essere né creata né distrutta. 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO, CALORE E LAVORO NON LO SONO ► Cerchiamo adesso di comprendere come ΔE non dipenda da come avviene la trasformazione ma soltanto dallo stato iniziale e da quello finale del sistema, dimostrando di essere una funzione di stato . Supponiamo, per esempio, di far scaricare la batteria di un’auto in due modi diversi . In entrambi i casi, all’inizio la batteria è completamente carica mentre alla fine è completamente scarica; gli stati iniziale e finale del sistema sono gli stessi. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO, CALORE E LAVORO NON LO SONO ► Il passaggio dallo stato iniziale a quello finale può però verificarsi attraverso percorsi diversi. Nel percorso 1, la batteria viene messa in cortocircuito con una chiave inglese che unisce i due poli. Si produce una gran quantità di calore, ma il sistema non compie alcun lavoro (w = 0): ΔE è completamente sotto forma di calore liberato. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO, CALORE E LAVORO NON LO SONO ► Nel percorso 2, la batteria viene utilizzata per azionare un motore elettrico. In questo caso, gran parte dell’energia rappresentata da ΔE è utilizzata per compiere un lavoro (azionamento del motore) e solo in piccola parte viene liberata come calore (generato dall’attrito all’interno del motore e dalle resistenze elettriche dei cavi). Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO, CALORE E LAVORO NON LO SONO ► Da queste osservazioni, si possono trarre due importanti conclusioni. 1. La prima è che né q né w sono funzioni di stato, poiché i loro valori dipendono esclusivamente dal tipo di percorso seguito per passare dallo stato iniziale a quello finale. 2. La seconda è che la loro somma, ΔE, è una funzione di stato. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE DI COMBUSTIONE VIENE DETERMINATO CON LA CALORIMETRIA A VOLUME COSTANTE ► Copyright © 2008 Zanichelli editore Il calore prodotto da una reazione di combustione prende il nome di calore di combustione. Poiché le reazioni di combustione consumano ossigeno e generano prodotti gassosi, i calori di combustione devono essere misurati all’interno di contenitori chiusi. L’apparecchio normalmente utilizzato per determinare il calore di combustione è chiamato bomba calorimetrica. La «bomba» possiede pareti rigide che impediscono una variazione di volume della miscela di reazione. 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE DI COMBUSTIONE VIENE DETERMINATO CON LA CALORIMETRIA A VOLUME COSTANTE ► La variazione di volume ΔV durante la reazione è pertanto pari a zero. Ciò significa che, naturalmente, anche PΔV deve essere uguale a zero e quindi non viene compiuto alcun lavoro di espansione. Il calore di reazione misurato in una bomba calorimetrica è il calore di reazione a volume costante, indicato con qV, e dato che w = 0, in questo caso corrisponde a ΔE: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE DI COMBUSTIONE VIENE DETERMINATO CON LA CALORIMETRIA A VOLUME COSTANTE ► I nutrizionisti determinano il contenuto calorico degli alimenti e dei loro ingredienti bruciandoli in una bomba calorimetrica. Le reazioni che conducono alla completa demolizione degli alimenti all’interno dell’organismo sono complesse ma portano agli stessi prodotti ottenuti dalla semplice reazione di combustione. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA VARIAZIONE DI ENTALPIA ► La maggior parte delle reazioni più comuni non si svolge a volume costante, ma in recipienti aperti come provette, becher e beute, nei quali il sistema è mantenuto a pressione costante, la pressione esercitata dall’atmosfera. Avendo la possibilità di espandersi liberamente, le reazioni a pressione costante possono scambiare energia sotto forma di calore e di lavoro di espansione: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA VARIAZIONE DI ENTALPIA ► Il valore PΔV nell’equazione ci indica che, se desideriamo calcolare la variazione di energia interna della reazione, dobbiamo misurare anche la variazione di volume. Per evitare questo problema, è stata definita una forma di energia interna «modificata», detta entalpia, H, che include sia l’energia interna sia il possibile lavoro dovuto alla variazione di volume. Si tratta, in buona sostanza, di una specie di «contenuto termico» complessivo, interno a un sistema. Sommando PΔV da entrambi i lati dell’equazione precedente otteniamo: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA VARIAZIONE DI ENTALPIA ► Se qP viene definito come variazione di entalpia, ΔH, allora : Sostituendo qP =ΔH si ottiene ΔH= ΔE+ PΔV e l’entalpia risulta: Copyright © 2008 Zanichelli editore H, come E, è una funzione di stato. 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA VARIAZIONE DI ENTALPIA ► Anche l’entalpia, come l’energia interna, non può essere misurata in modo assoluto, ma se ne possono misurare le variazioni. La variazione di entalpia, ΔH, è definita dall’equazione: Che per le reazioni chimiche diventa: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA VARIAZIONE DI ENTALPIA ► Il significato dei valori positivi e negativi di DH è lo stesso visto per i valori di ΔE. La differenza tra la variazione di entalpia e la variazione di energia interna di una reazione è PΔV. Questa differenza può essere molto ampia nel caso di reazioni che coinvolgono gas, in cui si hanno importanti variazioni di volume. Se una reazione coinvolge soltanto sostanze solide e liquide, i valori di ΔV sono trascurabili e quindi ΔE e Δ H sono sostanzialmente identici. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL CALORE SCAMBIATO Possiamo adesso comprendere come la variazione di entalpia ci renda conto degli scambi di calore che avvengono durante una reazione chimica. Nell’affrontare questi aspetti occorre impostare delle equazioni chimiche particolari, dette equazioni termochimiche. La quantità di calore liberata o assorbita durante una reazione dipende dalle moli dei reagenti. È facile immaginare che bruciando due moli di carbonio si ottenga una quantità di calore doppia rispetto a una mole. Copyright © 2008 Zanichelli editore Il calore di reazione ha quindi significato solo se il sistema viene descritto in modo completo, comprendendo le quantità e le concentrazioni di reagenti e prodotti, la temperatura e la pressione; tutti questi fattori, infatti, influenzano il calore di reazione. 14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL CALORE SCAMBIATO Per convenzione, è stato definito un insieme di stati standard che rendono più semplici la descrizione e il confronto fra i valori del calore di reazione. La maggior parte delle equazioni termochimiche si riferisce a reagenti e prodotti che si trovano alla pressione di 1 bar o, nel caso di sostanze in soluzione acquosa, alla concentrazione 1 M. Spesso viene anche specificata una temperatura di 25 °C (298 K), anche se questa non rientra nella definizione degli stati standard in termochimica. Copyright © 2008 Zanichelli editore Il calore standard di reazione è il valore di ΔH di una reazione che si svolge in condizioni standard e in cui il numero effettivo di moli delle sostanze coinvolte è specificato dai coefficienti di reazione. 14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL CALORE SCAMBIATO Per indicare che la grandezza si riferisce alle condizioni standard useremo l’esponente «°». Il simbolo del calore standard di reazione è pertanto ΔH°; l’unità con cui questo viene rappresentato è generalmente il kilojoule. Per rendere un’idea del significato di ΔH°, consideriamo la reazione tra i gas azoto e idrogeno che produce ammoniaca gassosa: Copyright © 2008 Zanichelli editore Quando reagiscono specificamente 1,000 mol di N2 e 3,000 mol di H2 per formare 2 mol di NH3 alla temperatura di 25 °C e alla pressione di 1 atm, la reazione libera 92,38 kJ. Così, per la reazione data dall’equazione precedente, ΔH°= -92,38 kJ. La variazione di entalpia viene generalmente riportata accanto all’equazione: 14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL CALORE SCAMBIATO Un’equazione che comprende il valore di ΔH° è chiamata equazione termochimica. In essa compaiono, oltre ai reagenti e ai prodotti, lo stato fisico delle sostanze e il valore di ΔH° riferito alle moli indicate dai coefficienti stechiometrici nell’equazione bilanciata. L’equazione riportata indica che si liberano 92,38 kJ solo quando si formano due moli di NH3. Copyright © 2008 Zanichelli editore Se si producessero 4,000 mol di NH3 (a partire da 2,000 mol di N2 e 6,000 mol di H2), verrebbe liberata una quantità doppia di calore (184,8 kJ). 14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL CALORE SCAMBIATO Indicare lo stato fisico è importante perché ΔH° varia in base a esso. La combustione di una mole di metano, per esempio, presenta valori diversi di ΔH° a seconda che l’acqua prodotta sia allo stato liquido oppure gassoso: Copyright © 2008 Zanichelli editore La differenza tra i valori di ΔH° delle due reazioni rappresenta la quantità di energia che viene liberata quando due moli di acqua a 25 °C passano dallo stato di vapore allo stato liquido. 14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL CALORE SCAMBIATO Conoscendo l’equazione termochimica di una particolare reazione, possiamo scrivere l’equazione per la reazione inversa, indipendentemente dal fatto che questa possa avvenire o meno. Per esempio, l’equazione termochimica per la combustione di una mole di carbonio che dà diossido di carbonio è: La reazione inversa, molto difficile da realizzare sperimentalmente, è la decomposizione del diossido di carbonio in carbonio e ossigeno. Copyright © 2008 Zanichelli editore Per quanto arduo sia lo svolgimento di questa reazione, possiamo intuire che il suo ΔH° deve essere +393,5 kJ, lo stesso valore, cambiato di segno, del ΔH° della reazione scritta in senso contrario. Questa è una importante conseguenza della legge della conservazione dell’energia. 14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE COMBINATE Se conosciamo i valori di ΔH° di varie reazioni, esse possono essere combinate in modo da permetterci il calcolo della variazione di entalpia di altre reazioni. Vediamo in che modo, prendendo come esempio la combustione del carbonio. Possiamo considerare due percorsi che, partendo da una mole di carbonio e una mole di ossigeno, portano entrambi a una mole di diossido di carbonio. 1. Percorso a uno stadio C e O2 reagiscono per dare direttamente CO2. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE COMBINATE 2. Percorso a due stadi C e O2 reagiscono per dare CO; successivamente, CO reagisce con O2 per dare CO2. Copyright © 2008 Zanichelli editore Nel percorso a due stadi si consumano complessivamente una mole di C e una mole di O2, proprio come nel percorso a uno stadio. In altri termini, gli stati iniziale e finale dei due percorsi sono identici. 14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE COMBINATE Se ΔH° è effettivamente una funzione di stato che dipende solo dagli stati iniziale e finale ma non dal percorso seguito, i valori di ΔH° dei due percorsi devono essere necessariamente uguali. Sommando le equazioni del percorso a due stadi e confrontando il risultato con l’equazione del percorso a singolo stadio possiamo avere una conferma: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE COMBINATE L’equazione che risulta dalla somma degli stadi 1 e 2 mostra che «CO(g)» compare da entrambi i lati e può essere quindi cancellato per ottenere l’equazione netta. L’equazione termochimica netta del processo a due stadi è quindi: I due percorsi che portano a CO2 sono pertanto identici dai punti di vista chimico e termochimico, a dimostrazione che ΔH° è una funzione di stato. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE COMBINATE Le relazioni energetiche che intercorrono tra percorsi alternativi della stessa reazione complessiva sono chiaramente evidenziate nella rappresentazione grafica nota come diagramma dell’entalpia. La figura illustra il diagramma dell’entalpia relativo alla formazione di CO2 a partire da C e O2. Vi sono mostrate le variazioni di entalpia dei due percorsi: possiamo rilevare che i contributi entalpici delle due reazioni del secondo percorso, sommandosi tra loro, danno il valore di ΔH° complessivo del primo percorso, come dimostrato prima. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE COMBINATE L’uso degli strumenti per riadattare le equazioni ci consente di calcolare i valori di ΔH° con semplici operazioni algebriche. Germain Henri Hess è stato il primo a razionalizzare questo aspetto della chimica, attraverso la legge dell’additività dei calori o legge di Hess. Legge di Hess Il ΔH° complessivo di una qualsiasi reazione che può svolgersi attraverso più stadi è pari alla somma dei ΔH° dei singoli stadi. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE COMBINATE La legge di Hess viene impiegata principalmente per calcolare la variazione di entalpia di una reazione, quando il suo valore non è noto o non può essere misurato sperimentalmente. L’applicazione della legge richiede spesso il riadattamento di equazioni termochimiche ed è pertanto utile ritornare brevemente sulle regole che consentono queste operazioni. Copyright © 2008 Zanichelli editore Regole per riadattare le equazioni termochimiche 1. Quando l’equazione viene invertita, cioè scritta in senso contrario, deve essere cambiato il segno di ΔH°. 2. Formule e simboli uguali da entrambi i lati dell’equazione possono essere cancellati solo se le sostanze a cui si riferiscono si trovano nello stesso stato fisico. 3. Dividendo o moltiplicando tutti i coefficienti di un’equazione per un certo fattore, anche ΔH° deve essere diviso o moltiplicato per lo stesso fattore. 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE Analizziamo brevemente i tipi di entalpia più comunemente utilizzati nelle reazioni termochimiche. Il calore standard di combustione, ΔH°c, di una sostanza è la quantità di calore liberata quando una mole di combustibile viene completamente bruciata in atmosfera di ossigeno puro, alla temperatura di 25 °C e pressione di 1 bar. Le reazioni di combustione sono sempre esotermiche, cioè il loro ΔH°c è sempre negativo. L’entalpia standard di formazione, ΔH°f, di una sostanza, nota anche come calore standard di formazione, è la quantità di calore assorbita o liberata quando una mole della sostanza viene formata, a 25 °C e 1 bar, dai suoi elementi nei loro stati standard. Un elemento è nel suo stato standard quando si trova nella sua forma fisica più stabile (solido, liquido o gas), a 25 °C e 1 bar. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE La tabella seguente riporta le entalpie standard di formazione di alcune sostanze; osserviamo, in particolare che i valori di ΔH°f, di tutti gli elementi nel loro stato standard sono uguali a zero. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE È importante ricordarsi il significato dell’indice «f» nel simbolo ΔH°f : esso indica che una mole della sostanza si forma dai suoi elementi nei loro stati standard. Si notino i valori di ΔH° nelle seguenti reazioni: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE Solo la prima equazione rappresenta una reazione di formazione standard, perciò si può utilizzare l’indice «f» accanto a ΔH°. La seconda equazione porta, invece, alla formazione di due moli di acqua invece di una; nella terza, uno dei reagenti è un composto; nella quarta, idrogeno e ossigeno esistono come atomi e non rappresentano gli stati standard di questi elementi. Copyright © 2008 Zanichelli editore Notiamo anche che, poiché il valore di ΔH°f si riferisce alla formazione di una mole del composto (dai suoi elementi), le unità sono kilojoule per mole. Per ricavare l’entalpia di formazione di due moli di acqua (ΔH° della seconda equazione) si moltiplica semplicemente il valore di ΔH°f relativo a una mole di H2O per 2 mol di H2O(l) (-285,9 x 2 = -571,8 kJ). 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE Le entalpie standard di formazione sono utili perché consentono di applicare la legge di Hess senza dover riadattare le equazioni termochimiche. Questo è possibile perché il ΔH° reazione complessivo è pari alla somma dei calori di formazione dei prodotti meno la somma dei calori di formazione dei reagenti, tenendo conto che ciascun valore di ΔH°f deve essere moltiplicato per il corrispondente coefficiente che compare nell’equazione. In altri termini, possiamo esprimere la legge di Hess sotto forma di un’equazione nota come equazione della legge di Hess: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA ► Studiando i passaggi di stato abbiamo notato che a essi è associato uno scambio di calore con l’ambiente. Adesso possiamo comprendere che questo calore non è nient’altro che entalpia e parleremo pertanto di entalpia molare di fusione, entalpia molare di evaporazione, e così via. Anche i processi di dissoluzione comportano variazioni di entalpia. Poiché nel caso dei liquidi e dei solidi le forze di attrazione intermolecolari giocano un ruolo importante, la formazione di una soluzione è inevitabilmente associata a uno scambio di energia. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA ► L’energia totale assorbita o liberata, a pressione costante, quando un soluto si scioglie in un solvente per formare una soluzione è chiamata entalpia molare di dissoluzione, o più semplicemente calore di dissoluzione, ΔHsol. Il diagramma dell’entalpia, riportato nella figura, si riferisce alla formazione di una soluzione di un solido in un liquido, rappresentata secondo un modello a due stadi. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA ► Nel primo stadio, il soluto solido si separa nelle sue particelle costitutive secondo un processo che, da un punto di vista energetico, corrisponde alla sua vaporizzazione. La prima tappa è necessaria per separare completamente le particelle dal reticolo cristallino come se passassero direttamente allo stato gassoso. La quantità di energia assorbita è chiamata energia reticolare. Per esempio, l’energia reticolare dello ioduro di potassio, KI, è data dal valore di ΔH dell’equazione: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA ► Nel secondo stadio, le particelle di soluto allo stato gassoso entrano in contatto col solvente e sono solvatate. Nel secondo stadio, le particelle di soluto gassoso incontrano il solvente e sono solvatate. L’energia potenziale del sistema diminuisce: il processo è esotermico. La variazione di entalpia dovuta alla dissoluzione delle particelle gassose (a partire da una mole di soluto) in un solvente è detta energia di solvatazione (o di idratazione se il solvente è l’acqua). L’energia di idratazione di KI, per esempio, è data dal valore di ΔH dell’equazione: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA ► Il risultato netto fra l’energia assorbita nel primo stadio e l’energia liberata nel secondo, è : l’entalpia di dissoluzione, ovvero la variazione di entalpia che corrisponde alla dissoluzionedi una mole di sostanza cristallina in un solvente. L’entalpia di dissoluzione di KI ricavata dai dati appena riportati è: Copyright © 2008 Zanichelli editore Se l’energia assorbita nel primo stadio è superiore all’energia liberata nel secondo, il processo è endotermico, altrimenti la formazione della soluzione è esotermica. 14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA INTERVENTI ESTERNI Gli scambi di calore che avvengono durante una reazione chimica, quindi le variazioni di entalpia, rappresentano solo una parte della termodinamica chimica. Un altro ambito di studio ugualmente importante è l’indagine che riguarda la spontaneità di una reazione. In questa parte del capitolo vedremo che «spontaneo» sarà riferibile a questioni probabilistiche date dalla tendenza naturale di un sistema a procedere verso lo stato più probabile. Occupiamoci adesso di uno degli obiettivi principali della termodinamica: trovare le relazioni tra i fattori che controllano la spontaneità dei fenomeni. Copyright © 2008 Zanichelli editore Per trasformazione spontanea intendiamo un evento che si realizza senza intervento esterno 14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA INTERVENTI ESTERNI Al contrario, la decomposizione dell’acqua in idrogeno e ossigeno non è spontanea; nella vita di tutti i giorni verifichiamo continuamente la perfetta stabilità di questa sostanza. La decomposizione avviene solo quando l’acqua è attraversata da una corrente elettrica, secondo un processo noto come elettrolisi: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA INTERVENTI ESTERNI Una volta iniziato, un evento spontaneo tende a proseguire fino a termine. Un evento non spontaneo, al contrario, può procedere solo fino a quando perdura l’intervento esterno. Questo significa che un processo non spontaneo, per potersi verificare, deve essere affiancato da un altro processo spontaneo che fornisce energia. La conseguenza è che tutti i fenomeni non spontanei avvengono a spese di altri fenomeni spontanei. Tutto ciò che accade può essere dunque ricollegato, direttamente o indirettamente, a una trasformazione spontanea. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA INTERVENTI ESTERNI Che cosa determina la direzione di una trasformazione spontanea? Dato che i fenomeni più comuni avvengono con diminuzione dell’energia interna, in modo da «conquistare» una stato di minore energia rispetto alle condizioni iniziali, potremmo essere tentati di concludere che gli eventi spontanei avvengono nella direzione in cui si ha una riduzione dell’energia. Poiché una trasformazione che riduce l’energia potenziale di un sistema può essere definita esotermica, sembra facile concludere che le trasformazioni esotermiche hanno la tendenza ad avvenire spontaneamente. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA INTERVENTI ESTERNI Se così fosse non si dovrebbero mai osservare processi spontanei endoergonici, come la fusione del ghiaccio, l’evaporazione dell’acqua di un lago e il funzionamento dei cold pack, che invece avvengono anche se endoergonici! Come abbiamo studiato a proposito del processo di dissoluzione, in cui lo stato miscelato è più probabile di quello non miscelato, anche per le reazioni chimiche dobbiamo abituarci a ragionare utilizzando criteri probabilistici. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ Per comprendere meglio questi concetti probabilistici partiamo da un esempio molto semplice come il flusso di calore tra un corpo caldo e un corpo freddo. Proviamo a costruire un semplice modello che spieghi in quale direzione fluisce il calore. Immaginiamo di avere due corpi costituiti da molecole che possiedono, per motivi di semplicità, solo uno stato fondamentale a bassa energia e uno stato eccitato ad alta energia. Le molecole a bassa energia sono rappresentate in blu mentre quelle ad alta energia sono in rosso. Ponendo tre molecole ad alta energia in contatto con tre molecole a bassa energia, avremo inizialmente una situazione di questo tipo: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ Copyright © 2008 Zanichelli editore Le tre molecole a sinistra rappresentano il corpo «caldo» e quelle a destra il corpo «freddo». Una volta entrati in contatto, si ha trasferimento di energia fra le molecole dei due corpi, anche se la loro energia complessiva si mantiene la stessa, prima e dopo il contatto. Poiché le molecole possono assumere soltanto stati ad alta energia (rosso) o a bassa energia (blu), il numero complessivo di molecole rosse deve essere lo stesso prima e dopo il contatto. Le possibili distribuzioni dell’energia fra le sei molecole, dopo il contatto fra i due corpi, sono le seguenti: 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ Queste venti possibili distribuzioni dell’energia fra le particelle sono ugualmente probabili. La probabilità che si verifichi un certo tipo di trasferimento di energia può essere calcolata come segue: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ Per esempio, esistono 9 distribuzioni che corrispondono al trasferimento di una sola unità di energia e 20 distribuzioni totali; la probabilità che sia trasferita una sola unità di energia è pertanto 9/20 = 0,45 ovvero 45%. Copyright © 2008 Zanichelli editore In questo modello, vi sono 19/20 o 95% di possibilità che avvenga un trasferimento energetico. Ciò corrisponde alla nostra attesa: il calore fluisce spontaneamente dall’oggetto caldo a quello più freddo. 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ Anche se il nostro modello per il trasferimento di calore è molto semplice, esso dimostra il ruolo giocato dalla probabilità nel determinare la direzione di un processo spontaneo. I processi spontanei tendono a progredire da stati a bassa probabilità verso stati a probabilità maggiore. Gli stati a maggior probabilità sono quelli che presentano maggiori possibilità di distribuire l’energia fra le molecole; possiamo così affermare che i processi spontanei tendono a disperdere l’energia. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA ► Data l’importanza della probabilità statistica nel determinare i risultati di eventi fisici e chimici, la termodinamica definisce una grandezza, chiamata entropia (simbolo S), che descrive il numero di modi equivalenti con cui l’energia può essere distribuita all’interno di un sistema. Maggiore è il valore dell’entropia, maggiore è il numero di versioni energeticamente equivalenti di un sistema e maggiore è la sua probabilità (si dice in questo caso che il sistema è più disordinato). Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA ► In chimica, abbiamo generalmente a che fare con sistemi che contengono numeri enormi di particelle. Per fortuna, non è necessario contare il numero di modi in cui le particelle di un sistema possono disporsi. L’entropia di un sistema può infatti essere messa in relazione a misure sperimentali di calore e temperatura. L’entropia viene infatti definita matematicamente con la formula Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA ► Al pari dell’entalpia, l’entropia è una funzione di stato che dipende soltanto dallo stato del sistema. Una variazione di entropia, ΔS, è perciò indipendente dal percorso compiuto per passare dallo stato iniziale a quello finale. Come in altri casi, ΔS è definita come «finale meno iniziale» o, in un sistema chimico, «prodotti meno reagenti». Quindi: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA ► Quando Sfinale è maggiore di Siniziale (o Sprodotti è maggiore di Sreagenti), il valore di ΔS è positivo. Un valore positivo di ΔS significa un aumento del numero di modi energeticamente equivalenti di un sistema (e quindi un aumento del disordine interno) che, come sappiamo, corrisponde a una trasformazione spontanea. Ciò conduce a un concetto generale sull’entropia: ogni evento accompagnato da un aumento di entropia del sistema tende a essere spontaneo. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA ► Spesso è possibile prevedere il segno, positivo o negativo, di DS per una data trasformazione. Infatti, diversi fattori influenzano l’entropia in modo prevedibile. 1. Il volume dei gas. Quando un gas ha disponibile un maggior volume si espande e raggiunge una distribuzione più probabile delle particelle. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA ► 2.La temperatura del sistema. L’entropia è anche influenzata dalla temperatura; quanto più alta è la temperatura, tanto maggiore è l’entropia. Per esempio, le particelle di una sostanza solida in vicinanza dello zero assoluto sono sostanzialmente immobili. La loro energia cinetica è molto bassa e i modi con cui tale energia può essere distribuita fra le particelle sono pochi: l’entropia del solido è quindi bassa. Fornendo calore al solido, l’energia cinetica delle particelle aumenta all’aumentare della temperatura e aumentano anche i modi con cui l’energia può essere distribuita: l’entropia aumenta. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA ► 3. Lo stato fisico. Uno dei fattori principali che influenzano l’entropia di un sistema è il suo stato fisico, come mostrato nella figura. Un gas ha entropia maggiore di un liquido che, a sua volta, ha entropia maggiore di un solido. In effetti, un gas ha un’entropia talmente elevata rispetto a quella di liquidi e solidi che tutte le trasformazioni che producono gas da liquidi e solidi sono quasi sempre accompagnate da un aumento di entropia. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA ► Per questo, quando una reazione chimica produce o consuma gas, il segno della variazione di entropia è facile da prevedere. Per esempio, la decomposizione termica del bicarbonato di sodio produce due gas, CO2 e H2O: Poiché la quantità di prodotti gassosi è maggiore di quella dei reagenti gassosi, possiamo prevedere che la variazione di entropia della reazione sia positiva. Al contrario, la reazione: Copyright © 2008 Zanichelli editore (che può essere utilizzata per allontanare il diossido di zolfo da una miscela di gas) mostra una variazione di entropia negativa. 14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA ► 4. Il numero di molecole complessivo. Nelle reazioni chimiche, un altro importante fattore che influenza il segno di ΔS è l’aumento del numero complessivo di molecole a mano a mano che la reazione procede. Quando, nel corso di una reazione, si producono più molecole, aumenta il numero di modi con cui l’energia si distribuisce fra le molecole stesse. A parità di altri fattori, le reazioni che implicano un aumento del numero di particelle nel sistema tendono ad avere una variazione di entropia positiva. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO Se la reazione è esotermica (ΔH<0) e si registra un aumento del disordine, le due grandezze «collaborano» tra loro e la reazione è sicuramente spontanea. Se la reazione invece è endotermica (ΔH>0) e si registra una diminuzione di disordine (ΔS<0), anche in questo caso non ci sono dubbi: la reazione non è spontanea perché è sfavorita sia dal punto di vista energetico sia da quello entropico. Ma che cosa accade quando abbiamo una reazione endotermica in cui si registra però un aumento di entropia? In questo caso l’entalpia e l’entropia si oppongono fra loro, e non è facile determinarne l’importanza relativa ai fini della spontaneità di una reazione. Inoltre, la temperatura diventa un terzo fattore che può influenzare la direzione in cui una trasformazione risulta spontanea. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO Se, per esempio, si aumenta la temperatura di una miscela di ghiaccio e acqua fino a 25 °C, tutto il solido fonde. A 25 °C, la trasformazione solido " liquido è spontanea. D’altra parte, se la stessa miscela viene raffreddata a -25 °C, l’acqua congela, perché a -25 °C è spontanea la trasformazione opposta. Esistono quindi tre fattori che possono influenzare la spontaneità di una trasformazione: 1. la variazione di entalpia, 2. la variazione di entropia 3. la temperatura. I rapporti che intercorrono fra questi fattori sono evidenziati nel secondo principio della termodinamica, uno dei più importanti in campo scientifico. Copyright © 2008 Zanichelli editore Il secondo principio della termodinamica afferma che, quando nell’universo si realizza un evento spontaneo, si verifica sempre un aumento dell’entropia complessiva (ΔStotale > 0). 14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO L’aumento di entropia è qui riferito all’entropia totale dell’universo (sistema più ambiente) e non all’entropia del solo sistema. Ciò significa che l’entropia di un sistema può anche diminuire, purché vi sia un aumento dell’entropia dell’ambiente tale da determinare una variazione di entropia complessiva positiva. Poiché tutto ciò che accade si realizza per una serie di trasformazioni spontanee, l’entropia dell’universo è in costante aumento. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO Esiste una grandezza termodinamica, l’energia libera di Gibbs, G, che traduce in termini matematici la seconda legge della termodinamica ed è così definita: Per le trasformazioni che avvengono a T e P costanti, l’equazione diviene: Poiché G è definita interamente in termini di funzioni di stato, è essa stessa una funzione di stato. Ciò significa che: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO Una trasformazione è spontanea se Gfinale è minore di Giniziale e, quindi, ΔG è negativo. Sulla base di quanto detto, possiamo giungere a un’importante conclusione sulla variazione dell’energia libera: a temperatura e pressione costanti, una trasformazione è spontanea solo se è accompagnata da una diminuzione dell’energia libera del sistema. Copyright © 2008 Zanichelli editore Il termine energia libera è correlato, come vedremo, all’energia massima «disponibile» o «libera» per compiere un lavoro durante una trasformazione. 14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO Riassumiamo adesso come ΔH, ΔS e T sono collegati fra loro nel determinare la spontaneità di una trasformazione: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.8 IL TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA RENDE POSSIBILE LA MISURAZIONE SPERIMENTALE DELLE ENTROPIE ASSOLUTE In precedenza abbiamo descritto come l’entropia di una sostanza dipenda dalla temperatura, osservando che, allo zero assoluto, il grado di ordine all’interno di un cristallo è massimo e l’entropia è minima. Il terzo principio della termodinamica va oltre questo concetto, affermando che allo zero assoluto, l’entropia di una sostanza cristallina pura perfettamente ordinata è nulla: S=0 a T=0K Copyright © 2008 Zanichelli editore Poiché conosciamo il punto a cui l’entropia ha valore zero, possiamo determinare con misure sperimentali e calcoli la reale quantità di entropia che una sostanza possiede a una temperatura superiore a 0 K. 14.8 IL TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA RENDE POSSIBILE LA MISURAZIONE SPERIMENTALE DELLE ENTROPIE ASSOLUTE L’entropia di 1 mol di sostanza alla temperatura di 298 K (t = 25 °C) e alla pressione di 1 atm viene detta entropia standard, S°, e ha le dimensioni di energia/temperatura. Una volta note le entropie di diverse sostanze, possiamo calcolare la variazione di entropia standard, ΔS°, per le reazioni chimiche in modo analogo a quanto fatto per ΔH°: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.8 IL TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA RENDE POSSIBILE LA MISURAZIONE SPERIMENTALE DELLE ENTROPIE ASSOLUTE Se la reazione su cui stiamo lavorando si riferisce alla formazione di 1 mol di un composto dai suoi elementi, può essere indicata come entropia standard di formazione, ΔSf°. I valori di ΔSf° però non sono tabulati; se necessario, possono essere calcolati dai valori di S°. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD Quando DG viene determinata a 25 °C (298 K) e 1 atm, è definita variazione di energia libera standard, ΔG°. Esistono vari modi per ricavare il valore di ΔG° di una reazione. Uno di questi consiste nel calcolare ΔG° da ΔH° e ΔS°: Abbiamo visto quanto sia utile usare i valori tabulati dei calori standard di formazione per calcolare ΔH° di molte reazioni con la legge di Hess. Le energie libere standard di formazione, ΔG°f, possono essere utilizzate in modo analogo per calcolare i valori di ΔG°: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD Ecco una tabella riportante i valori di ΔG°f: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD ► ΔG È IL LAVORO MASSIMO UTILIZZABILE IN UN PROCESSO Uno degli impieghi principali delle reazioni chimiche spontanee è la produzione di lavoro utile. I combustibili vengono bruciati nei motori a benzina o diesel per azionare gliautoveicoli o altri macchinari. Le reazioni chimiche nelle batterie servono per avviare il motore delle automobili e per far funzionare tutte le apparecchiature elettroniche, compresi i telefoni cellulari e i computer portatili. Copyright © 2008 Zanichelli editore L’energia liberata da una reazione chimica, però, non viene sempre utilizzata per compiere un lavoro. Se, per esempio, la benzina brucia in un contenitore aperto, l’energia prodotta si perde completamente sotto forma di calore. Uno degli obiettivi principali degli ingegneri è proprio quello di rendere massima l’efficienza con cui l’energia chimica è convertita in lavoro e di minimizzare le perdite sotto forma di calore. 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD ► ΔG È IL LAVORO MASSIMO UTILIZZABILE IN UN PROCESSO La conversione di energia chimica in lavoro è massima se la reazione si svolge in condizioni che vengono definite termodinamicamente reversibili. Un processo è termodinamicamente reversibile se la forza che determina la trasformazione è contrastata da una forza contraria appena un po’ più debole, in modo che un piccolo aumento dell’intensità di quest’ultima possa invertire la direzione del processo. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD ► ΔG È IL LAVORO MASSIMO UTILIZZABILE IN UN PROCESSO Esiste un limite alla quantità di energia, resa disponibile in una reazione, che può essere trasformata in lavoro utile? La risposta è data dall’energia libera di Gibbs: la quantità massima di energia prodotta da una reazione, che può essere teoricamente trasformata in lavoro, è pari a ΔG. Copyright © 2008 Zanichelli editore Questa è l’energia che non deve essere necessariamente liberata nell’ambiente sotto forma di calore ed è quindi libera di essere utilizzata per compiere lavoro. Così, determinando il valore di ΔG, possiamo prevedere se una reazione è o meno una fonte di energia utile. Inoltre, confrontando la quantità reale di lavoro ottenuto da un dato sistema con i valori di ΔG delle reazioni interessate, possiamo misurare l’efficienza del sistema. 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD IL VALORE DI ΔG IN UN SISTEMA ALL’EQUILIBRIO È UGUALE A ZERO ► Abbiamo visto che, quando il ΔG di una data trasformazione è negativo, essa avviene spontaneamente; al contrario, una trasformazione non spontanea ha ΔG positivo. Quando invece il sistema si trova in uno stato di equilibrio ΔG è uguale a zero. Quando un sistema è in uno stato di equilibrio dinamico, Gprodotti = Greagenti e ΔG = 0. Consideriamo ancora una volta la solidificazione dell’acqua: Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD IL VALORE DI ΔG IN UN SISTEMA ALL’EQUILIBRIO È UGUALE A ZERO ► A t < 0 °C, il ΔG della trasformazione è negativo e la formazione di ghiaccio è spontanea. D’altra parte, a t > 0 °C, ΔG è positivo e la solidificazione non è spontanea. Quando però la temperatura è esattamente 0 °C, ΔG è uguale a zero e la miscela di acqua e ghiaccio si trova all’equilibrio. Fino a quando non viene aggiunto né sottratto calore, la solidificazione e la fusione non sono spontanee, per cui il ghiaccio e l’acqua liquida possono coesistere per un tempo indefinito. Copyright © 2008 Zanichelli editore 14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD IL VALORE DI ΔG IN UN SISTEMA ALL’EQUILIBRIO È UGUALE A ZERO ► Questi concetti risultano più comprensibili quando studiamo i diagrammi dell’energia libera che illustrano le variazioni di energia libera nel passaggio dai reagenti ai prodotti. La figura mostra tre diversi diagrammi dell’energia libera per la miscela acqua-ghiaccio. Procedendo da sinistra a destra in ciascun grafico, possiamo osservare come varia l’energia libera quando il sistema costituito interamente da H2O(l) si trasforma in un sistema contenente solo H2O(s). Copyright © 2008 Zanichelli editore