Diapositiva 1 - Zanichelli online per la scuola

Capitolo 14
Termodinamica:
il motore delle
reazioni chimiche
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14.1 Il calore di reazione viene misurato in
condizioni di volume o pressione costante
14.2 Le equazioni termochimiche indicano
anche il colore scambiato
14.3 Le equazioni termochimiche possono
essere combinate
14.4 Una rassegna dei principali tipi di
entalpia legati a trasformazioni chimiche e
fisiche
14.5 Una trasformazione spontanea
procede senza interventi esterni
14.6 I processi spontanei tendono a
progredire da stati a bassa probabilità verso
stati ad alta probabilità
14.7 Tutti i processi spontanei aumentano
l’entropia complessiva dell’universo
14.8 Il terzo principio della termodinamica
rende possibile la misurazione sperimentale
delle entropie assolute
14.9 La variazione di energia libera
standard, ΔG°, è il Δ G misurato in
condizioni standard
14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
Sappiamo che tutte le trasformazioni, sia fisiche sia chimiche,
comportano nella stragrande maggioranza dei casi delle variazioni di
energia, in particolare dell’energia interna dei sistemi presi in
considerazione.
Abbiamo constatato che tali variazioni sono dovute o a scambi di
calore con l’ambiente oppure a lavoro compiuto dal o sul sistema.
Vedremo ora qual è «il motore» che spinge una reazione a realizzarsi
in modo spontaneo e quindi i motivi per cui essa si realizza senza
che vi siano interventi dall’esterno.
Per prima cosa dobbiamo soffermarci sui termini di base, in
particolare quelli riguardanti il calore e il lavoro.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
La quantità di calore assorbito o liberato in una reazione chimica è
detta calore di reazione.
Il calore di reazione viene determinato misurando le variazioni di
temperatura all’interno di uno strumento, chiamato calorimetro, che
possiede una capacità termica nota ed è il recipiente in cui si verifica
la reazione stessa.
La scienza che studia i calori di reazione si chiama calorimetria.
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Abbiamo utilizzato il simbolo q per rappresentare il calore; useremo il
simbolo qV per indicare il calore misurato durante una trasformazione
che avviene a volume costante;
il simbolo qP invece indica il calore misurato a pressione costante.
I due valori devono essere distinti perché possono essere anche
molto diversi.
14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
Le variazioni di energia interna possono avvenire sia attraverso scambi
di calore sia attraverso lavoro compiuto dal sistema o sul sistema.
Quando il sistema si espande contro la pressione atmosferica, compie
un lavoro di espansione.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
Parte dell’energia che dovrebbe essere liberata sotto forma di calore
viene invece utilizzata dal sistema per espandersi. Il lavoro di
espansione compiuto, w, può essere calcolato conoscendo la pressione
atmosferica e la variazione di volume cui il sistema va incontro:
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P è la pressione contraria che si oppone alla pressione esercitata da un
pistone, mentre ΔV è la variazione di volume del sistema (il gas)
durante l’espansione, che corrisponde a Vfinale - Viniziale.
Quando Vfinale è maggiore di Viniziale, ΔV è positivo; ciò significa che il
lavoro di espansione è negativo.
14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
Per convenzione è attribuito il segno negativo se il sistema libera
energia verso l’ambiente: in questo caso la trasformazione viene detta
esoergonica.
Il segno positivo (reazione endoergonica) è invece attribuito se il
sistema assorbe energia.
Questi due termini sono più generici perché si riferiscono a qualsiasi
forma di energia scambiata, mentre quelli, noti da tempo, di reazione
esotermica ed endotermica si riferiscono soltanto a scambi di calore.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
►
CALORE E LAVORO SONO MODI PER TRASFERIRE ENERGIA
Cerchiamo adesso di capire meglio per quale motivo lavoro e calore siano
semplicemente due modi alternativi per trasferire energia.
Consideriamo che cosa accade quando il sistema della figura compie un
lavoro o scambia calore. Se il lavoro è negativo (come durante
un’espansione), il sistema libera energia che viene assorbita dall’ambiente:
possiamo affermare che il lavoro è compiuto dal sistema.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
►
CALORE E LAVORO SONO MODI PER TRASFERIRE ENERGIA
Se il calore è negativo (come in una reazione esotermica), il sistema libera
energia che viene assorbita dall’ambiente. In entrambi i casi, si ha una
diminuzione dell’energia interna del sistema.
Al contrario, se il lavoro è positivo (come durante una compressione),
il sistema assorbe energia dall’ambiente: possiamo affermare che il lavoro
è compiuto sul sistema.
Anche quando il calore è positivo (come in una reazione endotermica), il
sistema assorbe energia mentre l’ambiente libera energia. In entrambi i
casi abbiamo un aumento dell’energia interna del sistema.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
►
CALORE E LAVORO SONO MODI PER TRASFERIRE ENERGIA
Lavoro e calore scambiati con l’ambiente hanno quindi portato a una
modificazione dell’energia interna in modo equivalente, come ci eravamo
proposti di dimostrare.
Possiamo formalizzare il fenomeno attraverso un’opportuna equazione.
Utilizzando la convenzione dei segni appena descritta, possiamo mettere in
relazione il lavoro w compiuto sul sistema e il calore q assorbito dal
sistema con la variazione di energia interna, ΔE, cui il sistema va incontro:
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Questa equazione è la formalizzazione del primo principio della
termodinamica: esso stabilisce che il calore scambiato da un
sistema e il lavoro compiuto sono equivalenti, e implica che
l’energia può essere trasferita in vari modi ma non può essere né
creata né distrutta.
14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO,
CALORE E LAVORO NON LO SONO
►
Cerchiamo adesso di comprendere come ΔE non dipenda da come avviene
la trasformazione ma soltanto dallo stato iniziale e da quello finale del
sistema, dimostrando di essere una funzione di stato . Supponiamo, per
esempio, di far scaricare la batteria di un’auto in due modi diversi .
In entrambi i casi, all’inizio la batteria è completamente carica mentre alla
fine è completamente scarica; gli stati iniziale e finale del sistema sono gli
stessi.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO,
CALORE E LAVORO NON LO SONO
►
Il passaggio dallo stato iniziale a quello finale può però verificarsi
attraverso percorsi diversi. Nel percorso 1, la batteria viene messa in
cortocircuito con una chiave inglese che unisce i due poli. Si produce una
gran quantità di calore, ma il sistema non compie alcun lavoro (w = 0):
ΔE è completamente sotto forma di calore liberato.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO,
CALORE E LAVORO NON LO SONO
►
Nel percorso 2, la batteria viene utilizzata per azionare un motore
elettrico. In questo caso, gran parte dell’energia rappresentata da ΔE è
utilizzata per compiere un lavoro (azionamento del motore) e solo in
piccola parte viene liberata come calore (generato dall’attrito all’interno
del motore e dalle resistenze elettriche dei cavi).
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
LA VARIAZIONE DI ENERGIA È UNA FUNZIONE DI STATO,
CALORE E LAVORO NON LO SONO
►
Da queste osservazioni, si possono trarre due importanti conclusioni.
1. La prima è che né q né w sono funzioni di stato, poiché i loro valori
dipendono esclusivamente dal tipo di percorso seguito per passare dallo
stato iniziale a quello finale.
2. La seconda è che la loro somma, ΔE, è una funzione di stato.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE DI COMBUSTIONE
VIENE DETERMINATO CON LA
CALORIMETRIA A VOLUME
COSTANTE
►
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Il calore prodotto da una reazione di
combustione prende il nome di
calore di combustione. Poiché le
reazioni di combustione consumano
ossigeno e generano prodotti gassosi,
i calori di combustione devono essere
misurati all’interno di contenitori
chiusi. L’apparecchio normalmente
utilizzato per determinare il calore di
combustione è chiamato bomba
calorimetrica.
La «bomba» possiede pareti rigide
che impediscono una variazione di
volume della miscela di reazione.
14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE DI COMBUSTIONE VIENE DETERMINATO CON LA
CALORIMETRIA A VOLUME COSTANTE
►
La variazione di volume ΔV durante la reazione è pertanto pari a zero. Ciò
significa che, naturalmente, anche PΔV deve essere uguale a zero e
quindi non viene compiuto alcun lavoro di espansione.
Il calore di reazione misurato in una bomba calorimetrica è il calore di
reazione a volume costante, indicato con qV, e dato che w = 0, in
questo caso corrisponde a ΔE:
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE DI COMBUSTIONE VIENE DETERMINATO CON LA
CALORIMETRIA A VOLUME COSTANTE
►
I nutrizionisti determinano il contenuto calorico degli alimenti e dei loro
ingredienti bruciandoli in una bomba calorimetrica.
Le reazioni che conducono alla completa demolizione degli alimenti
all’interno dell’organismo sono complesse ma portano agli stessi prodotti
ottenuti dalla semplice reazione di combustione.
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA
VARIAZIONE DI ENTALPIA
►
La maggior parte delle reazioni più comuni non si svolge a volume
costante, ma in recipienti aperti come provette, becher e beute, nei quali
il sistema è mantenuto a pressione costante, la pressione esercitata
dall’atmosfera.
Avendo la possibilità di espandersi liberamente, le reazioni a pressione
costante possono scambiare energia sotto forma di calore e di lavoro di
espansione:
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA
VARIAZIONE DI ENTALPIA
►
Il valore PΔV nell’equazione ci indica che, se desideriamo calcolare la
variazione di energia interna della reazione, dobbiamo misurare anche la
variazione di volume. Per evitare questo problema, è stata definita una
forma di energia interna «modificata», detta entalpia, H, che include sia
l’energia interna sia il possibile lavoro dovuto alla variazione di volume. Si
tratta, in buona sostanza, di una specie di «contenuto termico»
complessivo, interno a un sistema. Sommando PΔV da entrambi i lati
dell’equazione precedente otteniamo:
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA
VARIAZIONE DI ENTALPIA
►
Se qP viene definito come variazione di entalpia, ΔH, allora :
Sostituendo qP =ΔH si ottiene ΔH= ΔE+ PΔV e l’entalpia risulta:
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H, come E, è una funzione di stato.
14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA
VARIAZIONE DI ENTALPIA
►
Anche l’entalpia, come l’energia interna, non può essere misurata in
modo assoluto, ma se ne possono misurare le variazioni. La variazione di
entalpia, ΔH, è definita dall’equazione:
Che per le reazioni chimiche diventa:
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14.1 IL CALORE DI REAZIONE VIENE MISURATO IN CONDIZIONI
DI VOLUME O PRESSIONE COSTANTE
IL CALORE SCAMBIATO A PRESSIONE COSTANTE INDIVIDUA LA
VARIAZIONE DI ENTALPIA
►
Il significato dei valori positivi e negativi di DH è lo stesso visto per i
valori di ΔE.
La differenza tra la variazione di entalpia e la variazione di energia
interna di una reazione è PΔV. Questa differenza può essere molto ampia
nel caso di reazioni che coinvolgono gas, in cui si hanno importanti
variazioni di volume. Se una reazione coinvolge soltanto sostanze solide e
liquide, i valori di ΔV sono trascurabili e quindi ΔE e Δ H sono
sostanzialmente identici.
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14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL
CALORE SCAMBIATO
Possiamo adesso comprendere come la variazione di entalpia ci renda
conto degli scambi di calore che avvengono durante una reazione
chimica. Nell’affrontare questi aspetti occorre impostare delle equazioni
chimiche particolari, dette equazioni termochimiche.
La quantità di calore liberata o assorbita durante una reazione dipende
dalle moli dei reagenti. È facile immaginare che bruciando due moli di
carbonio si ottenga una quantità di calore doppia rispetto a una mole.
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Il calore di reazione ha quindi significato solo se il sistema viene
descritto in modo completo, comprendendo le quantità e le
concentrazioni di reagenti e prodotti, la temperatura e la pressione; tutti
questi fattori, infatti, influenzano il calore di reazione.
14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL
CALORE SCAMBIATO
Per convenzione, è stato definito un insieme di stati standard che
rendono più semplici la descrizione e il confronto fra i valori del calore di
reazione.
La maggior parte delle equazioni termochimiche si riferisce a reagenti e
prodotti che si trovano alla pressione di 1 bar o, nel caso di sostanze in
soluzione acquosa, alla concentrazione 1 M. Spesso viene anche
specificata una temperatura di 25 °C (298 K), anche se questa non
rientra nella definizione degli stati standard in termochimica.
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Il calore standard di reazione è il valore di ΔH di una reazione
che si svolge in condizioni standard e in cui il numero effettivo di
moli delle sostanze coinvolte è specificato dai coefficienti di
reazione.
14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL
CALORE SCAMBIATO
Per indicare che la grandezza si riferisce alle condizioni standard
useremo l’esponente «°». Il simbolo del calore standard di reazione è
pertanto ΔH°; l’unità con cui questo viene rappresentato è generalmente
il kilojoule.
Per rendere un’idea del significato di ΔH°, consideriamo la reazione tra i
gas azoto e idrogeno che produce ammoniaca gassosa:
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Quando reagiscono specificamente 1,000 mol di N2 e 3,000 mol di H2 per
formare 2 mol di NH3 alla temperatura di 25 °C e alla pressione di 1 atm,
la reazione libera 92,38 kJ. Così, per la reazione data dall’equazione
precedente, ΔH°= -92,38 kJ. La variazione di entalpia viene
generalmente riportata accanto all’equazione:
14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL
CALORE SCAMBIATO
Un’equazione che comprende il valore di ΔH° è chiamata equazione
termochimica.
In essa compaiono, oltre ai reagenti e ai prodotti, lo stato fisico delle
sostanze e il valore di ΔH° riferito alle moli indicate dai coefficienti
stechiometrici nell’equazione bilanciata.
L’equazione riportata indica che si liberano 92,38 kJ solo quando si
formano due moli di NH3.
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Se si producessero 4,000 mol di NH3 (a partire da 2,000 mol di N2 e
6,000 mol di H2), verrebbe liberata una quantità doppia di calore (184,8
kJ).
14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL
CALORE SCAMBIATO
Indicare lo stato fisico è importante perché ΔH° varia in base a esso. La
combustione di una mole di metano, per esempio, presenta valori diversi
di ΔH° a seconda che l’acqua prodotta sia allo stato liquido oppure
gassoso:
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La differenza tra i valori di ΔH° delle due reazioni rappresenta la quantità
di energia che viene liberata quando due moli di acqua a 25 °C passano
dallo stato di vapore allo stato liquido.
14.2 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE INDICANO ANCHE IL
CALORE SCAMBIATO
Conoscendo l’equazione termochimica di una particolare reazione,
possiamo scrivere l’equazione per la reazione inversa,
indipendentemente dal fatto che questa possa avvenire
o meno. Per esempio, l’equazione termochimica per la combustione di
una mole di carbonio che dà diossido di carbonio è:
La reazione inversa, molto difficile da realizzare sperimentalmente, è la
decomposizione del diossido di carbonio in carbonio e ossigeno.
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Per quanto arduo sia lo svolgimento di questa reazione, possiamo intuire
che il suo ΔH° deve essere +393,5 kJ, lo stesso valore, cambiato di
segno, del ΔH° della reazione scritta in senso contrario.
Questa è una importante conseguenza della legge della conservazione
dell’energia.
14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE
COMBINATE
Se conosciamo i valori di ΔH° di varie reazioni, esse possono essere
combinate in modo da permetterci il calcolo della variazione di entalpia
di altre reazioni. Vediamo in che modo, prendendo come esempio la
combustione del carbonio. Possiamo considerare due percorsi che,
partendo da una mole di carbonio e una mole di ossigeno, portano
entrambi a una mole di diossido di carbonio.
1. Percorso a uno stadio
C e O2 reagiscono per dare direttamente CO2.
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14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE
COMBINATE
2. Percorso a due stadi
C e O2 reagiscono per dare CO; successivamente, CO reagisce con O2
per dare CO2.
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Nel percorso a due stadi si consumano complessivamente una mole di C
e una mole di O2, proprio come nel percorso a uno stadio.
In altri termini, gli stati iniziale e finale dei due percorsi sono identici.
14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE
COMBINATE
Se ΔH° è effettivamente una funzione di stato che dipende solo dagli
stati iniziale e finale ma non dal percorso seguito, i valori di ΔH° dei due
percorsi devono essere necessariamente uguali. Sommando le equazioni
del percorso a due stadi e confrontando il risultato con l’equazione del
percorso a singolo stadio possiamo avere una conferma:
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14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE
COMBINATE
L’equazione che risulta dalla somma degli stadi 1 e 2 mostra che
«CO(g)» compare da entrambi i lati e può essere quindi cancellato per
ottenere l’equazione netta. L’equazione termochimica netta del processo
a due stadi è quindi:
I due percorsi che portano a CO2 sono pertanto identici dai punti di vista
chimico e termochimico, a dimostrazione che ΔH° è una funzione di
stato.
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14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE
COMBINATE
Le relazioni energetiche che intercorrono tra percorsi alternativi della
stessa reazione complessiva sono chiaramente evidenziate nella
rappresentazione grafica nota come diagramma dell’entalpia. La
figura illustra il diagramma dell’entalpia relativo alla formazione di CO2 a
partire da C e O2. Vi sono mostrate le variazioni di entalpia dei
due percorsi: possiamo rilevare che i contributi entalpici delle due
reazioni del secondo percorso, sommandosi tra loro, danno il valore di
ΔH° complessivo del primo percorso, come dimostrato prima.
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14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE
COMBINATE
L’uso degli strumenti per riadattare le equazioni ci consente di calcolare
i valori di ΔH° con semplici operazioni algebriche.
Germain Henri Hess è stato il primo a razionalizzare questo aspetto
della chimica, attraverso la legge dell’additività dei calori o legge di
Hess.
Legge di Hess
Il ΔH° complessivo di una qualsiasi reazione che può svolgersi
attraverso più stadi è pari alla somma dei ΔH° dei singoli stadi.
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14.3 LE EQUAZIONI TERMOCHIMICHE POSSONO ESSERE
COMBINATE
La legge di Hess viene impiegata principalmente per calcolare la
variazione di entalpia di una reazione, quando il suo valore non è noto o
non può essere misurato sperimentalmente.
L’applicazione della legge richiede spesso il riadattamento di equazioni
termochimiche ed è pertanto utile ritornare brevemente sulle regole che
consentono queste operazioni.
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Regole per riadattare le equazioni termochimiche
1. Quando l’equazione viene invertita, cioè scritta in senso contrario,
deve essere cambiato il segno di ΔH°.
2. Formule e simboli uguali da entrambi i lati dell’equazione possono
essere cancellati solo se le sostanze a cui si riferiscono si trovano
nello stesso stato fisico.
3. Dividendo o moltiplicando tutti i coefficienti di un’equazione per un
certo fattore, anche ΔH° deve essere diviso o moltiplicato per lo
stesso fattore.
14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
Analizziamo brevemente i tipi di entalpia più comunemente utilizzati
nelle reazioni termochimiche.
Il calore standard di combustione, ΔH°c, di una sostanza è la
quantità di calore liberata quando una mole di combustibile viene
completamente bruciata in atmosfera di ossigeno puro, alla temperatura
di 25 °C e pressione di 1 bar. Le reazioni di combustione sono sempre
esotermiche, cioè il loro ΔH°c è sempre negativo.
L’entalpia standard di formazione, ΔH°f, di una sostanza, nota anche
come calore standard di formazione, è la quantità di calore assorbita
o liberata quando una mole della sostanza viene formata, a 25 °C e 1
bar, dai suoi elementi nei loro stati standard.
Un elemento è nel suo stato standard quando si trova nella sua
forma fisica più stabile (solido, liquido o gas), a 25 °C e 1 bar.
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
La tabella seguente riporta le entalpie standard di formazione di alcune
sostanze; osserviamo, in particolare che i valori di ΔH°f, di tutti gli
elementi nel loro stato standard sono uguali a zero.
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
È importante ricordarsi il significato dell’indice «f» nel simbolo ΔH°f :
esso indica che una mole della sostanza si forma dai suoi elementi
nei loro stati standard.
Si notino i valori di ΔH° nelle seguenti reazioni:
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
Solo la prima equazione rappresenta una reazione di formazione
standard, perciò si può utilizzare l’indice «f» accanto a ΔH°.
La seconda equazione porta, invece, alla formazione di due moli di
acqua invece di una;
nella terza, uno dei reagenti è un composto;
nella quarta, idrogeno e ossigeno esistono come atomi e non
rappresentano gli stati standard di questi elementi.
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Notiamo anche che, poiché il valore di ΔH°f si riferisce alla formazione di
una mole del composto (dai suoi elementi), le unità sono kilojoule per
mole. Per ricavare l’entalpia di formazione di due moli di acqua (ΔH°
della seconda equazione) si moltiplica semplicemente il valore di ΔH°f
relativo a una mole di H2O per 2 mol di H2O(l) (-285,9 x 2 = -571,8 kJ).
14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
Le entalpie standard di formazione sono utili perché consentono di
applicare la legge di Hess senza dover riadattare le equazioni
termochimiche.
Questo è possibile perché il ΔH° reazione complessivo è pari alla somma
dei calori di formazione dei prodotti meno la somma dei calori di
formazione dei reagenti, tenendo conto che ciascun valore di ΔH°f deve
essere moltiplicato per il corrispondente coefficiente che compare
nell’equazione.
In altri termini, possiamo esprimere la legge di Hess sotto forma di
un’equazione nota come equazione della legge di Hess:
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE
COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA
►
Studiando i passaggi di stato abbiamo notato che a essi è associato
uno scambio di calore con l’ambiente. Adesso possiamo comprendere che
questo calore non è nient’altro che entalpia e parleremo pertanto di
entalpia molare di fusione, entalpia molare di evaporazione, e così
via.
Anche i processi di dissoluzione comportano variazioni di entalpia.
Poiché nel caso dei liquidi e dei solidi le forze di attrazione intermolecolari
giocano un ruolo importante, la formazione di una soluzione è
inevitabilmente associata a uno scambio di energia.
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE
COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA
►
L’energia totale assorbita o liberata, a pressione costante, quando
un soluto si scioglie in un solvente per formare una soluzione è chiamata
entalpia molare di dissoluzione, o più semplicemente calore di
dissoluzione, ΔHsol. Il diagramma dell’entalpia, riportato nella figura, si
riferisce alla formazione di una soluzione di un solido in un liquido,
rappresentata secondo un modello a due stadi.
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE
COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA
►
Nel primo stadio, il soluto solido si separa nelle sue particelle costitutive
secondo un processo che, da un punto di vista energetico, corrisponde alla
sua vaporizzazione. La prima tappa è necessaria per separare
completamente le particelle dal reticolo cristallino come se passassero
direttamente allo stato gassoso. La quantità di energia assorbita è
chiamata energia reticolare. Per esempio, l’energia reticolare dello
ioduro di potassio, KI, è data dal valore di ΔH dell’equazione:
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE
COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA
►
Nel secondo stadio, le particelle di soluto allo stato gassoso entrano in
contatto col solvente e sono solvatate. Nel secondo stadio, le particelle di
soluto gassoso incontrano il solvente e sono solvatate.
L’energia potenziale del sistema diminuisce: il processo è esotermico. La
variazione di entalpia dovuta alla dissoluzione delle particelle gassose (a
partire da una mole di soluto) in un solvente è detta energia di
solvatazione (o di idratazione se il solvente è l’acqua). L’energia di
idratazione di KI, per esempio, è data dal valore di ΔH dell’equazione:
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14.4 UNA RASSEGNA DEI PRINCIPALI TIPI DI ENTALPIA LEGATI A
TRASFORMAZIONI CHIMICHE E FISICHE
ANCHE I PASSAGGI DI STATO E I PROCESSI DI DISSOLUZIONE
COMPORTANO VARIAZIONI DI ENTALPIA
►
Il risultato netto fra l’energia assorbita nel primo stadio e l’energia liberata
nel secondo, è :
l’entalpia di dissoluzione, ovvero la variazione di entalpia che
corrisponde alla dissoluzionedi una mole di sostanza cristallina in un
solvente.
L’entalpia di dissoluzione di KI ricavata dai dati appena riportati è:
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Se l’energia assorbita nel primo stadio è superiore all’energia liberata
nel secondo, il processo è endotermico, altrimenti la formazione della
soluzione è esotermica.
14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA
INTERVENTI ESTERNI
Gli scambi di calore che avvengono durante una reazione chimica, quindi
le variazioni di entalpia, rappresentano solo una parte della termodinamica
chimica. Un altro ambito di studio ugualmente importante è l’indagine che
riguarda la spontaneità di una reazione. In questa parte del capitolo
vedremo che «spontaneo» sarà riferibile a questioni probabilistiche
date dalla tendenza naturale di un sistema a procedere verso lo stato più
probabile. Occupiamoci adesso di uno degli obiettivi principali della
termodinamica: trovare le relazioni tra i fattori che controllano la
spontaneità dei fenomeni.
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Per trasformazione spontanea intendiamo un evento che si realizza
senza intervento esterno
14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA
INTERVENTI ESTERNI
Al contrario, la decomposizione dell’acqua in idrogeno e ossigeno
non è spontanea; nella vita di tutti i giorni verifichiamo continuamente
la perfetta stabilità di questa sostanza. La decomposizione avviene
solo quando l’acqua è attraversata da una corrente elettrica, secondo
un processo noto come elettrolisi:
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14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA
INTERVENTI ESTERNI
Una volta iniziato, un evento spontaneo tende a proseguire fino a
termine. Un evento non spontaneo, al contrario, può procedere solo fino a
quando perdura l’intervento esterno.
Questo significa che un processo non spontaneo, per potersi
verificare, deve essere affiancato da un altro processo spontaneo
che fornisce energia. La conseguenza è che tutti i fenomeni non
spontanei avvengono a spese di altri fenomeni spontanei. Tutto ciò che
accade può essere dunque ricollegato, direttamente o indirettamente, a
una trasformazione spontanea.
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14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA
INTERVENTI ESTERNI
Che cosa determina la direzione di una trasformazione spontanea?
Dato che i fenomeni più comuni avvengono con diminuzione dell’energia
interna, in modo da «conquistare» una stato di minore energia rispetto
alle condizioni iniziali, potremmo essere tentati di concludere che gli eventi
spontanei avvengono nella direzione in cui si ha una riduzione dell’energia.
Poiché una trasformazione che riduce l’energia potenziale di un sistema
può essere definita esotermica, sembra facile concludere che le
trasformazioni esotermiche hanno la tendenza ad avvenire
spontaneamente.
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14.5 UNA TRASFORMAZIONE SPONTANEA PROCEDE SENZA
INTERVENTI ESTERNI
Se così fosse non si dovrebbero mai osservare processi spontanei
endoergonici, come la fusione del ghiaccio, l’evaporazione dell’acqua di
un lago e il funzionamento dei cold pack, che invece avvengono anche se
endoergonici!
Come abbiamo studiato a proposito del processo di dissoluzione, in cui lo
stato miscelato è più probabile di quello non miscelato, anche per le
reazioni chimiche dobbiamo abituarci a ragionare utilizzando criteri
probabilistici.
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
Per comprendere meglio questi concetti probabilistici partiamo da un
esempio molto semplice come il flusso di calore tra un corpo caldo e un
corpo freddo.
Proviamo a costruire un semplice modello che spieghi in quale direzione
fluisce il calore. Immaginiamo di avere due corpi costituiti da molecole
che possiedono, per motivi di semplicità, solo uno stato fondamentale a
bassa energia e uno stato eccitato ad alta energia.
Le molecole a bassa energia sono rappresentate in blu mentre quelle
ad alta energia sono in rosso.
Ponendo tre molecole ad alta energia in contatto con tre molecole
a bassa energia, avremo inizialmente una situazione di questo tipo:
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
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Le tre molecole a sinistra
rappresentano il corpo «caldo» e
quelle a destra il corpo
«freddo». Una volta entrati in
contatto, si ha trasferimento di
energia fra le molecole dei due
corpi, anche se la loro energia
complessiva si mantiene la
stessa, prima e dopo il contatto.
Poiché le molecole possono
assumere soltanto stati ad alta
energia (rosso) o a bassa
energia (blu), il numero
complessivo di molecole rosse
deve essere lo stesso prima e
dopo il contatto. Le possibili
distribuzioni dell’energia fra le
sei molecole, dopo il contatto fra
i due corpi, sono le seguenti:
14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
Queste venti possibili distribuzioni dell’energia fra le particelle sono
ugualmente probabili.
La probabilità che si verifichi un certo tipo di trasferimento di energia può
essere calcolata come segue:
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
Per esempio, esistono 9 distribuzioni che corrispondono al trasferimento
di una sola unità di energia e 20 distribuzioni totali; la probabilità che
sia trasferita una sola unità di energia è pertanto 9/20 = 0,45 ovvero
45%.
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In questo modello, vi sono 19/20 o 95% di possibilità che avvenga un
trasferimento energetico. Ciò corrisponde alla nostra attesa: il calore
fluisce spontaneamente dall’oggetto caldo a quello più freddo.
14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
Anche se il nostro modello per il trasferimento di calore è molto
semplice, esso dimostra il ruolo giocato dalla probabilità nel determinare
la direzione di un processo spontaneo.
I processi spontanei tendono a progredire da stati a bassa probabilità
verso stati a probabilità maggiore.
Gli stati a maggior probabilità sono quelli che presentano maggiori
possibilità di distribuire l’energia fra le molecole; possiamo così
affermare che i processi spontanei tendono a disperdere
l’energia.
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON
CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA
►
Data l’importanza della probabilità statistica nel determinare i risultati di
eventi fisici e chimici, la termodinamica definisce una grandezza,
chiamata entropia (simbolo S), che descrive il numero di modi
equivalenti con cui l’energia può essere distribuita all’interno di un
sistema. Maggiore è il valore dell’entropia, maggiore è il numero di
versioni energeticamente equivalenti di un sistema e maggiore è la sua
probabilità (si dice in questo caso che il sistema è più disordinato).
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON
CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA
►
In chimica, abbiamo generalmente a che fare con sistemi che contengono
numeri enormi di particelle. Per fortuna, non è necessario contare il
numero di modi in cui le particelle di un sistema possono disporsi.
L’entropia di un sistema può infatti essere messa in relazione a misure
sperimentali di calore e temperatura.
L’entropia viene infatti definita matematicamente con la formula
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON
CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA
►
Al pari dell’entalpia, l’entropia è una funzione di stato che dipende
soltanto dallo stato del sistema.
Una variazione di entropia, ΔS, è perciò indipendente dal percorso
compiuto per passare dallo stato iniziale a quello finale. Come in altri
casi, ΔS è definita come «finale meno iniziale» o, in un sistema chimico,
«prodotti meno reagenti». Quindi:
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
L’ENTROPIA DESCRIVE IL NUMERO DI MODI EQUIVALENTI CON
CUI SI DISTRIBUISCE L’ENERGIA DI UN SISTEMA
►
Quando Sfinale è maggiore di Siniziale (o Sprodotti è maggiore di Sreagenti), il
valore di ΔS è positivo.
Un valore positivo di ΔS significa un aumento del numero di modi
energeticamente equivalenti di un sistema (e quindi un aumento del
disordine interno) che, come sappiamo, corrisponde a una trasformazione
spontanea.
Ciò conduce a un concetto generale sull’entropia:
ogni evento accompagnato da un aumento di entropia del sistema
tende a essere spontaneo.
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI
PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA
►
Spesso è possibile prevedere il segno, positivo o negativo, di DS per una
data trasformazione. Infatti, diversi fattori influenzano l’entropia in modo
prevedibile.
1. Il volume dei gas.
Quando un gas ha disponibile un maggior volume si espande e raggiunge
una distribuzione più probabile delle particelle.
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI
PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA
►
2.La temperatura del sistema.
L’entropia è anche influenzata dalla temperatura; quanto più alta è la
temperatura, tanto maggiore è l’entropia. Per esempio, le particelle di
una sostanza solida in vicinanza dello zero assoluto sono sostanzialmente
immobili. La loro energia cinetica è molto bassa e i modi con cui tale
energia può essere distribuita fra le particelle sono pochi: l’entropia del
solido è quindi bassa. Fornendo calore al solido, l’energia cinetica delle
particelle aumenta all’aumentare della temperatura e aumentano anche i
modi con cui l’energia può essere distribuita: l’entropia aumenta.
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI
PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA
►
3. Lo stato fisico.
Uno dei fattori principali che influenzano l’entropia di un sistema è il suo
stato fisico, come mostrato nella figura. Un gas ha entropia maggiore di
un liquido che, a sua volta, ha entropia maggiore di un solido.
In effetti, un gas ha un’entropia talmente elevata rispetto a quella di
liquidi e solidi che tutte le trasformazioni che producono gas da liquidi e
solidi sono quasi sempre accompagnate da un aumento di entropia.
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14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI
PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA
►
Per questo, quando una reazione chimica produce o consuma gas, il
segno della variazione di entropia è facile da prevedere.
Per esempio, la decomposizione termica del bicarbonato di sodio produce
due gas, CO2 e H2O:
Poiché la quantità di prodotti gassosi è maggiore di quella dei reagenti
gassosi, possiamo prevedere che la variazione di entropia della
reazione sia positiva.
Al contrario, la reazione:
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(che può essere utilizzata per allontanare il diossido di zolfo da una
miscela di gas) mostra una variazione di entropia negativa.
14.6 I PROCESSI SPONTANEI TENDONO A PROGREDIRE DA STATI
A BASSA PROBABILITÀ VERSO STATI AD ALTA PROBABILITÀ
VOLUME NEI GAS, TEMPERATURA, STATO FISICO E NUMERO DI
PARTICELLE INFLUENZANO LA VARIAZIONE DI ENTROPIA
►
4. Il numero di molecole complessivo.
Nelle reazioni chimiche, un altro importante fattore che influenza il segno
di ΔS è l’aumento del numero complessivo di molecole a mano a mano
che la reazione procede. Quando, nel corso di una reazione, si producono
più molecole, aumenta il numero di modi con cui l’energia si distribuisce
fra le molecole stesse. A parità di altri fattori, le reazioni che implicano un
aumento del numero di particelle nel sistema tendono ad avere una
variazione di entropia positiva.
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14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA
COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO
Se la reazione è esotermica (ΔH<0) e si registra un aumento del
disordine, le due grandezze «collaborano» tra loro e la reazione è
sicuramente spontanea. Se la reazione invece è endotermica (ΔH>0) e
si registra una diminuzione di disordine (ΔS<0), anche in questo caso
non ci sono dubbi: la reazione non è spontanea perché è sfavorita
sia dal punto di vista energetico sia da quello entropico.
Ma che cosa accade quando abbiamo una reazione endotermica in cui si
registra però un aumento di entropia? In questo caso l’entalpia e
l’entropia si oppongono fra loro, e non è facile determinarne
l’importanza relativa ai fini della spontaneità di una reazione. Inoltre, la
temperatura diventa un terzo fattore che può influenzare la direzione in
cui una trasformazione risulta spontanea.
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14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA
COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO
Se, per esempio, si aumenta la temperatura di una miscela di ghiaccio e
acqua fino a 25 °C, tutto il solido fonde. A 25 °C, la trasformazione
solido " liquido è spontanea. D’altra parte, se la stessa miscela viene
raffreddata a -25 °C, l’acqua congela, perché a -25 °C è spontanea la
trasformazione opposta.
Esistono quindi tre fattori che possono influenzare la spontaneità di
una trasformazione:
1. la variazione di entalpia,
2. la variazione di entropia
3. la temperatura.
I rapporti che intercorrono fra questi fattori sono evidenziati nel secondo
principio della termodinamica, uno dei più importanti in campo
scientifico.
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Il secondo principio della termodinamica afferma che, quando
nell’universo si realizza un evento spontaneo, si verifica sempre un
aumento dell’entropia complessiva (ΔStotale > 0).
14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA
COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO
L’aumento di entropia è qui riferito all’entropia totale dell’universo
(sistema più ambiente) e non all’entropia del solo sistema.
Ciò significa che l’entropia di un sistema può anche diminuire, purché vi
sia un aumento dell’entropia dell’ambiente tale da determinare una
variazione di entropia complessiva positiva. Poiché tutto ciò che accade
si realizza per una serie di trasformazioni spontanee, l’entropia
dell’universo è in costante aumento.
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14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA
COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO
Esiste una grandezza termodinamica, l’energia libera di Gibbs, G, che
traduce in termini matematici la seconda legge della termodinamica ed
è così definita:
Per le trasformazioni che avvengono a T e P costanti, l’equazione
diviene:
Poiché G è definita interamente in termini di funzioni di stato, è essa
stessa una funzione di stato. Ciò significa che:
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14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA
COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO
Una trasformazione è spontanea se Gfinale è minore di Giniziale e, quindi,
ΔG è negativo.
Sulla base di quanto detto, possiamo giungere a un’importante
conclusione sulla variazione dell’energia libera:
a temperatura e pressione costanti, una trasformazione è
spontanea solo se è accompagnata da una diminuzione
dell’energia libera del sistema.
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Il termine energia libera è correlato, come vedremo, all’energia
massima «disponibile» o «libera» per compiere un lavoro durante una
trasformazione.
14.7 TUTTI I PROCESSI SPONTANEI AUMENTANO L’ENTROPIA
COMPLESSIVA DELL’UNIVERSO
Riassumiamo adesso come ΔH, ΔS e T sono collegati fra loro nel
determinare la spontaneità di una trasformazione:
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14.8 IL TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA RENDE
POSSIBILE LA MISURAZIONE SPERIMENTALE DELLE ENTROPIE
ASSOLUTE
In precedenza abbiamo descritto come l’entropia di una sostanza dipenda
dalla temperatura, osservando che, allo zero assoluto, il grado di ordine
all’interno di un cristallo è massimo e l’entropia è minima.
Il terzo principio della termodinamica va oltre questo concetto,
affermando che allo zero assoluto, l’entropia di una sostanza
cristallina pura perfettamente ordinata è nulla:
S=0 a T=0K
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Poiché conosciamo il punto a cui l’entropia ha valore zero, possiamo
determinare con misure sperimentali e calcoli la reale quantità di entropia
che una sostanza possiede a una temperatura superiore a 0 K.
14.8 IL TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA RENDE
POSSIBILE LA MISURAZIONE SPERIMENTALE DELLE ENTROPIE
ASSOLUTE
L’entropia di 1 mol di sostanza alla temperatura di 298 K (t = 25 °C) e
alla pressione di 1 atm viene detta entropia standard, S°, e ha le
dimensioni di energia/temperatura.
Una volta note le entropie di diverse sostanze, possiamo calcolare la
variazione di entropia standard, ΔS°, per le reazioni chimiche in modo
analogo a quanto fatto per ΔH°:
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14.8 IL TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA RENDE
POSSIBILE LA MISURAZIONE SPERIMENTALE DELLE ENTROPIE
ASSOLUTE
Se la reazione su cui stiamo lavorando si riferisce alla formazione di 1
mol di un composto dai suoi elementi, può essere indicata come entropia
standard di formazione, ΔSf°. I valori di ΔSf° però non sono tabulati; se
necessario, possono essere calcolati dai valori di S°.
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14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
Quando DG viene determinata a 25 °C (298 K) e 1 atm, è definita
variazione di energia libera standard, ΔG°. Esistono vari modi per ricavare
il valore di ΔG° di una reazione.
Uno di questi consiste nel calcolare ΔG° da ΔH° e ΔS°:
Abbiamo visto quanto sia utile usare i valori tabulati dei calori standard
di formazione per calcolare ΔH° di molte reazioni con la legge di Hess. Le
energie libere standard di formazione, ΔG°f, possono essere utilizzate in
modo analogo per calcolare i valori di ΔG°:
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14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
Ecco una tabella riportante i valori di ΔG°f:
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14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
►
ΔG È IL LAVORO MASSIMO UTILIZZABILE IN UN PROCESSO
Uno degli impieghi principali delle reazioni chimiche spontanee è la
produzione di lavoro utile.
I combustibili vengono bruciati nei motori a benzina o diesel per azionare
gliautoveicoli o altri macchinari. Le reazioni chimiche nelle batterie
servono per avviare il motore delle automobili e per far funzionare tutte
le apparecchiature elettroniche, compresi i telefoni cellulari e i computer
portatili.
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L’energia liberata da una reazione chimica, però, non viene sempre
utilizzata per compiere un lavoro. Se, per esempio, la benzina brucia in
un contenitore aperto, l’energia prodotta si perde completamente sotto
forma di calore. Uno degli obiettivi principali degli ingegneri è proprio
quello di rendere massima l’efficienza con cui l’energia chimica è
convertita in lavoro e di minimizzare le perdite sotto forma di calore.
14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
►
ΔG È IL LAVORO MASSIMO UTILIZZABILE IN UN PROCESSO
La conversione di energia chimica in lavoro è massima se la reazione si
svolge in condizioni che vengono definite termodinamicamente
reversibili.
Un processo è termodinamicamente reversibile se la forza che determina
la trasformazione è contrastata da una forza contraria appena un po’ più
debole, in modo che un piccolo aumento dell’intensità di quest’ultima
possa invertire la direzione del processo.
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14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
►
ΔG È IL LAVORO MASSIMO UTILIZZABILE IN UN PROCESSO
Esiste un limite alla quantità di energia, resa disponibile in una reazione,
che può essere trasformata in lavoro utile? La risposta è data dall’energia
libera di Gibbs:
la quantità massima di energia prodotta da una reazione, che può
essere teoricamente trasformata in lavoro, è pari a ΔG.
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Questa è l’energia che non deve essere necessariamente liberata
nell’ambiente sotto forma di calore ed è quindi libera di essere utilizzata
per compiere lavoro. Così, determinando il valore di ΔG, possiamo
prevedere se una reazione è o meno una fonte di energia utile. Inoltre,
confrontando la quantità reale di lavoro ottenuto da un dato sistema con i
valori di ΔG delle reazioni interessate, possiamo misurare l’efficienza
del sistema.
14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
IL VALORE DI ΔG IN UN SISTEMA ALL’EQUILIBRIO È UGUALE A
ZERO
►
Abbiamo visto che, quando il ΔG di una data trasformazione è negativo,
essa avviene spontaneamente; al contrario, una trasformazione non
spontanea ha ΔG positivo.
Quando invece il sistema si trova in uno stato di equilibrio ΔG è uguale
a zero.
Quando un sistema è in uno stato di equilibrio dinamico,
Gprodotti = Greagenti e ΔG = 0.
Consideriamo ancora una volta la solidificazione dell’acqua:
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14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
IL VALORE DI ΔG IN UN SISTEMA ALL’EQUILIBRIO È UGUALE A
ZERO
►
A t < 0 °C, il ΔG della trasformazione è negativo e la formazione di
ghiaccio è spontanea. D’altra parte, a t > 0 °C, ΔG è positivo e la
solidificazione non è spontanea.
Quando però la temperatura è esattamente 0 °C, ΔG è uguale a zero e la
miscela di acqua e ghiaccio si trova all’equilibrio. Fino a quando non viene
aggiunto né sottratto calore, la solidificazione e la fusione non sono
spontanee, per cui il ghiaccio e l’acqua liquida possono coesistere per un
tempo indefinito.
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14.9 LA VARIAZIONE DI ENERGIA LIBERA STANDARD, ΔG°, È IL
ΔG MISURATO IN CONDIZIONI STANDARD
IL VALORE DI ΔG IN UN SISTEMA ALL’EQUILIBRIO È UGUALE A
ZERO
►
Questi concetti risultano più comprensibili quando studiamo i diagrammi
dell’energia libera che illustrano le variazioni di energia libera nel
passaggio dai reagenti ai prodotti. La figura mostra tre diversi diagrammi
dell’energia libera per la miscela acqua-ghiaccio. Procedendo da sinistra a
destra in ciascun grafico, possiamo osservare come varia l’energia libera
quando il sistema costituito interamente da H2O(l) si trasforma
in un sistema contenente solo H2O(s).
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