Menopausa, HRT
Mastopatia fibrocistica, mastiti e altre
patologie mammarie non neoplastiche
Prof. G. Ambrosini
Università degli Studi di Padova
CLIMATERIO e MENOPAUSA
premenopausa
postmenopausa
senilità
perimenopausa
1 anno dopo
40 anni
la menopausa
comparsa sintomi
del climaterio
menopausa
ultima emorragia
spontanea
CLIMATERIO
65 anni
CLIMATERIO
Il climaterio è la sequenza di eventi che porta dalla condizione di
fertilità alla senescenza.
 Premenopausa : modificazioni del ciclo mestruale e dell’assetto
endocrino
 Menopausa : cessazione dei cicli mestruali da almeno 12 mesi
consecutivi,indipendentemente da altre cause
 Perimenopausa : periodo intorno alla menopausa, da 2 a 10
anni prima fino a 12 mesi la cessazione del ciclo
 Postmenopausa : periodo che inizia dalla fine delle
mestruazioni
MENOPAUSA
La menopausa si manifesta all’età di 50-51 anni, ma si
considera normale che avvenga tra i 45 anni e i 55 anni.
Se la menopausa inizia:
prima dei 45 anni si parla di menopausa precoce
se inizia oltre i 55 anni si parla di menopausa tardiva
EZIOPATOGENESI
 CAUSE PERIFERICHE
riduzione
dei follicoli
 CAUSE CENTRALI
della pulsatilità del GnRH
LH/FSH
modificazioni
con alterazioni del rapporto
MODIFICAZIONI DELL’ASSETTO
ORMONALE
La caratteristica neuroendocrina del climaterio è rappresentata
dall’ innalzamento dei valori sierici di FSH e LH.
1) PROFILO ORMONALE DELLA PRE- MENOPAUSA:
 Aumento livelli di FSH → a causa della diminuzione della
produzione di inibina da parte delle cellule della granulosa. Questo
processo cala con il numero di follicoli attivati in ogni ciclo e quindi
con l’età
 Saltuari aumenti di LH → è sottoposto prevalentemente al controllo
del GnRH ipotalamico
 Riduzione degli estrogeni
 Deficit funzionali del corpo luteo → la secrezione di progesterone
diventa dapprima ridotta e poi assente
 Frequenti cicli anovulatori
MODIFICAZIONI DELL’ASSETTO
ORMONALE
2) PROFILO ORMONALE DELLA POST-MENOPAUSA:
 Elevazione di LH
 Bassi livelli di estrogeni → il principale estrogeno circolante
diventa l’estrone che deriva dalla conversione nel tessuto adiposo
degli androgeni in estrogeni
 Cessazione della produzione di estradiolo ovarico
Esaurimento ovarico
↓ produzione di inibina ed E2
↑ FSH
Disfunzione
diencefalo-ipofisaria
↓ attività dopaminergica
↑ LH
↓ tono serotoninergico
↓ oppioidi endogeni
ESTROGENI IN MENOPAUSA
• 17-ß estradiolo:
- produzione prevalente extraovarica
- ↓ i livelli circolanti
- ↓ clearance per legame SHBG
• Estrone:
- è più abbondante
- deriva dalla conversione di testosterone e
androstenedione nel tessuto adiposo
↓ dell’attività biologica sui tessuti bersaglio
ITER ENDOCRINO
 Cicli regolari e ovulatori ma corti
per raccorciamento fase follicolare
 Fertilità ridotta per scadente qualità
ovocitaria
 ↑ isolato FSH per carente feed-back
da parte dell’inibina
FASE FOLLICOLARE
CORTA
 ↑ reclutamento follicolare con ↑ atresia
e deplezione follicolare
 Cicli lunghi ma con fase luteale corta
 ↑ ulteriore dell’FSH
 Iperestrogenismo assoluto e relativo
FASE CORPO LUTEO
INADEGUATO
PERIMENOPAUSA:ANDROGENI
↓ DHEA e DHEAS correlata con l’età (2 % anno) per :
↓ num cell zona reticolare
↓ attività desmolasica
↓ del 40% livelli SHBG 4 anni prima della menopausa fino a 2 anni
dopo, associazione con riduzione estrogeni dopo questo periodo
Testosterone:
↓ 20% immediato post menopausa poi lieve aumento fino a 80 aa
ENDOCRINOLOGIA DELLA MENOPAUSA
 FSH, LH
 ESTROGENI,
PROGESTERONE
ATROFIA
ENDOMETRIO
SINTOMI
Modificazioni del ciclo mestruale:
1.
2.
3.
4.
Riduzione o aumento della quantità di flusso (< 20 ml o > 40 ml)
Alterazioni della durata (flusso < 2 gg o > 5-6 gg)
Alterazioni del ritmo
Periodi di amenorrea
Circa il 90% delle donne prima della menopausa sperimenta irregolarità
mestruali che possono durare da 4 a 8 anni
SINTOMI
Alterazione cicli mestruali:
sanguinamenti uterini anomali
diagnosi differenziale
Alterato sviluppo
follicolare
↑ Livelli LH
Mancata
ovulazione
ma transitorio
↑ E2
Emorragie disfunzionali in peri-menopausa
Perimenopausa
Anovulazione
Fibromi
Adenomiosi
Patologia
endometriale
Distiroidismo
Proliferazione
endometriale
intermittente
SINTOMI
 Vasomotori: vampate di calore, sudorazioni, palpitazioni
 Psichici: ansia, depressione, insonnia, irritabilità,
diminuzione della concentrazione, riduzione della libido,
senso di affatticamento
 Fenomeni legati alla carenza di estrogeni:
- locali
- sistemici
SINTOMI
Vampata di calore (“hot flush”) →
“…sensazione intensa di calore
che insorge improvvisamente a livello del torace e si diffonde verso il collo ed il
viso, talvolta a tutto il corpo…”. Tale sensazione, che dura 1-2 minuti, è seguita
da un’intensa sudorazione, palpitazioni e tachicardia.
IPOESTROGENISMO
NORADRENALINA
DOPAMINA
βENDORFINA
SEROTONINA
IPOTALAMO ANTERIORE
Abbassamento del set-point del termostato centrale,
con reazione vasomotoria (vasodilatazione e sudorazione)
atta ad abbassare la T corporea
SINTOMI
Modificazioni del tono dell’umore possono essere già
presenti, con accentuazione talvolta della sindrome
premestruale, nel 10% delle donne in perimenopausa.
Ansia, umore depresso, mancanza di concentrazione ed
irritabilità possono insorgere sia per cambiamenti fisici,
sia per cambiamenti della propria vita (problemi nel
rapporto col coniuge,figli che lasciano la casa), ma
possono essere conseguenti alla deprivazione di sonno
dovuta alle vampate e alla sudorazione notturna.
SINTOMI
Effetti locali della carenza di estrogeni
- Disturbi del trofismo genitale (irritazione vaginale,
secchezza e dispareunia, prurito ed irritazione vulvare)
- Atrofia mucosa vescico-uretrale (disuria, pollachiuria,
incontinenza urinaria, infezioni urinarie recidivanti)
- Atrofia e assottigliamento fascia pelvica (prolasso,
incontinenza urinaria)
SINTOMI
Effetti sistemici della carenza di estrogeni
- Aumentato rischio di malattie cardiovascolari (il rischio
di malattia coronarica è più basso per le donne in
epoca fertile rispetto agli uomini, pareggia a 65 anni)
- Osteoporosi (riduzione della massa ossea)
- Invecchiamento cutaneo
- Aumentato rischio di patologie degenerative tipo
Alzheimer
SINTOMI DISMETABOLICI
patologie cardiovascolari
In menopausa aumenta l’incidenza di patologie cardiovascolari
rispetto alla vita fertile per:
Alterazioni dell’assetto lipidico:
 ↑ colesterolo totale
 ↑ colesetrolo LDL
 ↓ colesterolo HDL
Alterazioni del metabolismo glucidico:
 ↓ secrezione pancreatica di insulina
 ↑ resistenza periferica all’insulina
SINTOMI DISMETABOLICI
patologie cardiovascolari
Ipertensione arteriosa:
1.
2.
↓ effetto diretto (di tipo vasodilatatorio) e vasoprotettivo degli
estrogeni
↓ effetto del progesterone (inibisce la proliferazione delle
cellule muscolari lisce e il rimodellamento vasale)
È difficile separare l’effetto della menopausa da quello prodotto
dall’invecchiamento sulla pressione arteriosa.
INVECCHIAMENTO
MENOPAUSA
IPERTENSIONE
Modificato assetto
lipidico plasmatico
(inversione del rapporto
HDL/LDL)
Effetti emodinamici
negativi correlati
all’ipoestrogenismo
AUMENTO
RISCHIO
CARDIOVASCOLARE
Stile di vita (stress,
fumo, cattiva
alimentazione,
scarsa attività
fisica)
Patologie concomitanti
(diabete, ipertensione,
ipertrigliceridemia)
SINTOMI DISMETABOLICI
patologie muscolo-scheletriche
Osteoporosi: patologia sistemica multifattoriale caratterizzata da
riduzione di massa ossea per unità di volume e alterazioni della
microstruttura ossea, con conseguente aumento del rischio di frattura.
Menopausa
ipoestrogenismo
aumento del turnover osseo
Nell’osteoporosi post-menopausale le
fratture più frequenti sono localizzate alle
vertebre (32%), all’estremo distale
dell’avambraccio e al femore (16%).
In una donna il rischio di sviluppare una
frattura durante la vita è del 40-50%
SINTOMI UROGENITALI
Atrofia vulvo-vaginale
Atrofia basse vie urinarie
- Secchezza (27-40%)
- Dispareunia (9-25%)
- Vaginiti ricorrenti
(9-23%)
- Bruciore (9-23%)
- Prurito vulvare (2-10%)
- Urgenza (43-63%)
- Frequenza (28-33%)
- Nicturia (22-31%)
- Infezioni ricorrenti
(8-13%)
Carenza di estrogeni
Diminuzione del collagene
Assottigliamento epiteliale
Modificazione della flora
Riduzione della lubrificazione
Atrofia del
tratto urinario
Atrofia vaginale
Suscettibilità
alle infezioni
Urgenza
Frequenza
Disuria
Cistiti recidivanti
Vaginiti ricorrenti
Secchezza vaginale
Dispareunia
SINTOMI UROGENITALI
Prolasso
Discesa delle pareti vaginali associata a discesa
dell’utero per cedimento dei tessuti di sostegno del
perineo
Sintomi del prolasso
 Dolore variabile di solito localizzato in sede lombo-sacrale
accompagnato da senso di peso
 Fuoriuscita dei genitali dalla rima vulvare in ortostatismo
 Sintomi urinari (pollachiuria,incontinenza) e rettali
Dal momento che esiste una solidarietà tra gli organi della pelvi, il
prolasso utero-vaginale si associa spesso a discesa di vescica/retto
cistocele
enterocele
Gradi del prolasso utero-vaginale
1. Cervice
endovaginale
2. Cervice a livello
imene
3. Cervice esterna
DIAGNOSI
CLINICA
La storia clinica, le caratteristiche dei cicli mestruali,
insieme alla sintomatologia, sono sufficienti a
confermare la menopausa.
PERCORSO DIAGNOSTICO
 Anamnesi familiare: per patologia cardiovascolare ed
ostoeporotica, familiarità per menopausa precoce,
patologia oncologica e neurologica
 Anamnesi personale: per patologie cardiovascolari e
dismetabolismi, patologie endocrine e autoimmuni,
presenza di situazioni di stress ed affatticamento,
alterazioni del ritmo sonno-veglia e del tono dell’umore,
facilità alle cadute e storia di osteoporosi
 Anamnesi fisiologica: consumo di alcool, fumo, caffè,
dieta, stile di vita, esercizio fisico, percezione del proprio
stato di salute, assunzione di farmaci
PERCORSO DIAGNOSTICO
 Anamnesi ostetrico-ginecologica: notizie sul ciclo
mestruale (rqd), sanguinamenti uterini anomali,
patologie organiche, precedenti interventi chirurgiciginecologici, uso corrente o pregresso di
contraccettivi, storia ostetrica
 Esami di laboratorio
 Esami strumentali
DIAGNOSI
Valutazione dello stato di salute atto a:
1.
2.
3.
4.
Inquadrare la donna rispetto alla definizione di
climaterio e menopausa
Identificare i fattori di rischio correlati alla menopausa
Fare diagnosi precoce di malattia
Individuare le terapia necessarie e stabilire un piano
di prevenzione
DIAGNOSI
1.
Valutazione della presenza di sintomi riferibili a patologia
climaterica :
vampate, sudorazioni, palpitazioni, insonnia, diminuzione della
concentrazione, irritabilità, astenia, secchezza vaginale, disturbi
urinari, dolore rachideo (cervicale, dorsale o lombare)
2. Identificare i fattori di rischio:
- cardiovascolari
- per osteoporosi
- per patologia tumorale
- per incontinenza urinaria
Valutazione specifica
DIAGNOSI: esami di laboratorio
Valutazione dello stato ormonale
FSH: valore estremamente fluttuante in peri-menopausa,
risulta aumentato di circa 10-20 volte subito dopo la
menopausa; la sua misurazione può essere utile per
valutare la capacità riproduttiva residua dell’ovaio
Estradiolo: livelli irregolari e lievemente aumentati in perimenopausa, notevolmente ridotto in menopausa
(E2= 10-20 pg/ml, la maggior parte dei quali deriva
dalla conversione periferica dell’estrone)
DIAGNOSI: esami di laboratorio
LH e Progesterone: in peri-menopausa e menopausa
hanno limitato valore diagnostico se usati come singoli
test. LH aumenta più tardivamente rispetto all’FSH, e di
circa 3 volte la norma
Androstenedione e testosterone: l’androstenedione è il
principale ormone secreto dall’ovaio nella post
menopausa, e diventa comunque la metà rispetto ai
valori della premenopausa. La produzione di
testosterone si riduce del 15-25%, non per riduzione
della produzione ovarica, ma per diminuita conversione
periferica dell’androstenedione; tuttavia i livelli di T
libero aumentano per riduzione della SHBG.
Esami di laboratorio: stato ormonale
LH
(mUI/ml)
Fase follicolare
Metà ciclo
Fase luteale
Menopausa
1.5-7.5
2.7-50.6
0.5-9.3
10.8-61.4
FSH
(mUI/ml)
Fase follicolare
Metà ciclo
Fase luteale
Menopausa
2.0-8.2
2.3-14
0.9-6.3
30-150
17 beta
estradiolo
(pg/ml)
Fase follicolare
Fase luteale
Menopausa
25-155
31-200
<20
Estrone
(pg/ml)
Fase follicolare
Fase luteale
Menopausa
30-150
40-200
10-60
Età fertile
Menopausa
2.5-25
1.8-17.9
Prolattina
(ng/ml)
DIAGNOSTICA MIRATA
Valutazione del rischio cardiovascolare:
- colesterolo totale, LDL, HDL, trigliceridi, glicemia,
indici di funzionalità epatica e renale, fattori della
coagulazione (PT, PTT, AT III, fibrinogeno...)
- Valutazione BMI, pressione arteriosa, ECG
Approfondimenti specifici in relazione al tipo di
rischio, a discrezione del medico curante
DIAGNOSTICA MIRATA
Valutazione del rischio osteoporotico: la valutazione
dell’osteoporosi
post-menopausale
si
avvale
della
misurazione della densità minerale ossea (BMD)
 Profilo osteo-metabolico: calcemia, fosforemia ,TSH,
calciuria/24 h, fosfatasi alcalina, paratormone, 25-OHvitamina D…
 Analisi strumentali:
densitometria ossea a raggi X
densitometria mediante tomografia computerizzata
densitometria ad ultrasuoni
DIAGNOSTICA MIRATA
La diagnosi densitometrica di osteoporosi si basa sulla
valutazione con tecnica a raggi X a doppia energia
(DEXA), eseguita sul rachide lombare e sull’estremità
superiore del femore, e raffrontata a quella media di
soggetti adulti sani dello stesso sesso.
Osso normale: T score < -1 DS
Osteopenia: T score da –1 a –2.5
DS
Osteoporosi: T score < -2.5 DS
Osteoporosi grave: T score < 2.5
DS con frattura osteoporotica
Densitometria: quando e a chi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Menopausa precoce (< 45 aa)
In previsione di prolungati (> 3 mesi) trattamenti corticosteroidi
(> 5 mg/die di prednisone o equivalenti)
Donne in post menopausa con anamnesi familiare positiva per
fratture non dovute a traumi efficienti verificatesi prima dei 75
aa
Donne in post menopausa con ridotto peso corporeo
(< 57 kg) o BMI < 19
Pregresso riscontro di osteoporosi (documentata)
Condizioni associate ad osteoporosi
Donne di età > 65 aa e in menopausa da almeno 10 aa
Condizioni di erogabilità in convenzione (D.R. n°2227 9/08/2000)
DIAGNOSTICA MIRATA
Screening oncologici
 Carcinoma della mammella: mammografia ogni 2
anni a partire dall’età di 50 anni
 Carcinoma della cervice uterina: PAP test ogni 3 anni
(??)
 Neoplasie del colon-retto: raccomandare la ricerca
del sangue occulto fecale di norma ogni 2 anni
ESAMI STRUMENTALI SPECIFICI
 Ecografia TV: per la valutazione di masse
annessiali, del miometrio e dello spessore della rima
endometriale (controllo in corso di HRT)

•
•
•
HSC:
sanguinamento post-menopausale di ndd
aumento dello spessore endometrio
pz in terapia con Tamoxifene e sanguinamento postmenopausale con ↑ spessore endometrio (> 9 mm)
DIAGNOSTICA MIRATA: valutazione
incontinenza urinaria
- Anamnesi
- Valutazione clinica (e.o.,esame ginecologico e
rettale,verifica del tono muscolare pelvico, prova da
sforzo, verifica del ristagno vescicale post
minzionale)
- Esami strumentali: le tecniche di imaging non
rivestono un ruolo nella diagnosi di I.U., ma integrano
l’obiettività clinica, permettendo una miglior scelta
terapeutica
DIAGNOSTICA MIRATA: valutazione
urodinamica
L’indagine deve essere eseguita su prescrizione del
ginecologo
In donne con difficoltoso
svuotamento vescicale o
presunta neuropatia
In pz con precedente terapia
chirurgica per incontinenza o con
fallimento di terapie non
invasive
In previsione di terapia
invasiva o chirurgica
ESAME URODINAMICO




Flussometria: fornisce una valutazione del flusso urinario (ml di
urina/sec.che viene espulsa dall’uretra)
Cistomanometria: è la registrazione grafica della Pr all’interno della
vescica. Permette di evidenziare contrazioni abnormi del muscolo
detrusore
Sfinterometria: è la misurazione delle pressioni dell'uretra a riposo e
durante gli sforzi. Analizza la pressione di chiusura dell'uretra
durante i tentativi di contrazione sfinteriale volontaria e mette in
evidenza una eventuale instabilità uretrale.
Sfinterometria istantanea minzionale: è lo studio delle pressioni
vescicale, uretrale, intraddominale e sfinteriale nel momento in cui
la vescica è piena e nel momento della minzione volontaria.
ESAME URODINAMICO
 Ecografia → oltre a valutare la morfologia della vescica, fornisce
informazioni utili ad una valutazione dinamica, ossia con gli organi
pelvici in movimento (riposo, contrazione, spinta). E’ quindi utile per
studiare l’angolo tra uretra e vescica, e la presenza di enterocele,
cistocele…
 Cistouretrografia minzionale → esame radiologico delle vie urinarie
inferiori ottenuto dopo l’introduzione nella vescica tramite catetere di un
mezzo di contrasto. L’indagine evidenzia eventuali spostamenti di parte
della vescica, possibili rigurgiti di urina dalla vescica negli ureteri, la
morfologia vescicale
 Uretrocistoscopia → non è indicata nella valutazione della pz con
incontinenza urinaria primaria, mentre riveste un ruolo nei casi di
incontinenza da urgenza, recidiva da incontinenza e sospetto di fistole
 RMN → non è un esame routinario. Consente di avere immagini
accurate della fascia endopelvica e del prolasso dei visceri pelvici
TERAPIA DEL CLIMATERIO
La menopausa non va considerata una malattia, con conseguente
e inevitabile trattamento farmacologico, ma una tappa della vita
della donna, momento fondamentale di prevenzione.
La prima e più importante “terapia” in menopausa è verificare con
la donna il suo vissuto nei confronti della menopausa ed eventuali
aspettative, e consigliare un corretto stile di vita:
 riduzione dello stress
 modificazione stile alimentare (dose raccomandata calcio tra
1000-1500 mg/die, non consigliati dosaggi > 2500 mg/die)
 cessazione fumo
 adeguato esercizio fisico
TERAPIA DEL CLIMATERIO
La terapia ormonale sostitutiva ( TOS o HRT = hormone
replacement terapy) rappresenta la terapia di scelta delle
donne in perimenopausa in caso di sintomatologia.
Le donne asintomatiche con cicli regolari e/o ipomenorrea
non necessitano di terapia
I principali ormoni utilizzati nella terapia sostitutiva sono:
ESTROGENI
PROGESTINICI
ESTROGENI NELLA HRT
VIE DI SOMMINISTRAZIONE :
 orale
 transdermica
 intramuscolare
 vaginale
 nasale
VIE DI SOMMINISTRAZIONE
 Orale: è la via di somministrazione più comune, più pratica e più
accettata, ma il 60-90% dell’estrogeno somministrato per via orale
viene metabolizzato a livello epatico, determinando un rapporto
estrone/estradiolo poco favorevole ed un sovraccarico epatico
 Transdermica o percutanea: permette di evitare l’inattivazione
epatica e di conseguenza il sovraccarico epatico, tuttavia
l’assorbimento è minore rispetto alla via orale
 Vaginale: permette di evitate l’inattivazione epatica e di
conseguenza il sovraccarico epatico; l’assorbimento è maggiore se
l’estrogeno è E2 o E3
 Spray nasale: è abolito il primo passaggio epatico; alti e rapidi livelli
di concentrazione plasmatica di E2; non vi è accumulo né di E2 né
di E1 con ridotta variabilità intra e interindividuale degli ormoni
circolanti; facile aggiustamento dei dosaggi
ESTROGENI
 ESTROGENI CONIUGATI PER VIA ORALE
0.625 mg/die
1.25 mg/die
2.5 mg/die
 ESTRADIOLO VALERATO PER VIA ORALE
2 mg/die
1 mg/die
 ETINILESTRADIOLO ORALE
1 mg/die
0.01 mg/die
0.05 mg/die
0.10 mg/die
 17--ESTRADIOLO PER VIA TRANSDERMICA (CEROTTO)
25 g/die
50 g/die
100 g/die
 17--ESTRADIOLO MICRONIZZATO
PER VIA ORALE O PER VIA VAGINALE
 ESTRIOLO PER VIA ORALE E VAGINALE
1 mg/die
1 mg/die
PROGESTINICI
 MEDROSSIPROGESTERONE ACETATO ORALE (MAP)5-10 mg/die
 MEDROGESTONE ORALE
5-10 mg/die
 DIDROGESTERONE ORALE
10-20 mg/die
 NOMEGESTROLO ACETATO ORALE
2.5-5 mg/die
 CIPROTERONE ECATATO ORALE
1 mg/die
 NORETISTERONE ACETATO TRANSDERMICO
0.25 mg/die
 PROGESTERONE MICRONIZZATO
NATURALE TRANSVAGINALE
100 mg/die
VIA ORALE
Progesterone
Medrossiprogesterone acetato
Ciproterone acetato
Didrogesterone
Medrogestone
Megestrolo
Nomegestrolo acetato
Noretisterone acetato
(PROMETRIUM)
(PROVERA G, FARLUTAL)
(ANDROCUR)
(DUFASTON DUPHAR)
(COLPRONE)
(MEGESTIL)
(LUTENYL)
(PRIMOLUT-NOR)
VIA TRANSDERMICA
Noretisterone
(ESTRACOMB)
VIA TRANSVAGINALE
Progesterone naturale
(ESOLUT)
VIA TRANSUTERINA
Levonorgestrel
(MIRENA)
MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE
 Ciclica sequenziale: con estrogeni somministrati per 21 dei 28 giorni
del ciclo associati negli ultimi 10 giorni ad un progestinico ed un
intervallo libero da terapie di 7 giorni; questo regime è quello di
solito preferito nelle donne che hanno ancora l’utero e provoca
cicliche perdite mestruali regolari.
 Ciclica continua: con estrogeni somministrati continuativamente per
tutto il mese associati negli ultimi 12 giorni del mese ad un
progestinico; questo schema è usato di solito nelle donne senza
utero ma può essere usato anche in quelle con l’utero.
 Continua combinata: con estrogeno e progestinico somministrati
insieme tutti i giorni del mese; questo schema può essere utilizzato
indifferentemente nelle donne con e senza utero.
 Continua con soli estrogeni: questo schema è utilizzabile solamente
nelle donne che non hanno più l’utero.
SCHEMI DI TERAPIA ORMONALE
SOSTITUTIVA
 TERAPIA SEQUENZIALE CICLICA
ESTROGENO
GIORNI
1
10
21
28
PROGESTINICO
 TERAPIA SEQUENZIALE CONTINUA
GIORNI
1
ESTROGENO
14
28
PROGESTINICO
SCHEMI DI TERAPIA ORMONALE
SOSTITUTIVA
 TERAPIA COMBINATA CICLICA
ESTROGENO
GIORNI
1
21
28
PROGESTINICO
 TERAPIA COMBINATA CONTINUA
ESTROGENO
GIORNI
1
28
PROGESTINICO
INDICAZIONI PER LA HRT
La HRT è indicata per:
 DONNE SINTOMATICHE (vampate, sudorazioni,
parestesie,insonnia, depressione, instabilità emotiva,
ansia, perdite e prurito vaginale…)
 PAZIENTI A RISCHIO (osteoporosi, malattie
cardiovascolari,menopausa precoce, menopausa chirurgica)
 PAZIENTI ASINTOMATICHE CHE DESIDERANO FARE
PREVENZIONE
La prescrizione di terapie ormonali ha lo scopo di migliorare la qualità di
vita della donna con sintomatologia legata allo stato di menopausa.
BENEFICI DELLA HRT
 Riduce i disturbi tipici della menopausa (vampate di
calore, sudorazione, insonnia, disturbi derivanti dall’atrofia
delle mucose urogenitali)
 Riduce il rischio di osteoporosi, aumentando la densità
minerale ossea
 Previene le malattie cardiovascolari, tipo aterosclerotico
(?)
CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE
ALLA HRT
 Tromboflebiti
 Episodi tromboembolici
 Ictus cerebrale
 Malattie o disfunzioni epatiche gravi
 Tumori dell’apparato genitale e della mammella
 Sanguinamenti vaginali di natura non determinata
 Ipertensione
 Ipersensibilità ai progestinici
CONTROINDICAZIONI RELATIVE
ALLA HRT
 Ipertrigliceridemia severa
 Storia familiare di malattie di tipo tromboembolico
 Storia familiare di cancro mammario
 Calcoli della colecisti
 Leiomioma uterino
 Disordini convulsivi
PRINCIPALI EFFETTI COLLATERALI A BREVE
TERMINE
 Gonfiore e dolore mammario
 Ricomparsa delle mestruazioni
 Sanguinamenti anomali
 Cefalea
 Nausea
 Aumento di peso e ritenzione idrica
 Irritabilità
STUDIO WOMEN’S HEALTH INITIATIVE
(WHI) JAMA. 2002 Jul 17;288(3):321-33
 16.000 donne di età compresa tra 50 e 79 anni
 50% sono state sorteggiate ad assumere una combinazione di
pillole a base di estrogeni naturali coniugati associati ad un
progestinico (indispensabile per bilanciare il rischio di tumori
all’utero)
 50% assumeva pillole placebo, cioè prive di ormoni
 Durata prevista dello studio= 8 anni
 Lo studio è stato interrotto in anticipo, non appena è divenuto chiaro
che gli svantaggi prevalevano sui benefici e la sua prosecuzione
non avrebbe più potuto modificare i risultati
STUDIO WOMEN’S HEALTH INITIATIVE
(WHI) JAMA. 2002 Jul 17;288(3):321-33
RISULTATI
 aumento del 29% di cardiopatie coronariche, pari a circa 7 casi in
più ogni anno su 10.000 donne
 aumento del 26% di tumori del seno, pari a circa 8 casi in più ogni
anno su 10.000 donne
 aumento del 41% di ictus cerebrale, pari a circa 8 casi in più ogni
anno su 10.000 donne
 aumento del 113% di tromboembolie polmonari, pari a circa 8 casi in
più ogni anno su 10.000 donne
 diminuzione del 34% delle fratture d’anca, pari a circa 5 casi in
meno ogni anno su 10.000 donne
 diminuzione del 37% dei tumori del colon, pari a circa 6 casi in
meno ogni anno su 10.000 donne
STUDIO WOMEN’S HEALTH INITIATIVE
(WHI) JAMA. 2002 Jul 17;288(3):321-33
CONCLUSIONI
La terapia a base di estrogeni associati a progestinici, pur
riducendo le fratture ed i tumori del colon, nel complesso
presenta più rischi che benefici.
Una terapia ormonale sostitutiva di lunga durata non è
raccomandabile per le donne appartenenti alla tipologia studiata,
quelle cioè apparentemente in buona salute di età compresa
tra 50 e 79 anni.
HRT E CANCRO
Base biologica: gli E possono stimolare la crescita di foci occulti di
cellule tumorali estrogeno-sensibili (ER+) in uno stadio tardivo
della carcinogenesi  progressione dello sviluppo del tumore
Il rischio oncogeno aumenta con l’aumentare della durata della
malattia
Non vi è evidenza biologica che la HRT possa incrementare il
rischio di ricorrenza del cancro eccezion fatta per il tumore
mammario ed endometriale.
HRT E PAZIENTI CON PREGRESSO K MAMMELLA
Charlottesville, 1997
Consensus Conference: LINEE GUIDA
Terapie alternative sia per i sintomi menopausali che per
la prevenzione di osteoporosi/malattie cardiovascolari
prima di proporre HRT
HRT solo in quelle pazienti che non rispondono agli altri
trattamenti e fanno espressa richiesta di HRT, per brevi
periodi di tempo, a basso dosaggio estrogenico e
preferibilmente entro trials controllati
HRT E PAZIENTI CON PREGRESSO K MAMMELLA
Charlottesville, 1997
Consensus Conference: LINEE GUIDA
Trattare preferibilmente:
1. Pazienti a basso rischio di ricorrenza secondo le caratteristiche
biologiche del tumore (piccolo diametro, basso grado,
linfonodi negativi)
2. Pazienti con recettori negativi, nelle quali è improbabile un
effetto proliferativo degli ormoni sessuali
Inoltre, il Tamoxifene è indicato come il farmaco che dà una buona
protezione contro la stimolazione estrogenica della mammella
(farmaco antitumorale con effetto anti-proliferativo, efficace sia in
donne premenopausali con elevati livelli estrogenici che in donne in
menopausa trattate con E a basse dosi)
HRT E PAZIENTI CON PREGRESSO K MAMMELLA
I dati disponibili sull’uso della HRT in donne sopravvissute
ad un tumore della mammella sembrano permettere una
revisione sulla controindicazione assoluta di HRT, per lo
meno in gruppi selezionati di pazienti libere da malattia
dopo la chirurgia, a basso rischio di ricorrenza (ER-) ed
afflitte da severi sintomi menopausali incontrollabili con
altre terapie (consenso informato).
HRT E PAZIENTI CON PREGRESSO K ENDOMETRIO
Il carcinoma endometriale è il tumore estrogeno-dipendente per
eccellenza e l’associazione tra E solo ed incremento del K
endometriale è nota da oltre 30 anni.
D’altra parte, il tumore endometriale ha una buona prognosi:
oltre l’85% delle donne operate guarisce e potrebbe beneficiare
della HRT.
25% delle donne con K endometriale sono in premenopausa.
5% <40 anni quando affronta la chirurgia primaria, che conduce
a menopausa precoce.
ESTROGENI E ENDOMETRIO
ESTROGENI E ENDOMETRIO
HRT E ENDOMETRIO
L’effetto della HRT sul rischio di ricorrenza di cancro
endometriale è ignoto, benché molti studi retrospettivi abbiano
sottolineato l’assenza di outcome avversi.
Anche la mancanza di un gruppo di controllo, l’analisi di tipo
retrospettivo ed il lungo tempo intercorso tra chirurgia
oncologica e inizio dell’HRT sono fattori limitanti.
Poiché la maggior parte dei K endometriali ricorrenti si verifica
entro 2 anni dopo la diagnosi iniziale, HRT non andrebbe
cominciata prima.
Gli estrogeni possono essere usati in donne sintomatiche e le
pazienti dovrebbero essere ampiamente informate sui dati della
letteratura e sulle terapie alternative.
HRT E K OVAIO
Non vi sono evidenze conclusive che la HRT svolga un ruolo
iniziatore o promotore in donne che successivamente
sviluppano Ca ovarico epiteliale.
•
Nessun dato sperimentale a sostegno dell’ipotesi che E stimoli
nell’ovaio cell tumorali epiteliali quiescenti
• No evidenza di un ruolo dei ER nel K epiteliale ovarico
Nulla mostra che la HRT non dovrebbe essere utilizzata in
donne trattate per K ovarico, indipendentemente dallo stadio del
tumore.
Allo stato attuale il tumore ovarico epiteliale non è una
controindicazione alla HRT.
L’HRT dopo Ca ovarico
RR = 0.9
TERAPIE ALTERNATIVE ALLA HRT
1) FARMACI UTILIZZATI NEL TRATTAMENTO DEI DISTURBI
VASOMOTORI




Sulpiride: antidopaminergico, dotato di proprietà neurolettiche ed
antinoradrenergiche, utilizzato nel trattamento delle manifestazioni
vasomotorie, in particolare le vampate di calore, e delle alterazioni
dell’equilibrio psicoemotivo.
Bromocriptina: farmaco utilizzato da alcuni basandosi sul presupposto
che le vampate di calore siano causate da un’alterazione del rapporto
noradrenalina/dopamina, conseguente ad una diminuzione del tono
dopaminergico.
Veralipride: derivato della sulpiride, rappresenta il farmaco più efficace
e più utilizzato nel trattamento delle vampate di calore.
Metil-dopa: diminuisce il numero della vampate di calore stimolando i
recettori alfa-adrenergici sia a livello centrale che periferico.
TERAPIE ALTERNATIVE ALLA HRT
2) FARMACI UTILIZZATI NEL TRATTAMENTO DELL’ OSTEOPOROSI
 Calcitonina: inibisce il riassorbimento dell’osso, bloccando il
reclutamento degli osteoclasti.
 Bifosfonati: etidronato, alendronato, pamidronato disodico, ecc. I
bifosfonati rappresentano i farmaci preferiti in caso di osteoporosi se la
paziente non prende estrogeni, ma sono utilizzati anche in
associazione a questi se si tratta di osteoporosi di grado elevato in una
paziente che ha già avuto fratture.
 Calcitriolo: metabolita attivo della vitamina D che migliora
l’assorbimento ma può indurre ipercalcemia ed ipercalciuria.
 Vitamina D e calcio: proteggono dalle fratture del collo del femore ed in
genere dalle fratture non vertebrali.
TERAPIE ALTERNATIVE ALLA HRT
3) SERMs (Selective Estrogen Receptor Modulators)
Tamoxifene
Raloxifene
Toremifene
Idroxifene
 Farmaci di nuova generazione in grado di esercitare effetti selettivi
sui tessuti che possiedono recettori per gli estrogeni, inducendo
probabilmente modificazioni della conformazione del recettore per
gli estrogeni.
 Interagendo con i recettori degli estrogeni, queste molecole
determinano a livello di alcuni organi ed apparati, come il tessuto
osseo, un effetto agonista simile a quello degli estrogeni, ed in altri
tessuti, come l’endometrio e la mammella, un comportamento di
tipo antiestrogenico.
TERAPIE ALTERNATIVE ALLA HRT
SERMs
 Hanno effetti positivi sul metabolismo del calcio e la densità ossea,
riducendo l’incidenza delle fratture da osteoporosi
 Migliorano il profilo lipidico delle donne in post-menopausa,
proteggendo dalla patologia cardiovascolare
 Non determinano proliferazione dell’endometrio
 Riducono l’incidenza di carcinoma della mammella
 Non hanno efficacia sulla sintomatologia soggettiva (fenomeni
vasomotori, ecc. )
…in conclusione…
 Donne che all’inizio della menopausa accusano disturbi gravi, tali da peggiorare di
molto la qualità della loro vita, le loro relazioni umane e l’intesa sessuale con il
partner, dovrebbero considerare l’ipotesi di iniziare una terapia ormonale sostitutiva.
 La TOS produrrà anche benefici a lungo termine sulla massa ossea, prevenendo
osteoporosi e fratture.
 Trattamenti prolungati possono far aumentare il rischio di avere un tumore
mammario, ma riducono d’uguale misura il rischio di sviluppare tumori del colon.
 Una terapia di breve durata, da 1 a 4 anni, è probabilmente caratterizzata da un
rapporto rischi/benefici molto favorevole.
 In assenza di disturbi menopausali importanti, o se si preferisce non intraprendere la
terapia ormonale, le donne dovrebbero valutare periodicamente l’insorgenza di
osteoporosi
 Nelle donne che hanno una menopausa precoce, spontanea o provocata
dall’asportazione delle ovaie, la terapia ormonale sostitutiva non comporta alcun
rischio aggiuntivo se protratta fino all’età in cui mediamente insorge la menopausa.
 L’assunzione della terapia non deve far trascurare altre misure utili a mantenere una
condizione di benessere psico-fisico, quali l’astensione dal fumo, non ingrassare, fare
esercizio fisico.
LA PATOLOGIA BENIGNA DELLA
MAMMELLA
La patologia benigna della mammella
rappresentata principalmente da:
•Affezioni infiammatorie
•Mastopatia fibrocistica
•Cisti mammarie
•Fibroadenomi
•Papillomi intraduttali
•Ginecomastia (nei maschi)
è
MASTOPATIA FIBROCISTICA
La mastopatia fibrocistica, detta anche displasia
mammaria benigna, è l’affezione più frequente della
mammella
La sua incidenza è talmente elevata, particolarmente in
alcune fasce di età (tra i 25 e i 45 anni), che alcuni
autori la considerano una situazione parafisiologica
Non sono necessari
terapeutici particolari
per
tale
motivo
interventi
MASTOPATIA FIBROCISTICA
Caratterizzata clinicamente da una diffusa nodularità, dimensioni
variabili da pochi millimetri a qualche centimetro che interessa in
genere entrambe le mammelle
Localizzata principalmente ai quadranti superiori esterni
I noduli all'esame istologico sono:
talora solidi (costituiti da aree di fibrosi stromale o di iperplasia
lobulare)
talora liquidi (con formazione di cisti di dimensioni variabili da pochi
millimetri a diversi centimetri)
È’ presente in genere una mastalgia, più intensa nei periodi
premestruali
MASTOPATIA FIBROCISTICA
Numerosi studi hanno dimostrato che:
la mastopatia fibrocistica non rappresenta una
situazione preneoplastica
MASTOPATIA FIBROCISTICA
Una sola condizione determina un rischio
moderatamente aumentato di sviluppo di
carcinoma mammario: la presenza di iperplasia
epiteliale, caratterizzata istologicamente da un
aumento numerico degli strati di cellule epiteliali
mammarie al di sopra della membrana basale
Il riscontro casuale, in corso di esame istologico
mammario eseguito per qualsiasi motivo, di un
quadro di iperplasia epiteliale, in particolare se
atipica, impone perciò una stretta sorveglianza,
clinica e mammografica, della paziente
MASTOPATIA FIBROCISTICA
Condizione frequente nella donna in età fertile
•Rara prima dei trenta anni
•Cresce di frequenza fino ai 50 anni
•Tende a scomparire dopo i 60 anni
Si associa ad un senso di peso solitamente
localizzato ai quadranti esterni della mammella,
che tende ad aggravarsi in prossimità delle
mestruazioni, per poi ridursi progressivamente
MASTOPATIA FIBROCISTICA
DIAGNOSI
Non necessita di trattamento particolare se
non un inquadramento periodico a
cadenza biennale a scopo preventivo
Ecografia
In generale si consiglia una Mammografia bilaterale ogni 12-16
mesi dai 40 ai 50 anni, ed ogni 24 mesi dopo i 50 anni
Talvolta la mastopatia fibrocistica può dare origine alla formazione
di raccolte di liquido (cisti) all'interno della mammella, di numero e
dimensioni variabili, anche di qualche centimetro, apprezzabili
anche alla palpazione della mammella
MASTOPATIA FIBROCISTICA
TERAPIA
Se sono presenti grosse formazioni cistiche il
trattamento consiste nell'aspirare la cisti
Si può usare un comune analgesico durante il
periodo perimestruale
LE CISTI MAMMARIE
Le macrocisti sono formazioni ecograficamente
anecogene
e
mammograficamente
radioopache, di dimensioni da 1 a 5 centimetri o
anche più
Rappresentano le più caratteristiche e frequenti
lesioni patologiche mammarie nelle donne di
età compresa tra i 35 ed i 55 anni
LE CISTI MAMMARIE
La quantità di liquido contenuto nelle cisti condiziona la loro
consistenza all’esame obiettivo:
una modesta presenza di liquido determina una consistenza molle
le cisti con pareti in tensione per la pressione di un abbondante
liquido interno hanno invece una consistenza teso-elastica, che
può in alcuni casi diventare addirittura duro-lignea e simulare la
presenza di un nodulo solido neoplastico
La formazione di una macrocisti può anche essere
notevolmente rapida, con formazione di noduli di parecchi
centimetri di diametro nell’arco di pochi giorni
LE CISTI MAMMARIE
DIAGNOSI e TERAPIA
L’agocentesi della cisti (eseguita
penetrando il nodulo per via obliqua,
al fine di evitare il rischio di perforazione
della parete toracica) rappresenta
insieme una procedura diagnostica e terapeutica
Essa può essere ripetuta più volte in caso di recidiva della
formazione cistica
Se il liquido aspirato risulta ematico o sieroematico, vi è
indicazione all’esame citologico del liquido stesso; l’esame
citologico non è invece indicato in caso di liquido chiaro,
sierico
LE CISTI MAMMARIE
DIAGNOSI e TERAPIA
Talora le formazioni cistiche non si presentano,
all’esame ecografico, completamente anecogene, ma
evidenziano al contrario la presenza di echi parietali
interni, da riferire a neoformazioni vegetanti, sia di
natura benigna (papillomi), sia di natura maligna
(carcinomi intracistici)
Il riscontro di cisti atipiche, cioè di cisti con echi
parietali endoluminali, impone quindi l’asportazione
chirurgica delle stesse, per un esame istologico
della vegetazione interna
I FIBROADENOMI
I fibroadenomi rappresentano la più tipica lesione benigna
dell’età giovanile
Tali alterazioni nodulari sono infatti di più facile riscontro nella
seconda e terza decade di vita
Si tratta di formazioni di consistenza parenchimatosa (o durofibrosa in caso di estesi processi di calcificazione)
Spesso (10-20% dei casi) multiple nella stessa mammella o in
quella controlaterale
Molto mobili sui piani superficiali e profondi, con
contorni lisci e talora polilobati
In genere poco o per nulla dolenti
I FIBROADENOMI
Ecograficamente ipoecogene e di aspetto
ovalare, con asse maggiore parallelo alla cute
La maggior parte dei fibroadenomi non supera
le dimensioni di due o tre centimetri, con tendenza a
rimanere stabili nel tempo
Solo raramente si riscontrano fibroadenomi giganti, con dimensioni
più cospicue e tendenza ad accrescersi progressivamente
Tali fibroadenomi giganti si riscontrano per lo più al di sotto dei 20
anni di età
Non differiscono dai comuni fibroadenomi sia da un punto di vista
istologico sia per il comportamento sempre benigno
I FIBROADENOMI
I fibroadenomi non hanno tendenza a degenerare in
senso maligno
Per tale motivo non è necessario asportare
sistematicamente tutti i fibroadenomi, in particolare
in presenza di fibroadenomi multipli
La tendenza attuale è perciò quella di porre indicazione
all’intervento solo in caso di dubbio diagnostico o di
fibroadenomi a rapido accrescimento e/o di dimensioni
tali (superiori a tre-quattro centimetri) da determinare
problemi psicologici o estetici nelle pazienti
I FIBROADENOMI
L’intervento chirurgico per fibroadenoma va
eseguito preferenzialmente in anestesia locale e
prevede la enucleazione del nodulo o dei noduli, se
multipli
Si esegue in genere un’incisione periareolare, che
consente in genere di asportare la lesione anche
qualora questa sia localizzata alla periferia della
mammella, consentendo un buon risultato estetico
I FIBROADENOMI
TUMORE FILLOIDE
Un tipo particolare di fibroadenoma è rappresentato dal tumore filloide
Neoplasia rara che rappresenta l’1% circa di tutti i tumori mammari
Più frequente nella fascia di età compresa tra i 35 ed i 55 anni
Si presenta come un nodulo non dolente, a superficie bozzoluta, anche se
talora, quando di piccole dimensioni, può essere liscio ed a contorni netti
come un tipico fibroadenoma
Presenta una consistenza disomogenea per la presenza, nel suo contesto,
di aree fibrose, di arre emorragiche e di formazioni cistiche
Evidenzia, rispetto al fibroadenoma, una minore mobilità all’esame clinico
ed una tendenza ad accrescersi progressivamente, fino a raggiungere
dimensioni considerevoli, tanto da alterare a volte il profilo mammario
I FIBROADENOMI
TUMORE FILLOIDE
Va sempre asportato, in quanto può talora
presentare una degenerazione in senso
maligno (cistosarcoma filloide)
L’intervento chirurgico consiste in una ampia escissione
del
nodulo,
con
un
margine
di
tessuto
macroscopicamente normale di circa 1 centimetro
Quando la diagnosi di tumore fillode rappresenta una
sorpresa istologica, dopo la enucleazione di un nodulo
ritenuto essere un fibroadenoma, si consiglia un reintervento, con ampliamento della exeresi per evitare
recidive
I PAPILLOMI INTRADUTTALI
Più tipico delle pazienti giovani
Rappresenta la causa più frequente di secrezione ematica o sieroematica dal capezzolo
La secrezione, continua o intermittente, è in genere monolaterale e
monoorifiziale e può verificarsi spontaneamente o essere
provocata dalla compressione della ghiandola mammaria
Solo raramente con la palpazione è possibile evidenziare
direttamente il papilloma, che appare come una tumefazione mole,
che in genere non supera il diametro di 1 centimetro
I PAPILLOMI INTRADUTTALI
DIAGNOSI
Il papilloma è raramente visibile alla mammografia
standard, come una opacità circoscritta a contorni
regolari
L’esame di elezione per il riscontro di un papilloma
intraduttale è la duttogalattografia, che evidenzia il
papilloma come un minus endoluminale di aspetto
moriforme
I PAPILLOMI INTRADUTTALI
TERAPIA
Il papilloma intraduttale non ha tendenza alla
trasformazione in senso neoplastico maligno, per tale
motivo l’asportazione chirurgica non è obbligatoria
In realtà, però, l’intervento chirurgico viene spesso reso
necessario dall’ansia della paziente, preoccupata dalle
ricorrenti secrezioni ematiche dal capezzolo
Il trattamento chirurgico è rappresentato dalla
duttogalattoforectomia, cioè dall’asportazione del dotto
che presenta il papilloma
LA PATOLOGIA INFIAMMATORIA
DELLA MAMMELLA
La patologia infiammatoria della mammella è
principalmente rappresentata da:
Mastite acuta, in genere puerperale
Mastite periduttale da ectasia dei dotti
Ascesso mammario
LA PATOLOGIA INFIAMMATORIA
DELLA MAMMELLA
Le affezioni flogistiche della mammella possono talora
simulare, in fase acuta, il quadro di un carcinoma
infiammatorio
Rispetto a quest’ultimo, il quadro clinico è però
caratterizzato da un più repentino esordio della
sintomatologia, dalla presenza di sintomi generali e di
leucocitosi, dalla generalmente rapida risoluzione del
quadro clinico dopo terapia antibiotica
MASTITE INFETTIVA
Processo infiammatorio,
ghiandole della mammella
acuto
o
cronico,
delle
Varie forme di mastite:
-Acuta
-Suppurativa (stafilococcica, soprattutto durante l'allattamento;
streptococcica, durante l'allattamento o in corso di erisipela)
-Cronica
-Tubercolare
-Luetica
MASTITE INFETTIVA
Il quadro clinico più frequente è quello che si
manifesta durante l’allattamento ed è causato
da un’infezione batterica (l'agente patogeno più
frequentemente coinvolto in questi casi è lo
Staphylococcus aureus) che deriva alla madre
solitamente dal neonato stesso e che può
trasmettersi
alle
ghiandole
attraverso
un’ulcerazione o una ragade di un capezzolo
Il dolore è il sintomo fondamentale, spesso
accompagnato da febbre
MASTITE ACUTA
I sintomi principali sono:
Dolore
Arrossamento
Edema cutaneo
Febbre
Malessere
Eventuale secrezione di pus dal capezzolo
Mastite infettiva
• Terapia ascesso mammario in allattamento:
-Sospendere l’allattamento.
-Svuotare il seno con tiralatte.
-Terapia antibiotica: Oxacillina o Cefazolina. In caso
di allergia Clindamicina o Vancomicina.
-L’allattamento può essere ripreso alla risoluzione
dell’ascesso e dell’arrossamento.
-Le masse fluttuanti possono essere sottoposte ad
agoaspirazione con successiva messa in coltura del pus
così raccolto.
-Di fronte a un ascesso, può rendersi necessaria
l'incisione chirurgica e il drenaggio.
MASTITE ACUTA
È una situazione patologica che si riscontra per lo
più durante il puerperio (fino al 10% delle donne che
allattano)
Il germe responsabile è, nella maggior parte dei
casi, lo Stapylococcus aureus
In caso di mastite puerperale non è necessario
interrompere
l’allattamento
al
seno,
i
microorganismi secreti con il latte non sono infatti
nocivi per il neonato (che spesso ne è il portatore)
e, d’altra parte, l’interruzione dell’allattamento
causa ulteriore ristagno, con peggioramento del
quadro infiammatorio
MASTITE ACUTA
TERAPIA
La mammella e il capezzolo dovrebbero essere trattati con una
soluzione antimicrobica e quindi lavati con acqua sterile
Utilizzo di analgesici
Occorre prevenire la stasi, manca consenso sulla sospensione
dell’allattamento durante l’infezione acuta, per lo più si consiglia di
continuare l'allattamento con entrambe le mammelle, a meno di
notevoli ragadi: il lattante, infatti, non si infetta (essendo il portatore
dello stafilococco) e non viene disturbato dalla eventuale terapia
antibiotica con penicilline o cefalosporine
Data l’eziologia generalmente Stafilococcica utilizzare β-lattamici
(Penicilline, Dicloxacillina o Cefalexina)
Esecuzione di impacchi caldo umidi
MASTITE ACUTA
In caso di inefficacia della terapia antibiotica, il
quadro clinico tende ad evolvere verso la
ascessualizzazione, che richiede un drenaggio
chirurgico, da eseguire praticando un’incisione
arcuata nella sede dell’ascesso
ASCESSO MAMMARIO
L’ascesso consiste nel rigonfiamento di un’area
precedentemente infiammata, caratterizzato
dalla presenza di una raccolta di pus
In genere si verifica durante l’allattamento come
evoluzione di una mastite non trattata
Oltre ai sintomi tipici della mastite si apprezza la
presenza di una massa fluttuante molto dolente
ASCESSO MAMMARIO
TERAPIA ASCESSO MAMMARIO IN ALLATTAMENTO
Sospendere l’allattamento
Svuotare il seno con tiralatte
Terapia antibiotica: Oxacillina o Cefazolina. In caso di allergia Clindamicina
o Vancomicina
Le masse fluttuanti possono essere sottoposte ad agoaspirazione con
successiva messa in coltura del pus così raccolto
Di fronte a un ascesso, può rendersi necessaria l'incisione chirurgica e il
drenaggio
L’allattamento può essere
dell’arrossamento
ripreso alla
risoluzione dell’ascesso e
La mastite periduttale o mastite
plasmacellulare
È una patologia infiammatoria cronica, in genere con periodiche
riaccensioni, più tipica delle pazienti oltre la quarta decade di vita, nelle
quali la presenza di un’ectasia dei grossi dotti retroareolari, ripieni di
secreto spesso e verdastro, è di riscontro abbastanza usuale
Gli episodi flogistici, con arrossamento ed edema cutaneo parareolare,
possono essere preceduti o accompagnati da secrezione verdastra,
sierosa, sieroematica o francamente ematica dal capezzolo, per lo più
pluriorifiziale
Se gli episodi infiammatori tendono a recidivare, la cronicizzazione
del processo flogistico determina la formazione di un nodulo
fibrotico parareolare duro, aderente alla cute, con retrazione del
capezzolo e linfoadenopatia ascellare: i reperti obiettivi possono
simulare in questo caso un carcinoma e la diagnosi definitiva di
certezza viene talora raggiunta solo attraverso l’asportazione
chirurgica della neoformazione e l’esame istologico
La mastite periduttale o mastite
plasmacellulare
La terapia, nelle fasi di riacutizzazione, è in genere
antibiotica (uso di farmaci antibatterici ad ampio spettro,
diretti principalmente contro gli anaerobi)
A volte occorre ricorrere al drenaggio chirurgico di
eventuali raccolte ascessuali
Per evitare il rischio di recidive, in caso di mastite
periduttale, si ricorre spesso all’intervento di resezione
dei dotti retroareolari