Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali
La dispersione cromatica delle fibre ottiche viene normalmente determinata
attraverso la misura della dipendenza del ritardo di propagazione di gruppo
dalla lunghezza d’onda.
L’operazione viene effettuata misurando, con uno dei diversi metodi possibili,
il ritardo di gruppo a diverse lunghezze d’onda, rispetto ad un riferimento
fisso arbitrario, normalizzando alla lunghezza unitaria ed interpolando quindi i
punti ottenuti con una opportuna funzione “approssimante” tg(l).
Dalla funzione approssimante tg(l) si deduce poi, derivando rispetto a l, la
dispersione cromatica D(l)
D(l) 
dtg (l)
dl
Possono essere adottate diversi funzioni interpolanti, tra cui
- la funzione di Sellmeier a tre termini
tg((l) = A l-2 + B + Cl2
- la funzione di Sellmeier a cinque termini tg(l) = A l-4 + B l-2 + C + Dl2 + E l4
- la funzione polinomiale a n- termini
tg(l) = c0+c1 l+c2 l2+…+cn-1 ln-1
Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali 2
L’uso delle precedenti funzioni interpolanti è descritto nelle raccomandazioni
ITU-T (Racc. G.652, G.653 e G.654).
Tali Raccomandazioni dell’ITU fanno inoltre riferimento, per la
caratterizzazione delle fibre monomodali, alla l a dispersione nulla (l0) ed alla
pendenza della curva di dispersione cromatica nel punto di dispersione nulla
(S0)
Nel caso in cui si usi la funzione di
Sellmeier a tre termini, si ottiene
 dD(l) 
S0  
 dl  l l 0
A
l0 
C
4
S0  8C
da cui la funzione stessa può essere riscritta nella forma,
2

S0
l0 
tg (l)  tg 0   l - 
8
l
essendo tg0 il ritardo di gruppo alla
lunghezza d’onda l0.
La corrispondente dispersione cromatica risulta quindi data da
S0 
l40 
D(l )   l - 3 
4
l 
Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali 3
Nel caso in cui si adotti lo sviluppo polinomiale limitato ai primi tre termini, si
ha
c1
l0  2c 2
S0  2 c2
da cui si ottiene
S0
tg (l)  tg 0  l - l 0 
2
e la corrispondente dispersione cromatica
D(l)  S0 l - l0 
Misure di dispersione cromatica in fibre ottiche monomodali 4
La Racc. G.654 dell’ITU fa riferimento, per specificare le prestazioni delle fibre, al
valore di dispersione cromatica a 1550 nm (D1550) ed alla pendenza della curva di
dispersione alla stessa lunghezza d’onda (S1550).
Le fibre specificate in questa raccomandazione sono infatti destinate ad essere
usate in III finestra, pur avendo dispersione nulla nell’intorno di 1300 nm.
Tenendo conto di ciò e considerando uno sviluppo polinomiale al II ordine, si
ottiene
D1550  c1  2c2 1550
S1550  2c2
da cui, per tg(l)
S1550
2
l - 1550  D1550 l
tg (l)  t1550 
2
in cui t1550 è il ritardo di gruppo a 1550 nm.
La corrispondente dispersione cromatica è data da
D(l)  S1550 l - 1550 D1550
Tecniche di misura della dispersione cromatica
La misura del ritardo di gruppo può essere effettuata :
- con il metodo della fase, misurando la dipendenza dalla lunghezza d’onda
dello sfasamento di un segnale sinusoidale che modula il segnale ottico
trasmesso (misura nel dominio della frequenza);
- con il metodo degli impulsi, valutando il ritardo tra impulsi ottici trasmessi a
diverse l (misura nel dominio del tempo);
- con il metodo interferometrico a coerenza limitata, ovvero tramite un
interferometro ottico fatto lavorare a l variabile (misura nel dominio dello
spazio).
Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo
della fase 1
Il metodo della fase (con la sua variante della fase differenziale) è adottato
dall’ITU come metodo di riferimento per la misura della dispersione
cromatica.
La misura viene effettuata nel dominio della frequenza secondo lo schema di
riferimento mostrato in figura.
Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo
della fase 2
La sorgente ottica emette un segnale che viene modulato in intensità con una
sinusoide di frequenza fm.
Le variazioni del ritardo Dtg(l) al variare della lunghezza d’onda sono ottenute
misurando le variazioni DF(l) della fase del segnale di modulazione ricevuto,
risultando,
DF(l)
Dtg (l) 
2f m
La sorgente può essere costituita da una batteria di LED seguita da un
monocromatore, oppure da una batteria di diodi laser, ovvero da un laser
sintonizzabile entro un intervallo di lunghezze d’onda sufficientemente esteso
(ad esempio, laser a semiconduttore in cavità esterna) seguito da un
modulatore elettro-ottico sufficientemente veloce.
Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo
della fase 3
I LED hanno un ampio spettro di emissione (decine di nm) e quindi sarebbero
sufficienti tre LED, con differenti lunghezze d’onda, per coprire l’intervallo
1200-1600 nm. In pratica, dato che è necessario effettuare le misure in II
(intorno a 1310 nm) ed in III (intorno a 1550 nm) finestra, si impiegano di norma
due sorgente per “raccogliere” i punti attorno a 1310 e 1550 nm.
I LED, stabilizzati termicamente, sono seguiti da un monocromatore che
permette di selezionare la lunghezza d’onda.
ll segnale di riferimento del comparatore di fase viene prelevato dal generatore
di frequenza.
La risoluzione spettrale del monocromatore è un parametro critico: non deve
essere troppo elevata, per non ridurre troppo la potenza del segnale, ma
neppure troppo bassa, per garantire una buona risoluzione nella misura di
fase. L’errore dovuto ad una bassa risoluzione spettrale è ragionevolmente
contenuto se la banda passante del monocromatore è dell’ordine di 5-10 nm.
Il funzionamento del monocromatore deve garantire una stabilità a breve
termine per consentire la misura e procedure di taratura semplici ed affidabili.
Nel caso in cui si adotti una batteria di diodi laser come sorgente, la dinamica
del sistema aumenta. Motivi di costo hanno indotto l’ITU ha consigliare
l’impiego di un numero minimo di laser pari a 3.
Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo
della fase 4
Un parametro molto importante del sistema è la frequenza di modulazione fm,
poiché la variazione di fase, a parità di variazione del ritardo, è tanto maggiore
quanto maggiore è fm.
Tipicamente, fm è compresa nell’intervallo 50-500 MHz.
Oltre che alla sorgente, il segnale di modulazione deve arrivare al misuratore di
fase come riferimento per la valutazione degli sfasamenti in funzione di l.
Una variante della tecnica di misura è rappresentata dal METODO DELLA FASE
DIFFERENZIALE in cui la lunghezza d’onda emessa viene commutata
periodicamente tra due valori vicini, misurando la modulazione di fase che si
ha sul segnale ricevuto: l’ampiezza di tale modulazione risulta proporzionale
alla dispersione cromatica.
Gli strumenti commerciali per la misura della dispersione cromatica impiegano
normalmente il metodo della fase.
Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo
della fase 5
Nella figura seguente è mostrato lo schema a blocchi di uno strumento
basato su diodi laser adatto per misure in campo.
Tecniche di misura della dispersione cromatica: metodo
della fase 6
Per la misura in ciascuna finestra ottica sono impiegati tre laser (cassetti
intercambiabili) mentre un quarto laser è utilizzato per trasmettere il segnale di
riferimento su una seconda fibra di servizio.
La frequenza di modulazione è scelta tra un gruppo di frequenze (5 MHz, 50
MHz, 200 MHz, 800 MHz), in base alla lunghezza della fibra sotto misura.
Al ricevitore, la misura di fase è effettuata dopo la conversione del segnale
modulante ad una frequenza più bassa di quella trasmessa (500 kHz).
Ciò permette di adottare rivelatori di fase adatti a bassa frequenza (ad esempio,
amplificatore lock-in).
Amplificatore lock-in 1
L’amplificatore lock-in è in
sostanza un rivelatore di valor
medio (ma anche di valore
efficace e di valore di picco) in
grado di elaborare deboli segnali
affetti da rumore.
Il segnale d’ingresso, eventualmente amplificato e filtrato mediante un filtro
passa-banda, viene inviato ad un mixer (rivelatore di fase) dove viene
moltiplicato per un segnale di riferimento.
Il segnale risultante viene quindi filtrato da un filtro passa-basso.
Amplificatore lock-in 2
Supponendo che all’ingresso del mixer sia presente un segnale sinusoidale
Vs(t), di frequenza angolare ws ed ampiezza A,
Vs (t )  A cos(ws t )
mentre all’ingresso di riferimento un altro segnale Vr(t), con la stessa
frequenza angolare ws, con fase f ed ampiezza B,
Vr (t )  B cos(ws t  f)
si ottiene, all’uscita del mixer
AB
cos(f)  cos(2ws t  f)
Vout ( t )  AB cos(ws t ) cos(ws t  f) 
2
pertanto, se il filtro passa-basso elimina la componente a frequenza angolare
“doppia”, la componente “in continua” risulta proporzionale all’ampiezza del
segnale d’ingresso.
E’ ovvio che tale componente assumerà il valore massimo nel caso di segnali
“in fase” (f=0) e nullo per f=/2, come mostrato nella figura seguente.
Amplificatore lock-in 3
Misura della dispersione cromatica: metodo degli impulsi 1
E’un metodo di misura riconosciuto dall’ITU come metodo alternativo.
La misura viene effettuata nel dominio del tempo, trasmettendo brevi impulsi
a diverse l e misurando le differenze nei ritardi.
Lo schema a blocchi del sistema di misura è mostrato in figura.
La sorgente ottica è basata su un laser a neodimio YAG (Nd:YAG), seguito da
una fibra con effetto Raman e da un monocromatore.
Il laser Nd:YAG genera impulsi con potenza di picco molto elevata (circa 1W),
in grado quando accoppiati in una fibra monomodale di innescare l’effetto
Raman (Stimolated Raman Scattering, SRS).
Misura della dispersione cromatica: metodo degli impulsi 2
Lo scattering Raman determina in uscita dalla fibra la comparsa di
lunghezze d’onda diverse da quella iniettata.
Il laser Nd:YAG emette a l=1060 nm impulsi di durata pari a circa 100 ps che
sono accoppiati ad una fibra monomodale di lunghezza pari a circa 100 m.
Questo permette di ottenere in uscita un segnale con un spettro continuo,
anche se non uniforme, da 1100 a 1700 nm.
Tale segnale viene quindi inviato ad un monocromatore ed alla fibra in
misura.
Gli impulsi, dopo aver attraversato la fibra, sono rivelati da un fotodiodo e
visualizzati su un oscilloscopio.
Il segnale elettrico, che pilota la sorgente, è inviato anche all’ingresso di
sincronismo dell’oscilloscopio tramite una linea di ritardo programmabile.
Se il ritardo impostato sulla linea programmabile è “quasi uguale” al tempo
impiegato dagli impulsi a percorrere la linea ottica sotto misura, questi
possono essere visualizzati con una buona risoluzione e le differenze di
ritardo sono facilmente misurabili. La lettura può essere effettuata
regolando la linea di ritardo così da avere l’impulso sempre nella stessa
posizione sullo schermo dell’oscilloscopio, oppure leggendo le variazioni
del ritardo sulla scala dei tempi dell’oscilloscopio.
La strumentazione necessaria per questo tipo di misura è piuttosto
complessa e quindi si tratta di una tecnica in pratica adottata solo in
laboratorio.
Misura della dispersione cromatica: metodo interferometrico
Il metodo interferometrico a coerenza limitata è considerato dall’ITU come
metodo alternativo per la misura della dispersione cromatica.
La tecnica è basata sull’interferenza tra fasci ottici “quasi” monocromatici che
percorrono cammini ottici “quasi” uguali che permette di discriminare ritardi
molto piccoli (fino a frazioni di ps). E’ quindi un metodo adatto ad effettuare
misure su spezzoni di fibra di pochi metri (tipicamente, da 1 a 10 m).
La sorgente è a spettro
largo (tipicamente, un
LED) e ad essa è
applicata una
modulazione sulla cui
frequenza è sincronizzato
il ricevitore.
Il segnale ottico emesso
dalla sorgente attraversa
un interferometro di
Mach-Zehnder a due
rami: su uno è presente la
fibra in misura, sull’altro
un cammino “in aria” la
cui lunghezza può variare
mediante un movimento
micrometrico.
Misura della dispersione cromatica: metodo interferometrico 2
Se la luce generata dalla sorgente fosse rigorosamente monocromatica, al
variare della lunghezza del secondo ramo si osserverebbero sul ricevitore le
frange di interferenza.
Se invece il segnale ottico ha una larghezza spettrale Dl, il fenomeno di
interferenza avviene solo quando il ritardo di gruppo sui due rami è uguale o
quasi.
Precisamente, la zona in cui avviene l’interferenza ha un’ampiezza W data da
l
W
Dl
2
come mostrato in figura.
Misura della dispersione cromatica: metodo interferometrico 3
In II finestra, intorno a 1300 nm, utilizzando un monocromatore con larghezza
spettrale da 2 a 10 nm, la larghezza W è compresa tra 1 mm e 0.2 mm. Pertanto
è possibile determinare la condizione di uguale ritardo sui due rami con
precisioni dell’ordine del decimo di ps (in aria 1 ps corrisponde a 0.3 mm).
La condizione di uguaglianza tra i ritardi sui due rami è ottenuta regolando il
movimento degli specchi mobili fino ad ottenere il massimo dell’interferenza,
rilevando la corrispondente posizione X.
La variazione del ritardo di gruppo alle varie lunghezze d’onda è quindi
determinata dalla relazione
DLna
Dtg 
c
in cui DL rappresenta la differenza tra i cammini ottici corrispondenti alle
posizioni rilevate (DL=2DX) ed na è l’indice di rifrazione dell’aria (tipicamente,
na≈1).
Al variare di l si ottiene una curva che rappresenta la differenza tra il ritardo di
gruppo della fibra in misura e quello della condizione di riferimento
(corrispondente al secondo ramo con il posizionatore sullo 0).
Misura della dispersione cromatica:
metodo interferometrico 4
Il movimento del posizionatore deve avere una risoluzione pari a frazioni di mm,
per poter discriminare la successione di massimi e minimi, e una precisione di
lettura di almeno 2 mm.
Il campo utile di spostamento deve essere tale da adattarsi a tutte le variazioni
di ritardo prevedibili sulla fibra ottica in misura.
Ad esempio, su una “bretella” di 10 m di fibra, la differenza di ritardo tra II e III
finestra ottica è dell’ordine di 30 ps, corrispondenti ad una “variazione “ della
lunghezza di circa 1 cm.
Si deve inoltre considerare la tolleranza di lunghezza del campione rispetto al
valore nominale per cui lo strumento è predisposto (lunghezza del cammino di
riferimento).
Il campo utile di spostamento risulta, in definitiva, di alcuni cm.
Questa tecnica di misura, per la sua sensibilità, è adatta per effettuare misure
su fibre molto corte, sino alla decina di m.