Presentazione di PowerPoint - Dipartimento di Fisica e Astronomia

L’atomo di idrogeno
Elena Dalla Bonta’
Dipartimento di Astronomia
Università di Padova
Lezione IV del progetto educativo per le scuole superiori
Il cielo come laboratorio
Liceo Curiel Padova
A.S. 2004-2005
Sommario
Modelli dell’atomo di idrogeno
- cenni storici
- modello di Thomson
- modello di Rutherford
- modello di Bohr
- l’esperienza di Frank e Hertz
I livelli energetici dell’atomo di Idrogeno
- formula di Rydberg - Ritz
Cenni storici
- dal IV secolo a.C. Leucippo e Democrito (filosofi greci)
Lucrezio (filosofo romano), i cosidetti ‘atomisti’: materia
costituita da particelle minuscole e indivisibili (atomòs=
indivisibile).
Considerazioni derivate da semplici intuizioni filosofiche e
non da una corretta analisi sperimentale dei fenomeni, che
verra’ introdotta da Galileo Galilei
Avvalendosi delle teorie chimiche del tempo
Dalton nel 1803 formulo’ la sua teoria atomica :
• materia formata da atomi, inalterabili ed indivisibili;
• in una stessa sostanza (elemento) gli atomi sono tutti uguali;
• gli atomi di diversi elementi differiscono per massa e per altre
particolarità;
• le trasformazioni chimiche avvengono per unione o separazione di
atomi tra di loro.
Modello di Thomson
Campo elettrico in grado di deviare i raggi catodici, portando
sostegno all’ipotesi della loro natura corpuscolare. Con il suo
esperimento, Thomson chiarì che i raggi catodici erano particelle
cariche negativamente (elettroni) e riuscì a misurare il rapporto
carica/massa. I suoi studi misero anche in evidenza l’esistenza di
altre particelle, di carica opposta e di massa molto maggiore.
Nel 1898 Thomson formulò il primo modello atomico.
Elettroni immersi in un sottofondo di carica positiva
uniformemente distribuita
Modello di Rutherford
Nel 1909 modello di Thomson in crisi:
Rutherford evidenzia l’esistenza del nucleo dell’atomo
Il moto dell’elettrone è il risultato dell’equilibrio tra
forza centrifuga e forza di attrazione elettrostatica:
v2
Ze 2
m

r 4 o r 2
(1)
Energia dell’elettrone (en. cinetica + en. potenziale elettrica):
1 2
Ze 2
E  mv 
2
4 o r
(2)
Secondo la teoria classica l’orbita di un elettrone in un atomo dovrebbe
decadere per emissione di radiazione elettromagnetica
Inoltre, i livelli energetici dell’elettrone sono infiniti e questo non
permetteva di spiegare gli spettri a righe.
Modello di Bohr
Nel 1913 Bohr sviluppa un modello partendo da:
Rutherford + teoria quantistica maturata da Planck.
Da (1) si ricava:
2
Ze
mv 2 
4 o r
(3)
Che sostituita nella (2) porge:
1 Ze 2
Ze 2
1 Ze 2
E


2 4 o r 4 o r
2 4 o r
(4)
Condizione di quantizzazione del momento angolare:
h
L  mvr  n
2
(5)
h  6,63  10 34 J  s
Con n=1,2,3,…
Costante di Planck
2
h
2 2 2
2
Elevando al quadrato la (5): m v r  n
4 2
2 2
n
h
2
mv 
4 2 mr 2
2 2
n
h  o (6) Raggi orbite permesse!
che sostituita nella (3): r 
n
mZe 2
Es.: Z=1,n=1 si ottiene r1=5.29·10-11m raggio di Bohr
Sostituendo la (6) nella (4):
mZ 2 e 4 1
En   2 2 2
8 o h n
quindi:
dove:
13,6
E n   2 eV
n
me 4
18

2
,
18

10
J  13,6 eV
2 2
8 o h
(7)
Energia di legame
dell’elettrone
Dalla quantizzazione del momento angolare derivano
la quantizzazione di r e di E
Seconda ipotesi di Bohr
Quando un elettrone passa da uno stato eccitato allo stato
fondamentale l’energia viene emessa sotto forma di pacchetti:
E2  E1  h
(8)
Frequenza e lunghezza d’onda dell’energia emessa
dall’atomo quantizzate.
Questo permetteva di spiegare la formazione delle righe spettrali
Esperimento di Frank e Hertz
L’esperimento (1914) conferma l’ipotesi di Bohr
Alla d.d.p. di 6 V la corrente cade a 0.
Picchi di corrente a ca.
4.9 V, 9.8 V, 14.7 V, ecc.
Un atomo di Hg in uno stato eccitato torna allo stato fondamentale
emettendo radiazione alla lunghezza d’onda di 235.6 nm, che
corrisponde ad un’energia di:
hc 6,63  10 34  3  10 8
19
E  h 


8
,
44

10
J
9

235,6  10
cioe’ ~5 eV
L’atomo assorbe energia per quantità discrete
Ipotesi di de Broglie
Nel 1924 de Broglie estese alla materia il concetto del
dualismo onda-corpuscolo.
Ad ogni particella materiale con quantità di moto p deve essere
associata un’onda di lunghezza d’onda :
h

p
Agli oggetti macroscopici corrispondono lunghezze d’onda
praticamente nulle e non generano alcun effetto osservabile.
Se un elettrone descrive indisturbato una certa orbita, ad esso
deve essere associata un’onda stazionaria, cioe’ un’onda che
permanga invariata fino a che l’elettrone non cambia stato di
moto.
La lunghezza dell’orbita non può avere un valore arbitrario,
ma deve essere un multiplo della  associata all’elettrone:
2r =n
ma questo si scrive:
2r = n(h/mv)
2r =n(h/p)
p=m v, per cui:
h
mvr  n
2
Coincide con la regola di quantizzazione di Bohr!
Formula di Rydberg-Ritz
Sperimentalmente, righe emesse dall’idrogeno o dagli idrogenoidi
raggruppate in serie con frequenze ben rappresentate dalla formula
di Rydberg-Ritz (1890):
1 
 1
  RZ  2  2 
n 
m
2
dove R è una costante (per l’idrogeno R3.29·1015Hz), Z è il numero
atomico e m e n due numeri naturali con n>m.
Ma il modello di Bohr (formule 7 e 8) dice che:
E 2  E1 1
1 
1 
 1
 1

 13,6  1,6  10 19  Z 2  2  2   3,28  1015  2  2 
h
h
n 
n 
m
m
dove si è posto Z=1 per l’atomo di idrogeno.
Ponendo m=1, n=2,3,4… si ottiene la serie di Lyman (ultravioletto).
Ponendo m=2, n=3,4,5… si ottiene la serie di Balmer (visibile).
Ponendo m=3, n=4,5,6… si ottiene la serie di Paschen (infrarosso).
m=4, n=5,6,7 serie di Brackett
m=5 n=6,7,8 serie di Pfund
m=2:
n=3 =4.57·1014 Hz da cui =656.3 nm, ossia H.
n=4 H (=486.1 nm)
n=5 H (=434.1 nm)
n=6 H (=410.2 nm)