Capitolo 5
Chirurgia mininvasiva
A. Benevento, L. Boni
 La chirurgia mininvasiva o chirurgia videoendoscopica si propone di raggiungere gli stessi
obiettivi delle tecniche chirurgiche classiche attraverso un via di accesso ad organi addominali o
toracici che riduca al minimo il trauma chirurgico legato all´attraversamento della parete
addominale o della parete toracica.
La chirurgia mininvasiva comprende interventi attuati per via laparoscopica e toracoscopica ed
interventi attuati all´interno di organi cavi, come la chirurgia transanale, transesofagea e
transgastrica. La rivoluzione apportata da questa tecnica in campo chirurgico è stata paragonata a
quella ottenuta dall´avvento dell´anestesia generale.
Da tecnica puramente diagnostica l´endoscopia è divenuta tecnica operativa grazie all´avvento di
microtelecamere ad alta definizione che montate sull´ottica permettono la visione del campo
operatorio su uno o più monitor televisivi. La visione del campo operatorio è spesso
anatomicamente più definita e chiara di quanto si ottenga a "cielo aperto" ed il chirurgo è libero di
operare a due mani, tramite strumenti chirurgici che attraversano la parete addominale o toracica,
aiutato da più componenti dell´équipe operatoria che contemporaneamente sono in grado di seguire
l´intervento.
L´esperienza acquisita in questo tipo di chirurgia ha messo in risalto come in molti interventi il
decorso postoperatorio sia soprattutto influenzato dal trauma legato alla via di accesso all´organo,
spesso necessariamente sproporzionata alla relativa semplicità dell´intervento da eseguire
sull´organo stesso, una volta raggiunto ed esposto alla visione dell´operatore.
È proprio la rapida ripresa del paziente nel decorso postoperatorio che ha reso questa tecnica così
ben accetta dal chirurgo e dal paziente stesso, che oggi la richiede sempre più frequentemente.
L´assenza della ferita laparotomica o toracotomica e la ridotta manipolazione di parete e dei tessuti
durante l´intervento si traducono in una drastica riduzione delle complicanze di ferita (ernie,
infezioni), nella netta riduzione del dolore postoperatorio e nella rapida ripresa delle funzioni
respiratorie ed intestinali. Tutto ciò si traduce in una precoce dimissione dall´ospedale del paziente
che può riprendere in breve tempo l´attività lavorativa.
A fronte di questo entusiasmo iniziale si sono anche messe in luce le problematiche legate alla
nuova tecnica, che hanno portato a complicanze intraoperatorie, alcune molto gravi, legate ad
un´iniziale inesperienza ed alla curva di apprendimento di ogni nuova tecnica. Il chirurgo opera con
una visione bidimensionale che appiattisce la profondità del campo operatorio e senza la sensazione
tattile caratteristica del gesto operatorio. Queste limitazioni sono superate attraverso un´attività di
allenamento sui simulatori e attraverso l´aiuto di colleghi esperti in questa chirurgia; ciò costituisce
la condizione necessaria per far sì che le complicanze intraoperatorie siano oggi ridotte in
percentuali equivalenti a quelle della chirurgia tradizionale.
L´inizio della chirurgia mininvasiva si fa risalire al 1987, anno in cui è stato eseguito in Francia il
primo intervento di colecistectomia laparoscopica. Dopo le iniziali perplessità, la tecnica è stata
rapidamente accettata e attuata in tutto il mondo. Con il crescere dell´esperienza pressoché tutti gli
interventi chirurgici, anche i più complessi, sono stati eseguiti con la tecnica mininvasiva. Questo
non significa che tutti gli interventi debbano essere necessariamente eseguiti con questa tecnica.
Attualmente si ritiene che sussista un´indicazione elettiva alla chirurgia mininvasiva per tutte quelle
patologie benigne e maligne aggredibili senza aumento di complicanze rispetto alla chirurgia
classica. Verranno di seguito descritte le indicazioni universalmente riconosciute per gli interventi
eseguibili con approccio mininvasivo.