Dermatologia
Prof. Garcovich
Giovedì 3/5/2007
Ore 14-16
La lezione comincia con un caso clinico: si tratta di una casalinga affetta da stomatite afosa la cui
gravità è aumentata negli ultimi due mesi tanto da rendere difficoltose la deglutizione e la
fonazione. L’afta è una lesione del cavo orale che si manifesta come un’ulcera ricoperta da
materiale biancastro che di solito, a esclusione di quelle particolarmente profonde, guarisce senza
lasciare cicatrici. All’esame obiettivo si nota anche la cosiddetta lingua impaniata dovuta a una
proliferazione batterica dei villi della mucosa facilitata dal fatto che per il dolore causato dalle afte
la signora si alimenta poco e dunque non muove molto la lingua stessa la cui flora batterica è stata
alterata anche da un trattamento antibiotico effettuato recentemente.
Le afte cominciano con la presenza di una zone arrossata, poi la papula si allarga fino ad ulcerarsi e
a necrotizzare perché nel caso della signora ad essere colpiti sono i vasi: alla base di questo caso c’è
infatti una vasculite autoimmune da trattare con immunosoppressori. La diagnosi differenziale va
posta con il carcinoma ma quest’ultimo appare e rimane e di solito è singolo.
Mandata via la paziente il prof comincia la lezione vera e propria.
L’ECZEMA
Il termine eczema (dal greco, significa essudazione,gemizio) indica una dermatosi essudativa ed è
sinonimo di dermatite. In un paziente affetto da eczema vedremo un quadro evolutivo
infiammatorio in cui avremo prima arrossamento e poi formazione di piccole vescicole che si
rompono, danno essudazione con formazione di croste di colore grigio e desquamazione finale.
Abbiamo cinque diversi tipi di dermatite:
-da contatto: dovuto a contatto con agente esterno che può essere chimico, fisico o biogeno;
-atopica: su base genetica, il cui sintomo principale è il prurito;
-da stasi: forme di linfostasi o stasi venosa;
-seborroica: soprattutto su viso, petto e cuoio capelluto con desquamazione ed eritema, molto
simile alla psoriasi;
-disidrosica: palmo-plantare, dovuta a eccessiva sudorazione di questi distretti corporei con
formazione di vescicole e ad andamento cronico ricorrente.
Dermatite da contatto
Costituisce un capitolo molto vasto della medicina in quanto è molto frequente riscontrare questa
patologia specie nel nostro mondo industrializzato. La pelle d’altronde è molto suscettibile agli
agenti ambientali in quanto è l’interfaccia fra l’interno del nostro corpo e l’esterno.
Queste dermatiti sono spesso da ricondurre alla professione del paziente soprattutto per quanto
riguarda gli agenti chimici: per esempio sono molto comuni le dermatiti che insorgono nei
lavoratori nel campo dell’edilizia, delle imprese di pulizia, nelle imprese tessili. Poi ci sono gli
agenti fisici come traumi o radiazioni e quelli biogeni come parassiti e piante.
La dermatite da contatto è dunque una patologia infiammatoria dovuta al contatto con un agente
esterno; ce ne sono due tipi:
-la tossico-irritativa, con un meccanismo tossico diretto che colpisce tutti i soggetti esposti;
-l’allergica, con una reazione immunitaria cellulo-mediata che avviene solo in determinati soggetti
predisposti geneticamente.
Sono diffusissime: basti pensare a quelle che insorgono in soggetti che si lavano troppo le mani. In
questo caso si perde il film liquido di superficie, la pelle si disidrata, diviene secca, si screpola e si
formano delle ragadi, ossia delle lesioni elementari consistenti in fissurazioni longitudinali dovute a
perdita di elasticità dello strato corneo. Si perde così la matrice intercellulare e si può essere esposti
a agenti chimici, fisici o anche a microrganismi. Dunque la dermatite, questa infiammazione della
pelle, può essere la porta di entrata di una infezione come può succedere per esempio in un soggetto
amputato, portatore di un moncone, in cui a scatenare l’infiammazione può essere un trauma
meccanico ripetuto, oppure in chi porta una scarpa troppo stretta. Un altro esempio di dermatite
irritativa è quella da pannolino: se si blocca la normale evaporazione della pelle, cioè la fisiologica
perdita di acqua transepidermica, con il cellophan la pelle si macera con aumento di batteri e
infiammazione; nel caso del pannolino dobbiamo aggiungere anche urina e feci e il gioco è fatto.
Abbiamo detto dunque che la dermatite da contatto può essere irritativa (DIC) o allergica (DAC): le
due forme hanno in comune l’infiammazione, e quindi l’infiltrazione di cellule T e la produzione di
citochine come il TNF alfa. La differenza consiste nel fatto che nella irritativa il danno è diretto e
colpisce tutti i soggetti esposti e l’infiammazione è l’evento secondario di risposta all’agente
esterno, nell’allergica il danno è immunologico ed è ristretto ai soggetti che sono predisposti
geneticamente.
Per la diagnosi si deve esaminare la pelle da un metro e mezzo e vedere la distribuzione; se è
asimmetrica si può ipotizzare una dermatite da contatto. Si fa l’esempio di un antistaminico ad uso
topico come la Prametazina; il prof chiarisce che gli antistaminici e la quasi totalità degli antibiotici
non devono essere usati topicamente perché causano spesso dermatiti da contatto.
Viene mostrato un’altra foto con un soggetto completamente glabro (non esistono esseri umani
senza peli: uomini e donne hanno lo stesso numero di peli, la differenza è nella consistenza e nella
lunghezza dei peli): questo soggetto ha sviluppato una reazione contro una sostanza utilizzata
contro l’alopecia areata.
Per quanto riguarda la dermatite allergica dopo aver effettuato la diagnosi occorre individuare
l’allergene. Come questo allergene possa causare il quadro clinico ci è chiarito
dall’immunopatogenesi che si divide in due fasi:
FASE AFFERENTE che si divide in:
-induzione: penetrazione dell’aptene (ricordiamo che le proteine non possono passare la barriera
costituita dall’epidermide; l’agente nocivo deve essere a basso peso molecolare e liposolubile) e
unione con i componenti dell’epidermide, cioè le Cellule di Langherans (CL);
-sensibilazzazione: migrazione e presentazione della CL alle cellule T nei linfonodi, proliferazione e
disseminazione delle cellule T specifiche.
FASE EFFERENTE ossia l’elicitazione: incontro tra allergene e cellule T specifiche con reazione
infiammatoria locale.
Diamo ora le categorie alle quali appartengono gli allergeni più frequenti:
-metalli (nichel, cromo, cobalto): presenti in molti oggetti. Il nome nichel significa “diavoletto”: era
un contaminante delle miniere di ferro e di rame in Germania. Viene messo nelle leghe perché dà
molta resistenza, anche all’oro. Il cromo viene usato nella concia del cuoio dando particolare
resistenza; è un metallo molto reattivo e inquinante presente anche in calce, cemento, detersivi; il
cobalto viene usato ad esempio negli ombretti;
-gomme (tiuram mix, mercapto mix): guanti, scarpe, elastici, adesivi, condom;
-balsamo del Perù: medicamenti topici, cosmetici, lozioni per capelli, profumi;
-coloranti (p-fenilendiamina, coloranti azoici): tinture per capelli, tessili, per cuoio;
-piante: Primula Oloconica, tulipani, crisantemi.
Solo una piccola quota dei soggetti esposti si sensibilizzerà. Ad esempio un lavoratore nel campo
dell’edilizia avrà bisogno di un tempo medio di circa sei anni per sensibilizzarsi ad un determinato
allergene che deve inoltre essere presente alla concentrazione giusta. Questo è molto importante
perché il paziente che si è sensibilizzato a una sostanza non potrà avere un vaccino, ma se entra in
contatto con quella sostanza ad una concentrazione minore del necessario non avvertirà alcuna
manifestazione clinica. Non c’è un vaccino: ad esempio una parrucchiera che diventi allergica alle
tinture per capelli dovrà solo cambiare mestiere.
Per la diagnosi clinica si utilizza il criterio geografico, ossia la regione anatomica e se questa è
simmetrica o asimmetrica. Mostra come esempio una dermatite da contatto da tintura dei capelli
dovuta a sostanze che reagiscono chimicamente con la cheratina; in questo soggetto ha portato
addirittura edema delle palpebre. Altra foto con reazione allergica alla neomicina (gocce
otologiche) nel padiglione auricolare scambiata per una micosi. Spesso in queste gocce c’è anche il
cloramfenicolo che causa spesso DAC. Altre DAC possono essere ricondotte a pomate
antinfiammatorie, a fibre tessili (soprattutto di colore nero: contengono anilina), a profumi, a
antiistaminici come il Polaramin, utilizzato impropriamente nel paziente mostrato nella foto colpito
dalla rosacea (patologia che interessa l’età media e che si presenta con arrossamento del volto che
diventa sempre più stabile con angiectasie, pustole e ispessimento del naso) o dalla dermatite
seborroica (che interessa soprattutto i lati del naso, le sopracciglia, il petto; guarisce alla luce solare
ed è simile alla psoriasi). Ricordiamo nuovamente che gli antistaminici non vanno usati
topicamente! Altra DAC da nichel può insorgere in portatori di articoli di bigiotteria o di oro che
oggi viene rinforzato con una certa quota di nichel; inoltre chi sviluppa una DAC da cromo perché
porta scarpe di cuoio dovrà indossare cuoio conciato col tannino che oggi viene usato di meno
perché costa di più.
Per sapere se ci troviamo davanti ad una dermatite da contatto come si fa a sapere se è un DIC
(irritativa) o un DAC (allergico)? C’è il Patch Test: è un test epicutaneo che viene fatto applicando
direttamente la sostanza sull’epidermide. In questa maniera si rproduce quello che è avvenuto in
vivo, ossia la penetrazione dell’aptene nell’epidermide. C’è la batteria standard di sostanze, detta
serie europea, contenente 36 apteni, quelli di più frequente riscontro; ci sono poi test più mirati,
quelli per parrucchieri, quelli per pittori, per fabbri e così via dicendo. Spesso è difficile individuare
la sostanza; ad esempio in un cosmetico ci sono più di 30 sostanze: in questi casi si fa il test d’uso,
cioè si applica direttamente il cosmetico sulla pelle e si attende 24/48 ore per vedere la reazione.
Reazione che può essere un eritema (si indica con +), una reazione edematosa e papulare infiltrata
(++), vescicolare (+++). Ricordiamo che le vescicole sonom delle lesioni elementari, delle raccolte
circoscritte di liquido.
Piccola digressione sulla classificazione delle lesioni dermatologiche
3 lesioni liquide: vescicola, bolla, pustola.
3 lesioni solide: papula, nodulo, ponfo.
3 lesioni ulcerative: ulcera, esulcerazioni, ragade.
Poi ci sono la squama (cellule cornee che si sfaldano) e la crosta (coagulazione di liquidi organici:
nera se è sangue, grigia se è siero, gialla se è pus).
Altre lesioni sono la macchia e la cicatrice, quest’ultima conseguenza di una ulcerazione.
Adesso ci occupiamo delle reazioni a piante: parliamo cioè di fito-dermatite. Anche qui può essere
irritativa (ad esempio l’ortica) o allergica. Ci sono sostanze che in combinazione con la luce del sole
possono diventare tossiche: un esempio è il lattice del fico responsabile di ustioni anche gravi.
Questo perché ci sono sostanze fotosensibilizzanti (psoraleni, furocumarine) che in combinazione
con la luce solare provocano reazioni eritematose che poi guariscono lasciando una
iperpigmentazione (psoraleni vengono infatti utilizzati anche nella terapia della vitiligine o nella
fototerapia: si inseriscono nel DNA e provocano la formazione di legami crociati bloccando la
cellula e risultando utili nel distruggere i linfociti nei linfomi cutanei)
Terapia della dermatite da contatto
Per prima cosa occorre identificare l’allergene e allontanarlo, ma questo può creare problemi,
innanzitutto merceologici (la merceologia è la scienza che studia le merci prodotte dall’uomo), poi
professionali. Il soggetto dovrà solo cambiare mestiere e riceverà una pensione dall’INAIL (le
dermatosi sono al terzo posto fra tutte le malattie professionali; al primo ci sono le ipoacusie).
C’è poi la terapia sintomatica basata su emollienti, idratanti, scavenger di radicali liberi, cortisonici
topici o anche sistemici tenendo ben presente però che esiste anche una dermatite da steroidi simile
alla rosacea che tende a peggiorare se si sospende bruscamente il farmaco.
La terapia specifica prevede invece l’utilizzo nelle forme resistenti o sistemiche di ciclosporina,
tacrolim, UVB, PUVA, anticorpi monoclinali. La ciclosporina ad esempio interferisce con l’attività
dei linfociti T.
C’è infine la prevenzione: guanti in plastica e non in lattice che possono dare reazioni molto gravi
sino allo shock anafilattico in casi ad esempio di esplorazioni rettali o vaginali; e poi utilizzo di
creme barriera, prodotti nichel free, eliminazione delle cause favorenti la sensibilizzazione da
contatto.
Giuseppe Ausoni