docdroid Studiare_la_societa.docx Report Share o o o o o http://docdro.id Twitter Facebook Embed Download o DOCX o o o o o PDF DOC ODT TXT 1-LA SOCIETA’ E LE ISTITUZIONI PRIMARIE La sociologia nasce in Francia nel XIX secolo per poi diffondersi nel resto d’Europa e nel nuovo Continente. Questa epoca viene chiamata modernità dai sociologi. Fino al secolo XVII l’economia prevalente in Europa era quella agricola fondata sull’autoconsumo. Le attività mercantili esistevano da tempo ma non erano in grado di imporre il loro ritmo e il loro stile sul carattere statico di quell’economia. A partire dal XVIII secolo quelle attività,fin’ora marginali,innescano un processo a catena di crescita. Un tempo il vincolo che imprediva l’espansione del mercato era di tipo demografico e secondo lo storico Fernard Braudel anche a causa dell’inarrestabile corteo delle malattie. Anche per quanto riguarda la conoscenza ci fu una rivoluzione:un tempo essa era di tipo contemplativo e affidata a filosofi e teologi, in seguito è maturata e venne intesa come una stretta relazione con i fatti concreti quindi con l’esperienza. Parallelamente a questa trasformazioni cambiano la politica,il modo di pensare delle persone,i valori condivisi e gli stili di vita. Sul piano politico vediamo emergere la borghesia imprenditoriale a scapito della precedente aristocrazia terriera: le persone non vengono più valutata in base alla questioni di dinastia o di nascita ma sulla basa di ciò che sanno fare e conquistare per mezzo delle loro capacità. Si passa quindi da una società che riconosce status scritti a una società che riconosce status acquisiti. Si trasforma il concetto di lavoro che viene segmentato artificialmente all’interno di un processo produttivo organizzato nella fabbrica. Scenario di questo nuovo modello di vita sono le città che nascono intorno alle fabbriche.È possibile definire la sociologia come quell’insieme di relazioni tra individui che danno vita, nel loro corso,a un linguaggio, a forme più o meno stabili di convivenza e a espressioni culturali che ne garantiscono un certo livello di coesione nel tempo e che rispondono a meccanismi di funzionamento propri.Tra i primi a dare evidenza del fatto che è possibile considerare diverse forme di società è il pensatore francese Charles-Louis de Secondat,barone di MONTESQUIEU. Con lui impariamo a fare nostra una facoltà tipica del sociologo ossia la capacità di guardare noi stessi con curiosità. Rompere l’immagine della società come aggregazione naturale,assoluta e immutabile e sottolineare il carattere relativo rappresentando soltanto alcuni dei presupposti della riflessione sociologica. Serve un’idea che permetta di considerare la società come una realtà sui generis vale a dire un’entità specifica avente delle esigenze proprie che si impongono sugli individui. Si tratta quindi di stabilire una disciplina che si configuri come fisiologia della società. È proprio questo il compito di un altro pensatore francese SAINT-SIMON. Da buon rappresentante dell’illuminismo francese, è convinto che la società vada studiata attraverso l’osservazione dei fatti che la riguardano. COMTE,allievo di Saint-Simon fa proprio il programma di studiare le società come una realtà sui generis, tenendo separate le statica e la dinamica sociale,vale a dire lo studio delle leggi che determinano la tenuta di una società e di quelle che ne governano la trasformazione. Comte mette in evidenza come la natura della società sia distinta dalla natura umana;essa deve essere infatti fondata su qualche forma di accordo tra le parti,vale a dire su di un consenso che la faccia rimanere unita. Perché accada ciò è secondo Comte tradizionalmente necessaria una religione,intesa come sistema che garantisca l’ordine sociale e che “creando l’unità, deve rivolgersi simultaneamente all’intelligenza, al sentimento e all’azione cioè a tutte le disposizioni dell’essere umano”. Nella religione quindi emerge il punto di congiungimento tra la natura umana e quella sociale. Lo studio della società come realtà sui generis si è prestato alla proposizione di modelli tratti dalla natura soprattutto quella biologica. L’inglese SPENCER è il fondatore dell’organicismo sociale: la società è paragonata a un organismo biologico che si è evoluto attraverso un processo di specializzazione e di differenziazione esattamente come il segno animale(influenza di Darwin). Spencer individua società semplici, scarsamente differenziate al proprio interno e società complesse che sono appunto il processo di differenziazione e di specializzazione dei suoi organi costitutivi e quindi delle sue istituzioni sociali. Qual è la forza che tiene unita gli individui tra di loro e che evita che le società si disgreghino? La solidarietà è uno dei concetti utilizzati dalla tradizione sociologica. Dobbiamo tale termine a uno dei padri fondatori della sociologia,il francese DURKHEIM. Era adolescente quando i prussiani nel 1870 quando i prussiani occuparono il suo paese natale e sconfissero la Francia di Napoleone III nella battaglia di Sedan;a quelle vicende seguì un’insurrezione dei repubblicani francesi che proclamarono la Terza Repubblica e a Parigi la Comune. In tale contesto egli maturò la preoccupazione per la coesione sociale e questa preoccupazione si trasformò nel principale oggetto della sua ricerca scientifica. Anch’egli ritiene che la società sia una realtà sui generis ossia un entità specifica avente delle esigenze sue proprie che si impongono sugli individui. Secondo Durkheim lo studio della società deve essere fondato sull’assunto che è possibile individuare fatti sociali che non sono riconducibili alle pulsioni o agli interessi degli individui ma che rispondono a loro volta ad altri fatti sociali. Il concetto di solidarietà emerge nella prima opera importante dal titolo La divisione del lavoro. Si tratta di un’analisi della trasformazione della società,da semplici a complesse,sotto la spinta di ciò che egli chiama l’aumento di densità materiale ovvero l’incremento della popolazione.Le società semplici sono quelle nelle quali la divisione del lavoro è bassa mentre quelle complesse sono tali in quanto estremamente differenziate al proprio interno. La divisione del lavoro identifica la moltiplicazione dei compiti e dei ruoli quale processo inarrestabile e necessario al progresso della società. In quest’opera egli identifica la solidarietà meccanica e quella organica. La prima,tipica dei gruppi sociali più semplici è conferita per similarità:si tratta della forza che lega le persone che riconoscono una comune appartenenza,dove il sentirsi parte di un tutto sociale prevale. Quella organica invece è tipica delle società complesse ed è prodotta dalla divisione del lavoro. Essa è fondata sul fatto che il lavoro e la sopravvivenza di ciascuno dipendono dal lavoro e dalla sopravvivenza di altri che svolgono mansioni differenti. Mentre quella meccanica presuppone una somiglianza,quest’ultima una differenza. Secondo Durkheim la rapida trasformazione della società ha parimenti diffuso l’anomia:rendendo gli individui sempre più diversi tra loro la coscianza collettiva e le norme del gruppo sono diventate sempre più distanti dalla coscienza individuale. Per cui la solidarietà organica diventa un problema ossia qualcosa che deve essere costruito. Proprio a questo problema dedica la sua opera successiva che ha per oggetto di indagine concreto l’andamento dei tassi di suicidio in diversi Stati e regione d’Europa. Con quest’opera D. si rende conto del fatto che la società contemporanea è afflitta da una tendenza all’allentamento delle relazioni sociali e dalla preminenza degli interessi individuali su quelli collettivi.Tra i più noti concetti tipici dei sociologi vi è la coppia comunità e società. I due termini rappresentano forme di relazione sociale dotate di caratteristiche opposte e pertano,insieme costituiscono una dicotomia. Nei villaggi contadini dell’Europa preindustriale la vita aveva probabilmente un ritmo più lento;le persone si relazionavano alle altre secondo consuetudini e investendo sentimenti in maniera decisamente più intensa. Si tratta di relazioni che è possibile definire calde e profonde. Nel mondo moderno e insustriale viene attenuata,rispetto al passato, l’importanza di relazioni sociali la cui tenuta è garantita dagli affetti,dal lungo tempo trascorso insieme oppure dall’appartenenza a una rete familiare a una certa etnia o a una tradizione. L’uomo moderno ha bisogno di stringere un elevato numero di relazioni fugaci con altre persone. Quanto più queste relazioni sono importanti in termini strumentali ossia servono a definire degli scopi ben definiti tanto meno esse sono importanti da un punto di vista affettivo. Le relazioni tipiche della società moderna si definiscono sempre di più come l’incontro di interessi reciproci che non come l’incontro di persone e storie, e dei sentimenti che vi sono implicati. Modalità di relazioni del primo tipo sono chiamate dai sociologi comunitarie mentre quelle che prevalgono nella società industriale sono definite societarie. TONNIES considerava la comunità e la società altrettanto concetti analitici vale a dire strumenti della mente che servono a far meglio comprendere le relazioni concrete degli individui. Anche WEBER distingueva comunità da società. In una delle sue opere, Economia e società, afferma che la comunità è tenuta insieme dall’appartenenza vale a dire dai sentimenti che inducono le persone a sentirsi parte di un medesimo corpo sociale mentre la società è legata piuttosto dall’interesse reciproco. Il sociologo può guardare alla relazione che un individuo mette in atto con un altro o con altri individui. È possibile considerare la società come un groviglio di relazioni che si fanno e si disfano costantemente. La società si mostra quindi a partire da un fluire incessante di relazioni e dal loro brulicare continuo e intrigante. Per il sociologo tedesco SIMMEL l’oggetto di studio è l’insieme delle relazioni reciproche tra gli individui che vengono a costituire un reticolo cangiante nel corso del fluire del tempo. Fa anche emerge come la storia di questo fluire di relazioni sia anche la storia del loro addensamento in forme più o meno stabili che egli chiama “forme di sociazione”. Le forme di sociazione sono le relazioni che vengono istituzionalizzate ossia che prendono una forma tale che permette loro di persistere nel tempo e di riprodursi. La sua sociologia è definita formale. Secondo il sociologo italiano PARETO la società è un sistema vale a dire un insieme di parti interrelate tra loro le cui espressioni sono esprimibili in forma logica. Secondo egli,che prima di diventare sociologo era economista,le azioni umane sono in parte razionali mentre in altra parte non lo sono affatto ossia sono guidate dai sentimenti,dalle pulsioni e dall’impeto, in definitiva le azioni umane sono logiche e non ed è proprio la loro relazione che la sociologia deve studiare. Il sociologo statunitense PARSONS indica la possibilità di studiare la società a partire dall’identificazione di alcune funzioni fondamentali a cui devono corrispondere altrettanti elementi strutturali. Cosi facendo identifica 4 funzioni che chiama imperativi funzionali. Si tratta del cosiddetto AGIL. Il primo imperarivo che ogni sistema sociale deve assolvere consiste nell’adattarsi (adaptation) all’ambiente dentro al quale è immerso. Ogni sistema sociale deve inoltre essere in grado di darsi degli obiettivi (goals attainment) vale a dire deve assolvere alla funzione di orientare le……PAG 3233 Individua anche 4 fasi di sviluppo della famiglia. Al prerequisito della latenza corrisponde la prima fase detta della dipendenza orale;a quello dell’integrazione,la fase dell’attaccamento amoroso;al prerequisito del conseguimento degli scopi coincide la fase edipica e l’assunzione del sistema familiare a 4 ruoli)padre,madre,figlio,fratello) mentre al prerequisito dell’adattamento corrisponde la fase della maturità.Se nel modello classico il nucleo familiare vedeva all’interno una rigida strutturazione dei ruoli tra coniugi,con il padre che lavora per procacciare le risorse di cui la famiglia ha bisogno e la madre che si occupa dei figli e della casa,oggi sono sempre di più le famiglie dove anche la madre lavora e dove il padre partecipa in maniera crescente all’attività domestica. Sono inoltre in aumento gruppi familiari costituiti da persone sole e questo in funzione sia della decisione di posporre l’età del matrimonio sia dell’allungamento di vita. Sono in aumento anche i nuclei monogenitoriali e se un tempo ciò era perché un coniuge rimaneva vedovo,ora sono in aumento le situazioni di nuclei monogenitoriali che si sono venuti a creare in seguito di un divorzio. L’interesse per le famiglie è antico nella storia della sociologia perché si tratta di individuare l’esistenza di un gruppo sociale in grado di trasformare l’individuo in individuo sociale. Secondo Comte la famiglia garantisce la condizione principale perché sia dia la civiltà dato che attraverso di essa diverse generazioni si trasmettono capitali materiali e acquisizioni culturali.Secondo il sociologo statunitense COOLEY la famiglia è un gruppo primario ovvero svolge una funzione fondamentale nella formazione della natura sociale e dgli ideali degli individui. Anche i gruppi amicali sono gruppi primari. Ad esse è possibile contrapporre quelli secondari ossia quelli basati sulla strumentalità ossia sulla comunanza degli interessi. La famiglia rappresenta quindi la connessione tra l’io individuale e l’io sociale. Questo processo è definito socializzazione.La socializzazione è un processo che dura praticamente per tutto il corso della vita ma è anche decisivo soprattutto durante l’infanzia attraverso il quale gli individui fanno propri gli elementi culturali(valori,norme ecc) di una società,rendendoli parte della propria personalità.Ciò che esprimono Parsons e Bales ha però un punto debole in quanto tendono a ipostatizzare questo modello di sviluppo della famiglia come quello generale adattabile alla maggioranza dei modelli sociali. Altro limite consiste nella unilateralità del processo descritto. 2-IL MUTAMENTO SOCIALEIl più grande mutamento del quale la sociologia si occupa e che fonda la sua nascita è il passaggio dalla tradizione alla modernità. Solitamente con il termine modernità ci si riferisce aa un processo globale e accelerato che prende avvio negli ultimi 4 secoli coinvolgendo il livello economico, politico, giuridico, sociale e culturale e provocando cambiamenti mai visti nella storia umana senza tralasciare la vita quotidiana e la soggettività degli individui di tutte le classi sociali e i ceti. L’aspetto della modernità è inteso come una continua ricerca del nuovo e del cambiamento radicale. Infatti vi furono notevoli innovazioni ad esempio l’introduzione dell’elettricità, sviluppo della chimica industriale, dell’industria farmaceutica, sviluppo delle ferrovie e produzione industriale di macchine. La vita inizia a staccarsi dai ritmi della natura e dai cicli naturali. Nessuna società è statica o dinamica. Ciò che cambia è il ritmo del mutamento. Nella modernità questo ritmo diventa accelerato. Il poeta Baudelaire usò per la prima volta il termine modernità trasformando in sostantivo (modernità) l’aggettivo “moderno”. Il termine venne a significare l’epoca del nuovo. Il sociologo tedesco Elias analizzò l’intreccio tra le trasformazioni oggettive e quelle soggettive del mutamento concentrandosi sui rapporti tra civilizzazione e violenza. Il processo di civilizzazione va di pari passo con lo sviluppo degli stimoli e delle emozioni. Il processo di civilizzazione si fonda su 2 livelli: il livello sociogenetico (il mondo esterno) il quale si riferisce alla formazione degli stati, e il livello psicogenetico (il mondo interno) che corrisponde alla costituzione psichica degli individui ovvero all’emergere di un meccanismo di autocensura delle emozioni individuali e collettive. Per Comte la sociologia si divide in 2 branche, la statica sociale, chhe corrisponde alla teoria dell’ordine e del consenso, e la dinamica sociale, che è invece la teoria del mutamento ed è quindi orientata a studiare i processi e le leggi di sviluppo della società. Egli formula la legge dei 3 stadi che sono: teologico, metafisico e positivo. Nel primo stadio l’individuo possiede un’esperienza molto limitata: i fenomeni sono spiegati ricorrendo a forze sovrannaturali (prima nozioni magiche poi religiose); nello stadio metafisico l’uomo può spiegare i dati dell’esperienza secondo i principi astratti cioè mediante la filosofia; nello stadio positivo la combinazione del ragionamento e dell’osservazione dei fatti delinea la conoscenza dell’uomo come sapere scientifico. Darwin propone un andamento storico evolutivo della natura dove l’uomo è il prodotto di un’evoluzione di milioni di anni. Nel corso della trasmissione ereditaria del patrimonio genetico da un individuo all’altro si verificano delle trasformazioni casuali che danno luogo ad una maggiore o minore capacità del singolo organismo di adattarsi all’ambiente. Gli individui meno flessibili al mutamento sono destinati a sparire, gli altri hanno maggiori probabilità di sopravvivenza. Spencer utilizzò il modello darwiniano per spiegare la storia dell’umanità e delle sue società. Secondo egli l’ambiente esterno e i rischi ci costringono al cambiamento. Per descrivere il mutamento sociale Durkheim distingue tra solidarietà meccanica e organica: la prima spontanea, si fonda sulla somiglianza di comportamenti e sulla condivisione di valori e regole comuni di tipo tradizionale; la seconda è fondata sulla differenza: individui e gruppi sono uniti e cooperano tra loro perché nessuno è autosufficiente e ognuno ha bisogno di tutti gli altri. Risulta evidente come il tema della solidarietà sia strettamente legato a quello del mutamento sociale. Il problema della solidarietà è più evidente quando la società attraversa intensi momenti di cambiamento che mettono in crisi la tenuta delle norme morali. Marx offre un’interpretazione critica di questi mutamenti colpito soprattutto dalle dure condizioni dei lavoratori. Il suo approccio è detto materialismo storico (o dialettico). Esso parte dall’analisi delle condizioni materiali in cui gli uomini vivono in società. L’economia e l’organizzazione delle attività produttive corrispondono alla struttura delle società che egli indica come ciò che determina l’ordine e il mutamento sociale. Dalla struttura dipende ogni altra manifestazione sociale: le ideologie, la politica, le scienze, le arti che Marx chiama sovrastruttura. Egli distingue una successione di modi di produzione: il modo di produzione asiatico, antico, feudale e capitalistico. Il passaggio da un modo di produzione a quello successivo è causato dall’esplosione di queste contraddizioni e si verifica così una rivoluzione sociale. Weber distingue tra razionalità e razionalizzazione. La prima è un attributo specifico dell’azione dell’uomo e postula la capacità di questo di agire in maniera coerente rispetto ai suoi valori. La seconda corrisponde a un processo storico che investe e trasforma tutti gli ordinamenti sociali. Essa infonde la credenza che tutto possa essere dominato dalla ragione il che corrisponde ad un processo di disincantamento del mondo. Consiste nella rinuncia a spiegare il mondo attraverso riferimenti di carattere religioso o magico. Un effetto del processo di mutamento sociale accelerato tipico delle società moderne contemporanee è una crisi permanente della continuità del mondo sociale. La portata di questa discontinuità è evidente in relazione all’emergere di 2 importante aree di studio: l’età della vita e quella della memoria. Nel primo senso se la società è in continua trasformazione anche il passaggio tra le generazioni risulta problematico. Nel secondo senso le condizioni materiali e culturali della modernità pongono condizioni diverse ai rapporti che gli individui hanno con il proprio passato. Il concetto di generazione in Mannheim prevede che la generazione non è un gruppo concreto inteso nel senso di una comunità ma ciò che la caratterizza è il fatto che coloro che vi appartengono sono nati in un arco temporale comune, hanno la stessa collocazione nello spazio storico-sociale, e sono esposti alle stesse influenze culturali. Quando si manifesta una reazione a queste influenze si costituisce il legame di generazione. Possono formarsi invece unità di generazione caratterizzate non più solo dalla partecipazione di diversi individui ad un contesto di avvenimenti vissuti in comune, ma anche dal fatto che essi reagiscono a questi eventi in maniera unitaria. Il legame di generazione e soprattutto le unità di generazione si formano più facilmente in periodi di intenso mutamento sociale. Il concetto di generazione si distingue da quello di coorte. Essa comprende tutti coloro che sono nati nello stesso arco temporale e che quindi attraversano un’analoga sequenza di ruoli come l’essere scolaro, figlio, universitario, marito, ecc. L’idea del mutamento è doppiamente presente nel tema dell’età. Essa è infatti una condizione transeunte, provvisoria quindi, e in trasformazione continua: ciascuno di noi attraversa ininterrottamente e in maniera irreversibile le diverse età della vita. Sono le specifiche attribuzioni di funzioni, aspettative e ruoli riconosciuti o assegnati all’individuo che mutano nel corso del tempo e nelle differenti culture. La memoria individuale secondo Halbwachs non viene intesa come una dimensione intima e personale ma viene studiata a partire dalla società come espressione dei rapporti che intercorrono tra l’individuo e i gruppi ai quali appartiene. Non è possibile ricordare e tramandare ricordi se non facendo riferimento ai quadri sociali della memoria per esempio il linguaggio e i punti di riferimenti spaziali temporali. Il termine ri-costruire sta ad indicare che l’attività del ricordare non coincide con la semplice rievocazione di un’immagine immutabile del passato: questo si presenta invece di volta in volta in forme diverse in funzione dei nostri interessi attuali e del posto che occupiamo nel presente. Infatti quando parliamo ad altri del nostro passato, il racconto cambia a seconda dei diversi momenti e delle persone per le quali ricostruiamo i nostri ricordi. La più recente sociologia della memoria evidenzia come i processi sociali di ricostruzione del passato rivelino una natura dinamica e conflittuale. Ad esempio in situazioni come le dittature hanno provocato dei veri e propri risvegli della memoria con conseguenti battaglie. La nozione di memoria può rivelarsi utile per la definizione dei rapporti tra passato e presente nelle moderne democrazie occidentali nate dalle ceneri dei regimi dittatoriali e totalitari. Quindi essa chiama in causa la nozione di responsabilità e definisce il rapporto con il passato nei termini di un’elaborazione collettiva che mette in luce il carattere politico ed etico dei processi di memoria. L’attualità del tema della memoria è duplice: da un lato rinvia al dovere di ricordare e alla lotta contro l’oblio di momenti significativi del passato (olocausto, emigrazione) e in secondo luogo questa attualità si lega al fatto che la memoria si trasforma in un’arena dei conflitti politici e sociali del presente: il passato si presenta cioè come una posta in gioco, un oggetto conteso all’interno di rapporti di potere. 3-ORDINE SOCIALE E POTERESecondo DURKHEIM l’ordine sociale di una società è dato dal lento processo di sedimentazione e selezione di norme e forme organizzate di relazioni tra i suoi membri. Tale processo non si può considerare mai del tutto compiuto o definitivo. Esso infatti tende ad essere superato, sostituito, almeno in parte, da un ordine sociale diverso. Il processo di socializzazione non è sempre efficace in quanto l’esperienza di vita sociale di ogni collettività è sempre segnata dalla presenza di forme variegate di devianza e di crimine, di violenze e di soprusi e discriminazioni, di conflitti e lotte e per l’accesso alle risorse e per il riconoscimento dei diritti individuali e collettivi. L’ordine sociale è quindi una condizione di stabilità solo relativa, mai assoluta o definitiva, cui concorrono diversi fattori. Il processo di socializzazione è uno di questi. La logica su cui si fonda tale processo è di tipo educativo, nel senso che mira ad ottenere col tempo un’adesione spontanea degli individui alle norme e una loro maggiore integrazione nel sistema di ruoli e relazioni sociali. DURKHEIM richiama l’attenzione anche su un secondo fattore ovvero il sistema di sanzioni. La società infatti può intraprendere un azione di tipo sanzionatorio per indurre i singoli individui ad adottare comportamenti conformi al sistema di norme. Essa può assumere forme diverse che vanno dalla riprovazione sociale (atteggiamenti di disapprovazione, indignazione, emarginazione)alla punizione vera e propria, fino alla repressione. Può penalizzare gli individui sul piano morale o nella loro immagine pubblica compromettendo la possibilità di una loro integrazione o il mantenimento di un ordine sociale. DURKHEIM si sofferma principalmente sulla funzione positiva dei meccanismi di controllo e nella sua prospettiva interpretativa il controllo sociale si scompone in una duplice funzione: persuasiva e dissuasiva. Serve a persuadere i membri di una collettività a comportarsi secondo le norme e serve al contempo a dissuadere i membri da comportamenti devianti (azione preventiva) o a dissuadere coloro i quali hanno già posto in essere comportamenti devianti dal metterli nuovamente in atto(azione rieducativa). Secondo quindi questa seconda interpretazione il controllo sociale è un meccanismo ambivalente di regolazione dei comportamenti e delle relazioni sociali tra gli individui. L’ordine sociale seleziona norme e forme di relazioni che attengono alle diverse sfere di vita sociale: quella culturale, quella economica e quella politica. Alla prima fanno riferimento i valori, le credenze, costumi, modelli di comportamento e le pratiche collettive. Alla sfera economica, le norme che rispecchiano i modi di organizzazione della produzione e della circolazione di beni. A quella politica, le forme di relazioni del sistema di governo della collettività. Vi sono tre corollari in relazione a quanto finora detto: il primo riguarda la presunta armonia dell’ordine sociale. In una situazione ideale le norme e le forme delle relazioni che concorrono a identificare un orine sociale dovrebbero essere tra loro coerenti. Un principio di riferimento alla sfera culturale ad esempio potrebbe contraddirne uno della sfera economica. Il secondo corollario riguarda il tipo di emanazione dell’ordine sociale. Esso dovrebbe essere un emanazione della collettività nel suo insieme. Più spesso accade invece che esso assunto come riferimento sia in effetti espressione di una componente sociale dominante. Il terzo ed ultimo riguarda il principio che porta al costruirsi e progressivo mutarsi di un ordine sociale. Tale processo avviene secondo due logiche differenti. Una di tipo cumulativo per cui si può affermare che l’ordine sociale è il frutto di una lenta sedimentazione di norme e forme di relazioni sociali. Una di tipo selettivo dal momento che l’ordine è al contempo espressione di una continua selezione tra possibili norme e forme di relazioni sociali tra loro alternative. Da questa resistenza al cambiamento deriva un ulteriore elemento di incertezza o potenziale debolezza dell’ordine sociale riconoscibile nel fatto che si producono diversi orientamenti ovvero disorientamenti culturali tra una generazione e un'altra. Gli effetti delle contraddizioni che ricadono sull’ordine sociale e sulla sua stabilità vengono in parte annullati da due specifici meccanismo di autocompensazione e di riproduzione di ogni sistema sociale. Il primo di questi consiste nella capacità del sistema sociale stesso di accettare e sopportare una certa quantità di comportamenti individuali e collettivi con l’ordine sociale esistente. Il secondo meccanismo consiste in una sorta di inconsapevole reificazione dell’ordine sociale che deriva dal fatto che la maggior parte dei membri della società in questione si comporta esattamente come se l’ordine fosse effettivamente esistente e vincolante. Se l’azione persuasiva dei processi di socializzazione unita ai meccanismi ora descritti non risultino efficienti, la riaffermazione e difesa di un certo ordine sociale viene affidata ai sistemi di sanzione che agiscono sul piano della dissuasione. Molti sociologi attuano una distinzione tra potere consensuale e potere coercitivo. Un potere può considerarsi consensuale se il suo esercizio produce un diffuso consenso tra coloro i quali sono ad esso sottoposti. Esso presuppone sia una formale legittimazione dei soggetti, che il potere lo detengono e lo esercitano, sia una sostanziale accettazione delle sue implicazioni. Per contro un potere è coercitivo quando chi lo esercita persegue l’obbedienza e la conformità ricorrendo prevalentemente alla minaccia o all’uso di sanzioni negative, non contando né sulla piena legittimazione né sulla prevalente accettazione delle sue azioni e delle sue decisioni da parte dei soggetti ad esso sottoposti. Nella realtà questa distinzione non è così netta. In generale quindi useremo il termine “potere consensuale” per indicare un tipo di potere che produce una situazione di accettazione tale da non mettere in discussione la legittimità del ruolo di chi detiene ed esercita il potere; l’accettazione del potere è espressione della consapevolezza che lo stesso potere esistente è in quel momento il solo riconoscibile fosse anche perché non si intravede un alternativa ad esso. Di potere coercitvo invece parliamo per indicare quelle situazioni in cui chi detiene il potere ricorre a forme di sanzione per contenere le espressioni di dissenso. Ulteriori distinzioni del potere riguardano quello visibile e quello nascosto, quello effettivo e quello potenziale. Un potere può definirsi visibile quando è esercitato in modo esplicito e al contempo è riconosciuto come tale da chi ad esso sottoposto. Al contrario è nascosto quando chi lo detiene e lo esercita tende a celare la propria posizione. Il potere effettivo è quello che produce conseguenze su coloro i quali sono sottoposti ad esso ossia se realmente determina la loro condotta o condiziona i loro orientamenti. Si parla di potere potenziale per riferirsi alla possibilità che un soggetto ha di determinare la condotta o condizionare gli orientamenti di altri soggetti. ETZIONI introduce una tripartizione delle modalità di conquista ed esercizio del potere a seconda del prevalere: della forza e della coercizione, dell’induzione e della persuasione o della manipolazione. A proposito della prima modalità occorre precisare che le azioni poste in essere per ottenere obbedienza possono configurarsi come sanzionatorie o repressive. Nel caso del potere basato sulle sanzioni, la volontà del soggetto che esercita il potere prevale sulla volontà di chi è ad esso sottoposto ma ciò non significa che egli perda la possibilità di scegliere. In generale egli adotta una strategia di adattamento della propria condotta ai vincoli derivanti dalla minaccia delle sanzioni. Nel caso invece di un potere basato sulla forza, gli spazi di espressione e di scelta di coloro i quali sono sottoposti al potere vengono ridotti, a volte annullati. Con il termine induzione ci si riferisce ad ogni forma di remunerazione, di promessa, di compenso o di corruzione messa in atto da chi detiene il potere per garantirsi il consenso, il sostegno o la complicità dei sottoposti. Chi ricorre alla persuasione tende a fornire argomentazioni a sostegno dell’opportunità delle proprie scelte e della validità e superiorità dei propri orientamenti ovvero a giustificare il proprio operato. Chi fonda il proprio potere sulla manipolazione invece tende ad esercitare in modo occulto un influenza sulle idee, le valutazioni e le preferenze altrui. Chi adotta la persuasione quindi è interessato ad ottenere approvazione da parte di coloro che sono i destinatari della propria azione di potere mentre chi adotta la manipolazione preferisce piuttosto disorientarli. AUTORITA’ E LEGITTIMAZIONE: la legittimazione è da considerarsi come il prodotto di un processo di giustificazione del potere che porta coloro i quali sono ad esso sottoposti a darsi delle stabili ragioni della loro accettazione ovvero a riconoscere ai soggetti che detengono il potere il diritto di esercitarlo e ad essi l’obbligo di accettarlo e conformarsi alle sue prescrizioni. Tale processo è di norma di natura sociale nel senso che le ragioni che giustificano il riconoscimento di legittimità di un potere e che motivano i singoli individui a conformarsi alle sue prescrizioni sono elaborate dalla collettività cui i singoli individui appartengono. Sono quindi le giustificazioni con valenza collettiva dell’esercizio di potere a fondare realmente la legittimità del potere e non quelle del singolo individuo. WEBER introduce una distinzion3 tra tre tipi di potere legittimo: quello tradizionale che poggia sulla credenza nel carattere sacro delle tradizioni e sul diritto esclusivo di chi esercita il potere in virtù di queste tradizioni, il potere carismatico che si fonda sulla credenza nel carattere straordinario, nella forza e nel valore esemplare di chi lo esercita ed infine il potere legale o razionale. 4-LA RELIGIONEIn WEBER la religione è interpretata quale fattore di mutamento sociale. I fondatori delle grandi religioni rappresentano l’intervento dello straordinario nella vita ordinaria: il profeta ha qualità straordinarie, ha un carisma che affascina comunità di seguaci. Il carisma non deve rendere conto al mondo perché lascia sperimentare l’esistenza di un altro mondo. Il nucleo originario di una religione nasce da un riconoscimento da parte di un gruppo di seguaci di qualità eccezionali e non episodicamente dimostrate. È la forza del carisma personale a generare una relazione sociale estranea alle logiche del mondo. È il carisma che ha la capacità di far nascere una nuova religione ma esso è provvisorio per sua stessa natura: per quanto lunga possa essere l’esistenza del gruppo carismatico, essa non può superare la morte del suo leader. E con la sua morte bisogno sostituire il leader tenendo custodita la veridicità del suo pensiero. 5-LAVORO E STRATIFICAZIONE SOCIALEPer lavoro bisogna intendere lo svolgimento di attività fisiche e mentali tese a produrre beni materiali e immateriali di utilità personale e collettiva. L’idea di lavoro fa riferimento all’azione creatrice dell’uomo volta a soddisfare quei bisogni essenziali che si presentano nei diversi stadi del corso della vita. Il lavoro è quindi innanzitutto attività economica, intendendo con questo qualcosa di più ampio e profondo del mero scambio monetario. Non sempre il lavoro ha come fine esclusivo la soddisfazione di beni materiali. Ad esempio vi sono attività non retribuite come ad esempio il lavoro della casalinga. È dunque corretto definire “lavoro” sia le attività svolte in cambio di denaro sia quelle senza ricompensa monetaria. Questa definizione è tuttavia in contrasto con l’accezione comune che si ha oggi del lavoro. Nella nostra epoca il lavoro è inteso essenzialmente come occupazione. Per occupazione intendiamo un’attività lavorativa svolta in cambio di un salario o di uno stipendio. Oggi dire lavoro o occupazione è praticamente la stessa cosa: questa sovrapposizione di significati è questione che riguarda la nascita e la diffusione del sistema capitalistico di produzione e la generalizzazione di un mercato del lavoro. Il tema della stratificazione sociale è connesso a quello del lavoro. Per stratificazione sociale intendiamo l’esistenza di gruppi differenziati all’interno di una determinata società, disposti l’uno sull’altro in modo da formare una struttura verticale. L’idea di stratificazione fa riferimento quindi sia all’esistenza di differenze nel corpo sociale che alla loro disposizione in base ad un ordine gerarchico, dov’è possibile individuare gruppi in posizione dominante e gruppi in posizione subordinata. I sistemi di stratificazione sociale succedutisi nella storia sono quattro: schiavitù, caste, ceti e classi. La schiavitù rappresenta la forma più estrema di disuguaglianza. La persona ridotta in schiavitù era letteralmente resa oggetto di proprietà da parte di un'altra. Generalmente la schiavitù è associata a economie arretrate e scarsamente dotate dal punto di vista tecnologico. Ma essa è tuttavia ricomparsa ai giorni nostri, in un mondo attraversato da nuove e profonde fratture sociali ed economiche, dimostrando che essa può anche convivere con economie tecnologicamente avanzate. Il sistema delle caste riguarda essenzialmente l’India. Esso consiste in una rigida compartimentazione della popolazione in gruppi chiusi,detti caste, ordinati gerarchicamente in base al diverso status riconosciuto a ciascuna di esse. Il sistema è regolato dai principi dell’induismo in base ai quali la società si divide in quattro caste generali a loro volta suddivise in sottocaste. Il sistema è regolato dal principio religioso della purezza presente in massimo grado nella caste più elevata e declinante man mano che ci si sposta verso il basso. In base ad esso le caste sono rigidamente separate tra loro. Vi si accede solo per la nascita e vi si rimane fino alla morte. Alla base della piramide delle caste si trovano gli intoccabili. Il ceto è un gruppo sociale che si definisce in base alla quantità di onore e prestigio attribuita ai suoi membri da parte degli altri membri della società in virtù della legge,della religione e della tradizione. Il criterio su cui si basa la distinzione dei ceti tra loro è quindi quello dello status. A differenza del sistema delle caste qui la religione fornisce solo una cornice generale allo stato delle cose, e le stesse leggi non impediscono di passare da un ceto all’altro. Una classe sociale si può definire come un ampio aggregato di persone caratterizzato dalla condivisione, per grandi linee, della stessa collocazione nella divisione sociale del lavoro, del medesimo grado di status, dello stesso livello di reddito e di una comune sottocultura. Le caratteristiche generali del sistema di stratificazione si possono riassumere in questi punti: • I principi che regolano tale sistema sono il rapporto che gli individui hanno con il sistema produttivo,il posto che occupano nella struttura occupazione, il livello di reddito che ne ricavano e gli stili di consumo che riesco a realizzare. • L’appartenenza ad una classe sociale non è prescritta né regolata dalla legge o dalla religione, e neppure dalla nascita: le persone nascono in un determinato ambiente sociale ma possono distaccarsene a seconda della direzione che prendono nella loro vita (il figlio di un operario può conseguire una laurea ad es.) questo sistema garantisce quindi la mobilità sociale, ovvero di cambiare la classe sociale a cui si appartiene sin dalla nascita per entrare a far parte di una classe più elevata. • I membri di una stessa classe sociale condividono un senso di identificazione e appartenenza ad essa, sperimentano tra loro relazioni egualitarie, praticano la solidarietà interna al gruppo. Nei confronti delle altre classi sociali tende invece a prevalere un senso di alterità derivante dalla percezione della diversità della propria posizione e dei propri interessi. • Ciascuna classe sociale condivide un particolare insieme di valori, di stili di vita e di consumo, che ne orienta le scelte e i comportamenti. IL CONTRIBUTO DI MARX: per Marx il capitalismo è un modo di produzione basato su una netta separazione nella società tra coloro che controllano i mezzi di produzione da un lato, e lavoratori liberi dai vincoli dell’economia tradizionale dall’altro. I primi(i capitalisti) utilizzano il lavoro dei secondi per realizzare un profitto; i secondi (i proletari) ricevono in cambio un salario. Quello che il capitalista paga