L’età moderna (dall’Europa guidata dai grandi poteri universali all’equilibrio tra le nazioni). L’unità medievale della Res publica Christiana, che non è ovviamente l’attuale Europa ma possibile anticipazione della stessa, viene dispersa nell’età moderna a favore di altre entità politiche: gli Stati-nazione. Tutto ciò tuttavia non cancella definitivamente la coscienza di essere una unità più ampia L’unità medievale della Res publica Christiana, che non è ovviamente l’attuale Europa ma possibile anticipazione della stessa, viene dispersa nell’età moderna a favore di altre entità politiche: gli Stati nazione. Tutto ciò tuttavia non cancella definitivamente la coscienza di essere una unità più ampia. Ma prima di tutto osserviamo l’evoluzione dell’Europa degli Stati nazionali. La nascita dello Stato nazionale L’ideale medioevale di un potere universale retto dalla diarchia della Chiesa e dell’Impero, in cui consiste il primo abbozzo di una coesione che possiamo chiamare europea, si rompe nell’età moderna. Ciò accade anche a causa della nascita dello Stato moderno. Tuttavia, pur in crisi, rimane presente una debole forma di riferimento comune tra gli Stati europei, che prenderà più forme. Dal punto di vista dei rapporti tra i popoli europei, esso prenderà forma in una politica di equilibrio tra gli Stati, necessaria per sostituire in qualche modo l’autorità dell’Impero. Percorso iconografico (vedi sul file in .mov) • Francia e Inghilterra nel 1223 • L’Europa alla metà del secolo XV • L’Europa durante la Riforma • L’Europa dopo la pace di Westfalia -1649• L’Europa dopo il Congresso di Vienna -1815- L’equilibrio delle nazioni Dalla pace di Westfalia, al Congresso di Vienna, al congresso di Berlino, i rapporti politici all’interno dell’Europa sono destinati ad essere determinati dall’ideale della ricerca di un difficile equilibrio. Ciò non cambierà neppure con la nascita nell’Ottocento di due nuove importanti nazioni, quali l’Italia e la Germania. Tra i protagonisti di questa politica ricordiamo il Metternich e il Bismark, interpreti eccellenti di questa strategia. Ma l’idea stessa di Europa (al di là di politiche di compromesso ed equilibrio) non viene a meno. Vi sono momenti in cui la coesione degli europei è come risvegliata di colpo, dopo un lungo torpore. Si può pensare ad esempio alle battaglie contro la pressione islamica. Al di là di ogni falsa retorica, pur spesso presente, effettivamente alcuni momenti furono fondamentali per la conservazione della civiltà cristiana in Europa. Assieme a valori più immediati (potere, commercio, ecc.) in gioco sembrava esservi la stessa esistenza di quella civiltà occidentale chiamata Europa cristiana Si veda, ad esempio, la battaglia di Lepanto (1571) o Il 7 ottobre 1571 i cristiani sbaragliano presso Lepanto la flotta turca. Un centinaio di navi catturate, una cinquantina distrutte, 30.000 Ottomani uccisi o prigionieri. o Una vittoria eclatante, segno della fine imminente della pressione turca sull’Europa. Protagonista di questa vittoria la Sacra Lega tra Spagna, Pontefice e Venezia, uniti da una, per la verità debole, percezione della necessità di difendere l’Europa cristiana. La debolezza della Lega è confermata dal fatto che subito dopo la vittoria prevarranno prospettive politiche diverse tra Venezia e Spagnoli e la flebile unità ritrovata sarà persa. Ciò nonostante Lepanto segnò “la fine di un reale complesso d’inferiorità della Cristianità, la fine di un’ altrettanto reale supremazia turca” -Braudel Inoltre si considerino le battaglie sui Balcani fino alla pace di Carlovitz (1699) o Nel 1683, un potente esercito ottomano si spinge in territorio austriaco e assedia Vienna. o L’Europa rischia di vedersi schiacciata dalla pressione islamica. o L’imperatore fugge e solo un esercito guidato dal polacco Giovanni Sobieski riesce a sconfiggere i Turchi. o L’Europa, seppure tardivamente, si coalizza in una Santa Lega che sviluppa una controffensiva decisiva. o Si giunge così alla pace di Carlowitz che sigla la fine del pericolo turco per l’Europa continentale. Altro tratto caratteristico della dimensione europea è uno stile di pensiero ed una modalità di approccio all convivenza politico-sociale. Si può affermare che permane e si evolve anche uno stile specifico del pensiero politico che caratterizza l’essere europeo. La lenta ma continua elaborazione di una cultura politica “raffinata” . Proseguendo e innovando l’antico senso del diritto romano, i filosofi politici medievali, gli umanisti, i pensatori politici del Seicento e gli illuministi elaborano una riflessione sui valori della convivenza civile. Tale riflessione, incentrata sulla tolleranza e sulla libertà, diverrà patrimonio indelebile della civiltà europea e americana dopo le Grandi Rivoluzioni del Settecento. Analizziamo tale sviluppo attraverso questi passaggi essenziali: Il pensiero politico tomista In modo particolare Tommaso d’Aquino mise in luce come l’uomo appartenesse a due ordini: quello spirituale e quello civile. Lo Stato deve rispettare l’ordine religioso e altrettanto deve fare la Chiesa nei confronti dell’ordine civile. Dunque le autorità a cui l’uomo è sottoposto non possono essere assolute, debbono limitarsi ad ambiti circoscritti. Nessuno Stato, in tal prospettiva, può pretendere di determinare interamente la vita dell’uomo. Peraltro l’uomo, nella sua libertà, (dimensione essenziale per il rapporto religioso) sfugge alle programmazioni sociali. Infine Tommaso ci ricorda che l’uomo è l’unica specie vivente in cui il valore dell’individuo sopravanza il valore del genere. Il giusnaturalismo Nel corso del Seicento, la consapevolezza dell’ esistenza di diritti che appartengono all’uomo per natura (ovvero per il fatto stesso che è uomo) si precisa notevolmente; questo punto fermo diviene un importante riferimento per le successive elaborazioni politiche. Qualsiasi autorità, anche lo Stato, non può in alcun modo alienare (togliere) i diritti naturali dell’uomo. Essi, quindi, dovranno essere garantiti a tutti, a prescindere da altre distinzioni (sociali, religiose, economiche). L’uomo è sempre più cittadino e sempre meno suddito. Locke In maniera chiara e convincente, Locke arretra la sfera di potere dello Stato al di là del confine dei diritti naturali dell’uomo. Diritto alla indipendenza, diritto alla libertà, diritto alla autodifesa sono elementi basilari che lo Stato deve rispettare. Uno Stato che non rispetti questi diritti o, nel caso del diritto alla autodifesa, non li eserciti in nome del cittadino, può essere abbattuto. Lo Stato inoltre deve rispettare la coscienza del cittadino. Nessuna imposizione religiosa, nessuna pressione sulla coscienza dell’uomo è pertinente con la politica dello Stato. L’Illuminismo Le idee del Locke genereranno una feconda stagione di riflessione politica, durante l’età dell’Illuminismo. Nascerà qui l’idea dell’equilibrio e autolimitazione del potere, con il principio chiarito dal Montesquieu della divisione dei tre poteri principali: legislativo, esecutivo, giudiziario. Con il Rousseau, peraltro, la coscienza europea si soffermerà sull’idea di giustizia e di equità, espressa nel concetto di volontà generale. Rousseau infatti sostiene che lo Stato legittimo è solo quello che agisce in nome della “volontà generale amante del bene comune” La dominazione coloniale. Occorre però fare un’ulteriore considerazione. L’Europa nell’Ottocento segna la sua apoteosi ma anche gli elementi di una più profonda crisi. L’Imperialismo L’Europa nel corso dell’Ottocento si pone come potenza dominante a livello mondiale. Questo fatto, che perdurerà almeno fino alle due Guerre mondiali, momento in cui gli Stati Uniti si affiancheranno e sopravanzeranno il vecchio continente, è portatore di numerose contraddizioni, interne ed esterne. Da una parte si sviluppano situazioni di grave sperequazione sociale, politica ed economica in varie parti del mondo, dall’altra gli stessi Stati europei saranno condotti da tale politica ad esaltare la guerra e la potenza come riferimenti prioritari. CARTINA (vedi file in pdf) Colonialismo XIX sec. La grande crisi: Europa e nazionalismi. Il nazionalismo, da non confondere con l’idea di nazione), che si sviluppa in maniera particolare a partire dal primo Novecento, risulta un nemico assai pericoloso per l’Europa. Descriveremo questa grave crisi, che sembrava affossare l’idea stessa di Europa, attraverso tre passaggi distinti. La nascita del nazionalismo e dell’irrazionalismo politico ai primi del Novecento Alla fine dell’Ottocento ed all’inizio del Novecento si sviluppano in Europa movimenti che inneggiano alla forza nazionale. Ispirati dalle idee vitaliste ed irrazionaliste, secondo le quali l’uomo è forza vitale che deve affermarsi sopra ogni cosa e oltre ad ogni valore, questi movimenti inneggiano ad una politica di conquista e di egemonia della nazione. Lo strumento per ottenere ciò è la guerra, ritenuta nobile, giusta, desiderabile. La Grande Guerra Seguendo i movimenti nazionalisti, seguendo cioè una politica che ha abbandonato la vecchia idea dell’equilibrio e del compromesso di forze, l’Europa si trova in guerra. La Grande guerra è un momento grave perché, oltre a milioni di morti, genera un odio interno, un’ostilità marcata tra le nazioni europee. La Francia contro la Germania, l’Italia contro il resto dell’ Europa a causa della “Vittoria mutilata”, l’allontanamento definitivo della Russia, divenuta URSS, dal contesto europeo… Come dicevamo si perde del tutto quella politica di equilibrio che aveva caratterizzato l’Europa dell’Ottocento. Il tentativo di porre un’istituzione sovranazionale di respiro mondiale (la Società delle Nazioni, nata nel 1919, antenata dell’attuale ONU) fallisce e rimangono aperte in Europa gravi contraddizioni. Incapace di operare una politica unitaria l’Europa genera le condizioni entro le quali matura un nuovo gravissimo conflitto. Il nazismo e la Seconda Guerra mondiale Il movimento politico del nazismo in particolare inneggia a miti e valori pre-cristiani, paganeggianti, ispirati ai valori della razza e del sangue. L’idea che si debba ricostituire un’età in cui la razza ariana, non inquinata da elementi esterni (razionalismo, intellettualismo, democraticismo, ecc.) sintetizzati nella realtà ebraica, porta al definitivo tramonto di quella identità europea che aveva generato le cattedrali, le idee di tolleranza e libertà, il progresso della scienza, ... in una parola un popolo desideroso di vivere in pace. Sintetico e chiarissimo il seguente documento: «Hitler sognava di estirpare la religione cristiana e di sostituirla con un nuovo culto e una nuova morale, “una fede forte ed eroica...in un invisibile Iddio del destino e del sangue”. Stavano a disposizione del “grande semplificatore” tutte le dottrine pangermaniste, le teorie razziste, le semplici credenze popolari che proliferavano in Germania; da esse egli trasse la materie prima per facili e accessibili dogmi. (...) ...L’anima della razza, il sangue, il Volk, oggetti di sacra reverenza, resterebbero nozioni vaghe e fluide se non fossero rese tangibili agli occhi dei fedeli opponendo ad esse un’antirazza, un antipopolo» L. Poliakov, Il nazismo e lo stermino degli Ebrei, Torino 1961 L’aggressività nazista è figlia di una cultura che si distacca dalla fonte europea e che rimanda ad altri “culti”. Essa, complice la debolezza della politica delle nazioni europee, porterà ad un nuovo conflitto che assumerà toni e forme atroci, rimaste segnate in maniera indelebile negli occhi e nelle menti degli europei.