Anno A 2ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Is 49,3.5-6 - Ti renderò luce delle nazioni, perché tu porti la mia salvezza. Dal Salmo 39 - Rit.: Ecco, io vengo, Signore, per fare la tua volontà. 1 Cor 1,1-3 - Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Alleluia. Gv 1,29-34 - Ecco l’agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo! I chiamati ad essere santi Il passo, nella sua brevità, contiene importanti concetti sull’apostolato di s. Paolo, sulla santità dei cristiani e sulla divinità di Gesù Cristo. Apostolo per volontà di Dio (v. 1) Paolo si definisce apostolo di Gesù Cristo al pari dei Dodici scelti da Gesù. Il suo apostolato ha le più grandi garanzie perché si fonda sulla chiamata di Cristo e sulla volontà di Dio. Si chiederà infatti più avanti: «Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro?» (1 Cor 9,1). E ai Galati dichiarerà: «Colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me il suo Figlio perché lo annunciassi in mezzo ai pagani» (Gal 1,15-16). Al proprio saluto Paolo unisce quello di Sostene, un carissimo suo collaboratore, che egli chiama fratello, sottolineando così il vero tipo di rapporto esistente tra i cristiani. Con ogni probabilità questo cristiano è quel Sostene di cui parlano gli Atti degli Apostoli, capo della sinagoga di Corinto (cf At 18,17). La Chiesa di Dio (v. 2a) Paolo rivolge la sua lettera alla Chiesa di Dio che è in Corinto: espressione caratteristica nei suoi scritti. La Chiesa di Dio non si esaurisce in una comunità puramente locale, chiusa e isolata, ma sottolinea l’aspetto primario della Chiesa, che è di essere universale e che si realizza a Corinto come altrove, per partecipazione. Essa è distinta da ogni altra società religiosa o profana; è il vero popolo di Dio dell’Antico Testamento. È composta di tutti coloro che in ogni luogo professano la stessa fede in Cristo. Ciò dimostra l’unità della Chiesa: tutti i cristiani, infatti, benché separati di luogo, formano un’unica Chiesa, un unico Corpo, che è il Corpo mistico di Gesù Cristo. È detta Chiesa di Dio perché è da Dio, in Dio e per Dio, voluta da lui; si riunisce per onorare Dio, e avendo il suo fondamento in Dio è da lui governata. Chiamati ad essere santi (v. 2b) La santità nell’Antico Testamento consisteva nell’essere consacrati a Dio. Santo era colui che apparteneva al popolo di Dio e realizzava concretamente la sua vocazione (cf Es 22,30; Lv 11,44ss). Dopo il ripudio d’Israele il titolo passa ai cristiani. Nel Nuovo Testamento l’uomo è chiamato soprattutto santo non a motivo della sua perfezione morale e religiosa, ma in forza di una vocazione con la quale Dio lo chiama a essere membro del suo popolo consacrato e gli affida una missione. 2ª Domenica del Tempo Ordinario - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici 1 I cristiani di Gerusalemme, appartenenti alla Chiesa che rappresentava il resto di Israele ed era la Chiesa-madre di quelle sorte nel mondo pagano, avevano un titolo particolare per essere chiamati santi (cf 1 Cor 16,1; 2 Cor 8,4; 9,12). Dalla Chiesa di Gerusalemme l’appellativo è passato a tutti i cristiani (cf Rm 1,7; 12,13). I fedeli di Corinto, proprio perché membri di una convocazione (= ecclesía) che si fonda su una libera e gratificante elezione di Dio (cf 1 Cor 1,9.26-31) più che su una personale e umana decisione, acquistano la santità dalla loro stessa vocazione. Essi quindi non vengono chiamati ad essere santi nel senso di una santità morale ancora da raggiungersi col loro sforzo individuale, quanto piuttosto santi per chiamata, per sottolineare una già acquistata santità ontologica ricevuta in dono. Nella seconda lettera alla stessa comunità Paolo chiamerà i cristiani di Corinto semplicemente santi (cf 2 Cor 1,1). Dio, chiamando i cristiani alla fede, li ha separati dagli altri uomini, li ha liberati dal peccato col battesimo e li ha fatti partecipi della sua vita divina con l’obbligo di una vita nuova corrispondente alle esigenze dello spirito. Va da sé, infatti, che la vocazione implica ed esige la santità della vita (cf 1 Cor 5,7). Ma vi è un altro titolo per la loro santificazione. I chiamati a far parte della comunità cristiana sono stati santificati in Cristo Gesù in forza della loro intima e vitale unione con lui; a Cristo sono stati incorporati; posti in stato di santità, sono stati separati dal resto degli uomini; perciò santo è sinonimo di cristiano (cf 1 Cor 6,1ss). Come credenti e battezzati, sono diventati proprietà esclusiva di Cristo, gli appartengono come le membra appartengono al Corpo; questa condizione oggettiva si tradurrà in una vita di obbedienza, che realizzerà concretamente quel che è di diritto. Le membra del corpo dei credenti sono diventate membra di Cristo (cf Rm 12,4-5; 1 Cor 6,15; 12,12-27). I credenti quindi devono progredire nella santificazione, per realizzare la santità che è stata data loro in Cristo Gesù. Il nome del Signore nostro Gesù Cristo (v. 2c) S. Paolo rivolge la sua lettera a tutti coloro che invocano il nome del Signore Gesù Cristo, cioè a tutti i cristiani dell’Acaia; viene però indirizzata in modo particolare ai cristiani di Corinto, che ne era la capitale. Coloro che invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo sono quelli che riconoscono Gesù come Dio, poiché nell’Antico Testamento invocare il nome del Signore significa pregare e adorare Dio. L’espressione Signore nostro Gesù Cristo è diventata nel Nuovo una designazione di Cristo, caratteristica dei cristiani. Il Nuovo Testamento cita questo testo trasferendo a Gesù quello che l’Antico dice di Dio (cf At 2,21; Rm 10,13). L’applicazione a Gesù del titolo di Signore, riservato a Dio nell’Antico Testamento, significa che nel pensiero dei primi cristiani l’opera di Cristo era l’opera di Dio. Grazia e pace (v. 3) Il brano si chiude con un augurio: «Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo». Paolo non separa mai la grazia dalla pace, perché sono due beni da desiderarsi assolutamente e di continuo per noi e per gli altri. La grazia è il favore paterno di Dio che fa santi, diletti e amici suoi, che opera per la felicità del suo popolo, atteggiamento non più d’ira, ma di benevolenza verso di noi. La pace è quella portata da Cristo, il quale ci ha riconciliati con Dio (cf 2 Cor 5,18-19). È la pace della buona coscienza, il frutto della grazia e il germe della pace eterna. È pure la vita della Chiesa intera in quanto diretta e protetta da Dio. Nella elargizione di questi doni divini s. Paolo mette sullo stesso piano il Padre e il Cristo Signore, assiso ormai alla sua destra. Riflessioni pratiche 2ª Domenica del Tempo Ordinario - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici 2 Ognuno di noi è chiamato da Dio a svolgere una missione nella sua vita. Viviamo consapevoli di questa chiamata e cerchiamo di attuarla con impegno. Come cristiani, siamo stati fatti partecipi della vita divina, chiamati alla santità. Dobbiamo quindi corrispondere, con una vita santa, alla nostra vocazione. Come membri della comunità locale sentiamoci partecipi della Chiesa universale. Facciamo un sincero atto di fede nella divinità di Gesù Cristo, invocando la grazia del Padre e la pace della buona coscienza. 2ª Domenica del Tempo Ordinario - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici 3