Convegno di Pianazze per il cammino pastorale dell

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Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Servizio Documentazione
Pianazze, Villa Regina Mundi
Convegno di Pianazze
per il cammino pastorale
dell’anno 2003/2004
«…Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19, 7)»
La famiglia cristiana:
soggetto della formazione alla vita di fede.
7 settembre 2003
Incontro dibattito:
“Essere famiglia nella società di oggi”
Autorità presenti: Sindaco di Piacenza Roberto Reggi, Assessore alle abitazioni Mazzoli
Leonardo, Consigliere Marco Marippi, Silvio Bisotti presidente Piacenza Expo.
Dott. Francesco Belletti,
Direttore Centro Internazionale Studi Famiglia
“Famiglia e famiglie: uno sguardo alla situazione italiana”
0. Premessa
0.1. La contestualizzazione della famiglia nella società italiana
Mettendoci d’accordo ci siamo divisi un po’ i compiti, e a me spetta “la contestualizzazione della
famiglia nella società italiana”. Evidentemente questa è già una scelta, come dire che le cose che
succedono nella e alla famiglia c’entrano molto con quello che ci capita attorno. Quindi la famiglia
non è un sistema chiuso, cioè persone che agiscono solo dentro la famiglia, ma la famiglia è
costantemente sfidata dalla società che può essere sostenuta o minacciata.
Pensiamo a quello che fa la televisione alla famiglia, che porta notizie e informazioni e grandi
opportunità positive, ma anche grandi rischi e difficoltà e problematicità; e ogni famiglia deve fare i
conti con questo “membro” in più che ha in casa. Qualcuno può decidere di non averlo del tutto,
qualcuno può decidere di parlarci ogni tanto, qualcuno può decidere di averlo sempre acceso; non è
che la televisione in sé sia necessariamente il “demonio in famiglia”, ma può diventarlo.
Questo succede con tutto: con la relazione nella scuola, nei confronti delle politiche, e anche nei
confronti della comunità ecclesiale. Come dire che ogni famiglia può guardare quel che succede alla
comunità ecclesiale, alla vita parrocchiale e al contesto esterno considerandola una opportunità o
una competizione.
Se tuo figlio di diciotto anni esce tutte le sere, perché va in un gruppo o si coinvolge in una certa
attività, allora tu ti domandi: sarà giusto o non sarà giusto?
La famiglia non è un sistema chiuso, quindi la qualità dell’esperienza familiare dipende da quello
che fanno i genitori, dal modo in cui i genitori e i figli si parlano, da quello che succede dentro, ma
dipende anche e molto da quello che succede nella relazione con l’esterno.
Quindi questo è il punto di vista che vi propongo.
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Per cui, per esempio, se anche nel vostro Documento c’è scritto che crescono le separazioni e i
divorzi, questo dipende da quello che succede nella coppia, ma dipende anche da quello che
succede alla coppia quando è nella società, alla singola persona quando lavora… e via discorrendo.
1. CENSIS: Come la famiglia si è comportata rispetto ai comportamenti
economici
Per partire utilizzo una riflessione che ha sviluppato il CENSIS sulla famiglia, che legge la famiglia
fondamentalmente dal punto di vista economico: come la famiglia si è comportata rispetto ai
comportamenti economici?
L’economia centra molto con quello che succede alla famiglia; è un’altro degli ambiti in cui la
famiglia viene sfidata.
In effetti, noi ci preoccupiamo delle famiglie povere che hanno problemi di risorse, ma magari ci
preoccupiamo anche della famiglia a “doppia carriera”, quella famiglia che investe tutto il tempo
del padre e della madre in attività professionale, anziché in compiti di cura e educativi.
Quindi il rapporto famiglia/economia, famiglia/mondo economico, è una delle cose che oggi
caratterizza e qualifica l’esperienza familiare.
Per esempio, a livello macro economico, pensando al cosiddetto sistema Italia, si sapeva da molto
tempo che il patrimonio di risparmio, la capacità di accantonamento del “sistema Italia” era
fondamentalmente la capacità di risparmio delle famiglie e non del mondo economico in quanto
tale.
1. Le quattro tipologie dei comportamenti economici delle famiglie
Il CENSIS individua queste quattro tipologie di famiglie negli anni ’70, ’80, ’90 e 2000.
1.0.1. La “famiglia combinatoria” degli anni settanta
La prima è la famiglia degli anni settanta e viene definita “famiglia combinatoria”, cioè una
famiglia che fondamentalmente sceglie di andare a cercare risorse economiche. Negli anni settanta
cresce tantissimo la partecipazione al mercato del lavoro di entrambi i partner. Quindi è una
famiglia che ha come obiettivo principale il miglioramento della propria condizione economica,
così che cresce contemporaneamente la propensione al risparmio.
Il primo passaggio, la prima scelta economica, era: “lavorare di più”, “lavorare tutti”. Con quale
obiettivo primario? L’obiettivo primario di questa famiglia (ed è un obiettivo che rimane per tutti
questi quarant’anni) è il futuro dei figli. Cioè i comportamenti economici delle famiglie sono
prevalentemente determinati dal come costruire un futuro migliore per i propri figli; che è un
obiettivo in cui ci si ritrova ancora oggi.
Quindi la scelta fatta negli anni settanta è di cominciare ad accantonare, a risparmiare. Infatti, la
“famiglia combinatoria”, significa: cercare più risorse.
1.0.2. La “famiglia S.P.A.”
Negli anni ottanta viene fuori la famiglia “spa” (queste formule del Censis sono molto
fantasiose). La “famiglia S.P.A.” indica che diventano soggetti che trasformano il loro risparmio.
Quindi comincia l’acquisto dei BOT, si crea il “popolo dei BOT”, a mettere via i soldi o a investire
in Borsa, cioè a patrimonializzare. La risorsa di queste famiglie non è più tanto la partecipazione al
lavoro, ma è mettere a frutto i risparmi. Questo ha generato negli anni successivi la rischiosità degli
investimenti (nel senso che poi vedremo). Comunque diventa una famiglia che comincia ad
accantonare il proprio patrimonio. La percentuale del reddito capitale sul reddito totale, cioè quanti
soldi le famiglie hanno accantonato anziché guadagnato, passa dal 12% al 18% in tutte le famiglie
in Italia; quindi c’è una progressiva accumulazione.
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Ovviamente questa è una fotografia indifferenziata, perché non tutte le famiglie sono così, ci sono
in questo periodo anche famiglie povere o famiglie molto ricche che non seguono questi parametri,
però complessivamente il grosso delle famiglie vi si riconoscono. In effetti, negli anni ottanta,
cresce la quota delle famiglie medie; in questi ultimi anni abbiamo più famiglie povere, ma in
quegli anni la quota di famiglia sotto la linea di povertà non era particolarmente elevata e tutti
andavano verso questa patrimonializzazione.
1.0.3. La famiglia competitiva
Negli anni novanta, come tipo di famiglia, si ha la “famiglia competitiva”. Cresce la domanda di
redditività di questo patrimonio e quindi la famiglia va molto più in Borsa.
Un’altra caratteristica degli anni novanta è che cresce anche l’investimento privato nel welfare, ed
emerge contemporaneamente la crisi del sistema pubblico. Cioè ci si rende conto che le pensioni
saranno in difficoltà, che la qualità dei servizi sanitari si compra, perché è difficile aspettarsela da
quanto garantisce il Servizio sanitario nazionale. Quindi contando i soldi che le famiglie spendono
per la Sanità si vede che c’è questo spostamento nel tentativo di migliorare le prestazioni
previdenziali, assicurative e anche sanitarie. Quindi abbiamo una famiglia che cerca di migliorare la
propria posizione competitiva nei confronti delle altre famiglie. E questo sempre con una grossa
proiezione sul futuro, cioè si accantonano soldi perché così ai figli resta il patrimonio.
1.0.4. La famiglia chiutor
E nel duemila entra in scena la “famiglia chiutor”. Una famiglia che dopo la “botta della Borsa” (chi
ha comprato titoli argentini… non li vede più) c’è un rallentamento nel rischio, ma c’è una crescita
della cultura assicurativa (la previdenza, le assicurazioni private) e di un nuovo bum
dell’immobiliare. Cioè ritorna “il mattone”, e ovviamente questo investimento è squisitamente
investito sul futuro dei figli.
1.1. L’economia porta ripercussioni sulla qualità del familiare e del relazionale delle famiglie
nei confronti delle nuove generazioni
Queste quattro parole, che rappresentano il percorso dei comportamenti economici delle
famiglie, mi servono innanzitutto per confermare l’idea che quello che succede in economia porta
ripercussioni sulla qualità del familiare, perché il destino del welfare state è a rischio, ha una
ripercussione immediata sulle scelte economiche delle famiglie, cioè dobbiamo fare i conti con i
servizi che abbiamo, con le prospettive previdenziali, ecc.
La seconda idea è che di fatto questo percorso descrive anche la qualità relazionale delle famiglie
nei confronti delle nuove generazioni. Il fatto che finiamo con la “famiglia chiutor” nei confronti
delle nuove generazioni, fa riferimento a questo discorso della famiglia lunga del giovane adulto,
della difficoltà delle nuove generazioni di sposarsi… Tanto è vero che noi normalmente diciamo
che una delle caratteristiche della famiglia italiana e che i figli “non se ne vogliono andare”, perché
la maggior parte dei giovani restano in casa fino ai trentacinque anni, e si fa fatica a fare nuovi
progetti matrimoniali; quindi c’è un grosso “gelo progettuale” delle nuove famiglie.
1.2. La famiglia in Italia tende a proteggere il più possibile il percorso futuro delle nuove
generazioni
Questa parabola della famiglia descrive il modo in cui il sistema familiare nel suo complesso ha
costruito un “meccanismo tutoriale” di assistenza nei confronti delle nuove generazioni. La nostra è
una famiglia che fondamentalmente tenta di proteggere nel maggior grado possibile le nuove
generazioni, cercando di diminuire il più possibile il rischio, che peraltro è parola ineliminabile da
ogni nuovo progetto. Cioè sia chi fa un progetto imprenditoriale, sia molto di più chi fa un progetto
matrimoniale, rischia. Perché una persona, se anche conosce quella ragazza/o da dieci anni, “una
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volta che si sposa entra in casa e chiude la chiave”, dice: “Adesso vediamo se questa nostra
scommessa reciproca va a buon fine oppure no”.
Anche i comportamenti economici sono frutto e causa delle scelte relazionali. Cioè non è che questo
schema del CENSIS descrive solamente le scelte di investimento delle famiglie italiane, ma dice
anche in qualche modo e come si sono costruite le relazioni tra le generazioni nelle famiglie con
questo atteggiamento fondamentalmente assicurativo, previdenziale e garantista da parte dei
genitori. Cioè la famiglia in Italia tende a proteggere il più possibile il percorso futuro delle
nuove generazioni; e questo è uno dei problemi oggi nel contesto culturale della famiglia.
2. La costante interazione tra società e famiglia
Spendere qualche parola su questo m’interessava per sottolineare la costante interazione tra
società e famiglia.
2.1. Nello scontro ideologico del contesto italiano vent’anni fa si discuteva tra chi era a favore
o contro la famiglia
Oggi ragionare di famiglia è molto diverso rispetto a come si ragionava venti anni fa. Nello
scontro ideologico del contesto italiano una volta si discuteva tra chi era a favore o contro la
famiglia. Chi di voi a partecipato a un po’ di discussioni socio-politiche negli anni ’70 e ’80 c’era:
la “morte della famiglia”, la “famiglia sta morendo”, “abbiamo già ammazzato il padre”… ed il
contenzioso era molto forte e vibrato. Si diceva che la famiglia manteneva le donne in condizione di
sudditanza, manteneva le nuove generazioni in situazioni di dipendenza dei genitori, promuoveva
l’autoritarismo, bloccava il cambiamento della società, era controrivoluzionaria, era conservatrice…
Si considerava la famiglia come un freno al cambiamento della società, mentre la società stava per
cambiare, stava per esserci la rivoluzione, ecc.
2.2. Oggi il contenzioso è sull’identità della famiglia e della persona
Oggi questo non c’è più. Invece su tutto l’arco costituzionale tutti sono a favore della famiglia.
Ma il contenzioso oggi su che cosa è? Sull’identità della famiglia. Anzi a dire il vero il
contenzioso è sulla identità della persona, perché in effetti ragioniamo su qual’è l’identità della
famiglia, ma poi se pensiamo alle discussioni sulle procreazione assistita, al discorso
sull’eutanasia… tutte quelle questioni etiche e bioetiche sono sull’idea di persona. E l’idea di
persona è strettamente collegata all’idea di famiglia.
Quindi oggi il contenzioso è: che cos’è la famiglia? E su quello ci si divide ancora, e c’è un certo
dibattito. Mentre tutti dicono che bisogna promuovere e sostenere la famiglia.
2.2.1. La Costituzione italiana afferma che la famiglia è fondata sul matrimonio
Oggettivamente ci sono diversi percorsi per definire la famiglia. Uno è il percorso civilista
costituzionale. In Italia, nel patto costitutivo del nostro vivere sociale, c’è scritto che nella
Costituzione c’è sostanzialmente l’accordo che fonda il nostro stare insieme. Se nella costituzione ci
fosse scritto: “i contenziosi tra i cittadini si risolvono con un duello sulla piazza del comune”; noi
faremo così a gestire la giustizia. Mentre invece nella nostra Costituzione, grazie al Cielo, c’è scritto
che la giustizia verrà amministrata con certe modalità.
E la Costituzione dice anche che cosa ci aspettiamo dalla famiglia, come viene regolata la relazione
tra le persone nel mondo privato; e appunto c’è scritto che la famiglia è fondata sul matrimonio
(II. 29), e c’è tutta una serie di altri ragionamenti che al momento non è necessario illustrare.
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2.2.2 La famiglia fa parte delle libere scelte degli individui ma ha una dimensione sociale
irrinunciabile
Già qui c’è l’idea forte del matrimonio, del patto pubblico assunto davanti alla collettività, cioè non
è solo un affare privato, almeno questo lo afferma la Costituzione. Fare famiglia non è solamente la
libera scelta del modo in cui le persone organizzano la propria vita privata, ma è una cosa che le
persone scelgono in totale libertà. Così anche il voto nella Costituzione è garantito in totale libertà e
segretezza, è una libera scelta.
Così anche la famiglia è una scelta totalmente libera nella nostra società. Però in più si dice che non
è una questione che non riguarda nessuno ma riguarda tutti. Infatti, i promessi sposi vanno
volontariamente davanti al sindaco (o il suo delegato o qualcuno che abbia la fascia tricolore) che di
fronte ai testimoni dichiara che da ora in poi sono una famiglia, e ci è cambiata la nostra identità
sociale. Allora questa è famiglia che fa parte delle libere scelte degli individui ma ha una
dimensione sociale irrinunciabile, e ce lo siamo detti nell’atto costitutivo fondativo.
Quindi questo è un percorso.
2.2.3. Il matrimonio esige che la dimensione orizzontale del libero accordo tra le due persone
sia fatto insieme alla dimensione Trascendente
L’altro percorso è teologico pastorale, cioè andiamo a cercare le motivazioni e le argomentazioni
antropologiche ed ecclesiali che dicono che cos’è fare famiglia: è l’incontro uomo-donna unito
sacramentalmente e orientato alla rigenerazione e al dono della vita (questa è una definizione di
sintesi che avrete sentito molto meglio magari nei “vostri giorni” precedenti), è indissolubile come
promessa reciproca, libera perché la libertà è fondamentale.
Una delle cause di nullità riesumate in questi ultimi anni, anche dai Tribunali ecclesiastici, è proprio
il fatto che se all’atto del matrimonio uno dei due non era libero, il matrimonio è nullo. Allora la
libertà delle persone è nuovamente in gioco; per questo persona-famiglia sono strettamente
congiunte.
La qualità fondamentale di questa definizione teologico-ecclesiale è che ci si sposa in tre, cioè il
matrimonio esige che la dimensione orizzontale del libero accordo tra le due persone sia fatto
insieme alla dimensione Trascendente; almeno mi pare che questa sia la qualità principale. Il
buon Dio entra in questa libera scelta privata; in un approccio religioso alla vita non esiste un
privato separato dalla presenza di Dio, quindi “ci si sposa in tre”, quindi anche in questo caso non è
privatistico.
2.3. Oggi il contenzioso è che tutto è famiglia. Ma è il figlio che ha il diritto alla vita, non è la
coppia che ha diritto ad un figlio.
Oggettivamente oggi il dibattito è: “famiglia di fatto sì”, “famiglia di fatto no”. Il contenzioso,
dicevo prima, non è più tra si o no alla famiglia, ma tutto è famiglia.
La “posizione esterna” è: qualunque libera scelta di vita privata delle persone può essere definita
“famiglia”. Perché due persone che si vogliono bene e decidono di mettere insieme il patrimonio e
vanno ad abitare nella stessa casa non possono essere definite “famiglia”? O peggio ancora: perché
queste due persone non possono avere diritto ad un figlio?
Perché oggi si parla proprio in questi termini, ma con una perversione del linguaggio, perché il
diritto al figlio non ce l’ha neanche la coppia legalmente sposata. Perché, è il figlio che ha il diritto
alla vita, non è la coppia che ha diritto ad un figlio, e anche questa cosa tronca molto la
discussione.
Ma in ogni caso oggi il contenzioso è “la famiglia di fatto”, “le coppie omosessuali”… sono tutte
situazioni che in qualche modo tende ad assimilare l’esperienza familiare.
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2.4. Sulla pluralizzazione delle forme familiari c’è la scelta di fondo interpretativa di una
identità familiare forte
Il CIS (Centro Internazionale Studi Famiglia) ha fatto il settimo rapporto che abbiamo pubblicato
nel 2001; sono 450 pagine sulla pluralizzazione delle forme familiari, e mi tocca rimandarvi a
questo testo per dire come si fa ragionare attorno a questo problema.
Quello che posso dire in questo contesto, in pochi minuti, è che la scelta di fondo interpretativa è
che c’è una identità familiare forte, quindi bisogna riconoscere che c’è fondamentalmente:
 l’eterosessualità, cioè l’incrocio tra l’uomo e la donna;
 l’orientamento alla generatività, che fa parte dell’identità antropologica
del fare famiglia;
 il fatto che sia un patto socialmente rilevante, cioè sia una assunzione di
responsabilità pubblica.
Quindi tutte le altre forme devono confrontarsi con queste tre qualità.
Per esempio, è famiglia una madre sola con un figlio? Sì è famiglia! perché comunque ha alcune di
queste suddette qualità.
Ma una coppia non eterosessuale, non corrisponde a questa qualità, anche se liberamente può vivere
benissimo in questa situazione (ma bisognerà verificare i rapporti patrimoniali), non può essere
assimilata alla famiglia; quindi in qualche modo bisogna darsi un punto di riferimento.
Ma sto facendo un ragionamento che è squisitamente civile, del socio-politico, quindi non è un
ragionamento fondativo teologico, cioè è la società italiana che deve darsi una idea di famiglia.
Altrimenti, se tutto è uguale a tutto vale qualunque scelta, altrimenti si può dire che la famiglia è un
fatto totalmente privato, altrimenti è famiglia ciò che si autodefinisce come tale; ma questo genera
la lontananza tra l’esperienza familiare e il mondo civile. Invece la nostra costituzione e la dinamica
sociale esige che il fare famiglia sia collegato al bene comune.
2.5. Una società non sta in piedi senza una famiglia che ha responsabilità pubbliche
Mi rendo conto che il mio è un ragionamento molto veloce, però l’oggetto del contendere oggi
rispetto a famiglia-famiglie è questo: sappiamo che c’è un contenzioso che è fondamentalmente
culturale e ideologico. La domanda è: una società sta in piedi senza una famiglia che ha
responsabilità pubbliche?
La mia risposta è tendenzialmente no! Oggettivamente non c’è nessuna società a qualunque
latitudine e periodo storico che non si sia articolata su questo luogo sociale fondamentale.
Anche nelle società Polinesiane c’è una idea di famiglia forte che è collegata ai legami tra le
generazioni e tra i sessi. Certo magari nelle isole Polinesiane sono regolati diversamente alcuni
comportamenti, ma l’idea che una società senza famiglia stia in piedi non c’è, non è mai stata
dimostra concretamente. Qualcuno ci ha provato con l’esperienza dei “comuni familiari”, dei
“kibbuz”, dei “bambini educati nel villaggio” nella rivoluzione culturale cinese… Cioè
fondamentalmente ci si è anche resi conto che per “tirare su i cuccioli di uomo” c’è bisogno di un
papà e di una mamma, di una famiglia. Siccome “tirare su i cuccioli d’uomo” è una delle cose che
una società deve fare, allora domandiamocelo.
Infatti, grazie al Cielo, anche nelle politiche sociali le leggi sui minori affermano che “il minore ha
il diritto ad una famiglia, e se i genitori non sono capaci gliene diamo un’altra; ma non li mettiamo
in Istituto perché non corrisponde al bisogno umano e fondamentale di una persona che deve
crescere”.
Allora, tenendo insieme tutto questo, diciamo: la famiglia è centrale, e produce queste cose.
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3. I figli sono i punti di debolezza nella famiglia italiana oggi
Non so se voi vi aspettate qualche numero. Devo dire solamente, dal punto di vista descrittivo, che
la maggior parte delle persone in Italia vive ancora in famiglie complete, dove c’è un papà e una
mamma e dei figli; però si può certamente dire che ci sono dei punti di debolezza nella famiglia
italiana oggi, che sono ancora i figli, che se ne fanno molto meno e molto più tardi. Però fare figli
oggi in Italia è particolarmente difficile, forse l’intervento successivo al mio dirà quali sono alcuni
motivi sociali.
3.1. Oggi le scelte di coppia sono più centrate sull’autorealizzazione dei genitori che non sul
servizio ai figli
Ci sono motivi culturali all’interno delle scelte di coppia, cioè oggi le scelte di coppia sono più
centrate sull’autorealizzazione dei genitori che non sul servizio ai figli, mentre cinquant’anni fa
non era così. Però avete visto che quelle scelte economiche delle famiglie comunque sono legate al
destino dei figli.
Molto spesso succede che la coppia dice: “Ma io faccio solo un figlio, perché uno riesco ad
accudirlo, a gestirlo e a produrgli un futuro buono; ma fare più figli mi diventa difficile essere
sicuro che avranno un futuro felice”. Il discorso è discutibile, nel senso che se i nostri genitori che
hanno ricostruito l’Italia nel ’48, ’49 e ’50 avessero fatto questo discorso… oggi ci sarebbe metà
dell’Italia.
Quindi è un problema di progetto, di speranza, di investimento sul futuro. Però, infatti, sono ancora
molto poche le famiglie in Italia senza figli, i progetti familiari sterili; anzi quasi tutti vogliono fare
un figlio; solo che magari “si svegliano un po’ tardi”, fino al punto che certe volte la scelta di
diventare genitori è biologicamente incapace; per esempio quando magari la donna ha 38/40 anni si
scopre che non riescono ad averli. Dunque, “salta fuori il figlio ad ogni costo”, e allora la
procreazione assistita, qualunque sistema pur di affermare la propria capacità generativa, la propria
potenza generativa; non accettando una condizione che magari può diventare generatrice di altre
accoglienze, perché uno può essere genitore anche di un figlio non generato biologicamente, per
esempio un’adozione in molti casi diventa un modo nuovo di vivere la sterilità.
3.2. L’atteggiamento culturale protettivo dei genitori di oggi non emancipa le nuove
generazioni
Una qualità della famiglia, ma come punto di crisi della famiglia italiana, è la generatività (i figli)
con queste caratterizzazioni.
Accade che si rimane figli per tanto tempo: ci sono dei figli che rimangono figli anche quando sono
sposati, cioè sotto tutela; e questo è un problema culturale perché non si capisce più quando finisce
l’adolescenza. A mio parere l’adolescenza finisce a diciannove anni, ma adesso ci sono delle
ricerche sulla adolescenza che affermano che finiscono a ventiquattro anni; e allora sorge la
domanda: a trent’anni un figlio cos’è?… Una volta a trent’anni quasi tutti erano padri di figli che
andavano alla prima elementare.
Ma questo è un atteggiamento culturale, ed è poi l’atteggiamento protettivo che non emancipa
le nuove generazioni.
Questo è un punto su cui qualche ragionamento bisognerà ben farlo. È come se la generazione dei
nostri genitori dicesse: “I nostri figli non sono in grado di affrontare le cose che abbiamo affrontato
noi”. È come se ci fosse uno scarso investimento fiduciario nelle capacità di essere adulti delle
nuove generazioni.
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3.3. I comportamenti opportunistici è una alleanza perversa tra le generazioni, non è solo
colpa delle nuove generazioni
E poi magari ci sono dei comportamenti opportunistici. Nelle ricerche sui trentenni è facile trovare
chi dice: “Si, si, io ho un lavoro autonomo e potrei andare a vivere da solo, ma chi me lo fa fare?
Mia madre mi stira i vestiti, ritorno a casa quando voglio, non ho vincoli, l’affitto lo pagano loro…
chi me lo fa fare? È ovvio che ci sono anche comportamenti opportunistici, ma è una alleanza
perversa tra le generazioni, non è solo colpa delle nuove generazioni.
4. È una qualità positiva l’invecchiamento complessivo della popolazione
L’altra qualità positiva è la questione dell’invecchiamento complessivo della popolazione, ma
grazie al Cielo… Perché ormai i messaggi sono talmente allarmistici che sembra che ci dobbiamo
lamentare perché abbiamo tanta gente che vive fino a 70/80 anni; questo invece è un dato di
progresso. In Africa l’età media di vita è quaranta anni, la speranza di vita è a quarantacinque!
Recuperiamo l’idea che una società che riesce a far vivere i proprio membri il più possibile è una
buona società, quindi troviamo le condizioni.
Poi dopo va a finire, come in Svezia, che fanno il razionamento delle cure dopo i settantacinque
anni… Non è che la cosa non sia problematica, però cominciamo a dire che diventare vecchi è una
cosa buona… Non è che la vecchiaia sia una grande condizione, perché uno fa fatica, non può più
andare a giocare il pallone, giocare alle bocce o alle boccette o alle carte… Però è un dato positivo.
4.1. Le famiglie si fanno carico della condizione anziana e quindi anche la funzione di cura
delle famiglie è positiva
Per altro tuttora le famiglie si fanno carico della condizione anziana, quindi anche la funzione
di cura delle famiglie è positiva, anche se sarà indebolita quando le famiglie dei figli unici
arriveranno a diventare vecchi.
Io ho fatto tre figli e confido che qualcuno dei tre si occuperà di me… ma se due figli unici si
sposano, quella povera donna… perché è ancora sempre una questione di donne, allora avrà quattro
anziani da governare e non potrà.
Quindi le domande sui servizi sono gigantesche, e in prospettiva molto problematiche, ma
diciamoci che comunque è una buona cosa.
Le vere nuove forme familiari, cioè le famiglie ricostituite, sono in crescita stabile, e ne troviamo
sempre di più, anche in parrocchia, e nelle classi dei nostri figli, ecc. Ma sono ancora, rispetto a tutti
gli altri paesi europei, quote percentuali non particolarmente rilevanti.
5. Le cose fondamentali che deve fare la famiglia nella nostra società
Quindi la famiglia italiana “ha un po’ di febbre”, ma contemporaneamente è messa ancora
abbastanza bene. Certo i problemi che ha di fronte sono crescenti e le sue risorse sono calanti,
quindi bisognerà probabilmente trovare una nuova alleanza tra famiglia e società di fronte alle cose
fondamentali che deve fare la famiglia nella nostra società.
Che cosa sono le cose fondamentali che deve fare la famiglia nella nostra società? Le fa o le
deve fare?
5.1. La responsabilità educativa della famiglia
Inanzitutto ha la responsabilità educativa, che fa riferimento anche agli adulti, cioè non è
solamente rispetto alla generatività e alle nuove generazioni, ma fa il riferimento all’idea che i
valori della famiglia hanno a che fare con la società. Quindi la parola “educazione” è fondamentale,
ma educazione non in termini di sistemi scolastici.
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5.2. Il valore dell’orizzonte valoriale della famiglia centra con l’orizzonte valoriale sociale
La seconda cosa che la famiglia fa e che la società si aspetta è l’entrata nella vita, cioè la
socializzazione, il preparare i cittadini; e c’è ancora qui un programma di valori.
Non è che io nella mia famiglia posso dire: “Si ruba! Bravo perché hai rubato!”. Ci sono sotto
culture che vivono così: “Bravo, perché quello ti ha offeso e tu gli hai mollato un pugno in faccia!”.
Nella nostra società italiana si aspetta che dalle nostre famiglie non si costruisca questa cultura.
Quindi non è che non centra niente il valore dell’orizzonte valoriale della famiglia con
l’orizzonte valoriale sociale.
C’è bisogno di sintonia, per cui ci aspettiamo che dalla famiglia il valore della partecipazione, della
solidarietà, dello scambio delle risorse e della condivisione sia passato anche come valore sociale,
anche come valore agito nella società.
Altrimenti c’è quel famoso “familismo morale”, per cui: “Noi in casa ci vogliamo tutti bene, e fuori
è un mondo di lupi e vince chi mangia di più”. Invece, ci si aspetta dalle famiglie un compito forte
valoriale.
Un’altra valenza fondamentale nella famiglia è quella della cura reciproca, che peraltro ha una
funzione sociale gigantesca. Ripeto, se le famiglie non si facessero carico degli anziani, in Italia
sarebbe un incubo, quindi riconosciamolo ma anche nei confronti delle situazioni difficili.
Credo che dal punto di vista descrittivo queste poche parole che vi ho dette in una comunicazione
un po’ discontinua, per immagini separate, che non è una cosa organica, dia un po’ l’idea dei punti
di forza e dei punti di debolezza della famiglia; ricordando che la qualità del familiare centra
molto con la qualità del sociale in cui vive, quindi c’è proprio un gran lavoro da fare a partire
dalle famiglie e dalla società.
* Documento rilevato dalla registrazione, adattato al linguaggio scritto, non rivisto dall’autore.
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