15to07

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XV domenica del tempo ordinario
15 luglio 2007
La Parola
Prima lettura
Dal libro del Deuteronomio
(Dt 30,10-14)
Mosè parlò al popolo dicendo: 10«Obbedirai alla voce del Signore tuo Dio, osservando i suoi comandi e
i suoi decreti, scritti in questo libro della legge; quando ti sarai convertito al Signore tuo Dio con tutto il
cuore e con tutta l’anima. 11Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo
lontano da te. 12Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo
udire e lo possiamo eseguire? 13Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per
prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? 14Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua
bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica». Parola di Dio.
Dal Salmo 18
I tuoi giudizi, Signore, dànno gioia.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è verace,
rende saggio il semplice.
8
Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi.
9
Il timore del Signore è puro, dura sempre;
i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,
11
più preziosi dell’oro, di molto oro fino,
più dolci del miele e di un favo stillante.
10
Seconda lettura
Dalla lettera di Paolo apostolo ai Colossesi
(Col 1,15-20)
Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura, 16poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di
lui. 17Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. 18Egli è anche il capo del corpo, cioè della
Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le
cose. 19Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza 20e per mezzo di lui riconciliare a sé
15
tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui le cose che stanno sulla
terra e quelle nei cieli. Parola di Dio.
Alleluia, alleluia. (Gv 13,34)
Vi dò un comandamento nuovo, dice il Signore:
che vi amiate a vicenda, come io ho amato voi.
Dal Vangelo secondo Luca
(Lc 10, 25-37)
In quel tempo, 25un dottore della legge si alzò per mettere alla prova Gesù: «Maestro, che devo fare per
ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?».
27
Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuoreA, con tutta la tua anima, con tutta la
tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». 28E Gesù: «Hai risposto bene; fa’
questo e vivrai». 29Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». 30Gesù
riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo
percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella
medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, lo
vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggioB, passandogli accanto lo vide e n’ebbe
compassioneC. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vinoD; poi, caricatolo sopra il
suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, estrasse due denari e li
diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.
36
Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimoE di colui che è incappato nei briganti?». 37Quegli
rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso». Parola del
Signore.
Note del testo
“Obbedirai alla voce del Signore, ti convertirai al Signore tuo Dio con tutto il cuore e tutta l’anima”:
questa accorata esortazione di Mosè agli Israeliti nelle steppe di Moab della prima lettura sarebbe
sufficiente da sé ad esprimere ciò che è avvenuto nel cuore del samaritano; egli non solo conosce la
Legge, come il sacerdote del tempio, ma ne ha colto veramente il centro e mostra di osservarla fino in
fondo. Già Mosè dice che il comandamento di Dio non è parola lontana o estranea; ma in Gesù esso
addirittura si fa storia; nella parabola del buon samaritano Gesù narra se stesso, narra quella storia che
si fa visibile in lui nella sua carità per l’uomo. Già la Legge di Mosè conteneva il segreto della vita (fa
questo e vivrai), era però necessario raccontare la parabola perché quella Legge manifestasse tutto il
suo senso e la parabola alla fine racconta Gesù stesso. La lettura patristica ha molto insistito su Gesù
come buon samaritano. È lui che si fa prossimo all’uomo abbandonato a se stesso e se ne prende cura.
Allontanatosi, chiede ad altri che a loro volta se ne prendano cura, fino al suo ritorno. Se a noi è dato di
andare incontro agli altri, è perché prima un Altro ci è venuto incontro. La sua carità di buon
samaritano ha reso possibile la nostra, ha aperto lo spazio perché noi stessi ci prendiamo cura degli altri
nel suo nome, fino al suo ritorno.
(A): L’amore di Dio ha un valore assoluto e la parola essenziale è “tutto”. Se Dio è Dio, l’unica misura
di sottomissione a Lui è quella totale. Non si può dare a Dio solo qualcosa della propria vita, perchè
non gli si può sottrarre niente; tutto quello che l’uomo fa, i suoi pensieri, le sue parole e le sue azioni
devono essere sottomesse alla volontà di Dio. Ma cosa vuol dire amare Dio? La concezione biblica e
del nuovo testamento dice che amare Dio consiste essenzialmente nell’accogliere nella nostra vita la
sua volontà. Ma non possiamo amare Dio solo con i nostri sentimenti, le nostre capacità, il nostro
sforzo. L’amore a Dio è possibile solo attraverso la trasformazione che il Signore opera del nostro
cuore indurito in un cuore capace di amare come lui vuole.
(B): Qui è la svolta della parabola. Il Samaritano era in viaggio: questo è il viaggio nel senso forte del
termine. Il salmo 84 dice: ‘Beato chi decide nel suo cuore il santo viaggio’. È il viaggio della salita a
Gerusalemme. E qui c’è un samaritano, unico, che va controcorrente, che sale. Il Samaritano
rappresenta Gesù, è lui il viandante che sale a Gerusalemme. Il Samaritano gli si fece vicino. ‘Chi viene
vicino a me?’ Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, olio, vino (i Padri della Chiesa dicono che sono i
sacramenti) e poi lo carica sopra il giumento, lo porta ad una locanda, si prende cura di lui, poi il giorno
seguente estrae i due denari e paga e dice all’albergatore ‘abbi cura di lui perché io devo andare a
Gerusalemme, ho un affare e poi torno’. È l’itinerario che Gesù sta percorrendo: sale a Gerusalemme,
ha da fare qualcosa a Gerusalemme: è la Pasqua del Signore; sale, muore, risorge, ascende al cielo, poi
ritorna, ed intanto ha pagato il prezzo.
(C): Il samaritano, ‘avendolo visto, si commosse’. In greco, il verbo ‘si commosse’ è il medesimo con
cui si indica la commozione profonda di Gesù a Nain o quella del padre del figlio prodigo nel vedere il
figlio tornare a casa. Ecco l’essenziale: è il commuoversi del samaritano nei confronti dell’uomo
bastonato, cioè è il commuoversi di Dio nei confronti della nostra umanità ferita e piagata che muove
Dio a venirci incontro per salvarci. Chi è povero e bisognoso vive della misericordia di Dio, accoglie la
sua volontà di salvezza nei nostri confronti. Solo Dio, in Gesù, sa farsi prossimo all’uomo che è
incappato nei briganti lungo il viaggio che lo porta lontano da Gerusalemme, cioè lontano dalla
presenza e dalla relazione con Dio.
(D): Sono i gesti di compassione e di vicinanza del samaritano. Il provare profonda emozione, il
chinarsi, il portare in braccio, il curare e fasciare le ferite ricordano alcuni indimenticabili passi di Osea
sull’amore di Dio verso Israele. L’amore di Dio è il centro della legge, ma amarlo vuol dire lasciarsi
plasmare da lui fino a far diventare la propria vita una trasparente immagine del chinarsi misericordioso
di Dio sulle sue creature.
(E): La parabola non è soltanto una esortazione a identificare chi è il nostro prossimo o a fare come il
buon samaritano, ad amare il prossimo senza lasciarsi soggiogare dall’egoismo. Bisogna andare oltre
questa lettura scontata. Ancor prima che a fare, esorta a vedere le cose in un modo nuovo,
assolutamente non scontato. Perché noi siamo abituati a ragionare in termini di aiuto agli altri, di cosa
possiamo fare per venire in soccorso di chi è povero e ha bisogno. Qui, invece, la logica è un’altra e,
tutto sommato, facciamo piuttosto fatica a mutare la nostra prospettiva abituale. Veniamo infatti invitati
a vedere la vicenda dalla parte dell’uomo sventurato, a metterci non nei panni di chi aiuta, ma nei panni
di chi è mezzo morto, spogliato e percosso dai briganti. Perché questa in realtà è la nostra condizione
umana: noi siamo coloro che, di fronte a Dio, sono nella condizione di chi è bisognoso, profondamente
ferito e mezzo morto e di cui Dio, personalmente, si prende cura. Solo assumendo questo punto di vista
siamo in grado di riconoscere la cura del buon samaritano, di comprendere che Egli ci salva dalla
nostra condizione di uomini mezzi morti. Solo collocandoci in questa prospettiva riusciamo a cogliere
l’amore di Dio per noi, il suo chinarsi sulle nostre ferite ed il suo assumere la nostra umanità ormai
priva di vita. Se non si legge la parabola in questa ottica, sembra bizzarra la domanda di Gesù allo
scriba: ‘Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti’. Ci si
sarebbe aspettata invece la domanda: ‘Chi è il prossimo per il samaritano?’. Gesù racconta una
parabola che ci invita a vedere la situazione con gli occhi di uno sventurato aggredito e derubato dai
briganti, che giace lungo la strada desolata che porta da Gerusalemme a Gerico.
Prefazio suggerito: “Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano
prigionieri del male. Ancor oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo
e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza” (prefazio dai
comuni, VIII).
Padri della chiesa
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Cristo non dice: “Qualcuno scendeva”, ma “un uomo
scendeva”, poiché questo versetto riguarda tutta l’umanità. Per il peccato di Adamo, l’umanità ha
perduto il diritto di stare nel paradiso, luogo posto in alto, tranquillo, libero dalle sofferenze e
meraviglioso che giustamente viene chiamato qui Gerusalemme, che vuol dire “pace divina”. Ed essa
scende a Gerico, paese squallido e infossato che rappresenta la vita febbrile del mondo, vita lontana da
Dio e che trascina in basso. Quando dunque l’umanità è scesa dalla retta via, quando si è lasciata
trascinare dall’alto verso il basso, una torma di demoni come una banda di malfattori l’ha assalita sulla
china. L’hanno depredata delle vesti della perfezione, non lasciando in essa la minima traccia né della
forza dello spirito, né di purezza, né di giustizia e prudenza, né nulla che mostri l’immagine divina.
Aggredendola molte volte, le hanno provocato un gran numero di ferite per abbandonarla poi in terra
tramortita. La legge data da Mosè è passata oltre. Ha visto l’umanità veramente a terra e agonizzante,
ma le è mancata la forza, è stata impotente: non ha condotto l’umanità alla completa guarigione, non
l’ha sollevata da terra. E poiché le è mancata la forza, ha dovuto necessariamente allontanarsi per
l’inefficacia dei suoi interventi: poiché –come insegna Paolo – i suoi doni e sacrifici non possono
rendere perfetto, nella coscienza l’offerente (Ebr 9, 9), poiché è impossibile eliminare i peccati con il
sangue di tori e di capri (Ebr 10, 4). Finalmente passa un samaritano. Cristo volutamente si fa chiamare
samaritano. Rivolgendosi a chi conosce bene la legge, vuole dimostrare che né il sacerdote, né il levita,
né alcuno di quelli che seguono le prescrizioni della legge di MosË, ma lui solo è venuto ad adempiere
la legge e a dimostrare con i fatti chi è il prossimo e che cosa significa “amare il prossimo come se
stesso; egli di cui i Giudei, volendolo oltraggiare, dicevano: Non diciamo con ragione che sei un
samaritano e hai un demonio? (Gv 8, 48). Il samaritano che passa – ed è Cristo che veramente è in
viaggio - vede il ferito. Non va oltre perché lo scopo del suo viaggio è quello di “visitare” noi; noi per
i quali è sceso sulla terra e in mezzo ai quali ha abitato; si è manifestato agli uomini, stando veramente
in mezzo a loro… Sulle sue ferite ha versato del vino… e poiché le ferite non hanno sopportato la sua
forza, ecco che ha aggiunto dell’olio, così che con la sua dolce “filantropia” si è attirato il biasimo dei
farisei e ha dovuto spiegare loro il significato delle parole: Voglio misericordia e non sacrifici (Os 6,
6). Quindi ha messo il ferito su una bestia da soma, egli che anche ci porta con sé, rendendoci così
membra del suo corpo. Poi, ha condotto l’uomo in una locanda, chiamando così la Chiesa, luogo di
dimora e di adunata per tutti: infatti egli ordina agli apostoli: Andate e ammaestrate tutte le nazioni (Mt
28,19) e insegna che il Signore ama in ogni popolo colui che lo teme e vive secondo giustizia. Al
padrone della locanda – che rappresenta gli apostoli, i pastori e i dottori – consegna, andando via,
entrando in cielo, due denari perché abbia cura del ferito. Questi due denari vanno intesi come i due
testamenti: il Vecchio e il Nuovo, l’Antica Legge e la Nuova Legge dataci dal Vangelo e dalle
istituzioni apostoliche. Come i due testamenti discendono da Dio stesso, così i due denari recano
l’effigie di un re; tutti e due imprimono il marchio regale, poiché uno ed uno stesso Spirito dice codeste
parole. I pastori delle sante chiese, ricevuti i due denari, li fanno fruttare nel faticoso lavoro di
maestri… Ognuno di loro dirà nell’ultimo giorno, quando il Signore tornerà: Signore, mi hai
consegnato due talenti, vedi ne ho guadagnati altri due (Mt 25,22); con essi ho ingrandito il tuo
gregge. E il Signore risponderà: Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità
su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone (Mt 25, 23) (Severo di Antiochia, Hom., 89).
Altri autori cristiani
Il “tirar fuori due denari” è minor carità del fermarsi, guardare, chinarsi, fasciar le ferite, caricare sulla
propria cavalcatura e portare in albergo, ma è carità per la sorgente. Non dalla tasca, ma dal cuore trae
fuori il samaritano i due denari. Così nessuno ne esce umiliato, né l’uomo né l’oste. Dal Samaritano
all’oste. Sempre lo stesso criterio: un oste a fianco di un samaritano. Un altro malfamato scelto a
collaborare alla redenzione di un’anima. Una volta non capivo. Adesso, siccome accanto all’oste e al
samaritano, prima di essi, ci son io, non oso più meravigliarmene. Dove son io ci può star benissimo un
samaritano e un oste. L’oste non si offre; neanche il samaritano s’è offerto. Il Cristo soltanto s’è
offerto. “Allora ha detto: ecco io vengo” (Ebr 10,7). Tanto l’oste come il samaritano sono i chiamati, i
piegati dalla grazia, ognuno secondo la propria inclinazione e adoperati. (...) I due denari impegnano il
Signore, mentre aiutano l’uomo a sperare. Soltanto la carità del Padre è senza ricompensa. Pagando i
due denari all’oste, il samaritano non intende affermare una sua superiorità o arrogarsi un diritto sui
meriti di questi. Può di più, dà di più; si sente maggiormente responsabile, gli è stato perdonato molto,
perciò sa di dover molto e vi si prova. Sono privilegi cui non è bene sottrarsi, scaricando sugli altri. (...)
Nelle mani del samaritano i due denari sono l’offerta del ricco, cioè il di più, mentre nelle mani
dell’oste sono il pane della casa. La sua opera verso l’uomo ferito vale almeno quanto quella dell’altro,
la cui larghezza ci colpisce. Il lettore distratto della parabola loda il samaritano e non bada all’oste. Il
Signore accoglie l’uno e l’altro nel suo giudizio di bontà. Il fante che tiene duro dietro un parapetto di
trincea, non è men valoroso di un ardito. Che ci sta a fare l’oste nella parabola? Non si è mai troppi a
far il bene; anche il più piccolo contributo ha la sua importanza. Perché toglier la gioia del bene e
diminuirne il raggio? L’aumento del numero porta un aumento di letizia. (...) “Quando ritornerò ti
restituirò tutto”: “Io tornerò a voi, perché la vostra gioia sia completa”. Chi sa tornare? Colui che ama.
“Io me ne vo e torno a voi... Non vi lascerò orfani: tornerò a voi e v’accoglierò presso di me, affinché
dove son io siate voi” (Gv 14, 3). Il mio cuore ha bisogno che Qualcuno ritorni (P. Mazzolari, Il
samaritano, 123-133).
Ogni mattina ci si imbatte nel proprio prossimo, nel proprio prossimo più vicino, quello che si vede
tutti i giorni. » attraverso questo prossimo che si dice “buongiorno” al mondo intero, è attraverso questo
prossimo che si saluta il Signore. Una vita cristiana esige che si preghi, non malgrado il mondo, ma nel
mondo per Dio e nel mondo per gli uomini. La fraternità secondo Dio la vogliamo vivere in spirito con
tutti gli uomini, in concreto nei confronti di coloro che incontriamo. Poiché davanti a Dio amiamo tutti
gli uomini come noi stessi, liberati dalle nostre proprie misure, con l’amore senza misura di Cristo, noi
amiamo i nostri “cari” con un amore che mai saremmo stati in grado di dar loro. Ma ogni volta che ci
ritroviamo con loro, bisogna che il nostro amore, contenuto entro le nostre “misure”, si sia fatto
costantemente più vivo, più forte, più concreto. Tutto questo indicano il “nostro” e i “noi” del Padre
nostro. Mi sembra che azione ed amore debbano essere sinonimi per i cristiani; ma amore e volontà
sono una cosa sola, e così anche volontà di Dio e amore fraterno sono una cosa sola (M. Delbrêl,
Indivisibile amore, 89).
La parabola del Vangelo di oggi è decisamente inequivocabile, quasi banale negli esiti. Eppure, chi è
che, ad esempio, alla domenica accoglie lo straniero o il povero che incontra, offrendogli da lavarsi e
l’occasione di mangiare insieme? Ecco che la questione non è più banale, ma quasi improponibile.
Perché siamo frenati? Perché quest’accoglienza così “evidentemente semplice” fatica ad entrare nel
nostro modo di vivere? Vedendo la situazione in altre parti del mondo, ci verrebbe voglia di aiutare
(bimbi in Africa, malati di lebbra, ecc.), poi non ci accorgiamo che avremmo ampia scelta nel nostro
cammino quotidiano e ci sono miserie per tutti i gusti... Gli uomini, talvolta, sanno essere molto
spietati, ipocriti, indifferenti, egoisti. Alcuni di noi hanno sperimentato come tanti si approfittavano dei
più deboli, come la fratellanza non ci sia poi così tanto. Ma i poveri sono davvero “prossimi”, sono le
persone della porta accanto! La povertà ha forme anche poco eclatanti. Senza moralismo e pietismo,
senza banalizzare la parabola, certi gesti piccoli sono gravidi di contenuti e d’amore, che per alcuni
possono essere una bella e insperata scoperta. Non possiamo accontentarci di essere uomini che
pensano solo a se stessi e che ,se pensano all’altro, lo fanno per trarne qualche vantaggio. Come
possiamo credere, dopo tante sofferenze, che anche gli uomini indifferenti della parabola sono “a
immagine e somiglianza di Dio”? E come può Dio essere benevolo con chi gli ha ucciso il Figlio? Noi
sappiamo che non è facile resistere quando tutti ti voltano le spalle. E per noi, oggi, è difficile sentirsi
sia samaritano che viandante bisognoso. Sono indelebili le sofferenze di chi tra noi ha confidato in
persone, o anche in gruppi ecclesiali, e si è visto emarginato nel momento del bisogno e della difficoltà.
Gli uomini sanno convertirsi nella misura in cui si accorgono che la vicinanza di Dio sta nella nostra
capacità di rispondere all’immagine che ci ha messo “nella bocca e nel cuore” (Dt 30,14). Noi uomini
siamo specialisti nel lasciare indietro le cose più importanti e riempirci la giornata di scuse che ci
impediscano di fare quel che vediamo giusto (Gruppo OPG).
Passi biblici paralleli
v 25 Mt 22,34-36: Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono
insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, qual è il
più grande comandamento della legge?”
Lc 18,18-20: Un notabile lo interrogò: “Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?”.
Gesù gli rispose: “Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. Tu conosci i
comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora
tuo padre e tua madre”.
vv 26-27 Dt 6,4-7: Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il
Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti
stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando
camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.
Lv 19,17-18: Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo
prossimo, così non ti caricherai d’un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i
figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.
Dt 10,12-13: Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio,
che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l’ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta
l’anima, che tu osservi i comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti do per il tuo bene?
Tb 13,6: Convertitevi a lui con tutto il cuore e con tutta l’anima, per fare la giustizia davanti a Lui,
allora Egli si convertirà a voi e non vi nasconderà il suo volto.
Prv 3,5: Confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza; in tutti i tuoi
passi pensa a lui ed egli appianerà i tuoi sentieri.
Ger 29,13-14: Voi mi invocherete e ricorrerete a me e io vi esaudirò; mi cercherete e mi troverete,
perché mi cercherete con tutto il cuore; mi lascerò trovare da voi - dice il Signore - cambierò in meglio
la vostra sorte e vi radunerò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho disperso - dice il Signore vi ricondurrò nel luogo da dove vi ho fatto condurre in esilio.
Gv 13,34-35: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così
amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli
uni per gli altri.
Sir 28,2-7: Perdona l’offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Se
qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore? Egli
non ha misericordia per l’uomo suo simile, e osa pregare per i suoi peccati? Egli, che è soltanto carne,
conserva rancore; chi perdonerà i suoi peccati? Ricòrdati della tua fine e smetti di odiare, ricòrdati della
corruzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricòrdati dei comandamenti e non aver
rancore verso il prossimo, dell’alleanza con l’Altissimo e non far conto dell’offesa subìta.
1Gv 4,20-21: Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non
ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che
abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello.
Rm 13,8-10: Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi
ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere,
non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il
prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è
l’amore.
v 28 Dt 5,32-33: Badate dunque di fare come il Signore vostro Dio vi ha comandato; non ve ne
discostate né a destra né a sinistra; camminate in tutto e per tutto per la via che il Signore vostro Dio vi
ha prescritta, perché viviate e siate felici e rimaniate a lungo nel paese di cui avrete il possesso.
Mt 19,17.
v 29 Lc 18,9-14: Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e
disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini,
ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le
decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli
occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò
a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà
esaltato”.
vv 30-32 Prv 21,13: Chi chiude l’orecchio al grido del povero invocherà a sua volta e non otterrà
risposta.
Prv 24,12: Se dici: “Ecco, io non ne so nulla”, forse colui che pesa i cuori non lo comprende? Colui
che veglia sulla tua vita lo sa; egli renderà a ciascuno secondo le sue opere.
Gc 2,13-16: Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia
invece ha sempre la meglio nel giudizio. Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha
le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti
del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date
loro il necessario per il corpo, che giova?
Ger 6,13-15: Perchè dal piccolo al grande tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti
praticano la menzogna. Essi curano la ferita del mio popolo, ma solo alla leggera, dicendo: “Bene,
bene!” ma bene non va. Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli, ma non si vergognano
affatto, non sanno neppure arrossire.
Ger 23,11-12; Ez 44,10; Mt 23,23.
vv 33-35 Lc 17,16-18: E si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù
osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a
render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”
Gv 4,9: Ma la Samaritana gli disse: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una
donna samaritana?”. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.
Mt 15,21-22.26-28; Prv 24,17-18; Prv 25,21-22; Prv 19,17; Ez 34,16; Mt 11,28; Gv 13,3-5.
v 36 Mt 21,28-31: Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a
lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso.
Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del
padre?”. Dicono: “L’ultimo”. E Gesù disse loro: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi
passano avanti nel regno di Dio”.
Lc 7,41-43.
v 37 Os 11,8-9: Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non
darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perchè sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.
Mt 18,32-33: Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho
condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo
compagno, così come io ho avuto pietà di te?
Mt 9,35-36; Gv 13,15-17; 1Gv 4,10-11.
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