Anno C 4ª DOMENICA DI AVVENTO Mic 5,1-4a - Da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele. Dal Salmo 79 - Rit.: Fa’ splendere il tuo volto e salvaci, Signore. Eb 10,5-10 - Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Eccomi, sono la serva del Signore: avvenga di me quello che hai detto. Alleluia. Lc 1,39-48a - A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Benedetta tu fra le donne Ormai il Natale è prossimo. Guardando indietro, forse ci viene da chiederci: che cosa ho fatto per “preparare” il mio Natale? Sullo sfondo di questa domanda ci può essere un grosso equivoco, cioè che sono io a “fare” il mio Natale. Le letture bibliche di questa domenica di Avvento smascherano la tentazione del “potere” che cova in ciascuno di noi: vorremmo fare, costruire, produrre, perfino il Natale. Campeggiano, nella liturgia odierna, alcune donne, soprattutto Maria, la madre di Gesù, e ricorre l’immagine del parto. Si tratta di donne che partoriscono un “dono” di Dio. E il Natale è precisamente un dono, non un prodotto delle nostre mani; è una promessa e non una conquista; è una “venuta” e non un nostro cammino. Oggi dunque siamo invitati a “preparare” il Natale, come ha fatto Maria, disponendo i nostri cuori, le menti, la volontà all’accoglienza del dono, alla fiducia nella promessa, a lasciar venire “Colui che vuole venire”. Colui che nascerà Il brano del profeta Michea è una promessa di salvezza. Dio farà nascere il “dominatore” di Israele: il Messia salvatore è immaginato in vesti regali, come un nuovo Davide e, per questo, riceve il titolo di “dominatore”. Ma è chiaro che egli sarà soltanto un mediatore della salvezza divina, non sarà un prodotto della politica o, comunque, dell’iniziativa umana, perché “le sue origini sono dall’antichità, dai giorni remoti”. Le “origini” e “i giorni remoti” sono certamente un’allusione a Davide, ma non ci pare fuorviante vedere in quest’espressione anche un’allusione a un’iniziativa divina. In altre parole, si vuol dire che sarà Dio a suscitare una figura “regale” 3ª Domenica di Avvento “C” - “Omelie per un anno 1”, Elledici 1 (notiamo che si evita di usare esplicitamente il termine “re”), sarà Dio a salvare attraverso tale mediatore. L’attenzione del profeta è concentrata, più che sulla determinazione della figura messianica regale, sulla società nuova che Dio farà sorgere. È infatti caratteristica del messianismo biblico accentuare l’aspetto sociale più che quello individuale del Messia. Due eventi caratterizzeranno la società messianica: il parto, che è simbolo della continuità e del trionfo della vita; la riunione dei figli di Israele. In questa nuova e rinnovata società messianica, si affermerà – attraverso il Messia – la sovranità di Dio: “Egli starà là e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio”. È evidente che il Messia non userà le armi umane, cioè la potenza militare e la forza della diplomazia politica. Il profeta non sogna uno Stato, ma una società nuova, dove Dio faccia valere il suo “potere” e la sua regalità. Due donne: Elisabetta e Maria Il Vangelo odierno mette in campo, come protagonisti, due donne: Elisabetta e Maria. Nella vita di ambedue le donne viene il Signore inaspettatamente e gratuitamente, ed esse sono i testimoni gioiosi e fortunati di tale venuta. Elisabetta è incinta di un figlio che è frutto della promessa divina, un “miracolo” della bontà del Signore. Ella è piena di Spirito Santo (v. 41) ed esplode in una lode di Dio. Da sterile che era è diventata madre, da triste è diventata piena di gioia: Dio ha scelto di far venire al mondo il precursore di Gesù mediante un dono gratuito della sua Potenza, del suo Spirito. In altre parole, è Dio stesso che prepara la sua venuta, che fa nascere il suo precursore, che prepara la “via” sulla quale verrà. L’altra donna è Maria, proclamata madre del Signore, come “colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”: in tutti i casi, ciò che determina la figura di Maria è il suo riferimento al Signore. Ella crede ed è madre: il Signore è il termine sia della sua fede sia della sua maternità. Tutto quello che ella è, dipende dal Signore, che la rende madre. È Dio che gratuitamente e liberamente ha scelto la sua madre e vuol venire tra di noi attraverso di lei. Dio fa venire il suo Figlio non attraverso una regina, ma una semplice ragazza giudea: colui che da lei nascerà non sarà un “principe” o un “re” alla maniera umana. Ciò vuol dire che Dio fa venire il suo Figlio non per instaurare uno Stato, non per governare sugli uomini come fanno i capi delle nazioni. È dunque il “potere” di Dio che fa venire il suo Figlio e fa nascere il precursore, Giovanni Battista. Non è l’uomo che fa nascere la novità assoluta, ma soltanto l’iniziativa divina: e la novità assoluta è Gesù Cristo. Dio, dunque, ha guardato l’umiltà della sua serva e le dona di essere la sua madre: la nascita di Gesù da una vergine, per opera 3ª Domenica di Avvento “C” - “Omelie per un anno 1”, Elledici 2 dello Spirito Santo, è il segno dell’assoluta gratuità della salvezza. L’uomo non può fare nulla per produrre la salvezza, ma soltanto accoglierla nella fede. E Maria è modello di fede: è beata perché ha creduto. La fede di Maria è la perfetta disponibilità e accoglienza dell’iniziativa divina. Con la fede di Maria inizia l’èra nuova del mondo, la Chiesa. Due donne stanno all’inizio del Nuovo Testamento: Elisabetta e Maria. Sappiamo che a quei tempi le donne non erano considerate come oggi, anzi, non contavano. Per di più Elisabetta e Maria erano anche madri mancate, cioè senza figli, ossia senza l’unico titolo che poteva onorare la donna. E Dio sceglie proprio due donne per inaugurare l’epoca nuova della storia del mondo. Dio sceglie chi non è considerato da nessuno per farlo valere più degli altri! Il potere degli uomini tende a “dominare”, a schiacciare, a umiliare o a strumentalizzare, mentre il potere di Dio esalta, riscatta dall’emarginazione, rende grandi, dà gioia. Elisabetta e Maria erano due povere donne ebree, sconosciute, emarginate, tagliate fuori dal “giro” dei potenti. E Dio le ha scelte per far venire il suo Figlio, Gesù Cristo! Dio fa venire Gesù Il brano della lettera agli Ebrei ci fa proseguire la riflessione. Entrando nel mondo, Gesù dice: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”. Egli non viene per dare qualcosa a Dio o per fare qualcosa per Dio: infatti Dio non ha bisogno di nulla, né dei nostri sacrifici né delle nostre offerte. Tutte le religioni pensano che Dio “abbia bisogno” di offerte e sacrifici; ma Gesù viene per stabilire sulla terra la fede, non una religione che consideri l’uomo come uno che dà qualcosa a Dio. Che cosa fa Gesù? Non è un sacerdote ebreo, non offre sacrifici, non è il capo di una “religione”. Gesù offre se stesso a Dio, affidandosi totalmente e senza riserve alla volontà divina. Cosicché “noi siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre”. Qui “corpo di Gesù” indica la persona stessa di Gesù che si è “data” e consegnata a Dio fino alla mote. Dall’inizio (“entrando nel mondo”) fino alla fine della sua vita (“l’offerta del corpo”), l’esistenza di Gesù fu tutta protesa a compiere la volontà di Dio. Per questo, la lettera agli Ebrei esorta: “Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (12,1-2). Gesù viene, nel Natale, per inaugurare e rendere possibile la fede, cioè l’affidarsi a Dio come ha fatto lui. A Maria, sua madre, a Elisabetta, ma anche a noi Gesù vuol rendere possibile fare la volontà di Dio. Nota esegetica: La fede 3ª Domenica di Avvento “C” - “Omelie per un anno 1”, Elledici 3 Per la Bibbia, “fede” non è soltanto un atto intellettuale, un ritenere per sicure certe verità. La fede coinvolge tutto l’uomo e si dirige a Dio stesso che si comunica a noi. Nell’atto di fede, dunque, l’uomo aderisce consapevolmente e liberamente a Dio che gli si dona: impegna, perciò, l’intelligenza e la libera decisione. La fede non è un atto puramente intellettuale, ma nemmeno un gesto irrazionale, bensì un ragionevole obbedire alla liberissima e amante volontà divina di darsi all’uomo. Nella fede, intesa in senso biblico, è compresa anche la speranza ed è implicito l’amore. Tutta la persona è coinvolta nell’atto di fede. 3ª Domenica di Avvento “C” - “Omelie per un anno 1”, Elledici 4