Diocesi di Piacenza-Bobbio Ufficio Stampa: Servizio Documentazione Cinema teatro President Convegno “Libertà. Punto a capo” 24 Aprile 2004 Il segno dei tempi, siamo chiamati a leggerlo. Nel nostro territorio è emerso un evento sociale che è stato letto con la Parola di Dio dal nostro Magistero. Non c’è bisogno di ricercare altre letture, il Signore parla in ogni territorio attraverso il Suo magistero, e nel nostro è stato il Vescovo Monari. Convegno organizzato dal deputato Massimo Polledri (Lega Nord), e moderato dal Direttore del quotidiano piacentino “Libertà” Gaetano Rizzato. Hanno partecipato il Ministro della Giustizia Roberto Castelli, l’economista Ettore Gotti Tedeschi, lo scrittore e giornalista Rino Camilleri, e il Vescovo mons. Luciamo Monari di cui qui segue la sua relazione. Mons. Luciano Monari, Vescovo -IL’uomo sperimenta la libertà come un progetto e un obiettivo da conquistare “Come un cristiano può contribuire a rendere gli uomini liberi?”. Oppure la frase può essere: “come può contribuire o riuscire a diventare libero”. Provo a fare l’indice del discorso che a mio parere andrebbe fatto, spero che non diventi troppo confuso e condensato. Parto da una citazione. 1. La libertà essenziale ce l’abbiamo tutti, da quanto abbiamo l’età di ragione; ma la libertà effettiva la dobbiamo conquistare con un cammino di liberazione “Noi crediamo di essere naturalmente liberi, ma tutta l’esperienza spirituale è lì a dimostrarci che noi conquistiamo la libertà, e che ogni affermazione che facciamo della nostra libertà è pure un implicito riconoscimento che liberi non eravamo. La storia di ogni singolo uomo, considerata nell’empirica successione dei momenti della sua vita particolare, è progressivo affrancamento dai vincoli, da cui via e via l’individuo si accorge di essere stretto e che sente il bisogno a volta a volta di spezzare”. M’interessa questo ragionamento perché dice: più che la libertà come un possesso, l’uomo sperimenta la libertà come un progetto e un obiettivo da conquistare. Non m’interessa adesso il contesto filosofico, questo era Gentile 1, né tutto il suo sistema; però m’interessa la distinzione che appare in queste parole. 1 Gentile Giovanni. (Castelvetrano [Trapani] 1875 - Firenze 1944), filosofo, storico della filosofia e uomo politico italiano. Vita e opere - Insegnò nelle università di Palermo, Pisa e Roma. Aderì al regime fascista e nel 1922 fu nominato ministro della Pubblica Istruzione. Nel 1943 si schierò con la Repubblica Sociale. Morì fucilato dai partigiani nel 1944. 1 Esiste una libertà essenziale che appartiene ad ogni uomo che abbia raggiunto l’autocoscienza. Quando l’uomo raggiunge l’autocoscienza diventa capace ci prevedere dei possibili corsi di azione, di motivarli e di sceglierli. E questa è una libertà che appartiene ad ogni uomo. Ma esiste una libertà più effettiva che è molto più difficile da raggiungere, perché il singolo uomo, la singola persona in concreto, per riuscire a dilatare lo spazio della sua libertà, deve fare un cammino di crescita e di maturazione personale. 2. La libertà è condizionata da tutta una serie di cose Perché la libertà è condizionata da tutta una serie di cose: da aspetti esterni sociali, ma questo sarà il discorso di altri; da questioni psiconervose, e questo è evidente; è limitata dallo sviluppo della intelligenza, perché più una persona è intelligente e più riesce a ipotizzare dei percorsi di azione e quindi più diventa libero; è condizionata la ragione, perché più una persona riesce a motivare una o l’altra scelta e più diventa capace di sottrarsi dai condizionamenti; e soprattutto la libertà di un uomo è condizionata a livello suo, di autocoscienza, perché l’uomo lui stesso molte volte predetermina le sue scelte escludendo dalla coscienza i dati che gli danno fastidio: in tutto il mondo che mi sta intorno e che presenta i dati, faccio la scelta preferendo i dati che danno ragione a me, al mio modo di sentire o al mio desiderio di operare, e censuro gli altri dati. Oppure ci sono degli altri dati che io non voglio nemmeno vedere, perché mi chiederebbero uno sforzo troppo grande, e ci sono delle motivazioni che vanno contro le mie abitudini e che escludo. Ci sono tutte queste realtà che condizionano l’uomo. 3. Per diventare libero il cammino da fare è di maturazione e di crescita Allora, il cammino da fare è di maturazione e di crescita. Devi diventare libero, liberi dentro, liberi con la nostra intelligenza, con la nostra ragione, con la nostra capacità di accogliere il mondo lealmente così com’è il mondo, così com’è la realtà. Si tratta di diventare capaci di persuadere se stessi, e di lasciarci persuadere dalla realtà, come degli alunni che hanno bisogno di imparare, e imparano da tutte le persone e le cose e le esperienze che stanno a loro attorno. -IILa fede entra nel cammino di maturazione per diventare liberi Allora la domanda diventa: è in questo cammino di maturazione per diventare liberi, che cosa mai c’entra la fede? Che cosa può dire il Vangelo? Che qualche cosa centri lo si può ipotizzare subito partendo da una frase di san Paolo che dice: «[1]Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Gal 5, 1). Quindi, secondo san Paolo, la fede rende liberi, e guai a chi essendo stato reso libero dalla fede volesse tornare alle schiavitù di prima. Ma in che senso la fede può rendere l’uomo libero? Provo dire tre cose molto brevemente, e spero siano sufficientemente chiari. 2 1. La fede aiuta o permette all’uomo di superare la tentazione o il bisogno di giustificare la sua vita La fede aiuta o permette all’uomo di superare la tentazione o il bisogno di giustificare la sua vita. La vita nessuno di noi se lo è conquistata, nessuno lo ha pagata; ce la siamo trovati con un dato, è come un dono che ci viene da qualcun altro. Abbiamo dentro al cuore la tendenza istintiva a giustificare la nostra vita, cioè a trovare delle cose che dimostrino: “che io ho il diritto di vivere, al di là del dono che mi è stato dato, perché sono così bravo e intelligente e furbo e abile che la mia attività riscatta la vita che ho ricevuto”. Insomma, abbiamo la tentazione a trasformare la vita da un dono a un possesso: “La vita è mia, voglio che diventi mia. E “mia” vuole dire: con la capacità di usarla o di abusarla, secondo quello che io voglio. Questo è il tentativo che l’uomo istintivamente fa. Se ha ragione san Paolo, la fede libera da questo bisogno. Perché non hai bisogno di giustificare la tua vita, è già giustificata per il fatto che Cristo ha dato la vita per te, per il fatto che sei prezioso agli occhi di Dio. Che cosa vuole dire questo? In che cosa si manifesta il bisogno di giustificare se stesso? In tante cose che sono queste: 1.1. La difficoltà ad accettarci così come siamo La difficoltà ad accettarci così come siamo, ad accettare noi stessi e i nostri limiti. Siccome non ci siamo scelti noi – “non ho scelto io il colore dei miei occhi, il mio codice genetico, la famiglia in cui sono nato, il paese dove ho vissuto la mia infanzia e che mi ha condizionato… non ho scelto niente” –, diventa per me difficile, o è un problema, è una sfida, accettarmi così come sono. E questo è il primo ostacolo alla libertà. 1.2. L’incapacità di ammettere i propri errori L’incapacità di ammettere i propri errori, perché io devo essere perfetto per giustificare la mia vita: “non posso avere fatto degli errori così gravi”. Quindi l’incapacità di ammette i propri errori, e l’incapacità di perdonare se stessi, o di perdonare gli altri, anche questo entra nei limiti e alle cose che bloccano la nostra libertà. Il bisogno ossessivo di approvazione, che gli altri mi accettino e mi approvino. Il bisogno del successo o della vittoria. L’attaccamento ossessivo ai soldi o al potere, non tanto per quello che i soldi o il potere permettono, ma per quella funzione simbolica che hanno. Perché quando io ho molti soldi posso dire di avere realizzato la mia vita, di averla giustificata: “l’ho riscattata, perché sono riuscito a conquistare e molto, quindi vuole dire che valgo, la mia vita ha un valore grande”. Allora tutti questi elementi condizionano la vita dell’uomo, e da cui la fede libera. 2. La fede libera da un’esperienza di un egoismo che noi ci portiamo dentro e ci condiziona, e non ci permette di realizzare la dimensione dell’amore La seconda cosa da cui la fede libera, è quella che Paolo descrive nella lettera ai Romani così: «[14]Sappiamo che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. [15]Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che non voglio. [16]Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; [17] quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. [18]Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; [19]infatti io non compio il bene 3 che voglio, ma il male che non voglio. [20]Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. [21]Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. [22]Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, [23]ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. [24]Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?». Se ricordate questa esperienza di Paolo non è solo la sua, ma è di tutti. Quando Ovidio diceva: “Video meliora proboque deteriora sequor”, diceva lo stesso, come pagano; “vedo il buono, lo approvo, ma poi quando si tratta di operare opero il male” 2. “E veggo il meglio e dal peggior mappiglio”, questo è ancora Petrarca. E potete andare avanti perché nella letteratura di affermazioni di questo genere ce ne sono tante, e sono ripetute perché è esperienza dell’uomo; cioè l’esperienza di una fragilità, di un egoismo che noi ci portiamo dentro e ci condiziona, che non ci permette di realizzare quella dimensione di amore e di bontà e di verità che pure percepiamo essere la direzione giusta della vita dell’uomo. Capiamo che l’uomo vero è onesto e sincero e capace di amare, lo approviamo anche, ma la realtà concreta del nostro cuore è di una complessità di movimenti e di impulsi che ci spingono a comportamenti egocentrici, egoistici. 2.1. Il mondo ci fa paura e allora abbiamo bisogno di difenderci, mi spinge ad attaccarmi a quelle cose che il mondo mi può offrire come sicurezza Sia perché il mondo ci fa paura e allora abbiamo bisogno di difenderci: “il mondo è così grande, c’era prima di me, ci sarà dopo di me, vuole dire che prima o poi questo mondo mi schiaccerà, posso tentare di vivere qualche anno in più, ma prima o poi questo mondo mi schiaccerà, e quindi la paura del mondo che mi schiaccia è inevitabile, la paura del tempo che passa è inevitabile…; ci sono tutte queste realtà che mi rendono egoista, quindi per forza bisognerà pure che mi difenda! Se non penso io a difendere la mia vita chi mi difende?”. E dall’altra parte il mondo che mi fa paura con tutta una serie di cose che sono più grande di me e che non posso controllare, perché non c’è nessuno che sia capace di controllare il mondo, neanche il presidente della nazione più forte del mondo è capace di controllare. Quindi il mondo si presenta come una energia, una forza che mi domina, che non si sottomette al mio volere, ai miei desideri. Dall’altra parte, proprio per questo la paura che mi porto dentro mi spinge ad attaccarmi a quelle cose che il mondo mi può offrire come sicurezza. Prima ricordavo i soldi o il potere, ma ci potete mettere tutto quello che può dare in qualche modo sicurezza. 2.2. La libertà dal peccato Quindi la “libertà dal peccato”, vuole dire almeno due cose. 2.2.1. La capacità di credere nel perdono La capacità di credere nel perdono, nella possibilità di ricominciare daccapo perché Dio è un Dio misericordioso e pietoso. 2.2.2. La sicurezza che Dio ti mette nel cuore e ti libera dal bisogno di difendere La sicurezza che Dio ti mette nel cuore e che ti libera dal bisogno di difendere, per cui sei più libero per amare. In qualche modo varrebbe quello che dice Santa Teresa alla fine del cammino della vita spirituale. Quando uno arriva al culmine del cammino spirituale fa questa esperienza: che alla sua vita ci pensa Dio, e proprio per questo lui può occuparsi semplicemente della gloria di Dio e del bene degli altri; 2 Parole messe da Ovidio in bocca a Medea in “Metamorfosi, lib. VII, v. 20-21. 4 non ha più bisogno di pensare a sé perché sa che c’è qualcun altro che ci pensa. E questa dimensione della fede è evidentemente liberante. 3. La fede libera dalla paura della morte che rende l’uomo schiavo e gli impedisce di compiere delle scelte libere Il terzo aspetto. Lo prendo dalla lettera agli Ebrei, in due versetti che dicono: «[14]Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Gesù Cristo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, [15]e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2, 14-15). La morte per la lettera agli Ebrei vuole dire questo: che la morte faccia parte della condizione umana non c’è bisogno di dimostrarlo. Ma secondo la lettera agli Ebrei la paura della morte diventa una catena che rende l’uomo schiavo e gli impedisce di compiere delle scelte libere. La paura della morte è uno strumento di cui si serve il diavolo, dice la lettera agli Ebrei, per bloccare la libertà dell’uomo. E per “paura della morte” non intendente la paura del momento della morte, quella in fondo è una paura psicologica e vale per gli ultimi giorni, vale per qualche momento della vita, quindi non è questo il discorso. Ma il discorso è quella di un’ombra che accompagna l’esistenza dell’uomo da quando prende coscienza di sé e si rende conto di come è fatta la sua esistenza. 3.1. La “paura della morte” mi rende ossessionato al bisogno di cavare la soddisfazione del presente senza scrupoli Gli effetti di questa paura della morte sono dati da questi esempi. La paura del tempo che passa e che corrode tutto quello che io riesco a costruire, perché io sono intelligente e abile, costruisco delle cose importanti e poi il tempo poco alla volta me le porta via. Per cui viene quell’atteggiamento o quell’ossessione di riuscire a strappare al tempo il massimo di soddisfazione che mi può dare, l’attimo fuggente. “L’attimo fuggente” va anche bene, vivere il presente. Il problema è quando diventa quella ossessione per cui quello che la situazione attuale mi offre sono costretto a peccare, a prenderlo, perché se non lo prendo adesso non prendo più, le occasioni che perdo non sono ricuperabili. E proprio per questo tutte le occasioni diventano per me irrinunciabili, mi diventa impossibile rinunciare a qualche cosa, e mi diventa impossibile impegnarmi per sempre. Perché il “per sempre” mi toglie una libertà che io voglio avere di fronte alla paura della morte, a quella vita che mi viene portata via pezzettino per pezzettino, frammento per frammento. Che cosa voglia dire in concreto questa paura della morte è detto, a mio parere, nel modo più bello in un capitolo del Libro della Sapienza, un Libro scritto cento anni prima di Gesù Cristo, che descrive la condizione di quelli che lui chiama “Gli empi nella città di Alessandria di Egitto 3”, sono ebrei che si sono adattati a una esistenza pagana; dicono così: «[2]Siamo nati per caso dopo saremo come se non fossimo stati. È un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore. [3]Una volta Alessandria di Egitto. Città portuale dell’Egitto sul Mediterraneo, fondata da Alessandro Magno nel 331 a.C. Grande centro commerciale e culturale dell’antichità, la sua famosa biblioteca fu diverse volte incendiata e distrutta nel corso di vari assedi alla città. Vi aveva sede una famosa scuola esegetica, prima ebraica e poi cristiana, caratterizzata dalla sua interpretazione allegorica, il cui rappresentante più illustre fu Origene. Nei sec. III-IV fu anche il centro di una importante scuola catechetica (san Panteno, san Clemente Alessandrino, Origene). Patria di sant’Atanasio, campione della lotta contro l’arianesimo. 3 5 spentasi questa, il corpo diventerà cenere lo spirito si dissiperà come aria leggera. [4]Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo e nessuno si ricorderà delle nostre opere. La nostra vita passerà come le tracce di una nube, si disperderà come nebbia scacciata dai raggi del sole e disciolta dal calore. [5]La nostra esistenza è il passare di un’ombra e non c’è ritorno alla nostra morte, poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro». Conseguenza: «[6]Su, godiamoci i beni presenti, facciamo uso delle creature con ardore giovanile! [7] Inebriamoci di vino squisito e di profumi, non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera, [8]coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano; [9]nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza. Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. [10]Spadroneggiamo sul giusto povero, non risparmiamo le vedove, nessun riguardo per la canizie ricca d’anni del vecchio. [11]La nostra forza sia regola della giustizia, perché la debolezza risulta inutile» (Sap 2, 2-11). La “paura della morte” è esattamente questa: quella paura che mi rende ossessionato al bisogno di cavare la soddisfazione del presente senza scrupoli. Perché se sto a vedere i poveri, i malati e i soli, la vita non me la godo più; se debbo essere attento a tutte le necessità degli altri, chi mi dà la soddisfazione? Perdo la mia vita, il mio tempo. Ebbene, questa è la terza paura fondamentale. ============== Quindi le tre paure fondamentali sono: La prima, è la paura che la nostra vita non sia giustificata, e quindi c’è bisogno di darsi daffare per riuscire a riscattarla. La seconda, è quella realtà di egoismo che ci portiamo dentro e che non riusciamo a togliere. La terza, è la paura della morte che ci rende egoisti e attaccati ad ogni cosa. ============== -IIILa fede è credere all’amore del Creatore 1. La fede è credere che alla radice della tua vita c’è l’amore del Creatore e che puoi consegnare la difesa della tua vita a questo Creatore Ebbene, fede vuole dire: credere che alla radice della tua vita c’è l’amore del Creatore e che puoi consegnare la difesa della tua vita a questo Creatore. Per cui in mezzo al mondo vivrai con la paura psicologica della morte, ma puoi non lasciartene condizionare troppo; puoi non lasciarti condizionare troppo dal tuo egoismo, non avere il bisogno di riscattare la tua vita, di pensare sempre a te, all’affermazione di te stesso; questa è una libertà che si chiama: libertà per amare. 1.1. Siamo liberi per diventare capaci di amare Ho sempre un po’ paura a pronunciare quella “parolina amare”, perché il rischio è che uno intenda per amore qualche cosa di romantico, di sentimentale, ecc. Se però riuscite a cancellare tutte le immaginazioni romantiche sull’amore – e riuscite a intendere l’amore come una presa di posizione con cui io voglio la vita degli altri, e difendo e proteggo la vita degli altri, e spendo la mia vita perché anche gli altri vivano, se intendete l’amore così con una scelta libera nei confronti degli altri, il prendersi cura del bene e della gioia e della vita degli altri –, il senso della libertà è 6 essenzialmente questo: siamo liberi per diventare capaci di amare, per riuscire a scardinare quel ripiegamento su noi stessi che è il nostro egoismo e che sono le nostre paure. L’egoismo nasce dalla paura, quindi riuscire a scardinare questo ripiegamento su noi stessi, è riuscire a fare della nostra vita un itinerario di attenzione e di rispetto agli altri. 1.2. Tutto quello che permette all’uomo di vivere, e permette alla società di funzionare in modo da far vivere l’uomo, entra nell’amore E questo riguarda tutto: l’amore non riguarda alcuni momenti privilegiati della vita, i momenti di estasi o cose del genere. L’amore riguarda il lavoro. Quando uno lavora, se lavora come Dio comanda, quindi se lavora con onestà e competenza, aiuta gli altri a vivere; non c’è dubbio io vivo perché c’è tanta gente che mi prepara il latte del mattino, o il pane che mangio… perché c’è molta gente che fa il suo lavoro e il suo dovere e lo fa correttamente e onestamente, mi fa vivere, fa parte anche questo dell’amore. Fa parte dell’amore l’impegno nella vita politica, perché se l’impegno nella vita politica vuole dire creare tra i cittadini dei rapporti dove i diritti e i doveri sono correttamente relazionati, ebbene questo aiuta la gente a vivere, aiuta la società a vivere, e questo fa parte dell’amore. E tutto quello che permette all’uomo di vivere, e permette alla società di funzionare in modo da far vivere l’uomo, tutto questo entra nell’amore. 1.3. Per arrivare ad essere capaci di amare bisogna percorrere quel cammino di maturazione Però torno a dire, per arrivare ad essere capaci di amare bisogna percorrere quel cammino di maturazione lì. Perché se rimaniamo adolescenti, rimaniamo invidiosi e avidi, reattivi nei confronti degli altri e cattivi. Allora perdiamo la capacità di vedere le cose come sono, vediamo le cose secondo il nostro interesse o il nostro rimetterci, secondo il vantaggio e lo svantaggio che ci danno. E questo non è corretto, quando vediamo le cose così i rapporti sociali non possono venire fuori bene. Perché la società funzioni bisogna che ci siano delle persone autentiche, delle persone che non hanno dei doppi fini, ma che sanno quale sia l’obiettivo della loro vita e ci vanno con correttezza con sincerità. E questo chiede un cammino di maturità. E da questo punto di vista siamo debitori gli uni degli altri. Se uno diventa una persona matura capace di libertà, aiuta anche gli altri a vivere meglio, è un dono che fa agli altri, il diventare grande lui è un dono che fa agli altri. E solo quando questo itinerario di crescita sarà sufficientemente dilatato, allora potremo sperare che i rapporti tra le persone siano umanizzanti, che aiutano le persone a sentirsi accolte, a stare bene lì dove sono, e a dare il meglio di sé. E la libertà effettiva è questa. La libertà essenziale ce l’abbiamo tutti, da quanto abbiamo l’età di ragione. Ma la libertà effettiva la dobbiamo conquistare con questo cammino di liberazione. * Cv. Documento rilevato come amanuense dal registratore, scritto in uno stile didattico e con riferimenti biblici, ma non rivisto dall’autore. 7