SOTTO LO SGUARDO DEL PADRE Omelia per il Mercoledì delle Ceneri 2006 Iniziamo con questa liturgia del Mercoledì delle Ceneri il tempo di Quaresima. La tradizione vuole che questo sia il tempo segnato dalle opere della Quaresima e, forse, dai bollettini parrocchiali avrete già preso conoscenza delle varie iniziative che nelle parrocchie vengono programmate per questo periodo: momenti di ascolto della Parola di Dio con più abbondanza e minore fretta; sussidi per la preghiera personale e di gruppo; suggerimenti per qualche opera di carità verso i poveri e le nostre missioni. Tutto questo è utile a dare al cammino quaresimale delle regole di vita. Ma non basta. Sotto lo sguardo del Padre Sto leggendo e rileggendo in questi giorni la prima lettera enciclica del papa Benedetto XVI,Dio è carità, e resto ancora colpito dalla scelta che il Papa ha fatto, mettendo a tema l’amore di Dio per l’uomo. Non solo perché viviamo in un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, ma perché attorno al tema dell’amore è ancora diffusa la percezione che la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti renda amara la cosa più bella della vita. Citando il filosofo ateo Nietzsche, il Cristianesimo avrebbe dato da bere del veleno a tutto ciò che è gioia, felicità, amore. Ma è veramente così? Il Cristianesimo ha davvero reso difficile la vita a coloro che seguono il Vangelo? Che cosa ne pensa il Vangelo? Che cosa abbiamo ascoltato nell’odierna pagina di Vangelo (Mt 6,1-6.16-18)? “Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano, In verità vi dico, hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto…” Il brano va collocato nel contesto in cui Gesù riprende, sì, i tre atti della religiosità ebraica e successivamente della pietà cristiana (e pure della religione musulmana), l’elemosina, la preghiera e il digiuno, ma per riportarli - per così dire - al cuore del loro significato. Elemosina, preghiera e digiuno sono certo opere da fare: non per farsi vedere dagli uomini, ma per rispondere all’Amore con cui Dio nel tuo cuore ti chiama, là dove non arriva il giudizio della gente. È interessante osservare che Gesù qualifica con l’appellativo di “ipocriti” quelli che si comportano diversamente, ostentando davanti agli uomini le loro opere buone. “Ipocriti” letteralmente significa “uomini mascherati”, persone che anche nel fare il bene si mettono la maschera, ostentando così una generosità, religiosità, santità “di facciata”. Gesù non condanna questi uomini che si comportano come con la maschera, non li manda all’inferno: semplicemente ritiene che perdano tempo. Ho letto tempo fa questo messaggio: “Quest’anno il carnevale è stato più bello del solito, perché invece di metterci la maschera ci siamo divertiti a toglierla!”. Ecco un primo significato della Quaresima: toglierci la maschera delle apparenze, della superiorità, per ritornare al cuore del nostro essere cristiani e discepoli del Signore. 1 A servizio dell’uomo Sì, essere discepoli del Signore Gesù e del suo Vangelo è imparare a vivere sotto lo sguardo di Dio che vede anche nel segreto, cioè nel cuore:”e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”. Attenditi perciò ogni lode, ogni ricompensa, ogni vera gratificazione soltanto da Dio che ti conosce nel cuore. Sono parole queste indubbiamente dure, taglienti, che rompono le nostre aspettative di gratificazioni umane e ci mettono alle volte in solitudine davanti a Dio. Colgo questo atteggiamento di fiducia in Dio che rimane anche nella solitudine, nella testimonianza di Paolo VI, in una sua meditazione inedita, forse scritta in qualche momento di prova: “Bisogna che mi renda conto della posizione e della funzione che ormai mi sono proprie, mi caratterizzano, mi rendono responsabile inesorabilmente davanti a Dio, alla Chiesa, all’umanità. La posizione è unica. Vale a dire che mi costituisce in un’estrema solitudine… Anzi io devo accentuare questa solitudine: non devo avere paura, non devo cercare appoggio esteriore, che mi esoneri dal mio dovere, che è quello di volere, di decidere, di assumere ogni responsabilità, di guidare gli altri… Le confidenze consolatrici non possono che essere scarse e discrete: il profondo dello spirito resta per me. Io e Dio”. “E il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”. Anche un Papa, per certi versi il personaggio più in vista al mondo, è chiamato a vivere sotto lo sguardo di Dio, di un Amore che ti conosce nel cuore e ti chiede la vita. Questo vivere sotto lo sguardo di Dio interpella tutti, vale per ogni situazione che ci costa e chiede sacrificio, per ogni cosa in cui dobbiamo pagare di persona disagi per il peso di una situazione esteriore difficile, di una salute poco buona, di gente “dura di orecchi e di cuore” che alla fine ti delude. Vivere sotto lo sguardo di Dio non è perciò essere meno a servizio dell’uomo. Quali allora gli atteggiamenti possibili? Un primo atteggiamento è quello di far pesare agli altri ciò che ci pesa, di farlo pesare con il nostro malumore, con il volto oscuro, in modo che tutti si accorgano e si sentano un po’ colpevolizzati. Il secondo invece è quello di sforzarsi di non far vedere nulla, ma anzi di mostrare gioia, serenità, accoglienza cordiale, un certo ottimismo. È il “profumati la testa e lavati il volto perché la gente non veda che tu digiuni”, cioè la gente non veda il peso che ti grava sul cuore, ma la gioia che il Signore dona e ti porta. Sarebbe bello, in proposito, riflettere su tanti episodi della vita di Santa Teresa di Lisieux che si è santificata vivendo un’esistenza poco gratificata, in una comunità difficile, con delle consorelle un po’ pesanti, ma dando sempre un’immagine di sé positiva, serena, affidata. Basterebbe ricordare i suoi incontri con una consorella particolarmente antipatica e pesante. Teresa si era proposta di essere sempre molto gentile con lei, e lo fu al punto che quella consorella disse un giorno: “Non so proprio perché suor Teresa mi voglia tanto bene e mi abbia scelta come amica”. Qui si gioca la santità nel quotidiano: non c’è bisogno di cercare chissà dove. Attraverso il modo di gestire i propri sentimenti, di fronte alla scelta di far pesare agli altri le nostre frustrazioni e i nostri sacrifici, imparare invece ad elaborarli davanti a Dio Padre. Tutto ciò vale per l’esistenza di ogni cristiano, nei rapporti di famiglia e di lavoro, tra preti e laici, non dico tra politici. Guai a chi opera solo per essere veduto! 2 Conclusione Concludo con le parole del Papa nel messaggio per la Quaresima: “Nel volgerci al divino Maestro, nel convertirci a Lui, nello sperimentare la sua misericordia grazie al sacramento della Riconciliazione, scopriremo uno sguardo che ci scruta nel profondo e può rianimare le folle e ciascuno di noi… A Maria, di speranza fontana vivace (Dante Alighieri, Paradiso XXXIII,12)” affidiamo “il nostro cammino quaresimale, perché ci conduca al suo Figlio”. Buona Quaresima! + Adriano VESCOVO Reggio Emilia - Basilica di S. Prospero, 1 marzo 2006, 3