RADICALISMO E RICERCA NEL NOVECENTO MUSICALE EUROPEO Radicalismo = 2. Atteggiamento intellettuale di rifiuto di ogni forma di compromesso o mezze misure; intransigenza, oltranzismo. (Battaglia) Intorno agli anni Venti del Novecento la musica occidentale – perché ormai a quella europea si veniva ad aggiungere la nuova musica americana – conobbe una vivacità e una molteplicità di figure, di stili, di atteggiamenti mai conosciuta in precedenza. La nuova musica – così la si chiamava, in polemica con la musica dell'Ottocento romantico – acquistò in quegli anni una posizione di prestigio e preminenza tra le arti impegnate nell'avanguardia, anche dove (come in Italia) la musica era stata considerata per secoli poco più di un divertimento. Particolarmente notevole fu la ricerca sul linguaggio musicale. Già nell'Ottocento la "lingua comune" musicale che nel Settecento copriva tutto il mondo civilizzato mostrava di piegarsi ad inflessioni nazionali o locali, o di venire piegata ad esigenze espressive individuali. Queste tendenze esplosero nel Novecento frammentando la "pratica comune" in una varietà di linguaggi. Ad esempio, la musica russa nell'Ottocento mostrava molti tratti propri della tradizione russa popolare, ma in molti casi questi tratti si potevano considerare come un dialetto della "lingua comune" (come in Çaikovskij o Glinka); ma già con compositori come Musorgskij o Rimsky-Korsakov emerge una radicalità più forte se, pochi anni più tardi, un compositore come Skrjabin poteva formarsi un linguaggio musicale proprio, radicalizzando alcune tendenze già presenti nel linguaggio dei compositori precedenti. La creazione di nuovi e diversificati linguaggi musicali non sarebbe però avvenuta in assenza di un nuovo atteggiamento culturale, quello del radicalismo. Atteggiamenti radicali iniziavano a comparire già nell'Ottocento, con la figura dell'artista-intellettuale in lotta contro la mediocrità borghese. La figura del musicista Johannes Kreisler, protagonista dei frammenti intitolati Kreisleriana di Hoffmann, influenzò nella condotta privata come nella produzione artistica prima Robert Schumann (Kreisleriana op. 16, 1838) poi Johannes Brahms. Il radicalismo ottocentesco si incarna però soprattutto nella figura di Richard Wagner. Il suo rifiuto di accondiscendere alle esigenze del pubblico, il suo atteggiarsi a vate e profeta, il suo avvolgere la propria musica in una rete di simboli religiosi e mistici costituirà un potente modello per l'autoidentificazione di molti artisti anche nella cosiddetta seconda avanguardia. Il radicalismo nel Novecento di manifestò in molteplici forme e figure, che hanno tutte in comune l'atteggiamento dell'artista verso il pubblico. Quest'ultimo iniziava ad essere visto non più come committente e fruitore (che è ancora l'atteggiamento di un Verdi o di un Puccini), ma come antagonista, costituzionalmente attratto verso il mediocre e il filisteo. L'artista radicale separa il pubblico reale, verso il quale combatte una battaglia a metà tra il pedagogico e lo sprezzante, da un pubblico ideale e largamente immaginario, per il quale scrive la sua musica. Questo atteggiamento, educare ed épater, resta una costante per tutto il radicalismo del Novecento, fino alle ultime e ormai spente avanguardie. Il pubblico ideale, tuttavia, essendo in gran parte immaginario, non risolve il problema principale del musicista, cioè il sostegno finanziario. La musica infatti è un'arte costosa, e non può sopravvivere in assenza di cospicui finanziamenti. Nell'epoca borghese il finanziamento alla musica era dato dal pubblico che, nella sua duplice veste di spettatore e dilettante, acquistava biglietti per teatri e concerti e musica stampata per le proprie esecuzioni domestiche. Il musicista radicale, entrando in conflitto con una classe borghese ormai massificata (è noto il rimpianto di Adorno per la borghesia "autentica" di un tempo) può contare solo su due fonti: 1) il settore progredito e anch'esso 'radicale' della borghesia; 2) il finanziamento pubblico. La prima fonte, per definizione minoritaria, non costituì mai una fonte certa neppure per i compositori maggiori; la forma più elevata di questo sostegno, la committenza da parte di un mecenate privato, fu una realtà per pochissimi e limitati casi (come la principessa Edmond de Polignac, o Elisabeth Sprague Coolidge e Robert Wood Bliss, entrambi americani). La seconda fu invece quella che gradualmente divenne la principale fonte di sostentamento del compositore del Novecento. Se, da una parte, questa fonte garantì al compositore una relativa indipendenza economica, dall'altra, burocratizzando il suo rapporto con le istituzioni musicali, recise gli ultimi legami diretti tra il compositore di musica "moderna" e i destinatari della sua opera. Avvertenza n. 1 Non tutto il Novecento è radicale. Buona parte della produzione musicale del secolo è stata ispirata ad una prudente continuità con la tradizione. Il paesaggio del Novecento è stato anche quello di una battaglia tra radicalismo e compromesso, in una infinita varietà di manifestazioni. Avvertenza n. 2 Non tutti i compositori radicali vivevano di sovvenzioni pubbliche. I grandi compositori erano, chi più chi meno, in grado di vivere della loro opera; mentre spesso i mediocri compositori tradizionali vivevano di sovvenzioni di regime (come, in Italia, i musicisti legati ai sindacati fascisti). Interpretazioni del radicalismo. Con Adorno l'interpretazione corrente del radicalismo era quella politica, riferita anche da Mittner: «fu grande merito dei compositori nuovi l'aver istintivamente compreso che il tonalismo tradizionale era espressione di quell'eurocentrismo egemonico dell'alta borghesia europea che non poteva più essere conservato». Questa interpretazione calza di più col radicalismo delle post-avanguardie che non con quello dell'avanguardia storica, dove il radicalismo assunse le più svariate connotazioni ideologiche. Per Claude Debussy (e anche per il primo Schönberg) fu estremamente influente il clima simbolista, che certo non rappresentava una protesta contro l'alta borghesia; molti furono spinti dal movimento futurista che, come sappiamo, fu uno degli ispiratori del fascismo italiano. In particolare sono stati fatti sforzi enormi per portare Schönberg nel campo della "sinistra", mentre le sue dichiarazioni (e tutta la sua opera) non lasciano dubbi sul fatto che le sua motivazioni erano altrove, e avevano poco a che fare con la protesta sociale. Comune a tutti i radicalismi è però la rinnovata attenzione alla ricerca teorica. Avvertenza n. 3 Non tutti i radicalismi sono innovativi e non tutti i conservatori sono passatisti. Nel Novecento, come sempre è successo, l'atteggiamento ideologico non sempre si rispecchia nel risultato. Musicisti che sono stati subito riconosciuti come “rivoluzionari” erano poi, come opinioni politiche e sociali, assolutamente conservatori se non reazionari. Compositori che musicalmente sono stati poco più che epigoni (come Kurt Weill o Paul Dessau) agivano invece nel campo politico come innovatori. Compositori che non erano né radicali né innovativi si sono rivelati col tempo delle grandi figure (come Benjamin Britten). Compositori che non sono neppure mai stati presi sul serio dalla critica militante, come Puccini o Gershwin, restano nel tempo (ma erano compresi e stimati da uno Schönberg). La ricerca linguistica L'elemento comune a tutto il Novecento ‘radicalista’ è, come si è detto, la ricerca di sistemi linguistici diversi dalla tonalità classica. Non è facile definire esattamente cosa sia la tonalità. Il termine tonalité fu introdotto dal teorico belga Françoise-Joseph Fétis nella prima metà dell'Ottocento, anche se in realtà la parola era già usata in Francia da molto tempo. Per tonalité Fétis intendeva quella particolare, e un po' misteriosa, facoltà della musica di creare un sistema in cui ogni singola altezza avesse un significato in relazione alle altre. In effetti, la tonalità è una codice linguistico capace di generare e soddisfare (o non) aspettative su diversi livelli strutturali. La tonalità classica (quella impiegata dalla musica europea tra il '600 e il '900) si basa sulla divisione dello spazio di ottava per mezzo della quinta. Lo spazio di ottava è la prima, e la più fondamentale, divisione nel continuum sonoro naturale. Il principio di equivalenza di ottava afferma che due suoni, a distanza di ottava, sono percepiti come lo stesso suono, differendo unicamente nel registro. Il continuum sonoro viene quindi articolato da questa prima divisione, che crea lo spazio, per così dire, grezzo, utilizzato dalla tonalità. Ogni sistema tonale infatti differisce dagli altri per la diversa organizzazione di questo spazio creato dall'equivalenza di ottava. Nella tonalità classica la suddivisione più importante dello spazio di ottava è data dalla quinta. Questa divisione crea uno spazio interno asimmetrico (l'ottava viene ad essere composta da una quinta più una quarta) in cui tutte le altezze sono univocamente definite dalla loro posizione relativa. L'identificazione di ogni altezza come appartenente alla struttura verticale di riferimento (la triade) le classifica poi in consonanti o dissonanti. Le caratteristiche fondamentali della tonalità classica sono dunque: - l'asimmetria - la rigida separazione tra consonanza e dissonanza. Il cromatismo Per cromatismo si intende la divisione dello spazio di ottava in dodici semitoni uguali. L'uso dei semitoni cromatici nella musica tonale classica adempiva tipicamente alla funzione d'intensificazione e abbellimento di una struttura diatonica. Verso la fine del Novecento i semitoni si staccano della struttura di riferimento e tendono ad aggregarsi liberamente. E' in periodo cosiddetto del "libero atonalismo". Una interpretazione corrente, sostenuta dagli stessi compositori della scuola di Vienna, vede una linea continua tra il cromatismo tonale e quello atonale. Secondo questa scuola, tra il preludio del Tristan und Isolde di Wagner (1859) e, per esempio, i 4 Stücke op. 7 di Webern (1910) esiste un passaggio graduale. In realtà, il primo pezzo è radicalmente diverso dal secondo, perché il cromatismo adempie ad una funzione diversa. Una musica composta di semitoni senza altra struttura di riferimento non può essere tonale, non può avere quelle caratteristiche della tonalità quali quella di generare aspettative e soddisfarle o negarle. Nella musica non tonale questa funzione semantica è messa in crisi, ma non assente. La funzione semantica più evidente, in assenza della tonalità, è assunta dal "disegno"; tuttavia molti recenti studi indicano che, nascoste sotto la molteplicità indifferenziata del cromatismo, esistono in certi casi alcune strutture ricorrenti. Il periodo della libera atonalità fu di breve durata, e fu rivolto principalmente verso la composizione aforostica, spesso vocale (e quindi sostenuta da un testo letterario). Gli stessi compositori trovarono sempre più difficoltà a maneggiare una materia così instabile, basandosi solo sull'associazione inconscia di sonorità e sul gesto musicale. Questo procedimento, tra l'altro, rendeva difficile – se non impossibile – la composizione di forme ampie. La dodecafonia «Oggi ho scoperto qualcosa che assicurerà la supremazia della musica tedesca per i prossimi cento anni» (Schönberg a Josef Rufer, o a Erwin Stein, nel luglio del 1921). Una soluzione si presentò spontaneamente alla mente del suo creatore, Arnold Schönberg. Lavorando alla composizione di pezzi in regime di libera atonalità, gradualmente Schönberg si rese conto che istintivamente impiegava una procedura particolare, che consisteva nell'impiego di alcune altezze collegate fra loro in una serie particolare. Webern raccontò di una esperienza simile, mentre componeva uno dei pezzi per violoncello e pianoforte, op. 5 e ricorda che aveva preso l'abitudine di spuntare a matita le dodici note della scala cromatica, dopo che ogni nota era stata impiegata nel corso del brano: «Quando l'ultima nota se andò, ebbi l'impressione che il pezzo fosse finito». La dodecafonia è una tecnica di composizione che impiega le dodici altezze in cui è divisa l'ottava (dal temperamento equabile) senza riferimento ad altro che alla loro reciproca posizione all'interno della "serie". La serie è un arrangiamento dei dodici semitoni deciso dal compositore per ogni singolo pezzo. In questo senso la dodecafonia è l'estremo limite dell'idea tematica: la serie è il sistema di riferimento unico e peculiare per ogni pezzo, così come per l'idea tematica il tema era il nucleo in cui risiede l'unicità di ogni pezzo. Schönberg chiamava il nucleo primordiale di ogni singolo pezzo «Grundgestalt». La musica tonale, invece, possiede un sistema di riferimento comune a tutti i pezzi scritti secondo le sue leggi: l'individualità dei pezzi risiede nell'elaborazione sempre diversa di strutture identiche per tutta la musica. Il principio seriale venne gradualmente codificato in poche, semplici regole, le cui principali sono: 1) le note della composizione devono presentarsi nell'ordine stabilito dalla serie; ad esempio, per poter ascoltare la nota 7 dobbiamo aver sentito prima le sei note che la precedono. 2) la serie è suscettibile di operazioni che permettono di ottenere altre tre serie. Queste operazioni sono: retrogradazione, inversione, e retrogradazione dell'inversione. Le serie così ottenute sono quattro, e sono indicate dalla sigla: O, I, R, RI. Ognuna delle serie così ottenuta può essere trasportata su ognuna delle dodici trasposizioni possibili, permettendo di ottenere così un totale di 48 serie da ogni serie originaria. 3) Il raddoppio di ottava è proibito. Il senso di queste regole (e delle altre) è chiaro: 1) garantire unità, coerenza e unicità al pezzo; 2) garantire il compositore contro ogni involontario ritorno alle abitudini tonali. Ma lo scopo forse più importante è di permettere al compositore di uscire dal già ricordato «complesso del foglio bianco» implicito in una assenza di regole. In questo senso, la dodecafonia è un ‘richiamo all'ordine’, un vincolo dal notevole significato etico e pedagogico (e molto borghese). La dodecafonia fu criticata aspramente per la sua natura di vincolo; si diceva che un compositore non può dover chiedere il permesso alla serie per mettere una nota invece di un'altra. In realtà non è mai esistita una tecnica compositiva permissiva e di manica larga quanto la dodecafonia. Per prima cosa, qualunque altezza può essere impiegata in qualunque momento, perché le operazioni che si possono compiere possono aggirare ogni limitazione della serie. Inoltre, la dodecafonia mira a raggiungere un ‘equilibrio atonale’ all'interno del quale l'impiego di una determinata altezza invece di un'altra ha molta meno importanza che non nella musica tonale. Molto più importante della ‘nota’ sono il ritmo, il disegno e il gesto musicale; tutti aspetto sui quali la serie non ha potere (se non nella corrente della ‘serialità integrale’ che però appartiene alla neo- avanguardia). Con ciò si coglie un altro dei paradossi della dodecafonia: un sistema di riferimento unico e peculiare per ogni pezzo che, invece di garantire individualità, porta uniformità! Tuttavia un impiego sapiente delle potenzialità insite nel principio seriale può portare ad una sonorità peculiare, anche se difficile da afferrare. Queste tecniche sono: - La costruzione della serie secondo principi particolari, quali la sua partizione in unità più piccole (di solito esacordi) correlate fra loro da rapporti di trasposizione o inversione, o sulla presenza di elementi triadici; - le tecniche di utilizzo della serie nella tessitura polifonica (verticale, a segmenti, a specchio, accoppiata con la sua inversione, ecc.) Affinità tra la dodecafonia e il programma della Bauhaus: necessità di dare precedenza all'aspetto del "comporre", del costruire, rispetto all'espressione e all'ispirazione; attenzione verso l'artigianato. Dati biografici di Schönberg 1874 1890 1895 nasce a Vienna lascia la scuola per impiegarsi in banca studia con Zemlinsky; dirige l'Unione corale dei metallurgici 1897 1899 1901 1903 1904 Klimt, “Ver Sacrum” (secessione di Vienna) Karl Kraus, “Die Fackel” primo soggiorno a Berlino; lavoro nel cabaret ritorno a Vienna inizia l'attività didattica alla scuola privata di Eugenie Schwarzwald; si coagula la Schönberg-Kreis. Fondazione della Vereinigung schaffender Tonkünstler; prime esecuzioni importanti 1908/9 1911 1912 1915 /18 1918 1923 1924 1926 1933 1934 1936 1951 “anno decisivo" per la nuova musica: Schoenberg, II quartetto, George-Lieder, pezzi op. 11, Erwartung; Berg, Quattro Lieder op. 2; Webern, Sei pezzi per orchestra, op. 6 contatti con Kandinskij; partecipazione come pittore alla mostra del Blaue Reiter a Monaco; insegnamento alla Akademie für Tonkunst; Harmonielehre Trasferimento a Berlino Pierrot lunaire. Attività esecutiva dispersione a causa della guerra Verein für Privataufführungen nascita ufficiale della dodecafonia scioglimento di fatto della Schönbergkreis; tournée in Italia; Cattedra all'Akademie der Künste di Berlino ritorno all'ebraismo; abbandono della Germania; lavoro degli USA trasferimento a Los Angeles insegnamento definitivo all'Università di Los Angeles muore a Los Angeles Kokoschka: mostra viennese Schreker, Der ferne Klang Fondazione della Universal Edition di Emil Hertzka e della Akademie für Tonkunst