VI COMANDO DI AMARE
VI Domenica di Pasqua:
Atti 10, 2548;
1Gv 4, 7-10;
Gv 15, 9-17
“Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi”. La nostra presenza alla celebrazione
Eucaristica domenicale e prima ancora la nostra fede, più che una scelta nostra è il segno di
quell’amore di Dio che ci ha scelti e ci ha chiamati ad essere nel mondo testimoni della sua
presenza. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate
frutto” E’ la risposta generosa a questa chiamata che costituisce per noi motivo di salvezza.
Una storia d’amore che comincia dal cielo
C’è una storia d’amore che si riassume nelle frasi che aprono e chiudono il Vangelo di oggi: “Come
il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore…questo vi comando:
amatevi gli uni gli altri” C’è l’amore del Padre per il Figlio, quello del Figlio per i discepoli, quello
dei discepoli per i fratelli. Ora, questa realtà va considerata nel suo complesso, senza riduzioni
indebite. Può venir da dire, ad esempio, che l’essenziale è l’amore fraterno; e l’affermazione ha una
sua validità perché san Paolo scrive che l’amore del prossimo è pieno compimento della legge (cf
Rm 13, 8-10).
Tuttavia non si può avere una vera comprensione dell’amore del prossimo senza inserirlo nel
contesto più ampio dell’amore di Dio: è l’amore del Padre che mette in moto il dinamismo efficace
e ampio che tende a raggiungere tutti gli uomini. Come la sorgente sta all’origine del fiume, e come
la scintilla sta all’origine del fuoco. Comprendere questo mistero significa capire tutto il mistero
pasquale che di domenica in domenica stiamo celebrando: è l’amore del Padre la sorgiva da cui
scaturisce la nostra salvezza in Cristo Gesù , operante oggi nella Chiesa e che
scorrerà come fiumi di acqua viva nella Gerusalemme celeste.
Prima di tutto lasciarsi amare
L’amore, dunque, scaturisce dal cuore del Padre, si rivolge innanzitutto al Figlio e da lui
raggiunge i discepoli: “Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi”. E’ necessario notare
che il termine come indica in questo caso non solo somiglianza ma una vera causalità. Gesù ama i
suoi discepoli con un amore simile a quello che riceve dal Padre. Di più, li ama perché è stato amato
per primo dal Padre. Ancora: quando Gesù dilata l’amore aprendolo ai suoi discepoli, solo allora
egli rimane nell’amore del Padre; solo allora permette all’amore del Padre di scorrere come fiume
che semina vita e fecondità facendoci famiglia di Dio dove davvero ci si può amare come fratelli.
Infatti poi la stessa struttura si ripete a livello dei discepoli. Sono amati da Gesù con un
amore senza riserve e senza limiti. Infatti “nessuno ha un amore più grande di questo: donare la
vita per i propri amici” La pasqua di Gesù è il segno più evidente della serietà del suo amore.
Si tratta certo prima di tutto di lasciarsi amare, di rimanere nell’amore che riceviamo da Dio.
Ma lasciarsi amare significa lasciarsi trasformare dall’amore che si riceve, lasciarsi coinvolgere
nella sua logica. “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo
Unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui”.
Il discepolo come il Maestro
Ci è comandato di amare come Gesù ha amato. E sappiamo che il comandamento suo non è
arbitrario: lui per primo ci dà l’esempio di una vita spesa nell’amore. Gesù ha lavorato, sofferto,
gioito, aiutato le persone, insegnato trasformando tutta la vita concreta in gesti di amore. Il comando
consiste solo nel dare noi stessi imitando la vita di Gesù nella nostra vita. Possiamo allora
comprendere le parole di Giovanni nella sua prima Lettera: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri,
perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha
conosciuto Dio perché Dio è amore”. Si noti come il verbo amare è usato in assoluto: Chiunque
ama… Ama chi?...ama come me? Non viene detto: c’è un’unica forma di amore che sia degna di
questo termine viene da Dio e ha la forma del dono che desidera arricchire l’altro.
Camilla Vitali, Missionaria del Cuore di Gesù