1° gennaio
MARIA SS. MADRE DI DIO
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Nm 6,22-27 - Invocheranno il mio Nome e io li benedirò.
Dal Salmo 66 - Rit.: Dio ci benedica con la luce del suo volto.
Gal 4,4-7 - Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Molte volte e in diversi modi
Dio ha parlato ai nostri padri per mezzo dei profeti; oggi, invece,
parla a noi per mezzo del Figlio. Alleluia.
 Lc 2,16-21 - I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino.
Il fascino delle origini
L’inizio di un nuovo anno è sempre stato celebrato in tutte le religioni.
Il primo giorno dell’anno nuovo ha un fascino e un sapore, un
significato e una potenza evocatrice tutta speciale. Esso evoca
l’origine della creazione e del tempo, l’origine della vita e della storia.
Per noi cristiani la liturgia del primo giorno dell’anno nuovo evoca la
benedizione di Dio creatore data ad ogni essere vivente agli inizi del
mondo (cf Gn 1,28) e attuatasi soprattutto nel popolo di Dio (cf 1ª
lettura); richiama la nascita di Cristo da Maria, inizio stupendo della
nostra libertà e della nostra nascita a figli di Dio (2ª lettura); ricorda
il primo riconoscimento di Cristo come salvatore e signore,
annunciato al mondo dei pastori e custodito nel cuore da Maria
(Vangelo). Tutte e tre le letture sono intonate sul tema dell’inizio! E
tutto è investito da un clima di gioia, perché soltanto la fine reca
malinconia e tristezza. L’inizio è vitalità nuova che sprigiona gioia.
La benedizione
La 1ª lettura ci offre il testo della benedizione sacerdotale (vv. 24-26)
preceduta da un’introduzione (vv. 22-23) e seguita dalla consueta
formula di chiusura (v. 27). Questo testo è della tradizione
sacerdotale, cioè di epoca esilica e riflette una pratica che diventerà
comune solo dopo l’esilio, quando soltanto i sacerdoti avevano l’ufficio
di benedire. Qui dunque si tratta di una benedizione per tutto il
popolo (“i figli di Israele”, vv. 23.27) da attuarsi nella liturgia. Dal
culto, mediante la benedizione data dai sacerdoti, scaturisce una
fecondità e un’energia vitale per tutto il popolo. Gli effetti di questa
benedizione sono spiegati nella stessa formula liturgica: Dio
custodisce, è benevolo e benefico, è accogliente e dona la pace. Va
sottolineato quest’ultimo termine. La “pace” (in ebraico: shalom) è lo
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status cui conduce la benedizione: essa è fatta di salute, benessere,
prosperità, riuscita, felicità. Tutto questo è frutto dell’azione di Dio
designata col termine “benedizione”. La benedizione è propria di Dio
creatore, fa parte dell’azione creatrice di Dio (cf Gn 1,28 ove Dio
benedice l’uomo che egli ha creato). Essa porta a compimento la
creaturalità dell’uomo e la fa “riuscire”. La benedizione dunque fa
parte del mistero delle origini: in ebraico il termine beraka
(benedizione) ha affinità con la radice berek, che indica gli organi
genitali da cui si origina la vita. La benedizione è in relazione con le
forze creatrici e originanti della vita.
Un nuovo modo di essere
La 2ª lettura ci fa meditare sulla novità assoluta recata da Gesù
Cristo nella “pienezza del tempo” (v. 4), cioè nel momento decisivo di
tutta la storia. Con Cristo inizia una nuova epoca della storia. Egli è il
Figlio inviato dal Padre, nato da una donna e sottomesso alla Legge
(v. 4), in tutto simile a noi eccetto il peccato. Cristo è l’inizio del tutto
nuovo e imprevedibile. Dandoci lo Spirito Santo che ci fa figli adottivi
del Padre e capaci di invocarlo con l’appellativo dei bambini, ossia
“Abbà” (Papà”), Cristo ci ha fatto nascere a un nuovo modo di
esistere. Siamo stati liberati da ogni schiavitù e resi veramente liberi:
“Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Gal 5,1). Noi “siamo
stati chiamati alla libertà” (Gal 5,13). Ma soltanto lo Spirito di Cristo
può garantirci l’autentica libertà dei figli di Dio. Partecipando alla vita
divina del Figlio, anche il cristiano è erede dei beni promessi dal
Padre.
Con Cristo si sono aperti i cieli e Dio si è rivelato con il volto di Padre
e si sono dischiusi i cuori mediante il dono dello Spirito Santo che
rende gli uomini figli del Padre e coeredi di Gesù Cristo. Dall’abisso
insondabile della vita trinitaria è venuta a noi una nuova inaudita e
impensabile esistenza. Con Gesù Cristo è avvenuta una nuova
stupenda creazione!
I primi testimoni
Il brano del Vangelo odierno inizia col racconto dei pastori che vanno
a Betlemme per vedere quello che è accaduto e che il Signore ha
fatto loro sapere (Lc 2,15). Là trovano Maria, Giuseppe e il bambino.
Essi allora vedono e riferiscono “ciò che del bambino era stato detto
loro” (v. 17). Diventano testimoni del messaggio che avevano
ricevuto: “Oggi, nella città di Davide, è nato il vostro Salvatore, il
Messia e il Signore” (2,11).
I pastori sono stati evangelizzati per primi e sono i primi testimoni del
Vangelo. La loro testimonianza è identica a quella degli apostoli dopo
la Pasqua: “Pietro disse: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà
salvo. Questo Gesù, che voi avete crocifisso, Dio lo ha fatto Signore e
Messia” (At 2,21.36). Tutti quelli che udivano i pastori, si stupivano
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delle cose che essi dicevano (v. 18). La reazione è simile a quella
suscitata dalla testimonianza degli apostoli: “I membri del tribunale
ebraico erano davvero stupiti della franchezza con la quale Pietro e
Giovanni parlavano, tanto più che si trattava di persone molto
semplici e senza cultura, e avevano dovuto riconoscere che erano
stati seguaci di Gesù” (At 4,13). Anche i pastori sono persone
semplici e senza cultura.
Maria, custode della Parola
Maria medita nel suo cuore le parole dette ai pastori sul futuro del
suo bambino, cioè che sarà il Salvatore, il Messia, il Signore (cf v.
19). Nella meditazione di Maria nasce la prima cristologia, la più alta
e pura riflessione sul mistero di Cristo. Maria compie la più perfetta
riflessione teologica di fede. Come ha custodito nel suo grembo
materno Gesù durante i mesi della gravidanza, così lo custodisce per
sempre castamente nel suo cuore mediante l’amore. E dal cuore
amante di Maria la Chiesa apprende a meditare il mistero di Gesù. La
maternità di Maria sta alle origini della nostra redenzione e la Chiesa
non può che essere “mariana” nella sua essenza più profonda di
accoglienza e di meditazione feconda del suo Signore.
L’imposizione del nome
Nel v. 21 tutta l’attenzione dell’evangelista è diretta all’imposizione
del nome; la circoncisione è ricordata soltanto come l’occasione in cui
ciò avvenne. Qui né Maria né Giuseppe avanzano un diritto materno o
paterno a dare il nome. L’angelo aveva indicato quale doveva essere
il nome (cf Lc 1,31). L’obbedienza a questa voce celeste è più
determinante dei diritti materni o paterni. È Dio che dà il nome, ossia
dà a Gesù la sua fisionomia, la sua missione e il suo compito di
Messia e di Salvatore. È Dio che stabilisce il destino di Gesù, il suo
ruolo e il senso della sua vita.
Attualizzazione
È il primo giorno dell’anno nuovo, è la festa di Maria Madre di Dio, è
la giornata della pace. È difficile mettere insieme tutt’e tre le cose. Ma
forse l’idea dell’inizio può aiutarci a raccogliere in unità le tre letture
bibliche. La celebrazione liturgica, vissuta con l’indicazione di questa
Parola di Dio, ci invita a riandare alle origini della nostra esistenza: la
maternità divina di Maria è la sorgente da cui proviene il Salvatore,
mediante il quale ci è data ogni benedizione spirituale con il dono
dello Spirito che ci fa figli di Dio dotati della libertà dei figli, chiamati a
vivere nella pace.
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