Cerchiamo di capire l’Universo (prima parte) All’inizio di questo ciclo di lezioni, ci eravamo posti il problema di capire come fossero distribuiti nello spazio gli oggetti dell’immagine di “Deep Field” (HDF) presa dall’Hubble Space Telescope. Dopo una breve discussione, abbiamo capito che non potevamo utilizzare né la luminosità apparente degli oggetti raffigurati né le loro dimensioni apparenti per risolvere il problema. Infatti, il valore di entrambe queste grandezze dipende dalla distanza alla quale si trova l’oggetto in esame Abbiamo quindi affrontato la determinazione delle distanze in Astronomia. Per gli oggetti relativamente vicini alla Terra, si usa il metodo della parallasse. È un metodo geometrico e sfrutta lo spostamento angolare apparente di un oggetto quando un osservatore cambia punto d’osservazione. Il limite di questo metodo ci è fornito dal più piccolo angolo che gli strumenti a Terra o nello spazio sono in grado di misurare (ordine dei centesimi di secondo d’arco). Abbiamo visto che in questo modo misuriamo distanze fino a qualche centinaio di parsec. Per andare oltre, abbiamo visto che si sfrutta la luminosità degli oggetti celesti. Abbiamo definito la luminosità con la quale ci appare un astro ad occhio nudo oppure attraverso uno strumento “luminosità apparente”, da cui magnitudine apparente. Dato che la luminosità di un oggetto varia con la distanza, abbiamo definito come “luminosità intrinseca”, da cui magnitudine assoluta, la luminosità che un oggetto avrebbe se posto ad una distanza prefissata, nel nostro caso 10parsec. Dalla differenza tra magnitudine apparente e magnitudine assoluta si ricava la distanza. Questa idea sta alla base di molti metodi di misura, che abbiamo nominato a lezione e che, nell’ordine, ci permettono di investigare distanze sempre maggiori: il metodo delle stelle variabili Cefeidi, il metodo di Tully – Fisher, il metodo delle Supernovae di tipo Ia ed infine il metodo che sfrutta i più brillanti ammassi di galassie. Ciascuno di questi metodi si basa sulla conoscenza, tramite altre vie, della magnitudine assoluta dell'oggetto o degli oggetti da cui prendono il nome. Questi oggetti si chiamano “indicatori di distanza”. Di tutti quegli oggetti di cui conosciamo la distanza, conosciamo anche la magnitudine assoluta. Supponiamo ora di voler misurare la distanza di un oggetto che si trova oltre i limiti di applicabilità dei metodi di misura precedenti che però sia identico ad un oggetto che si trovi entro questi limiti. È ragionevole supporre che questi due oggetti, essendo identici, abbiano anche la stessa magnitudine assoluta. La magnitudine assoluta degli indicatori di distanza viene valutata proprio in questo modo: cercando uno di essi fra gli oggetti la cui distanza sia conosciuta, ovvero fra quegli oggetti che si trovano entro l’intervallo di applicabilità di uno dei metodi precedenti. fatto che la luminosità diminuisce con la distanza, ad un certo punto, l’oggetto non è più visibile. Questa è la ragione per la quale, per misurare distanze di oggetti sempre più lontani, si cerchino oggetti sempre più luminosi. Come per la parallasse, anche ciascuno di questi metodi ha un limite: a causa del All’aumentare della distanza, aumenta l’incertezza delle misure. La “scala delle distanze” è una particolare rappresentazione dei vari metodi di misura usati in astronomia per misurare le distanze. Il termine “scala” richiama il procedimento secondo il quale, attraverso i decenni (…e continua ancor oggi), si è riusciti a misurare distanze di corpi sempre più lontani. Paragoniamo i metodi di misura agli scalini di una scala. Quando si sale su una scala, è necessario mettere il piede sullo scalino precedente per avanzare al successivo. In astronomia, è stato possibile, di volta in volta, utilizzare nuovi metodi di misura poiché l’indicatore relativo si trovava anche nell’intervallo di applicabilità del metodo precedente. Prendiamo ad esempio il metodo della parallasse e quello delle stelle variabili Cefeidi: di quelle che si trovano entro alcune centinaia di parsec da noi, è stato possibile calcolare la magnitudine assoluta, poiché si conosceva la loro distanza, valutata con il metodo della parallasse e la loro magnitudine apparente, misurata con appositi strumenti. Si fa l’ipotesi che la magnitudine assoluta sia la stessa anche per altre Cefeidi il cui angolo di parallasse è nullo, cioè che si trovano ben oltre alcune centinaia di parsec dalla Terra. Misurando la magnitudine apparente di queste stelle si ricava la distanza tramite la differenza fra le due magnitudini. Il rapporto dimensioni/distanza dei vari corpi/sistemi celesti è tale da far apparire l’Universo essenzialmente vuoto di materia. L’immagine e la tabella che seguono riportano alcuni degli oggetti dell’HDF con le relative distanze.