Tessitura - Università degli Studi di Messina

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IL SISTEMA SUOLO
da: http://parcoducale.bodoni.pr.it/parcoducale/progset/sostanza_organica.htm
Nella letteratura specializzata il suolo viene definito come un corpo dinamico naturale che
costituisce la parte superiore della crosta terrestre, derivante dall’azione integrata nel
tempo del clima, della morfologia, della roccia madre e degli organismi viventi. Esso è lo
strato basale degli ecosistemi terrestri quali prati, boschi, ecc..Tale definizione mette in
luce come il suolo rappresenti quindi un comparto ambientale dinamico, in evoluzione, in
cui si compiono diversi processi fisici, chimici e biologici: in particolare la demolizione della
sostanza organica e la produzione di humus; si tratta cioè di un sistema complesso,
soggetto a continue modificazioni, costituito oltre che da particelle minerali (45%),
materiali provenienti dal disfacimento delle rocce madri ad opera di agenti fisico- chimici,
anche da sostanza organica (in percentuale variabile, mediamente 5%), derivata dalle
trasformazioni subite dai resti animali e vegetali, che caratterizzano il processo della
decomposizione. Oltre alla litosfera, nel suolo si uniscono e si intersecano l’atmosfera,
aria interna ad alto tenore di anidride carbonica, e l’idrosfera, costituita dall’acqua
contenuta nel suolo in diverse forme e soggetta ad una particolare economia.
Ma ciò che più ne caratterizza l’eterogeneità e la complessità è la ricca e diversificata
presenza di organismi che ne costituiscono la biocenosi, il cui numero di specie è
largamente superiore a quello di altri ambienti adiacenti. Il suolo rappresenta quindi un
ambiente estremamente vario, uno tra i più ricchi di organismi di tutta la biosfera, la cui
attività dà vita ad una straordinaria officina di trasformazioni, dalla quale dipende la
vitalità e quindi il mantenimento della vita vegetale epigea.
Quest’ultimo aspetto risulta particolarmente interessante nell’economia e nella gestione di
un Parco cittadino come il Parco Ducale, patrimonio locale da tutelare, vera e propria
“oasi” all’interno dell’ambiente urbano, di grande valore culturale, storico-artistico e
naturalistico. La correlazione tra lo stato di salute degli alberi del Parco e il ruolo svolto
dagli organismi della comunità del suolo contribuisce così al superamento dell’idea
comune di suolo come superficie statica ed inerte, di semplice supporto per i vegetali, gli
animali, l’uomo e i suoi manufatti. Dalla consapevolezza del concetto di suolo, come la
complessa parte basale degli ecosistemi terrestri, si sviluppa quindi naturalmente la
considerazione del suolo come risorsa comune, da preservare e gestire con adeguati
interventi di tutela e conservazione, ispirati al principio della sostenibilità, come ricordato,
infatti dalla “Carta Europea del suolo” questo “…consente la vita dei vegetali, degli
animali e dell’uomo sulla superficie della Terra”, ma nel contempo “…è una risorsa limitata
che si distrugge facilmente”
COMPONENTI ABIOTICHE
Il suolo in quanto parte fondamentale degli ecosistemi terrestri è caratterizzato da una
struttura costituita da componenti abiotiche in stretta relazione con gli organismi della
biocenosi. Esso infatti è il risultato del materiale originario (frazione inorganica) che nel
tempo si è profondamente mescolato con i residui animali e vegetali (frazione organica)
sottoposti all’azione del clima e degli organismi decompositori.
Per determinare la natura e le caratteristiche di un suolo occorre prendere in esame i
fattori fisico-chimici che lo contraddistinguono e la distribuzione delle singole particelle
minerali (tessitura + scheletro).
FATTORI FISICO-CHIMICI
I fattori fisico-chimici del suolo rappresentano una serie di parametri che definiscono le
condizioni della matrice suolo, i quali influenzano la vegetazione epigea, e la comunità
degli organismi edafici, sia dal punto di vista della composizione in specie che della
rispettiva abbondanza numerica.
Tessitura
Per definire meglio il termine tessitura conviene introdurre innanzitutto la definizione di
granulometria.
Per granulometria di un suolo si intende la distribuzione delle singole particelle minerali.
Per convenzione internazionale l’indagine granulometrica si effettua separando le
particelle in base al loro diametro.
La frazione di diametro superiore ai 2 mm costituisce lo “scheletro”, mentre quella di
diametro inferiore ai 2 mm viene denominata “terra fine”.
In base al diametro delle sue particelle la terra fine viene classificata in ciscuna delle
seguenti componenti:

sabbia (diametro delle particelle comprese tra 2 mm e 0,05 mm);

limo (diametro delle particelle comprese tra 0,05 mm e 0,002 mm);

argilla (diametro delle particelle inferiori a 0,002 mm).
Dal valore percentuale delle diverse frazioni si definisce la tessitura di un suolo utilizzando
il diagramma riportato in figura.
I tre grandi gruppi di classi di tessitura riconosciuti sono a loro volta suddivisi in classi al
loro interno:
1. Gruppo delle classi sabbiose - In questo gruppo ci sono i suoli in cui la frazione
sabbiosa è superiore al 70% del totale, e l’argilla inferiore al 15% ; esso comprende
due specifiche classi: “sabbioso franco” e “sabbioso”.
2. Gruppo delle classi argillose - Per essere definito “argilloso” un suolo deve
contenere più del 40% di argilla; i nomi delle tre classi sono: “argilloso”, “limoso
argilloso” e “sabbioso argilloso”; le ultime due classi possono contenere
rispettivamente più limo o sabbia che argilla, ma quest’ultima condiziona tuttavia in
modo determinante le proprietà tessiturali.
3. Gruppo delle classi franche - E’ il gruppo che contiene il maggior numero di
suddivisioni. Idealmente un suolo franco è dato dalla mescolanza, equilibrata, di
sabbia, limo e argilla; conseguentemente, anche le proprietà che condizionano l’uso
del suolo, ad esempio la pesantezza o la leggerezza, sono presenti in proporzioni
equilibrate. La maggior parte dei suoli di interesse agricolo sono in qualche modo
“franchi”, e c’è una classe tessiturale denominata, appunto, “franca”, che sta in una
posizione intermedia fra le tre componenti granulometriche sabbia, limo ed argilla.
Tuttavia, sovente, una debole prevalenza di una delle tre frazioni richiede l’uso di
aggettivi che meglio completano e definiscono la classificazione tessiturale. Così, un
suolo franco dove domina la sabbia viene chiamato “franco sabbioso”; allo stesso
modo possiamo avere un suolo “franco limoso”, “franco limoso argilloso”, “franco
sabbioso argilloso”, “franco argilloso”. Anche la classe “limosa”, dominata dal limo,
viene convenzionalmente inserita fra il gruppo delle classi franche.
Profilo
Generalmente un suolo è suddiviso in strati a partire dalla superficie fino ad arrivare alla
sottostante roccia inalterata. Questa roccia è chiamata roccia madre. Gli strati, definiti
orizzonti, in cui si può dividere un suolo completo, sono i seguenti:
caratterizzato dalla presenza di sostanza organica caduta sul suolo e non
ancora decomposta, la cui forma si può riconoscere a occhio nudo; è definita
lettiera;
caratterizzato dalla presenza di sostanza organica decomposta o parzialmente
A0
decomposta, la cui forma originale non può essere riconosciuta;
caratterizzato dalla presenza di sostanza organica umificata, humus, mescolata
A1
alla materia minerale. L’orizzonte si presenta di colore bruno scuro;
caratterizzato da un impoverimento nel contenuto di argilla e di elementi
A2
minerali. Il colore può essere grigio-cenere, o rosato, o bruno giallastro;
caratterizzato da accumulo di argilla, humus e minerali oppure da una
B
alterazione più o meno spinta del materiale roccioso che ha originato il suolo;
C
caratterizzato da alterazione prevalentemente fisica della roccia;
R
è la roccia inalterata, sottostante al suolo.
Non sempre l’orizzonte A, o eluviale, è riconoscibile dal B, illuviale; se ad esempio il suolo
è giovane od ospita un prato, questo non succede.
I terreni vengono definiti sottili, profondi o molto profondi, a seconda dell’altezza del loro
profilo, che può variare da pochi cm a 1 metro.
A00
EVOLUZIONE DEL SUOLO O PEDOGENESI
La distribuzione del suolo segue l’andamento della superficie terrestre, alternando
affioramenti di rocce alterate superficialmente, a suoli all’inizio della loro evoluzione, a
suoli maturi, piuttosto che a suoli trasformati dalle pratiche agricole o dall’erosione.
Il processo evolutivo è caratterizzato da una serie di trasformazioni che modificano
continuamente la struttura e la composizione del suolo, rappresentate sostanzialmente da
fenomeni di migrazione di sostanze organiche ed inorganiche, di accumulo di alcuni
materiali, e di alterazione chimico-fisica del substrato pedogenetico. Durante questo
processo quindi le rocce si frammentano sempre più profondamente, i sali dotati di
maggiore solubilità vengono asportati e spostati, la sostanza organica si accumula in
superficie e subisce il processo dell’umificazione distribuendosi nei diversi strati, con il
completamento della decomposizione si formano infine nuovi minerali che conferiscono al
suolo stesso particolari caratteristiche. La composizione del suolo maturo dipende
pertanto da numerosi fattori quali la componente minerale della roccia madre, il clima, il
tipo di vegetazione, la fauna insediata nel terreno, la presenza, sia in termini qualitativi che
quantitativi, dei microrganismi della microflora, l’intervallo di tempo trascorso dal momento
della sua genesi. Il processo evolutivo si completa con la definizione all’interno del suolo di
un particolare e caratteristico profilo verticale; tale stato, caratterizzato da una condizione
di equilibrio dinamico stabile con l’ambiente, definisce il suolo maturo. Esso si conserva
fino a quando non si altera l’equilibrio raggiunto dai diversi fattori pedogenetici, che darà
inizio ad un nuovo processo evolutivo, fino al raggiungimento di un nuovo e diverso stato
di equilibrio.
SOSTANZA ORGANICA E HUMUS
La sostanza organica costituisce la frazione più complessa del suolo, formata da composti
derivati prevalentemente dalla demolizione di materiale vivente, soprattutto di origine
vegetale, ma anche animale, che viene a trovarsi nel terreno. Tali residui sono sottoposti
ad una continua trasformazione, più o meno rapida, dovuta alla attività di organismi della
pedofauna e della microflora che dà origine, da una parte, a composti minerali semplici
(processo di mineralizzazione) e, dall’altra, a sostanze colloidali organiche che
costituiscono l’humus (processo di umificazione).
L’humus si presenta come quella parte di sostanza organica pedologicamente omogenea
e di colore bruno, più o meno intenso, formata da acidi umici (colloidi organici
elettronegativi); questi composti si legano ai complessi argillosi formando i composti
argillo-umici fortemente igroscopici.
Anche l’humus subisce a sua volta un processo di mineralizzazione, ovvero viene
anch’esso demolito in sostanze minerali, tuttavia tale processo avviene molto più
lentamente che a partire dalla sostanza organica fresca, per cui l’humus costituisce una
riserva di nutrienti. In base al contenuto di humus i terreni vengono così classificati:
umiferi, con più del 10% di humus;
ricchi di humus, con una quantità compresa dal 5 al 10%;
sufficientemente dotati, con un livello dal 3 al 5%;
mediocremente dotati, con un tenore dal 2 al 3%;
poveri di humus, con una quantità di humus inferiore al 2%.
L’accumulo di humus è influenzato da diversi fattori come il pH, la temperatura, l’umidità e
la disponibilità di ossigeno.
Oltre agli acidi umici, che possono essere considerati i composti organici caratteristici del
suolo, le altre sostanze organiche in esso presenti sono rappresentate da enzimi, liberati
essenzialmente da microrganismi, fitotossine prodotte dalla demolizione delle foglie,
antibiotici di origine microbica, feromoni che costituiscono segnali chimici utilizzati per la
comunicazione intraspecifica, come ad esempio per il riconoscimento dei sessi, ed infine
la geosmina, responsabile “dell’odor di terra”, anch’essa di origine microbica.
La presenza di humus, e in generale di sostanza organica, migliora sensibilmente la
qualità del suolo, producendo i seguenti effetti:
1) modificazioni fisiche
migliora la struttura e la porosità del terreno,
aumenta la capacità idrica dei terreni sabbiosi,
favorisce la permeabilità dei terreni argillosi,
aumenta la temperatura del suolo;
2) modificazioni chimiche
aumenta la resistenza al dilavamento dei nutrienti e altri elementi che
influenzano la fertilità,
favorisce l’assimilazione dei nutrienti da parte dei vegetali,
diminuisce il pH (potere acidificante) e aumenta il potere tampone;
3) modificazioni biologiche
aumenta lo sviluppo delle radici e quindi la crescita dei vegetali,
favorisce l’attività enzimatica e la crescita dei microrganismi
TEMPERATURA
Il suolo viene riscaldato dalle radiazioni solari, pertanto la sua temperatura dipende dalla
latitudine, dalla quota e dall’esposizione del luogo in cui si trova. Anche altri fattori quali il
colore, l’umidità e il grado di copertura vegetale contribuiscono a determinarne la
temperatura: un suolo più scuro assorbe maggiormente la radiazione luminosa e si
riscalda più rapidamente di un suolo chiaro, ma si raffredda più velocemente durante la
notte; una copertura vegetale più abbondante e densa tende, invece, a proteggere sia dal
riscaldamento diurno che dal raffreddamento notturno. A causa dell’elevato calore
specifico dell’acqua, un terreno umido si riscalda e si raffredda più lentamente di un
terreno asciutto. La temperatura del suolo è influenzata anche dalle reazioni di
decomposizione delle sostanze organiche che, essendo esotermiche, provocano un
riscaldamento del terreno, facilmente apprezzabile nelle serre, a causa della ridotta
dispersione termica.
La conoscenza dell’andamento delle variazioni quotidiane e stagionali della temperatura
del suolo (profilo termico) è particolarmente interessante in quanto, influenzando la
distribuzione della pedofauna, permette di comprendere i motivi di una sua eventuale
migrazione, cosi’ come di interpretarne alcuni adattamenti morfologici caratteristici in
relazione alla profondità. Infine, la temperatura influenza sia l’attività degli organismi
decompositori, e pertanto la composizione minerale stessa del suolo, che i tempi di
germinazione dei semi.
ACQUA
L’acqua del suolo proviene principalmente dalle precipitazioni: ovvero dalla pioggia, dalla
neve, così come dalla rugiada e dalla brina. Possono esserci apporti anche da parte della
sottostante falda freatica o, lateralmente, da corpi idrici. Tuttavia il suolo è naturalmente
soggetto a perdite d’acqua dovute all’evaporazione (10%), al deflusso causato dal
ruscellamento (15%) e alla percolazione (25%).
Nel terreno l’acqua è presente in diverse forme:
acqua gravitazionale o di percolazione, che riempie i macropori del terreno, cavità
di grandi o medie dimensioni, tende a portarsi verso il basso per azione della gravità;
tale frazione è disponibile per gli organismi della pedofauna, tanto da costituire per
alcuni di essi un particolare microambiente;
acqua capillare,che si trova nei micropori, cioè le cavità con diametro inferiore agli 8
micron, trattenuta contro la forza di gravità e direttamente utilizzabile dalle piante;
acqua igroscopica, che avvolge le particelle di suolo formando pellicole molto sottili,
trattenuta con una forza tale da non essere utilizzabile dalle piante. Tale frazione varia
da un suolo all’altro: ad esempio un suolo sabbioso può contenere una percentuale di
acqua igroscopica inferiore all’1%, mentre in un terreno argilloso tale percentuale può
superare il 23%;
acqua di costituzione e di cristallizzazione, legata chimicamente e quindi
praticamente inutilizzabile dagli organismi, essendo necessaria una trasformazione,
spesso irreversibile, delle sostanze che la contengono.
Per quanto riguarda le piante esse utilizzano per le loro necessità l’acqua gravitazionale e
quella capillare, mentre non sono in grado di utilizzare l’acqua igroscopica; pertanto
l’acqua disponibile per le piante è solo una frazione modesta di quella contenuta nel
terreno, pari a valori percentuali che vanno dal 3-4% al 12-15%. Le esigenze di acqua
degli animali del suolo, variabili da una specie all’altra, differiscono da quelli delle piante,
essendo essi in grado di spostarsi per raggiungere l’acqua, pertanto le variazioni di
umidità relativa del suolo sono tra le cause degli spostamenti della pedofauna.
La quantità di acqua che un suolo può trattenere dopo l’asciugamento è denominata
capacità idrica di ritenuta, tale parametro è influenzato da vari fattori tra cui la tessitura
del suolo. Si definisce invece punto di appassimento la condizione nella quale l’acqua
del suolo è trattenuta ad una pressione maggiore di quella sviluppata dalle radici delle
piante. Quando in un terreno l’acqua si trova solo nei pori inferiori a 0,2 micron, le piante
appassiscono definitivamente, a causa del valore di pressione che si raggiunge in tali pori,
tale da impedire il prelievo di acqua da parte delle piante.
Il punto di appassimento assume valori variabili a seconda del tipo di terreno, esso inoltre
è influenzato dalla porosità e dalla quantità di sostanza organica.
POROSITA’
La porosità di un suolo è determinata dall’insieme degli spazi vuoti in esso presenti, è
quindi strettamente collegata alla tessitura e, in particolare, alla struttura, ovvero quelle
caratteristiche del suolo che ne determinano le dimensioni delle lacune in cui l’aria e
l’acqua possono circolare o stazionare. Si tratta pertanto di un parametro che influenza la
vita degli organismi, sia animali che vegetali. I valori della porosità, in relazione alla
struttura, variano da un minimo del 30% nei terreni argillosi e compatti, ad un massimo del
75% nei terreni ricchi di humus.
PERMEABILITA’
La permeabilità del suolo rappresenta la sua capacità di lasciarsi attraversare dall’acqua;
la sua determinazione si basa sulla misurazione della velocità di infiltrazione dell’acqua
gravitazionale, essa indica infatti il volume di acqua che defluisce nell’unità di tempo da un
volume noto di terreno. Il suo valore, compreso tra 5 mm/ora e 120 mm/ora, è tanto più
elevato quanto maggiore è il volume degli spazi vuoti, pertanto dipende dalla tessitura,
dalla struttura e naturalmente dalla porosità del terreno. Un ruolo antagonista hanno la
frazione argillosa e quella sabbiosa: in un suolo argilloso l’acqua si sposta con lentezza,
mentre la sabbia favorisce un rapido scorrimento del liquido.
La permeabilità influenza lo sviluppo dei vegetali: se la permeabilità di un terreno è troppo
alta l’acqua non viene trattenuta e quindi le piante non riescono a soddisfare il loro
fabbisogno idrico, inoltre un’elevata permeabilità può favorire il dilavamento dei nutrienti
solubili nell’acqua, determinando così un impoverimento del terreno. La conoscenza del
valore di permeabilità risulta molto utile allo scopo di orientare le pratiche di irrigazione.
pH
Il pH è un indice che esprime il grado di acidità di una soluzione; dal punto di vista
chimico è un parametro legato alla concentrazione di ioni H+. I valori che il pH può
assumere sono compresi in una scala che va da 0 a 14 : determinare il pH di una
soluzione significa quindi valutare se la stessa è acida (pH da 0 a 7), neutra (pH uguale a
7), basica o alcalina (pH da 8 a 14).
Le soluzioni acide si possono facilmente riconoscere e distinguere da quelle basiche
utilizzando gli indicatori colorimetrici, che hanno la proprietà di colorarsi in modo
caratteristico quando vengono a contatto con una soluzione acida o basica.
Esistono inoltre indicatori (ad esempio le cartine all’indicatore universale) capaci di
assumere tonalità di colore differenti a seconda del diverso grado di acidità di una
soluzione, corrispondenti quindi a determinati valori di pH.
La misura del pH del suolo ha grande importanza, infatti la maggior parte delle piante
tollera un intervallo ristretto di valori, solitamente quelli centrali, gli ambienti troppo acidi o
troppo basici esercitano invece un’azione tossica più o meno marcata.
Ogni specie vegetale presenta dunque un suo pH ottimale di crescita: le piante che
preferiscono i terreni acidi sono dette acidofile (felce, rododendro, pino, ginepro,..) mentre
vengono denominate basofile quelle che prediligono un ambiente basico (ginestra,
cactacee,…).
La conoscenza del pH del suolo può essere quindi utile a stabilire se vi siano le condizioni
favorevoli alla crescita di determinate specie vegetali, ma al tempo stesso consente la
scelta di adeguati concimi e di eventuali correttivi.
In genere il pH del suolo varia da un minimo di 5,5 ad un massimo di 8,5; in ogni caso
sulla base di questo valore i suoli possono essere cosi’ suddivisi:
pH
3 / 4,5
4,6 / 5,5
5,6 / 6,5
6,6 / 7,5
TIPO DI SUOLO
Fortemente acido
Acido
Subacido
Neutro
pH
7,6 / 8,5
8,6 / 9,5
9,6 / 10,5
TIPO DI SUOLO
Subalcalino
Alcalino
Fortemente alcalino
Di solito i suoli sabbiosi e quelli ricchi di humus sono acidi, mentre quelli calcarei hanno
reazione alcalina. L’acidità del terreno aumenta con la mineralizzazione spinta della
sostanza organica, cosi’ come con l’eccessivo dilavamento provocato dalle piogge. I
terreni acidi sono in genere poveri di elementi nutritivi, in essi inoltre sono sfavorite la
crescita della flora batterica e i processi di trasformazione della sostanza organica.
CALCARE
IL calcare è costituito dalla frazione di carbonato di calcio presente nel terreno. Esso è
contenuto nel suolo in due forme, tra queste, quella attiva (allo stato colloidale) è l’unica
prontamente utilizzabile dalle piante. Un terreno calcareo (calcare > 20%) è assai
permeabile, secca facilmente, ha una certa adesività agli attrezzi quando è carico di
umidità, mentre quando è asciutto appare polverizzato. La frazione calcarea conferisce al
terreno reazione basica, quando si trova in quantità considerevole il terreno non è molto
fertile.
Colore
Il colore del suolo è il carattere morfologico più accessibile, quello che salta
immediatamente agli occhi.
Tenendo conto delle altre caratteristiche e proprietà, il colore del suolo è l’indice
essenziale della sua appartenenza ad un tipo o ad un altro.
E’ il motivo per cui molti tipi di suolo devono il nome al loro colore:
 podzol (“cenere” in russo) – tipo di suolo acido molto diffuso nell’Europa
settentrionale
 terre rosse, molto diffuse in Italia
 chernozem (“terre nere” in russo) – suolo diffuso in Russia.
Il colore del suolo deriva dalla combinazione cromatica di diverse componenti organiche e
inorganiche:
1.
gialli a seconda del loro stato di
idratazione);
2.
humus, nero;
3.
calcare, bianco.
La presenza (o assenza), la concentrazione e la mescolanza di questi componenti
determina il colore del suolo; per esempio, il colore marrone è dovuto alla mescolanza
dell’humus (nero) con gli ossidi di ferro (rossi), i carbonati, solfati e cloruri sono
generalmente bianchi, i materiali argillosi possono variare dal grigio chiaro al grigioverdastro.Un suolo molto scuro è da ritenersi ricco in sostanza organica, mentre se chiaro
e molto colorato (giallo o rosso) particolarmente povero; se grigio in genere è elevato il
contenuto in argilla, quindi in grado di adsorbire considerevoli quantità d’acqua.
PESO SPECIFICO
Il peso specifico di un suolo rappresenta il rapporto tra la massa di un campione di terreno
e il rispettivo volume. Naturalmente occorrerà distinguere tra un volume reale, ricavato
dalla somma dei volumi delle particelle, e un volume apparente, che comprende oltre al
volume delle particelle anche quello degli spazi vuoti. In considerazione dei due parametri
precedenti, si distinguerà un peso specifico reale, corrispondente al valore medio di tutti i
componenti solidi del terreno, il cui valore è generalmente di circa 2,5 g/ml, e un peso
specifico apparente, la cui determinazione sperimentale si basa sul rapporto tra il peso di
un campione di terreno seccato all’aria e il rispettivo volume, che di solito presenta un
valore medio di circa 1,2 g/ml.
Il peso specifico varia per i vati tipi di suolo : da 0,5 - 0,6 g/ml nei terreni organici, a 1,5
g/ml in quelli minerali.
BIOCENOSI
L’insieme di tutti gli organismi del suolo costituisce la cosiddetta biocenosi o comunità
edafica, che può essere suddivisa, secondo un criterio ecologico, in due raggruppamenti
principali: la pedofauna, che comprende organismi Animali e Protozoi, e la microflora o
pedoflora, costituita da Batteri, Alghe e Funghi.
I Batteri, i Protozoi, gli Animali invertebrati (Nematodi, alcuni Anellidi, Platelminti, Rotiferi) e
le Alghe vivono nell’acqua che riempie gli spazi tra le particelle del terreno, costituendo
così la componente biologica denominata Hydrobios. Tutti gli altri organismi, che
occupano prevalentemente gli spazi in cui circola aria, rappresentano l’Atmobios.
La biomassa e il numero di specie che costituiscono la biocenosi del suolo dipendono
naturalmente dal tipo di terreno, dalle condizioni climatiche, e, in particolare, dallo stadio
raggiunto nel processo di pedogenesi: un’elevata biodiversità è caratteristica di ecosistemi
maturi, come il suolo di un bosco, mentre un numero limitato di specie si rileva solitamente
nel suolo degli agrosistemi, intensamente sfruttato con ripetute lavorazioni, che ne
provocano l’alterazione della struttura. Su quest’ultime osservazioni si basa l’uso degli
organismi del suolo come bioindicatori, da cui trarre utili informazioni sullo “stato di salute”
dell’ambiente suolo: una variazione nella composizione della biocenosi può infatti rivelare
un’alterazione del terreno, provocata per esempio da trattamenti chimici.
Tecniche di laboratorio
Per ottenere informazioni quantitative e risultati il più possibile precisi ed accurati, è
consigliabile effettuare lo studio del suolo in laboratorio.
L’analisi si svolge mediante l’applicazione di tecniche specifiche su campioni di suolo
prelevati in natura seguendo definite procedure.
Prelievo di campioni di suolo
La raccolta dei campioni rappresenta una
fase importante dello studio di un suolo in
quanto l’attendibilità di un’analisi dipende
in gran parte dalla cura con cui si effettua
il prelievo.
E’ necessario, per quanto possibile,
prelevare il terreno nel suo stato di
umidità media, evitando i periodi di forti
piogge o di prolungata siccità; occorre
inoltre rispettare la condizione di
omogeneità del campione prelevato e di
asepsi, nel caso di prelievo per la ricerca
di batteri.
L’omogeneità è assicurata se si
effettuano, per ogni campione, parecchi
prelievi parziali in punti diversi della zona
prescelta (stazione).
L’asepsi, quando richiesta, si ottiene
evitando il contatto con le mani e
utilizzando strumenti adatti e sterilizzati.
Individuato il punto di raccolta, si elimina
la cotica erbosa, se presente, e si preleva
con una spatola o una paletta fino ad
alcuni centimetri di profondità.
Se il suolo è soffice, privo di grandi
quantità di scheletro, si può ricorrere a
prelievi tramite carotatore. I campioni
raccolti vengono quindi posti in sacchetti
di plastica che devono essere poi
accuratamente chiusi, etichettati e
trasportati al più presto in laboratorio,
avendo cura di conservarli all’ombra e a
temperature il più possibile vicine a quelle
originarie.
Determinazione della tessitura e dello scheletro
Vengono presentati due diversi metodi (esperienza a ed esperienza b): la prima
descrizione si riferisce alla tecnica più facile da realizzare per l’impiego di una semplice
strumentazione; la seconda richiede, invece, materiali costosi, pertanto non sempre
disponibili.
Quest’ultima, tuttavia, consente di ottenere risultati più accurati.
Esperienza “a”
Questa prova serve a verificare le stime della tessitura effettuate sul campo e si basa sulla
diversa velocità di caduta dei costituenti del suolo nell’acqua .
Le particelle terrose, per la legge di Stokes, hanno una velocità di caduta direttamente
proporzionale alla loro superficie, ne consegue che le particelle più piccole rimarranno
sospese più a lungo di quelle di maggiore dimensione.
Materiali



Metodo
La “carota” di ogni singolo orizzonte (ciascun strato di suolo dotato di caratteristiche
diverse da quelle dei livelli soprastanti e sovrastanti), prelevata premendo e ruotando il
recipiente cilindrico sul suolo, viene dispersa nel mezzo liquido in un cilindro graduato.
Si attendono alcuni giorni per permettere la sedimentazione completa e determinare
percentualmente i costituenti granulometrici di quell’orizzonte.
A questo punto si può determinare la classe di tessitura utilizzando il triangolo della
tessitura.
Esperienza b
Materiale


Metodo
Introdurre un campione di suolo di circa 200 g, precedentemente lavato e asciugato in una
stufa (105°C per 24 ore). Introdurre nel setaccio superiore della colonna e scuotere
energicamente per 5-10 minuti. Successivamente pesare i “rifiuti”, cioè il materiale
trattenuto da ciascun setaccio. Il peso dei diversi rifiuti permetterà di disegnare un
istogramma che mostrerà la ripartizione
granulometrica del suolo in esame.
MISURA DELLA POROSITA’
Materiali:


Cilindro graduato da 150 ml
Acqua distillata
Metodo
Il metodo descritto si basa sul fatto di considerare la
porosità del suolo equivalente alla percentuale di aria.
Versare 70 ml di acqua nel cilindro graduato, quindi aggiungere lentamente 50 ml di
terreno. Dopo aver agitato lasciare riposare per 5 minuti, in modo da permettere all’aria di
fuoriuscire, in questo modo si potrà osservare dapprima un innalzamento del volume di
acqua, seguito da un successivo abbassamento pari a quello dell’aria fuoriuscita.
Annotare il volume totale ottenuto, quindi procedere al calcolo del volume dei pori del
terreno:
volume dei pori del terreno = (vol. del suolo + vol. dell’acqua) – vol. totale
Si potrà così calcolare il valore della porosità, espresso in percentuale, nel seguente
modo:
porosità = (vol. dei pori / vol. del suolo) x 100
STIMA DELLA PERMEABILITA’
Materiali:



Imbuto
Metodo
Si introduce il campione di terreno da esaminare in
un imbuto, in cui si è precedentemente sistemato un
filtro, quindi si aggiunge un volume noto di acqua, annotando, in un certo tempo, il
volume di acqua che filtra e si deposita in un cilindro graduato disposto al di sotto
dell’imbuto.
In base alla velocità di infiltrazione rilevata, verrà definito il livello di permeabilità sulla base
dei dati riportati nella seguente tabella:
VELOCITA’ D’INFILTRAZIONE
Meno di 5 mm/ora
Tra 5 e 20 mm/ora
Tra 20 e 60 mm/ora
Tra 60 e 120 mm/ora
Oltre 120 mm/ora
PERMEABILITA’
Bassa
Piuttosto bassa
Media
Piuttosto alta
Alta
DETERMINAZIONE DELLA PERCENTUALE DELL’ UMIDITA’
Materiali



Bilancia di precisione
Stufa
Metodo
La seguente descrizione si riferisce alla
determinazione dell’acqua igroscopica, cioè
l’acqua che avvolge le particelle del terreno e
non utilizzabile dalle piante.
Prelevare un campione di suolo, annotando la profondità dell’estrazione e riporlo in un
sacchetto di plastica. Se si ritiene utile determinare il grado di umidità a diverse profondità
è consigliabile prelevare una carota di suolo, quindi tagliare il campione in porzioni,
rispettando gli orizzonti e indicando sull’etichetta che identifica ciascuna porzione la
rispettiva profondità. I campioni prelevati devono essere portati in laboratorio e
immediatamente pesati (PESO FRESCO), quindi fatti asciugare per 24 ore in una stufa
alla temperatura di 105°. Una volta estratti dalla stufa,i campioni verranno nuovamente
pesati (PESO SECCO) al fine di determinarne l’umidità espressa in percentuale, con la
seguente formula:
%umidità = (peso fresco-peso secco / peso secco) x 100
I risultati ottenuti possono essere presentati in un grafico cartesiano in cui si riportano i
valori dell’umidità in funzione della profondità.
DETERMINAZIONE DEL PESO SPECIFICO
Materiali
Bilancia
Cilindro metallico
Metodo
Il peso specifico apparente si determina su un
prelievo di terreno effettuato con un cilindro
metallico. Dopo aver determinato il valore
dell’umidità, si procede al calcolo del peso
specifico apparente con la seguente formula:
p = (P – U)/V
dove:
P rappresenta il peso del
campione del terreno
U rappresenta l’umidità presente
nel campione prelevato
V rappresenta il volume del cilindro
metallico
DETERMINAZIONE della PERCENTUALE DELL’HUMUS
N.B. E’opportuno eseguire questa determinazione dopo avere effettuato la prova di
laboratorio per il calcolo della percentuale di umidità.
Materiali

Paletta o vanga per lo
scavo

Bilancia di precisione
 Stufa
Metodo
Prelevare un campione di
suolo,
annotando
la
profondità dell’estrazione, e
riporlo in un sacchetto di
plastica; quindi procedere
immediatamente
alla
determinazione del peso del campione prelevato (PESO FRESCO) da effettuare in
laboratorio. Successivamente fare asciugare il campione pesato in una stufa, alla
temperatura di 105°, per 24 ore. Una volta estratto dalla stufa, pesare nuovamente il
campione (PESO SECCO) e quindi determinarne la quantità di humus, espressa in
percentuale, con la seguente formula:
% humus = (perdita di peso dopo il riscaldamento x 100) / peso fresco del campione
In base al valore ottenuto, si può infine classificare il terreno esaminato in base alle
seguenti indicazioni
1.
2.
3.
4.
5.
terreno umifero: humus > 10%;
terreno ricco di humus: 5% < humus < 10%;
terreno sufficientemente dotato: 3% < humus < 5%;
terreno mediocremente dotato: 2% < humus < 3%;
terreno povero di humus: humus < 2%.
DETERMINAZIONE della FRAZIONE CALCAREA
Materiali


Soluzione concentrata di HCl
Calcimetro ( tale strumento si può facilmente costruire, esso infatti è formato da un
cilindro graduato, pieno di acqua, chiuso all’estremità con un tappo forato in cui si
sistema un tubicino di gomma , che collega il cilindro ad una beuta, anch’essa provvista
di tappo forato contenente all’interno una provetta. Il cilindro deve essere dotato, nella
sua parte inferiore, di un altro foro, per consentore il collegamento dello stesso,
mediante un secondo tubicino, con un’altra beuta di raccolta dell’acqua)
Metodo
Il calcimetro viene utilizzato per la determinazione quantitativa della frazione calcarea. Il
suo funzionamento è basato sulla reazione tra il carbonato di calcio e l’acido cloridrico, la
quale produce anidride carbonica, la cui concentrazione corrisponde a quella di carbonato
del campione da esaminare. La procedura consiste nel porre una piccola quantità di
terreno (1 g) all’interno della provetta, contenuta nella beuta collegata al cilindro graduato,
insieme a 5 ml di soluzione di HCl. La reazione tra il calcare del campione e l’acido
cloridrico sviluppa anidride carbonica, che spingerà fuori dal cilindro graduato una quantità
di acqua pari al suo volume. La determinazione di tale volume consentirà di quantificare la
frazione calcarea del terreno.
MISURA del pH
Materiali




Cartina al tornasole o pHmetro
Acqua distillata
Cilindro graduato
Becker o altro recipiente preferibilmente in vetro
trasparente
Metodi
Si prepara una sospensione acquosa del campione da esaminare, con un rapporto acqua
/ suolo pari a 2,5:1 (in pratica per ogni 10g di campione si aggiungono 25ml di acqua
distillata); quindi si agita la sospensione per circa 15 minuti, lasciandola poi riposare per
almeno 30 minuti.
Si determina infine il valore del pH immergendo la cartina al tornasole nel supernatante
liquido limpido, confrontando la tonalità di colore assunta dalla cartina indicatrice con la
scala cromatica riportata nella confezione dell’indicatore.
Se si dispone di un pHmetro, immergendo l’elettrodo dello strumento nel supernatante, è
possibile leggere direttamente il valore del ph che comparirà sul display dello strumento; in
questo caso si ottengono valori più accurati.
ESTRAZIONE DEGLI ORGANISMI DELLA PEDOFAUNA
Tra i numerosi metodi di estrazione degli organismi della pedofauna il più semplice
consiste nell’impiego di un estrattore del Berlese, che può essere facilmente costruito
con l’utilizzo di comuni ed economici materiali. L’impiego di questo strumento consente di
ricavare dati parziali sulla descrizione della comunità edafica, relativi cioè agli organismi
della meso e macrofauna, molti microartropodi infatti si immobilizzano colpiti dal torpore
termico, sfuggendo così all’estrazione e quindi all’osservazione. Va pertanto sottolineato
che questo sistema è particolarmente indicato per ottenere una descrizione qualitativa
della fauna edafica.
Materiali
Per l’estrazione:




Estrattore del Berlese
Recipiente in vetro
Alcool a 70° (anche denaturato)
Glicerina
Per l’osservazione:






Capsula Petri
Pipetta
Ago entomologico
Binoculare
Manuale di sistematica degli Invertebrati
Chiave dicotomica per l’identificazione degli organismi della pedofauna.
Metodo
Sistemare il campione di terreno sulla reticella metallica dell’estrattore del Berlese (è
consigliabile farlo subito dopo il prelievo, o al massimo dopo poche ore), formando uno
strato dello spessore di circa 3-5 cm, senza schiacciarlo; quindi collocare delicatamente il
recipiente contenente alcool sotto all’imbuto, evitando di farvi cadere della terra
all’interno. Infine, accendere la lampadina, dopo aver coperto l’imbuto con il sostegno del
portalampada. Ciascuna operazione dovrà essere svolta cercando di non urtare lo
strumento, evitando così la caduta di terra nel recipiente, che potrebbe ostacolare il
successivo prelievo degli esemplari raccolti.
Si consiglia di mantenere lo strumento in funzione per almeno 5-6 giorni, allo scopo di
estrarre un numero significativo di esemplari i quali, sotto l’effetto del disseccamento della
terra provocato dal calore della lampadina, tenderanno a spostarsi in fuga verso il fondo
del campione, fino a cadere, passando attraverso le maglie della reticella, nel recipiente
sottostante all’imbuto.
Se si desidera conservare gli animali vivi, occorre prelevarli dalla carta assorbente a brevi
intervalli, in modo da evitare che alcuni di loro si divorino; mentre se si intende fissare gli
animali nell’alcool, occorrerà controllarne periodicamente il livello nel recipiente: una
quantità insufficiente potrebbe infatti causare il disseccamento degli esemplari.
Per facilitare l’osservazione, che dovrà essere compiuta mediante un binoculare, è
consigliabile trasferire con una pipetta gli esemplari raccolti, dal recipiente ad una capsula
Petri. Se si desidera identificare i vari organismi dal punto di vista sistematico è inoltre
preferibile l’uso di apposite chiavi dicotomiche, di facile consultazione, da abbinare
all’impiego di manuali specifici. L’esame dei caratteri morfologici, su cui si basa il
riconoscimento degli esemplari, verrà facilitato attraverso l’uso di un ago entomologico con
cui rigirare gli animali.
CALCOLO QBS
La Qualità Biologica del Suolo rappresenta un valido esempio di come gli organismi della
comunità di un ecosistema possono essere impiegati come efficaci indicatori per valutare
la qualità dell’ambiente in cui essi si trovano. Nel caso specifico, vengono prese in
considerazione le caratteristiche del popolamento dei microartropodi del suolo, di cui si
rileva il livello di biodiversità e di adattamenti alla vita ipogea; la valutazione della qualità
del suolo si basa essenzialmente sull’applicazione del criterio delle forme biologiche agli
organismi presi in esame.
La procedura prevede lo svolgimento delle seguenti fasi preliminari, necessarie prima di
arrivare alla determinazione della QBS relativo ad una determinata stazione:
 prelievo del campione di suolo;
 estrazione degli organismi;
 allestimento dei preparati per l’osservazione;
 determinazione delle forme biologiche.
La proposta del metodo nel biennio della scuola superiore richiede l’introduzione di
opportune semplificazioni, allo scopo di adeguare il livello di difficoltà di applicazione alle
conoscenze e competenze possedute da operatori non esperti quali gli alunni e gli stessi
docenti. Si propone pertanto di seguito la descrizione di una versione semplificata della
procedura originale, non cioè basata, per ovvie ragioni didattiche, sul riconoscimento delle
forme biologiche, che richiederebbe invece l’osservazione dettagliata degli organismi, per
individuare in essi particolari caratteri somatici.
Metodo
Dopo aver raccolto con l’estrattore del Berlese gli esemplari dai campioni prelevati, si
procederà alla loro osservazione ed identificazione, in modo da ripartirli in gruppi
sistematici omogenei. Terminata l’operazione di riconoscimento, da effettuarsi con l’ausilio
del binoculare e di opportuni manuali di sistematica o di più semplici chiavi dicotomiche, si
annoteranno i risultati ottenuti in apposite schede di rilevamento; infine si procederà alla
determinazione della qualità del suolo attraverso il calcolo della sommatoria dei punteggi
attribuiti ai vari gruppi di organismi, riportati nella seguente tabella.
GRUPPO
Proturi
Dipluri
Collemboli
Microcoryphia
Zygentomata
Dermatteri
Ortotteri in generale
grilli e grillotalpe
Embiotteri
Blattari
Psocotteri
Emitteri forme del suolo
larve di cicale
Tisanotteri
Coleotteri
Imenotteri in generale
formiche
Ditteri (larve)
Pseudoscorpioni
Punteggio
20
20
20
10
10
1
1
20
10
5
1
1
10
1
10
1
5
10
20
Palpigradi
Opilionidi
Araneidi forme piccole
forme superiori ai 5mm
Acari
Isopodi
Diplopodi forme inferiori ai 5mm
forme superiori ai 5mm
Pauropodi
Sinfili
Chilopodi in generale
forme>5mm con zampe ben
sviluppate
20
10
5
1
20
10
20
10
20
20
20
10
Per la valutazione del risultato ottenuto si può confrontare il valore del punteggio calcolato
con quelli riportati nella tabella seguente, riferiti a suoli di ecosistemi naturali e di
agrosistemi sottoposti ad un diversificato sfruttamento a scopo produttivo Il valore di un
campo coltivato varia in relazione all’estensione e alla struttura del paesaggio (presenza di
siepi, filari, boschetti).
TIPOLOGIA AMBIENTALE
QBS
Suolo forestale
Prato stabile
Erba medica
Campo di bietole
Campo di mais
150-200
100-190
50-100
50-60
30-40
Ricerca dei batteri
Materiali











Capsule Petri
Beute
Terreno di coltura (PCA = Plate Count Agar)
Acqua distillata sterile
Ansa o ago
Vetrini portaoggetto
Blu di metilene (o violetto genziana)
Alcol etilico assoluto
Olio di cedro
Termostato
Microscopio ottico a luce trasmessa dotato di obiettivo
100x ad immersione
 Cappa a flusso laminare UV/ Becco Bunsen
 Becco Bunsen
Metodo
Per rilevare semplicemente la presenza dei batteri nel suolo, si può ricorrere all’isolamento
in vitro mediante l’impiego di un terreno di coltura solido, cioè di un substrato agarizzato
che contenga appropriate sostanze nutritive per i batteri; si può utilizzare a questo scopo
un terreno già confezionato come il PCA.
Le operazioni da eseguire devono essere effettuate in ambiente sterile (sotto cappa a
flusso laminare UV o in prossimità della fiamma di un becco Bunsen); gli strumenti da
utilizzare devono essere sterili.
Preparare il terreno di coltura e sterilizzarlo.
Versarne 10 ml nelle piastre Petri sterili; prelevare dal campione, mediante un’ansa sterile,
qualche mg di suolo e aggiungerlo all’agar ancora liquido (metodo per inclusione),
ruotando lentamente, in senso antiorario e orario, per alcune volte, la scatola Petri in modo
da distribuire uniformemente le particelle di terra.
Per evitare un’eccessiva concentrazione di batteri, si consiglia di diluire il campione
prelevato con l’ansa, in acqua distillata sterile; si lascia decantare e si aggiungono quindi
poche gocce della sospensione ottenuta al terreno di coltura.
(Con diluizioni successive, si ottengono migliori risultati soprattutto per l’osservazione della
morfologia delle colonie batteriche).
Si lascia raffreddare il terreno e si dispongono infine le scatole Petri, capovolte, per alcuni
giorni a 28-30 °C in termostato.
Lo sviluppo delle colonie batteriche può manifestarsi dopo qualche giorno, ma può
richiedere anche tempi piuttosto lunghi (alcune settimane).
Se l’ammasso batterico è notevole, con conseguente sovrapposizione delle colonie, si
consiglia di ripetere l’esperienza, ricorrendo alla tecnica delle diluizioni successive.
Col materiale ottenuto si preparano quindi alcuni vetrini che verranno fissati e colorati con
blu di metilene o violetto genziana.
Si osservano i batteri al microscopio con obiettivo 100x ad immersione, mediante l’uso di
una goccia di olio di cedro.
DATI ANALITICI RELATIVI ALL’ANALISI DEL TERRENO
STAZIONE DI RILEVAMENTO: prato situato davanti al Palazzo Ducale, zona interessata
dagli interventi di ristrutturazione
Data del prelievo: 3-11-01
PARAMETRI (%)
Scheletro
Terra fine
Sabbia totale
Sabbia grossa
Limo
Argilla
Porosità
TIPO
PEDOLOGICO
PARAMETRI
Peso specifico
apparente (%)
Acqua igroscopica
(%)
Capacità idrica di
campo (%)
Capacità idrica
massima (%)
Calcare totale (%)
pH
Sostanze organiche
totali (%)
Sostanze umiche
(%)
CAMPIONI
1
2
3
4
5 Valori medi
1.9 4,1 4,3 5,3 3,2
3,76
98,1 95,9 95,7 94,7 96,8
96,24
40
28
30
28
28
30,8
4,2
1
1,2 1,3 1,2
1,78
40
44
42
42
42
42
20
28
28
30
30
27,2
66,8 63,8 65,3 63,8 63,8
64,7
Franco-argilloso
CAMPIONI
1
2
3
4
5
Valori
medi
0,88 0,96 0,92 0,96 0,96
0,94
Valutazione
2
2,6
2,4
2
2,5
2,3
scarsa
4,9
6,4
5,9
4,9
6,1
5,64
scarsa
7,5
9,8
9,1
7,5
9,4
8,66
25 24 24 24 24
7,37 7,45 7,43 7,59 7,59
7,2 5,1 5,3 5,3 5,5
24,2
7,49
5,68
debolmente alcalino
2,2
1,72
scarse
1,5
1,6
1,6
1,7
eccessivo
modeste
STAZIONE DI RILEVAMENTO: zona boscosa interessata dagli interventi di
ristrutturazione
Data del prelievo: 3-11-01
PARAMETRI (%)
1
8,9
91,1
28
1
42
30
68,3
Scheletro
Terra fine
Sabbia totale
Sabbia grossa
Limo
Argilla
Porosità
TIPO PEDOLOGICO
2
3,2
96,8
26
3,4
44
30
64,5
Valori medi
5,45
94,55
30,5
1,95
33,5
27
67,15
Franco-argilloso
PARAMETRI
1
Peso specifico
apparente (%)
Acqua igroscopica
(%)
Capacità idrica di
campo (%)
Capacità idrica
massima (%)
Calcare totale (%)
pH
Sostanze organiche
totali (%)
Sostanze umiche
(%)
CAMPIONI
3
4
3
6,7
97
93,3
40
28
1,4
1,9
40
44
20
28
68,3
67,5
2
3
0,84 O,94 0,84
CAMPIONI
4
Valori
medi
0,86
0,87
Valutazione
2,4
3,1
2,4
4
2,97
scarsa
5,9
7,6
5,9
9,8
7,3
scarsa
9,1
11,7
9,1
15,1
11,25
24
24
26
7,27 7,42 7,39
8,6 6,3
7,1
19
7,37
7,5
23,25
7,36
7,37
debolmente alcalino
2,6
2,3
2,22
modeste
1,9
2,1
eccessivo
modeste
STAZIONE DI RILEVAMENTO: prato in zona non interessata dagli interventi di
ristrutturazione
Data del prelievo: 6-12-01
PARAMETRI (%)
Scheletro
Terra fine
Sabbia totale
Sabbia grossa
Limo
Argilla
Porosità
TIPO PEDOLOGICO
1
8
92
30
1
44
26
67
CAMPIONI
2
Valori medi
6
7
94
93
28
29
1
1
42
43
30
28
68
67,5
Franco-argilloso
PARAMETRI
Peso specifico apparente
(%)
Acqua igroscopica (%)
Capacità idrica di campo
(%)
Capacità idrica massima
(%)
Calcare totale (%)
pH
Sostanze organiche totali
(%)
Sostanze umiche (%)
CAMPIONI
Valori medi
0,84
1
0,86
2
0,83
Valutazione
2,5
6,1
2,7
6,6
2,6
6,35
9,4
10,2
9,8
26
7,28
9,6
23
7,25
9,1
24,5
7,26
9,35
sufficientemente alcalino
2,9
2,7
2,8
modeste
Modesta
Scarsa
Eccessivo
Sufficienti
CONCLUSIONI
I campioni prelevati nelle varie stazioni presentano all’analisi di laboratorio caratteristiche
complessivamente omogenee sia per quanto riguarda la tipologia pedologica, che per la
maggior parte di parametri fisico-chimici. Va comunque segnalato come dato significativo
la diversa quantità di sostanza organica rilevata nelle stazioni comprese all’interno delle
aree in cui sono stati compiuti interventi di restauro, rispetto a quelle escluse dalle opere di
ristrutturazione. La maggior quantità di sostanza organica rilevata nelle aree di suolo
intatto è certamente caratteristica di un processo pedogenetico più avanzato e quindi di un
suolo più maturo. Tale dato si può correlare anche con i risultati ottenuti nell’analisi
biologica del suolo, infatti nelle stazioni non interessate alla ristrutturazione la QBS è
risultata significativamente più alta di quella riferito alle altre stazioni, evidenziando
pertanto un maggior sviluppo dei popolamenti animali edafici nelle zone più ricche di
sostanza organica e pertanto dotate di risorse alimentari più abbondanti a disposizione di
organismi generalmente detritivori.
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