IL SISTEMA SUOLO da: http://parcoducale.bodoni.pr.it/parcoducale/progset/sostanza_organica.htm Nella letteratura specializzata il suolo viene definito come un corpo dinamico naturale che costituisce la parte superiore della crosta terrestre, derivante dall’azione integrata nel tempo del clima, della morfologia, della roccia madre e degli organismi viventi. Esso è lo strato basale degli ecosistemi terrestri quali prati, boschi, ecc..Tale definizione mette in luce come il suolo rappresenti quindi un comparto ambientale dinamico, in evoluzione, in cui si compiono diversi processi fisici, chimici e biologici: in particolare la demolizione della sostanza organica e la produzione di humus; si tratta cioè di un sistema complesso, soggetto a continue modificazioni, costituito oltre che da particelle minerali (45%), materiali provenienti dal disfacimento delle rocce madri ad opera di agenti fisico- chimici, anche da sostanza organica (in percentuale variabile, mediamente 5%), derivata dalle trasformazioni subite dai resti animali e vegetali, che caratterizzano il processo della decomposizione. Oltre alla litosfera, nel suolo si uniscono e si intersecano l’atmosfera, aria interna ad alto tenore di anidride carbonica, e l’idrosfera, costituita dall’acqua contenuta nel suolo in diverse forme e soggetta ad una particolare economia. Ma ciò che più ne caratterizza l’eterogeneità e la complessità è la ricca e diversificata presenza di organismi che ne costituiscono la biocenosi, il cui numero di specie è largamente superiore a quello di altri ambienti adiacenti. Il suolo rappresenta quindi un ambiente estremamente vario, uno tra i più ricchi di organismi di tutta la biosfera, la cui attività dà vita ad una straordinaria officina di trasformazioni, dalla quale dipende la vitalità e quindi il mantenimento della vita vegetale epigea. Quest’ultimo aspetto risulta particolarmente interessante nell’economia e nella gestione di un Parco cittadino come il Parco Ducale, patrimonio locale da tutelare, vera e propria “oasi” all’interno dell’ambiente urbano, di grande valore culturale, storico-artistico e naturalistico. La correlazione tra lo stato di salute degli alberi del Parco e il ruolo svolto dagli organismi della comunità del suolo contribuisce così al superamento dell’idea comune di suolo come superficie statica ed inerte, di semplice supporto per i vegetali, gli animali, l’uomo e i suoi manufatti. Dalla consapevolezza del concetto di suolo, come la complessa parte basale degli ecosistemi terrestri, si sviluppa quindi naturalmente la considerazione del suolo come risorsa comune, da preservare e gestire con adeguati interventi di tutela e conservazione, ispirati al principio della sostenibilità, come ricordato, infatti dalla “Carta Europea del suolo” questo “…consente la vita dei vegetali, degli animali e dell’uomo sulla superficie della Terra”, ma nel contempo “…è una risorsa limitata che si distrugge facilmente” COMPONENTI ABIOTICHE Il suolo in quanto parte fondamentale degli ecosistemi terrestri è caratterizzato da una struttura costituita da componenti abiotiche in stretta relazione con gli organismi della biocenosi. Esso infatti è il risultato del materiale originario (frazione inorganica) che nel tempo si è profondamente mescolato con i residui animali e vegetali (frazione organica) sottoposti all’azione del clima e degli organismi decompositori. Per determinare la natura e le caratteristiche di un suolo occorre prendere in esame i fattori fisico-chimici che lo contraddistinguono e la distribuzione delle singole particelle minerali (tessitura + scheletro). FATTORI FISICO-CHIMICI I fattori fisico-chimici del suolo rappresentano una serie di parametri che definiscono le condizioni della matrice suolo, i quali influenzano la vegetazione epigea, e la comunità degli organismi edafici, sia dal punto di vista della composizione in specie che della rispettiva abbondanza numerica. Tessitura Per definire meglio il termine tessitura conviene introdurre innanzitutto la definizione di granulometria. Per granulometria di un suolo si intende la distribuzione delle singole particelle minerali. Per convenzione internazionale l’indagine granulometrica si effettua separando le particelle in base al loro diametro. La frazione di diametro superiore ai 2 mm costituisce lo “scheletro”, mentre quella di diametro inferiore ai 2 mm viene denominata “terra fine”. In base al diametro delle sue particelle la terra fine viene classificata in ciscuna delle seguenti componenti: sabbia (diametro delle particelle comprese tra 2 mm e 0,05 mm); limo (diametro delle particelle comprese tra 0,05 mm e 0,002 mm); argilla (diametro delle particelle inferiori a 0,002 mm). Dal valore percentuale delle diverse frazioni si definisce la tessitura di un suolo utilizzando il diagramma riportato in figura. I tre grandi gruppi di classi di tessitura riconosciuti sono a loro volta suddivisi in classi al loro interno: 1. Gruppo delle classi sabbiose - In questo gruppo ci sono i suoli in cui la frazione sabbiosa è superiore al 70% del totale, e l’argilla inferiore al 15% ; esso comprende due specifiche classi: “sabbioso franco” e “sabbioso”. 2. Gruppo delle classi argillose - Per essere definito “argilloso” un suolo deve contenere più del 40% di argilla; i nomi delle tre classi sono: “argilloso”, “limoso argilloso” e “sabbioso argilloso”; le ultime due classi possono contenere rispettivamente più limo o sabbia che argilla, ma quest’ultima condiziona tuttavia in modo determinante le proprietà tessiturali. 3. Gruppo delle classi franche - E’ il gruppo che contiene il maggior numero di suddivisioni. Idealmente un suolo franco è dato dalla mescolanza, equilibrata, di sabbia, limo e argilla; conseguentemente, anche le proprietà che condizionano l’uso del suolo, ad esempio la pesantezza o la leggerezza, sono presenti in proporzioni equilibrate. La maggior parte dei suoli di interesse agricolo sono in qualche modo “franchi”, e c’è una classe tessiturale denominata, appunto, “franca”, che sta in una posizione intermedia fra le tre componenti granulometriche sabbia, limo ed argilla. Tuttavia, sovente, una debole prevalenza di una delle tre frazioni richiede l’uso di aggettivi che meglio completano e definiscono la classificazione tessiturale. Così, un suolo franco dove domina la sabbia viene chiamato “franco sabbioso”; allo stesso modo possiamo avere un suolo “franco limoso”, “franco limoso argilloso”, “franco sabbioso argilloso”, “franco argilloso”. Anche la classe “limosa”, dominata dal limo, viene convenzionalmente inserita fra il gruppo delle classi franche. Profilo Generalmente un suolo è suddiviso in strati a partire dalla superficie fino ad arrivare alla sottostante roccia inalterata. Questa roccia è chiamata roccia madre. Gli strati, definiti orizzonti, in cui si può dividere un suolo completo, sono i seguenti: caratterizzato dalla presenza di sostanza organica caduta sul suolo e non ancora decomposta, la cui forma si può riconoscere a occhio nudo; è definita lettiera; caratterizzato dalla presenza di sostanza organica decomposta o parzialmente A0 decomposta, la cui forma originale non può essere riconosciuta; caratterizzato dalla presenza di sostanza organica umificata, humus, mescolata A1 alla materia minerale. L’orizzonte si presenta di colore bruno scuro; caratterizzato da un impoverimento nel contenuto di argilla e di elementi A2 minerali. Il colore può essere grigio-cenere, o rosato, o bruno giallastro; caratterizzato da accumulo di argilla, humus e minerali oppure da una B alterazione più o meno spinta del materiale roccioso che ha originato il suolo; C caratterizzato da alterazione prevalentemente fisica della roccia; R è la roccia inalterata, sottostante al suolo. Non sempre l’orizzonte A, o eluviale, è riconoscibile dal B, illuviale; se ad esempio il suolo è giovane od ospita un prato, questo non succede. I terreni vengono definiti sottili, profondi o molto profondi, a seconda dell’altezza del loro profilo, che può variare da pochi cm a 1 metro. A00 EVOLUZIONE DEL SUOLO O PEDOGENESI La distribuzione del suolo segue l’andamento della superficie terrestre, alternando affioramenti di rocce alterate superficialmente, a suoli all’inizio della loro evoluzione, a suoli maturi, piuttosto che a suoli trasformati dalle pratiche agricole o dall’erosione. Il processo evolutivo è caratterizzato da una serie di trasformazioni che modificano continuamente la struttura e la composizione del suolo, rappresentate sostanzialmente da fenomeni di migrazione di sostanze organiche ed inorganiche, di accumulo di alcuni materiali, e di alterazione chimico-fisica del substrato pedogenetico. Durante questo processo quindi le rocce si frammentano sempre più profondamente, i sali dotati di maggiore solubilità vengono asportati e spostati, la sostanza organica si accumula in superficie e subisce il processo dell’umificazione distribuendosi nei diversi strati, con il completamento della decomposizione si formano infine nuovi minerali che conferiscono al suolo stesso particolari caratteristiche. La composizione del suolo maturo dipende pertanto da numerosi fattori quali la componente minerale della roccia madre, il clima, il tipo di vegetazione, la fauna insediata nel terreno, la presenza, sia in termini qualitativi che quantitativi, dei microrganismi della microflora, l’intervallo di tempo trascorso dal momento della sua genesi. Il processo evolutivo si completa con la definizione all’interno del suolo di un particolare e caratteristico profilo verticale; tale stato, caratterizzato da una condizione di equilibrio dinamico stabile con l’ambiente, definisce il suolo maturo. Esso si conserva fino a quando non si altera l’equilibrio raggiunto dai diversi fattori pedogenetici, che darà inizio ad un nuovo processo evolutivo, fino al raggiungimento di un nuovo e diverso stato di equilibrio. SOSTANZA ORGANICA E HUMUS La sostanza organica costituisce la frazione più complessa del suolo, formata da composti derivati prevalentemente dalla demolizione di materiale vivente, soprattutto di origine vegetale, ma anche animale, che viene a trovarsi nel terreno. Tali residui sono sottoposti ad una continua trasformazione, più o meno rapida, dovuta alla attività di organismi della pedofauna e della microflora che dà origine, da una parte, a composti minerali semplici (processo di mineralizzazione) e, dall’altra, a sostanze colloidali organiche che costituiscono l’humus (processo di umificazione). L’humus si presenta come quella parte di sostanza organica pedologicamente omogenea e di colore bruno, più o meno intenso, formata da acidi umici (colloidi organici elettronegativi); questi composti si legano ai complessi argillosi formando i composti argillo-umici fortemente igroscopici. Anche l’humus subisce a sua volta un processo di mineralizzazione, ovvero viene anch’esso demolito in sostanze minerali, tuttavia tale processo avviene molto più lentamente che a partire dalla sostanza organica fresca, per cui l’humus costituisce una riserva di nutrienti. In base al contenuto di humus i terreni vengono così classificati: umiferi, con più del 10% di humus; ricchi di humus, con una quantità compresa dal 5 al 10%; sufficientemente dotati, con un livello dal 3 al 5%; mediocremente dotati, con un tenore dal 2 al 3%; poveri di humus, con una quantità di humus inferiore al 2%. L’accumulo di humus è influenzato da diversi fattori come il pH, la temperatura, l’umidità e la disponibilità di ossigeno. Oltre agli acidi umici, che possono essere considerati i composti organici caratteristici del suolo, le altre sostanze organiche in esso presenti sono rappresentate da enzimi, liberati essenzialmente da microrganismi, fitotossine prodotte dalla demolizione delle foglie, antibiotici di origine microbica, feromoni che costituiscono segnali chimici utilizzati per la comunicazione intraspecifica, come ad esempio per il riconoscimento dei sessi, ed infine la geosmina, responsabile “dell’odor di terra”, anch’essa di origine microbica. La presenza di humus, e in generale di sostanza organica, migliora sensibilmente la qualità del suolo, producendo i seguenti effetti: 1) modificazioni fisiche migliora la struttura e la porosità del terreno, aumenta la capacità idrica dei terreni sabbiosi, favorisce la permeabilità dei terreni argillosi, aumenta la temperatura del suolo; 2) modificazioni chimiche aumenta la resistenza al dilavamento dei nutrienti e altri elementi che influenzano la fertilità, favorisce l’assimilazione dei nutrienti da parte dei vegetali, diminuisce il pH (potere acidificante) e aumenta il potere tampone; 3) modificazioni biologiche aumenta lo sviluppo delle radici e quindi la crescita dei vegetali, favorisce l’attività enzimatica e la crescita dei microrganismi TEMPERATURA Il suolo viene riscaldato dalle radiazioni solari, pertanto la sua temperatura dipende dalla latitudine, dalla quota e dall’esposizione del luogo in cui si trova. Anche altri fattori quali il colore, l’umidità e il grado di copertura vegetale contribuiscono a determinarne la temperatura: un suolo più scuro assorbe maggiormente la radiazione luminosa e si riscalda più rapidamente di un suolo chiaro, ma si raffredda più velocemente durante la notte; una copertura vegetale più abbondante e densa tende, invece, a proteggere sia dal riscaldamento diurno che dal raffreddamento notturno. A causa dell’elevato calore specifico dell’acqua, un terreno umido si riscalda e si raffredda più lentamente di un terreno asciutto. La temperatura del suolo è influenzata anche dalle reazioni di decomposizione delle sostanze organiche che, essendo esotermiche, provocano un riscaldamento del terreno, facilmente apprezzabile nelle serre, a causa della ridotta dispersione termica. La conoscenza dell’andamento delle variazioni quotidiane e stagionali della temperatura del suolo (profilo termico) è particolarmente interessante in quanto, influenzando la distribuzione della pedofauna, permette di comprendere i motivi di una sua eventuale migrazione, cosi’ come di interpretarne alcuni adattamenti morfologici caratteristici in relazione alla profondità. Infine, la temperatura influenza sia l’attività degli organismi decompositori, e pertanto la composizione minerale stessa del suolo, che i tempi di germinazione dei semi. ACQUA L’acqua del suolo proviene principalmente dalle precipitazioni: ovvero dalla pioggia, dalla neve, così come dalla rugiada e dalla brina. Possono esserci apporti anche da parte della sottostante falda freatica o, lateralmente, da corpi idrici. Tuttavia il suolo è naturalmente soggetto a perdite d’acqua dovute all’evaporazione (10%), al deflusso causato dal ruscellamento (15%) e alla percolazione (25%). Nel terreno l’acqua è presente in diverse forme: acqua gravitazionale o di percolazione, che riempie i macropori del terreno, cavità di grandi o medie dimensioni, tende a portarsi verso il basso per azione della gravità; tale frazione è disponibile per gli organismi della pedofauna, tanto da costituire per alcuni di essi un particolare microambiente; acqua capillare,che si trova nei micropori, cioè le cavità con diametro inferiore agli 8 micron, trattenuta contro la forza di gravità e direttamente utilizzabile dalle piante; acqua igroscopica, che avvolge le particelle di suolo formando pellicole molto sottili, trattenuta con una forza tale da non essere utilizzabile dalle piante. Tale frazione varia da un suolo all’altro: ad esempio un suolo sabbioso può contenere una percentuale di acqua igroscopica inferiore all’1%, mentre in un terreno argilloso tale percentuale può superare il 23%; acqua di costituzione e di cristallizzazione, legata chimicamente e quindi praticamente inutilizzabile dagli organismi, essendo necessaria una trasformazione, spesso irreversibile, delle sostanze che la contengono. Per quanto riguarda le piante esse utilizzano per le loro necessità l’acqua gravitazionale e quella capillare, mentre non sono in grado di utilizzare l’acqua igroscopica; pertanto l’acqua disponibile per le piante è solo una frazione modesta di quella contenuta nel terreno, pari a valori percentuali che vanno dal 3-4% al 12-15%. Le esigenze di acqua degli animali del suolo, variabili da una specie all’altra, differiscono da quelli delle piante, essendo essi in grado di spostarsi per raggiungere l’acqua, pertanto le variazioni di umidità relativa del suolo sono tra le cause degli spostamenti della pedofauna. La quantità di acqua che un suolo può trattenere dopo l’asciugamento è denominata capacità idrica di ritenuta, tale parametro è influenzato da vari fattori tra cui la tessitura del suolo. Si definisce invece punto di appassimento la condizione nella quale l’acqua del suolo è trattenuta ad una pressione maggiore di quella sviluppata dalle radici delle piante. Quando in un terreno l’acqua si trova solo nei pori inferiori a 0,2 micron, le piante appassiscono definitivamente, a causa del valore di pressione che si raggiunge in tali pori, tale da impedire il prelievo di acqua da parte delle piante. Il punto di appassimento assume valori variabili a seconda del tipo di terreno, esso inoltre è influenzato dalla porosità e dalla quantità di sostanza organica. POROSITA’ La porosità di un suolo è determinata dall’insieme degli spazi vuoti in esso presenti, è quindi strettamente collegata alla tessitura e, in particolare, alla struttura, ovvero quelle caratteristiche del suolo che ne determinano le dimensioni delle lacune in cui l’aria e l’acqua possono circolare o stazionare. Si tratta pertanto di un parametro che influenza la vita degli organismi, sia animali che vegetali. I valori della porosità, in relazione alla struttura, variano da un minimo del 30% nei terreni argillosi e compatti, ad un massimo del 75% nei terreni ricchi di humus. PERMEABILITA’ La permeabilità del suolo rappresenta la sua capacità di lasciarsi attraversare dall’acqua; la sua determinazione si basa sulla misurazione della velocità di infiltrazione dell’acqua gravitazionale, essa indica infatti il volume di acqua che defluisce nell’unità di tempo da un volume noto di terreno. Il suo valore, compreso tra 5 mm/ora e 120 mm/ora, è tanto più elevato quanto maggiore è il volume degli spazi vuoti, pertanto dipende dalla tessitura, dalla struttura e naturalmente dalla porosità del terreno. Un ruolo antagonista hanno la frazione argillosa e quella sabbiosa: in un suolo argilloso l’acqua si sposta con lentezza, mentre la sabbia favorisce un rapido scorrimento del liquido. La permeabilità influenza lo sviluppo dei vegetali: se la permeabilità di un terreno è troppo alta l’acqua non viene trattenuta e quindi le piante non riescono a soddisfare il loro fabbisogno idrico, inoltre un’elevata permeabilità può favorire il dilavamento dei nutrienti solubili nell’acqua, determinando così un impoverimento del terreno. La conoscenza del valore di permeabilità risulta molto utile allo scopo di orientare le pratiche di irrigazione. pH Il pH è un indice che esprime il grado di acidità di una soluzione; dal punto di vista chimico è un parametro legato alla concentrazione di ioni H+. I valori che il pH può assumere sono compresi in una scala che va da 0 a 14 : determinare il pH di una soluzione significa quindi valutare se la stessa è acida (pH da 0 a 7), neutra (pH uguale a 7), basica o alcalina (pH da 8 a 14). Le soluzioni acide si possono facilmente riconoscere e distinguere da quelle basiche utilizzando gli indicatori colorimetrici, che hanno la proprietà di colorarsi in modo caratteristico quando vengono a contatto con una soluzione acida o basica. Esistono inoltre indicatori (ad esempio le cartine all’indicatore universale) capaci di assumere tonalità di colore differenti a seconda del diverso grado di acidità di una soluzione, corrispondenti quindi a determinati valori di pH. La misura del pH del suolo ha grande importanza, infatti la maggior parte delle piante tollera un intervallo ristretto di valori, solitamente quelli centrali, gli ambienti troppo acidi o troppo basici esercitano invece un’azione tossica più o meno marcata. Ogni specie vegetale presenta dunque un suo pH ottimale di crescita: le piante che preferiscono i terreni acidi sono dette acidofile (felce, rododendro, pino, ginepro,..) mentre vengono denominate basofile quelle che prediligono un ambiente basico (ginestra, cactacee,…). La conoscenza del pH del suolo può essere quindi utile a stabilire se vi siano le condizioni favorevoli alla crescita di determinate specie vegetali, ma al tempo stesso consente la scelta di adeguati concimi e di eventuali correttivi. In genere il pH del suolo varia da un minimo di 5,5 ad un massimo di 8,5; in ogni caso sulla base di questo valore i suoli possono essere cosi’ suddivisi: pH 3 / 4,5 4,6 / 5,5 5,6 / 6,5 6,6 / 7,5 TIPO DI SUOLO Fortemente acido Acido Subacido Neutro pH 7,6 / 8,5 8,6 / 9,5 9,6 / 10,5 TIPO DI SUOLO Subalcalino Alcalino Fortemente alcalino Di solito i suoli sabbiosi e quelli ricchi di humus sono acidi, mentre quelli calcarei hanno reazione alcalina. L’acidità del terreno aumenta con la mineralizzazione spinta della sostanza organica, cosi’ come con l’eccessivo dilavamento provocato dalle piogge. I terreni acidi sono in genere poveri di elementi nutritivi, in essi inoltre sono sfavorite la crescita della flora batterica e i processi di trasformazione della sostanza organica. CALCARE IL calcare è costituito dalla frazione di carbonato di calcio presente nel terreno. Esso è contenuto nel suolo in due forme, tra queste, quella attiva (allo stato colloidale) è l’unica prontamente utilizzabile dalle piante. Un terreno calcareo (calcare > 20%) è assai permeabile, secca facilmente, ha una certa adesività agli attrezzi quando è carico di umidità, mentre quando è asciutto appare polverizzato. La frazione calcarea conferisce al terreno reazione basica, quando si trova in quantità considerevole il terreno non è molto fertile. Colore Il colore del suolo è il carattere morfologico più accessibile, quello che salta immediatamente agli occhi. Tenendo conto delle altre caratteristiche e proprietà, il colore del suolo è l’indice essenziale della sua appartenenza ad un tipo o ad un altro. E’ il motivo per cui molti tipi di suolo devono il nome al loro colore: podzol (“cenere” in russo) – tipo di suolo acido molto diffuso nell’Europa settentrionale terre rosse, molto diffuse in Italia chernozem (“terre nere” in russo) – suolo diffuso in Russia. Il colore del suolo deriva dalla combinazione cromatica di diverse componenti organiche e inorganiche: 1. gialli a seconda del loro stato di idratazione); 2. humus, nero; 3. calcare, bianco. La presenza (o assenza), la concentrazione e la mescolanza di questi componenti determina il colore del suolo; per esempio, il colore marrone è dovuto alla mescolanza dell’humus (nero) con gli ossidi di ferro (rossi), i carbonati, solfati e cloruri sono generalmente bianchi, i materiali argillosi possono variare dal grigio chiaro al grigioverdastro.Un suolo molto scuro è da ritenersi ricco in sostanza organica, mentre se chiaro e molto colorato (giallo o rosso) particolarmente povero; se grigio in genere è elevato il contenuto in argilla, quindi in grado di adsorbire considerevoli quantità d’acqua. PESO SPECIFICO Il peso specifico di un suolo rappresenta il rapporto tra la massa di un campione di terreno e il rispettivo volume. Naturalmente occorrerà distinguere tra un volume reale, ricavato dalla somma dei volumi delle particelle, e un volume apparente, che comprende oltre al volume delle particelle anche quello degli spazi vuoti. In considerazione dei due parametri precedenti, si distinguerà un peso specifico reale, corrispondente al valore medio di tutti i componenti solidi del terreno, il cui valore è generalmente di circa 2,5 g/ml, e un peso specifico apparente, la cui determinazione sperimentale si basa sul rapporto tra il peso di un campione di terreno seccato all’aria e il rispettivo volume, che di solito presenta un valore medio di circa 1,2 g/ml. Il peso specifico varia per i vati tipi di suolo : da 0,5 - 0,6 g/ml nei terreni organici, a 1,5 g/ml in quelli minerali. BIOCENOSI L’insieme di tutti gli organismi del suolo costituisce la cosiddetta biocenosi o comunità edafica, che può essere suddivisa, secondo un criterio ecologico, in due raggruppamenti principali: la pedofauna, che comprende organismi Animali e Protozoi, e la microflora o pedoflora, costituita da Batteri, Alghe e Funghi. I Batteri, i Protozoi, gli Animali invertebrati (Nematodi, alcuni Anellidi, Platelminti, Rotiferi) e le Alghe vivono nell’acqua che riempie gli spazi tra le particelle del terreno, costituendo così la componente biologica denominata Hydrobios. Tutti gli altri organismi, che occupano prevalentemente gli spazi in cui circola aria, rappresentano l’Atmobios. La biomassa e il numero di specie che costituiscono la biocenosi del suolo dipendono naturalmente dal tipo di terreno, dalle condizioni climatiche, e, in particolare, dallo stadio raggiunto nel processo di pedogenesi: un’elevata biodiversità è caratteristica di ecosistemi maturi, come il suolo di un bosco, mentre un numero limitato di specie si rileva solitamente nel suolo degli agrosistemi, intensamente sfruttato con ripetute lavorazioni, che ne provocano l’alterazione della struttura. Su quest’ultime osservazioni si basa l’uso degli organismi del suolo come bioindicatori, da cui trarre utili informazioni sullo “stato di salute” dell’ambiente suolo: una variazione nella composizione della biocenosi può infatti rivelare un’alterazione del terreno, provocata per esempio da trattamenti chimici. Tecniche di laboratorio Per ottenere informazioni quantitative e risultati il più possibile precisi ed accurati, è consigliabile effettuare lo studio del suolo in laboratorio. L’analisi si svolge mediante l’applicazione di tecniche specifiche su campioni di suolo prelevati in natura seguendo definite procedure. Prelievo di campioni di suolo La raccolta dei campioni rappresenta una fase importante dello studio di un suolo in quanto l’attendibilità di un’analisi dipende in gran parte dalla cura con cui si effettua il prelievo. E’ necessario, per quanto possibile, prelevare il terreno nel suo stato di umidità media, evitando i periodi di forti piogge o di prolungata siccità; occorre inoltre rispettare la condizione di omogeneità del campione prelevato e di asepsi, nel caso di prelievo per la ricerca di batteri. L’omogeneità è assicurata se si effettuano, per ogni campione, parecchi prelievi parziali in punti diversi della zona prescelta (stazione). L’asepsi, quando richiesta, si ottiene evitando il contatto con le mani e utilizzando strumenti adatti e sterilizzati. Individuato il punto di raccolta, si elimina la cotica erbosa, se presente, e si preleva con una spatola o una paletta fino ad alcuni centimetri di profondità. Se il suolo è soffice, privo di grandi quantità di scheletro, si può ricorrere a prelievi tramite carotatore. I campioni raccolti vengono quindi posti in sacchetti di plastica che devono essere poi accuratamente chiusi, etichettati e trasportati al più presto in laboratorio, avendo cura di conservarli all’ombra e a temperature il più possibile vicine a quelle originarie. Determinazione della tessitura e dello scheletro Vengono presentati due diversi metodi (esperienza a ed esperienza b): la prima descrizione si riferisce alla tecnica più facile da realizzare per l’impiego di una semplice strumentazione; la seconda richiede, invece, materiali costosi, pertanto non sempre disponibili. Quest’ultima, tuttavia, consente di ottenere risultati più accurati. Esperienza “a” Questa prova serve a verificare le stime della tessitura effettuate sul campo e si basa sulla diversa velocità di caduta dei costituenti del suolo nell’acqua . Le particelle terrose, per la legge di Stokes, hanno una velocità di caduta direttamente proporzionale alla loro superficie, ne consegue che le particelle più piccole rimarranno sospese più a lungo di quelle di maggiore dimensione. Materiali Metodo La “carota” di ogni singolo orizzonte (ciascun strato di suolo dotato di caratteristiche diverse da quelle dei livelli soprastanti e sovrastanti), prelevata premendo e ruotando il recipiente cilindrico sul suolo, viene dispersa nel mezzo liquido in un cilindro graduato. Si attendono alcuni giorni per permettere la sedimentazione completa e determinare percentualmente i costituenti granulometrici di quell’orizzonte. A questo punto si può determinare la classe di tessitura utilizzando il triangolo della tessitura. Esperienza b Materiale Metodo Introdurre un campione di suolo di circa 200 g, precedentemente lavato e asciugato in una stufa (105°C per 24 ore). Introdurre nel setaccio superiore della colonna e scuotere energicamente per 5-10 minuti. Successivamente pesare i “rifiuti”, cioè il materiale trattenuto da ciascun setaccio. Il peso dei diversi rifiuti permetterà di disegnare un istogramma che mostrerà la ripartizione granulometrica del suolo in esame. MISURA DELLA POROSITA’ Materiali: Cilindro graduato da 150 ml Acqua distillata Metodo Il metodo descritto si basa sul fatto di considerare la porosità del suolo equivalente alla percentuale di aria. Versare 70 ml di acqua nel cilindro graduato, quindi aggiungere lentamente 50 ml di terreno. Dopo aver agitato lasciare riposare per 5 minuti, in modo da permettere all’aria di fuoriuscire, in questo modo si potrà osservare dapprima un innalzamento del volume di acqua, seguito da un successivo abbassamento pari a quello dell’aria fuoriuscita. Annotare il volume totale ottenuto, quindi procedere al calcolo del volume dei pori del terreno: volume dei pori del terreno = (vol. del suolo + vol. dell’acqua) – vol. totale Si potrà così calcolare il valore della porosità, espresso in percentuale, nel seguente modo: porosità = (vol. dei pori / vol. del suolo) x 100 STIMA DELLA PERMEABILITA’ Materiali: Imbuto Metodo Si introduce il campione di terreno da esaminare in un imbuto, in cui si è precedentemente sistemato un filtro, quindi si aggiunge un volume noto di acqua, annotando, in un certo tempo, il volume di acqua che filtra e si deposita in un cilindro graduato disposto al di sotto dell’imbuto. In base alla velocità di infiltrazione rilevata, verrà definito il livello di permeabilità sulla base dei dati riportati nella seguente tabella: VELOCITA’ D’INFILTRAZIONE Meno di 5 mm/ora Tra 5 e 20 mm/ora Tra 20 e 60 mm/ora Tra 60 e 120 mm/ora Oltre 120 mm/ora PERMEABILITA’ Bassa Piuttosto bassa Media Piuttosto alta Alta DETERMINAZIONE DELLA PERCENTUALE DELL’ UMIDITA’ Materiali Bilancia di precisione Stufa Metodo La seguente descrizione si riferisce alla determinazione dell’acqua igroscopica, cioè l’acqua che avvolge le particelle del terreno e non utilizzabile dalle piante. Prelevare un campione di suolo, annotando la profondità dell’estrazione e riporlo in un sacchetto di plastica. Se si ritiene utile determinare il grado di umidità a diverse profondità è consigliabile prelevare una carota di suolo, quindi tagliare il campione in porzioni, rispettando gli orizzonti e indicando sull’etichetta che identifica ciascuna porzione la rispettiva profondità. I campioni prelevati devono essere portati in laboratorio e immediatamente pesati (PESO FRESCO), quindi fatti asciugare per 24 ore in una stufa alla temperatura di 105°. Una volta estratti dalla stufa,i campioni verranno nuovamente pesati (PESO SECCO) al fine di determinarne l’umidità espressa in percentuale, con la seguente formula: %umidità = (peso fresco-peso secco / peso secco) x 100 I risultati ottenuti possono essere presentati in un grafico cartesiano in cui si riportano i valori dell’umidità in funzione della profondità. DETERMINAZIONE DEL PESO SPECIFICO Materiali Bilancia Cilindro metallico Metodo Il peso specifico apparente si determina su un prelievo di terreno effettuato con un cilindro metallico. Dopo aver determinato il valore dell’umidità, si procede al calcolo del peso specifico apparente con la seguente formula: p = (P – U)/V dove: P rappresenta il peso del campione del terreno U rappresenta l’umidità presente nel campione prelevato V rappresenta il volume del cilindro metallico DETERMINAZIONE della PERCENTUALE DELL’HUMUS N.B. E’opportuno eseguire questa determinazione dopo avere effettuato la prova di laboratorio per il calcolo della percentuale di umidità. Materiali Paletta o vanga per lo scavo Bilancia di precisione Stufa Metodo Prelevare un campione di suolo, annotando la profondità dell’estrazione, e riporlo in un sacchetto di plastica; quindi procedere immediatamente alla determinazione del peso del campione prelevato (PESO FRESCO) da effettuare in laboratorio. Successivamente fare asciugare il campione pesato in una stufa, alla temperatura di 105°, per 24 ore. Una volta estratto dalla stufa, pesare nuovamente il campione (PESO SECCO) e quindi determinarne la quantità di humus, espressa in percentuale, con la seguente formula: % humus = (perdita di peso dopo il riscaldamento x 100) / peso fresco del campione In base al valore ottenuto, si può infine classificare il terreno esaminato in base alle seguenti indicazioni 1. 2. 3. 4. 5. terreno umifero: humus > 10%; terreno ricco di humus: 5% < humus < 10%; terreno sufficientemente dotato: 3% < humus < 5%; terreno mediocremente dotato: 2% < humus < 3%; terreno povero di humus: humus < 2%. DETERMINAZIONE della FRAZIONE CALCAREA Materiali Soluzione concentrata di HCl Calcimetro ( tale strumento si può facilmente costruire, esso infatti è formato da un cilindro graduato, pieno di acqua, chiuso all’estremità con un tappo forato in cui si sistema un tubicino di gomma , che collega il cilindro ad una beuta, anch’essa provvista di tappo forato contenente all’interno una provetta. Il cilindro deve essere dotato, nella sua parte inferiore, di un altro foro, per consentore il collegamento dello stesso, mediante un secondo tubicino, con un’altra beuta di raccolta dell’acqua) Metodo Il calcimetro viene utilizzato per la determinazione quantitativa della frazione calcarea. Il suo funzionamento è basato sulla reazione tra il carbonato di calcio e l’acido cloridrico, la quale produce anidride carbonica, la cui concentrazione corrisponde a quella di carbonato del campione da esaminare. La procedura consiste nel porre una piccola quantità di terreno (1 g) all’interno della provetta, contenuta nella beuta collegata al cilindro graduato, insieme a 5 ml di soluzione di HCl. La reazione tra il calcare del campione e l’acido cloridrico sviluppa anidride carbonica, che spingerà fuori dal cilindro graduato una quantità di acqua pari al suo volume. La determinazione di tale volume consentirà di quantificare la frazione calcarea del terreno. MISURA del pH Materiali Cartina al tornasole o pHmetro Acqua distillata Cilindro graduato Becker o altro recipiente preferibilmente in vetro trasparente Metodi Si prepara una sospensione acquosa del campione da esaminare, con un rapporto acqua / suolo pari a 2,5:1 (in pratica per ogni 10g di campione si aggiungono 25ml di acqua distillata); quindi si agita la sospensione per circa 15 minuti, lasciandola poi riposare per almeno 30 minuti. Si determina infine il valore del pH immergendo la cartina al tornasole nel supernatante liquido limpido, confrontando la tonalità di colore assunta dalla cartina indicatrice con la scala cromatica riportata nella confezione dell’indicatore. Se si dispone di un pHmetro, immergendo l’elettrodo dello strumento nel supernatante, è possibile leggere direttamente il valore del ph che comparirà sul display dello strumento; in questo caso si ottengono valori più accurati. ESTRAZIONE DEGLI ORGANISMI DELLA PEDOFAUNA Tra i numerosi metodi di estrazione degli organismi della pedofauna il più semplice consiste nell’impiego di un estrattore del Berlese, che può essere facilmente costruito con l’utilizzo di comuni ed economici materiali. L’impiego di questo strumento consente di ricavare dati parziali sulla descrizione della comunità edafica, relativi cioè agli organismi della meso e macrofauna, molti microartropodi infatti si immobilizzano colpiti dal torpore termico, sfuggendo così all’estrazione e quindi all’osservazione. Va pertanto sottolineato che questo sistema è particolarmente indicato per ottenere una descrizione qualitativa della fauna edafica. Materiali Per l’estrazione: Estrattore del Berlese Recipiente in vetro Alcool a 70° (anche denaturato) Glicerina Per l’osservazione: Capsula Petri Pipetta Ago entomologico Binoculare Manuale di sistematica degli Invertebrati Chiave dicotomica per l’identificazione degli organismi della pedofauna. Metodo Sistemare il campione di terreno sulla reticella metallica dell’estrattore del Berlese (è consigliabile farlo subito dopo il prelievo, o al massimo dopo poche ore), formando uno strato dello spessore di circa 3-5 cm, senza schiacciarlo; quindi collocare delicatamente il recipiente contenente alcool sotto all’imbuto, evitando di farvi cadere della terra all’interno. Infine, accendere la lampadina, dopo aver coperto l’imbuto con il sostegno del portalampada. Ciascuna operazione dovrà essere svolta cercando di non urtare lo strumento, evitando così la caduta di terra nel recipiente, che potrebbe ostacolare il successivo prelievo degli esemplari raccolti. Si consiglia di mantenere lo strumento in funzione per almeno 5-6 giorni, allo scopo di estrarre un numero significativo di esemplari i quali, sotto l’effetto del disseccamento della terra provocato dal calore della lampadina, tenderanno a spostarsi in fuga verso il fondo del campione, fino a cadere, passando attraverso le maglie della reticella, nel recipiente sottostante all’imbuto. Se si desidera conservare gli animali vivi, occorre prelevarli dalla carta assorbente a brevi intervalli, in modo da evitare che alcuni di loro si divorino; mentre se si intende fissare gli animali nell’alcool, occorrerà controllarne periodicamente il livello nel recipiente: una quantità insufficiente potrebbe infatti causare il disseccamento degli esemplari. Per facilitare l’osservazione, che dovrà essere compiuta mediante un binoculare, è consigliabile trasferire con una pipetta gli esemplari raccolti, dal recipiente ad una capsula Petri. Se si desidera identificare i vari organismi dal punto di vista sistematico è inoltre preferibile l’uso di apposite chiavi dicotomiche, di facile consultazione, da abbinare all’impiego di manuali specifici. L’esame dei caratteri morfologici, su cui si basa il riconoscimento degli esemplari, verrà facilitato attraverso l’uso di un ago entomologico con cui rigirare gli animali. CALCOLO QBS La Qualità Biologica del Suolo rappresenta un valido esempio di come gli organismi della comunità di un ecosistema possono essere impiegati come efficaci indicatori per valutare la qualità dell’ambiente in cui essi si trovano. Nel caso specifico, vengono prese in considerazione le caratteristiche del popolamento dei microartropodi del suolo, di cui si rileva il livello di biodiversità e di adattamenti alla vita ipogea; la valutazione della qualità del suolo si basa essenzialmente sull’applicazione del criterio delle forme biologiche agli organismi presi in esame. La procedura prevede lo svolgimento delle seguenti fasi preliminari, necessarie prima di arrivare alla determinazione della QBS relativo ad una determinata stazione: prelievo del campione di suolo; estrazione degli organismi; allestimento dei preparati per l’osservazione; determinazione delle forme biologiche. La proposta del metodo nel biennio della scuola superiore richiede l’introduzione di opportune semplificazioni, allo scopo di adeguare il livello di difficoltà di applicazione alle conoscenze e competenze possedute da operatori non esperti quali gli alunni e gli stessi docenti. Si propone pertanto di seguito la descrizione di una versione semplificata della procedura originale, non cioè basata, per ovvie ragioni didattiche, sul riconoscimento delle forme biologiche, che richiederebbe invece l’osservazione dettagliata degli organismi, per individuare in essi particolari caratteri somatici. Metodo Dopo aver raccolto con l’estrattore del Berlese gli esemplari dai campioni prelevati, si procederà alla loro osservazione ed identificazione, in modo da ripartirli in gruppi sistematici omogenei. Terminata l’operazione di riconoscimento, da effettuarsi con l’ausilio del binoculare e di opportuni manuali di sistematica o di più semplici chiavi dicotomiche, si annoteranno i risultati ottenuti in apposite schede di rilevamento; infine si procederà alla determinazione della qualità del suolo attraverso il calcolo della sommatoria dei punteggi attribuiti ai vari gruppi di organismi, riportati nella seguente tabella. GRUPPO Proturi Dipluri Collemboli Microcoryphia Zygentomata Dermatteri Ortotteri in generale grilli e grillotalpe Embiotteri Blattari Psocotteri Emitteri forme del suolo larve di cicale Tisanotteri Coleotteri Imenotteri in generale formiche Ditteri (larve) Pseudoscorpioni Punteggio 20 20 20 10 10 1 1 20 10 5 1 1 10 1 10 1 5 10 20 Palpigradi Opilionidi Araneidi forme piccole forme superiori ai 5mm Acari Isopodi Diplopodi forme inferiori ai 5mm forme superiori ai 5mm Pauropodi Sinfili Chilopodi in generale forme>5mm con zampe ben sviluppate 20 10 5 1 20 10 20 10 20 20 20 10 Per la valutazione del risultato ottenuto si può confrontare il valore del punteggio calcolato con quelli riportati nella tabella seguente, riferiti a suoli di ecosistemi naturali e di agrosistemi sottoposti ad un diversificato sfruttamento a scopo produttivo Il valore di un campo coltivato varia in relazione all’estensione e alla struttura del paesaggio (presenza di siepi, filari, boschetti). TIPOLOGIA AMBIENTALE QBS Suolo forestale Prato stabile Erba medica Campo di bietole Campo di mais 150-200 100-190 50-100 50-60 30-40 Ricerca dei batteri Materiali Capsule Petri Beute Terreno di coltura (PCA = Plate Count Agar) Acqua distillata sterile Ansa o ago Vetrini portaoggetto Blu di metilene (o violetto genziana) Alcol etilico assoluto Olio di cedro Termostato Microscopio ottico a luce trasmessa dotato di obiettivo 100x ad immersione Cappa a flusso laminare UV/ Becco Bunsen Becco Bunsen Metodo Per rilevare semplicemente la presenza dei batteri nel suolo, si può ricorrere all’isolamento in vitro mediante l’impiego di un terreno di coltura solido, cioè di un substrato agarizzato che contenga appropriate sostanze nutritive per i batteri; si può utilizzare a questo scopo un terreno già confezionato come il PCA. Le operazioni da eseguire devono essere effettuate in ambiente sterile (sotto cappa a flusso laminare UV o in prossimità della fiamma di un becco Bunsen); gli strumenti da utilizzare devono essere sterili. Preparare il terreno di coltura e sterilizzarlo. Versarne 10 ml nelle piastre Petri sterili; prelevare dal campione, mediante un’ansa sterile, qualche mg di suolo e aggiungerlo all’agar ancora liquido (metodo per inclusione), ruotando lentamente, in senso antiorario e orario, per alcune volte, la scatola Petri in modo da distribuire uniformemente le particelle di terra. Per evitare un’eccessiva concentrazione di batteri, si consiglia di diluire il campione prelevato con l’ansa, in acqua distillata sterile; si lascia decantare e si aggiungono quindi poche gocce della sospensione ottenuta al terreno di coltura. (Con diluizioni successive, si ottengono migliori risultati soprattutto per l’osservazione della morfologia delle colonie batteriche). Si lascia raffreddare il terreno e si dispongono infine le scatole Petri, capovolte, per alcuni giorni a 28-30 °C in termostato. Lo sviluppo delle colonie batteriche può manifestarsi dopo qualche giorno, ma può richiedere anche tempi piuttosto lunghi (alcune settimane). Se l’ammasso batterico è notevole, con conseguente sovrapposizione delle colonie, si consiglia di ripetere l’esperienza, ricorrendo alla tecnica delle diluizioni successive. Col materiale ottenuto si preparano quindi alcuni vetrini che verranno fissati e colorati con blu di metilene o violetto genziana. Si osservano i batteri al microscopio con obiettivo 100x ad immersione, mediante l’uso di una goccia di olio di cedro. DATI ANALITICI RELATIVI ALL’ANALISI DEL TERRENO STAZIONE DI RILEVAMENTO: prato situato davanti al Palazzo Ducale, zona interessata dagli interventi di ristrutturazione Data del prelievo: 3-11-01 PARAMETRI (%) Scheletro Terra fine Sabbia totale Sabbia grossa Limo Argilla Porosità TIPO PEDOLOGICO PARAMETRI Peso specifico apparente (%) Acqua igroscopica (%) Capacità idrica di campo (%) Capacità idrica massima (%) Calcare totale (%) pH Sostanze organiche totali (%) Sostanze umiche (%) CAMPIONI 1 2 3 4 5 Valori medi 1.9 4,1 4,3 5,3 3,2 3,76 98,1 95,9 95,7 94,7 96,8 96,24 40 28 30 28 28 30,8 4,2 1 1,2 1,3 1,2 1,78 40 44 42 42 42 42 20 28 28 30 30 27,2 66,8 63,8 65,3 63,8 63,8 64,7 Franco-argilloso CAMPIONI 1 2 3 4 5 Valori medi 0,88 0,96 0,92 0,96 0,96 0,94 Valutazione 2 2,6 2,4 2 2,5 2,3 scarsa 4,9 6,4 5,9 4,9 6,1 5,64 scarsa 7,5 9,8 9,1 7,5 9,4 8,66 25 24 24 24 24 7,37 7,45 7,43 7,59 7,59 7,2 5,1 5,3 5,3 5,5 24,2 7,49 5,68 debolmente alcalino 2,2 1,72 scarse 1,5 1,6 1,6 1,7 eccessivo modeste STAZIONE DI RILEVAMENTO: zona boscosa interessata dagli interventi di ristrutturazione Data del prelievo: 3-11-01 PARAMETRI (%) 1 8,9 91,1 28 1 42 30 68,3 Scheletro Terra fine Sabbia totale Sabbia grossa Limo Argilla Porosità TIPO PEDOLOGICO 2 3,2 96,8 26 3,4 44 30 64,5 Valori medi 5,45 94,55 30,5 1,95 33,5 27 67,15 Franco-argilloso PARAMETRI 1 Peso specifico apparente (%) Acqua igroscopica (%) Capacità idrica di campo (%) Capacità idrica massima (%) Calcare totale (%) pH Sostanze organiche totali (%) Sostanze umiche (%) CAMPIONI 3 4 3 6,7 97 93,3 40 28 1,4 1,9 40 44 20 28 68,3 67,5 2 3 0,84 O,94 0,84 CAMPIONI 4 Valori medi 0,86 0,87 Valutazione 2,4 3,1 2,4 4 2,97 scarsa 5,9 7,6 5,9 9,8 7,3 scarsa 9,1 11,7 9,1 15,1 11,25 24 24 26 7,27 7,42 7,39 8,6 6,3 7,1 19 7,37 7,5 23,25 7,36 7,37 debolmente alcalino 2,6 2,3 2,22 modeste 1,9 2,1 eccessivo modeste STAZIONE DI RILEVAMENTO: prato in zona non interessata dagli interventi di ristrutturazione Data del prelievo: 6-12-01 PARAMETRI (%) Scheletro Terra fine Sabbia totale Sabbia grossa Limo Argilla Porosità TIPO PEDOLOGICO 1 8 92 30 1 44 26 67 CAMPIONI 2 Valori medi 6 7 94 93 28 29 1 1 42 43 30 28 68 67,5 Franco-argilloso PARAMETRI Peso specifico apparente (%) Acqua igroscopica (%) Capacità idrica di campo (%) Capacità idrica massima (%) Calcare totale (%) pH Sostanze organiche totali (%) Sostanze umiche (%) CAMPIONI Valori medi 0,84 1 0,86 2 0,83 Valutazione 2,5 6,1 2,7 6,6 2,6 6,35 9,4 10,2 9,8 26 7,28 9,6 23 7,25 9,1 24,5 7,26 9,35 sufficientemente alcalino 2,9 2,7 2,8 modeste Modesta Scarsa Eccessivo Sufficienti CONCLUSIONI I campioni prelevati nelle varie stazioni presentano all’analisi di laboratorio caratteristiche complessivamente omogenee sia per quanto riguarda la tipologia pedologica, che per la maggior parte di parametri fisico-chimici. Va comunque segnalato come dato significativo la diversa quantità di sostanza organica rilevata nelle stazioni comprese all’interno delle aree in cui sono stati compiuti interventi di restauro, rispetto a quelle escluse dalle opere di ristrutturazione. La maggior quantità di sostanza organica rilevata nelle aree di suolo intatto è certamente caratteristica di un processo pedogenetico più avanzato e quindi di un suolo più maturo. Tale dato si può correlare anche con i risultati ottenuti nell’analisi biologica del suolo, infatti nelle stazioni non interessate alla ristrutturazione la QBS è risultata significativamente più alta di quella riferito alle altre stazioni, evidenziando pertanto un maggior sviluppo dei popolamenti animali edafici nelle zone più ricche di sostanza organica e pertanto dotate di risorse alimentari più abbondanti a disposizione di organismi generalmente detritivori.