SANTA MESSA NEL XII ANNIVERSARIO DI “CASA VITTORIA” Villa Vittoria – 17 novembre 2001, ore 10.30 ___________________________________________________ [1] E’ questo il mio primo incontro con Casa Vittoria. Saluto con affetto gli ospiti, le suore, i volontari, i medici, il personale, gli operatori della Caritas, il Comitato di conduzione della Casa, i presenti tutti. Sono lieto di essere qui con voi nel 12° anniversario dell’apertura di questa casa che è un focolare di amore e di speranza, un riflesso della presenza del Signore Gesù, nostro Salvatore. [2] Oggi la Chiesa ci invita a celebrare la memoria liturgica di Santa Elisabetta di Ungheria, una principessa, figlia del re Andrea II d’Ungheria, sposa di un principe tedesco, Ludovico IV di Turingia. I due si sposarono giovanissimi; una domestica testimoniò di loro che si amavano di amore meraviglioso. Tutti e due erano molto religiosi e molto generosi con i poveri; ebbero tre figli. Poi il marito morì improvvisamente. Elisabetta rimase desolata, ma fu forte nella fede. Ormai era libera di farsi povera per amore di Cristo, come san Francesco e Santa Chiara, suoi contemporanei di cui molto e con ammirazione si parlava in tutta Europa - la stessa Elisabetta fu in corrispondenza epistolare con Santa Chiara. Elisabetta era ormai libera di dedicarsi a prolungati momenti di preghiera contemplativa. Tanto intenso era il suo stare con Cristo che a volte usciva dalla preghiera circonfusa di luce e raggiante di gioia. Era ormai libera di dedicarsi alle opere di carità. E’ ancora la sua domestica a ricordarci che Elisabetta compiva tutte le opere di carità nella più grande gioia dell’anima, senza alterarsi mai. Per capire Elisabetta facendo un paragone con i nostri tempi, potremmo pensarla come Madre Teresa di Calcutta. Era ormai libera di lasciare la reggia, costruire un ospedale e dedicarsi personalmente ai malati. Elisabetta morì ancora molto giovane. L’imperatore Federico II, che volle essere presente alla sepoltura, in una lettera scrisse di lei che era stata una stella nella notte del mondo. Una stella vera, diversa dalle star del cinema o dello spettacolo, nostre contemporanee. Una stella che rifulgeva di una luce piena di amore e di speranza, e che nella notte del mondo era un riflesso di Cristo e della sua presenza salvifica. [3] Nella preghiera di ingresso abbiamo pregato così: O Dio, che a santa Elisabetta hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo nei poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con instancabile carità coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. “Concedi anche a noi” …: lo ha già concesso, ispirando e sostenendo l’istituzione e la vita di Casa Vittoria. Qui sono accolti i malati che soffrono una grave malattia fisica e un dramma esistenziale a rischio di solitudine e disperazione. Qui sono accolti con il calore e lo stile di una famiglia. Qui trovano attenzione premurosa – che è attenzione d’amore – da parte soprattutto delle suore, autentici e spesso poco considerati monumenti di gratuità totale, e poi dei volontari, dei medici, del personale, degli operatori della Caritas e dei membri del Comitato. Qui si sentono riconosciuti come persone con tutta la loro dignità. Qui hanno l’opportunità di ritrovare fiducia e pace, e fede e speranza nell’incontro con Cristo e con il Padre. [4] Nel Vangelo Gesù ci esorta a cercare Dio con insistenza e perseveranza, a pregarlo assiduamente con fiducia. Per questo racconta la parabola del giudice disonesto. Perfino un giudice disonesto, dice Gesù, alla fine ascolta la richiesta di una povera vedova che lo importuna e lo assedia continuamente. A maggior ragione Dio, dice Gesù, ascolterà voi se lo cercate, se lo invocate senza stancarvi. Ascolterà a modo suo, ma ascolterà – darà almeno quello che più conta: lo Spirito Santo. Occorre cercare Dio, invocarlo: solo lui è la risposta definitiva al nostro desiderio di vita e di felicità. [5] A Dio affidiamo Casa Vittoria. Affidiamo chi gestisce e anima la casa perché faccia il servizio con instancabile carità, e diventi segno luminoso e trasparente di Cristo, medico dei corpi e delle anime. Affidiamo gli ospiti che sono accolti in questa casa perché nella loro grande sofferenza possano sentirsi amati dagli uomini e da Dio e trovino fiducia e coraggio, e vivano la loro sofferenza come cooperazione con Cristo alla salvezza propria e degli altri.