Progetto – Sostegno a "vicinanza"

TESTIMONIANZE
QUINTO: LA FATICA E LA BELLEZZA DI ESSERE COOPERATORE
COOPERATORE? FORSE…
Non è facile, di questi tempi, recuperare la propria “identità” umana, ed ancor più difficile mi è
sembrato ritrovare la mia identità “cristiana”. Senza far riferimento ad una singola esplicita e
contingente realtà sociale che stiamo vivendo, ma così, in genere, mi sono sentito frastornato
da una indicazione che era scomparsa da un po’ di tempo dal lessico comune, e che è entrata
prepotentemente in molti commenti più o meno politici della nostra realtà quotidiana: BIGOTTO!
Ho cercato di capirne il senso ed ho trovato, con sorpresa, che significa dire una cosa e farne
un’altra, con tutte le variazioni, soprattutto “religiose”, sul tema.
Da questo sono partito per ripensare al mio essere Cooperatore dell’Opera di S. Dorotea.
Mi sono trovato disarmato, ma non vuoto; frastornato, ma con idee e propositi che mi trovo a
cercar di vivere e realizzare con grande fatica, e non sempre con impegno. Anch’io sono
bigotto?
Certo, la realtà è sempre difficile da vivere, e le buone intenzioni spesso durano molto poco e
si scontrano subito con le difficoltà quotidiane. Ho perciò cercato di vedere dove finisce il mio
“bigotto” e dove comincia il mio impegno (presunto costante) a realizzare quanto richiesto
dall’annuncio del Vangelo.
Ho cercato di capire perché dopo la Messa della Domenica, festa della mia/nostra Comunità, è
così difficile essere coerente con quanto detto “in Chiesa” e quanto praticato appena “fuori”,
perché nel quotidiano è facile essere “bigotto”, ed è difficile praticare l’impegno assunto: mi
ritrovo così ad un bivio, e devo scegliere. Ed ho pensato che la fatica quotidiana ad essere
coerente con me stesso e con quanto “dico” di voler essere, non mi pone fuori dal pericolo di
bigottismo, ma mi chiama a camminare sulla strada del Vangelo, sempre così “esigente”, che
richiede continuamente un cambiamento di rotta ed una vera “revisione” di quello che sono o
che credo di essere.
Penso sia questa la fatica ed anche la bellezza dell’essere cooperatore dell’Opera di S. Dorotea:
riprendere ogni momento l’impegno assunto di fronte alla Comunità e con me stesso, rivedere
sempre il percorso che sto facendo, approfondire e confrontarmi con la mia realtà di vita, non
stancarmi di riprendere un cammino di società, non aver paura di sbagliare, ricercare
continuamente la strada delle “piccole cose” della giornata che sono chiamato a vivere con
rinnovata energia: sono cooperatore se vivo in modo straordinario l’ordinarietà di ogni giorno.
Questo percorso di vita non mi esime dall’impegno “sociale”: sono anch’io (forse io più di altri)
responsabile dei mali (e del bene) che ci sono nella società di cui diciamo così male, e che sono
chiamato a migliorare.
Spesso mi sono chiesto cosa serve il mio impegno, la mia fatica a “cercare” di far del bene, a
“tentare” di essere onesto e a chiamato ad un impegno continuo a migliorarmi, ecc. quando la
vita scorre veloce e le difficoltà stravolgono spesso l’impegno sincero dei cristiani a migliorare
la società: è una tentazione forte a “lasciar correre”, ad adeguarmi, a “far il furbo”, ad essere
“come tutti”, a guardare ai “risultati”, a “non pensare agli altri” ma a se stessi, … ma poi mi
dico: questo è essere “bigotto”.
È pur vero che non sarò io che cambierò la società, che farò sì che tutto sia migliore, più
onesto ed autentico: ma quello che mi sforzo di vivere per migliorare l’ambiente sociale in cui
sono, anche se non “appare”, è indispensabile, non me ne posso esimere. Quando tutto
sembra andare a rotoli, perché ogni giorno è più difficile essere onesto, sincero, coerente, è
questo il momento in cui mi devo sentire più chiamato ad essere autenticamente cooperatore
dell’ Opera di S. Dorotea, a camminare “con gli altri” verso mète impegnative ma raggiungibili
con l’impegno costante che mi è richiesto. È il “dovere” dell’Amore autentico!
E mi ricordo che il “grano di frumento” deve annientarsi per produrre frutti, ha bisogno di
arrivare fino alla morte di se stesso per dare vita ad altri, deve scomparire per essere
produttivo. E allora non sono “inutile” se rinnovo sempre il mio impegno a non essere
“BIGOTTO”, se mi ritrovo a provare e riprovare a realizzare il progetto di essere Cooperatore
dell’Opera di S. Dorotea nella mia Comunità Parrocchiale!
Gianni Zoggia
Grazie a quelle semplici e meravigliose parole, “Sei invitata, ti aspettiamo!” che mi disse,
sussurrando dolcemente il mio nome. Grazie a queste semplici e meravigliose parole, ho avuto
l’opportunità di conoscere chi fossero i Cooperatori dell’Opera di Santa Dorotea. Quell’invito,
così inaspettato, mi ha fatto, davvero, pensare. Che meraviglia quando ci si accorge ancora
degli altri!
Sinceramente i primi tempi, mi sembrava estremamente strano potermi definire una
Cooperatrice, come se anch’io potessi cooperare, dare una mano: “esserci” insomma. Quanta
strada in questi anni, fatti di ascolto meditato della Parola di Dio; quante autentiche parole
intrise d’amore ho sentito pronunciare da tanti Cooperatori e da chi mi sta accanto,
condividendo questo cammino alla luce degli insegnamenti di Don Luca Passi. Piano piano, ho
compreso che l’Opera di Santa Dorotea si caratterizza per la rete di legami, quei solidi legami
tesi ad intessere la comunione nella Chiesa ed a tenere vivo il ministero della “correzione
evangelica del fratello”, con una particolare attenzione alle giovani generazioni ed alla donna.
In questi anni, Suor Eliana ci ha guidato “semplicemente con amore”, con lo stile di una guida
amorevole e premurosa: ci ha fatto scoprire che oggi abbiamo bisogno di silenzio, di una
pausa, di un tempo “sano” per riallacciare i rapporti con la nostra identità autentica. Certo,
serve del tempo per riscoprire la nostra “bellezza” di persone amate da Gesù, la nostra natura
di battezzati.
Se non ora davvero! In questi “tempi bui”, dobbiamo dirci e riscoprire la “verità”: questo è il
momento per costruire insieme, da adulti responsabili, un mondo più gioioso, più buono, più
sereno per tutti, soprattutto per chi ha il passo più lento. Sarà, dunque, questo il momento
“giusto” di guardare agli altri con gli occhi buoni della mansuetudine, della bontà, della
comprensione, come voleva Don Luca? Lo spero per tutti noi, così ancora innamorati del
fratello. Il mio è un cammino ancora in salita per scoprire Gesù e per meravigliarmi ancora per
l’immenso dono, ma ora guardo con più amore alle altre persone e con più fiducia. Se potessi
imparare a camminare nella vita, nella mia vita interiore ed in quella degli altri, con
venerazione. Grazie ai Cooperatori ci sto provando! Pensiamoci un attimo: l’essenziale è
invisibile agli occhi!
Priscilla Brunello