Che cos`è la “Metafisica dei costumi”?

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Corrado Roversi
Etica kantiana
Contributo al seminario “Etica, meta-etica, etica applicata”
28 novembre 2008
- Che cos’è la “Metafisica dei costumi”?
Una filosofia morale che intende trarre i propri principi interamente a priori, ovvero su base
puramente razionale. I principi della Metafisica dei costumi vengono dedotti dalla struttura della
ragione, e non da fatti empirici. Per questo, secondo Kant, la filosofia morale non può mai essere
psicologia o antropologia morale.1
- Perché è necessaria una filosofia morale a priori?
Perché, secondo Kant, soltanto così essa può pretendere di essere incondizionata, ovvero non
dipendente da altro. Qualsiasi filosofia morale che si fondi su premesse empiriche è
necessariamente dipendente da queste premesse: la natura dell’obbligazione che essa trova è sempre
condizionata (e questo ne riduce anche la capacità di motivazione2). Al contrario, secondo Kant
l’obbligazione morale è per sua natura assoluta.3
La Metafisica dei costumi intende dunque trovare il principio supremo della moralità
interamente a priori.
1) Punto di partenza: l’unica cosa buona in modo incondizionato è una volontà
buona. (SLIDE 1)
Non sono i risultati, né il fine di una azione a renderla moralmente buona.
Le stesse virtù sono virtù morali soltanto se presuppongono un intento buono. Esempio del
coraggio. Ed esempio di Kant riguardante la padronanza di sé e l’uccidere a sangue freddo (vs. virtù
degli antichi).4
Non sono i risultati:
Esempi di azioni compiute con intento malvagio che ottengono risultati buoni. [Fare l’elemosina
con l’intento di umiliare.]
Esempio di azioni compiute con intento buono che ottengono risultati malvagi. [Aiuto alla vittima
di incidente stradale.]
Non è il fine:
Se perseguo un fine buono per mera inclinazione personale, la mia azione non è propriamente
un’azione morale, o almeno è meno morale di quella di colui che persegue un fine buono per pura
volontà morale, indipendentemente dall’inclinazione. [Esempio del dominio di sé ottenuto tramite
astinenza, se compiuto dal masochista] [Fare la carità per inclinazione o per dovere: esempio di
Kant5]
Argomento funzionalista: se la moralità dipendesse dal fine (ad esempio dal fine della felicità),
allora non sarebbe chiaro per quale motivo la nostra facoltà morale è la ragione e non l’istinto; se
fossimo disegnati per cercare la felicità, allora la natura ci avrebbe dotati soltanto di inclinazione e
Cf. Fondazione, BA 29, 31 (sull’approccio volgare alla filosofia morale). Cf. anche BA 62-63.
Cf. Fondazione, BA 33.
3
Cf. Fondazione, BA VIII.
4
Cf. Fondazione, BA 2-3.
5
Cf. Fondazione, BA 10-11.
1
2
1
istinto. Se la moralità, la volontà buona, fosse sempre un mezzo per ottenere qualcosa, allora la
natura ci avrebbe dotato dell’istinto verso quel qualcosa. Perché invece la ragione, la critica, la
discussione?6
2) Bontà morale = Conformità al dovere, ovvero alla legge pratica oggettiva.
(SLIDE 2)
L’azione è buona per il principio della volontà (il motore, la massima) che la guida.7 Nella
fattispecie, se stiamo parlando di bontà indipendentemente dai risultati, ed indipendentemente dal
fine, stiamo parlando semplicemente del concetto di dovere:8 un dovere è tale in se stesso,
indipendentemente dai risultati o dal fine che ci si propone.
Il dovere è semplicemente la conformità ad una legge pratica (morale) che sia in sé oggettiva,
non soggettiva (vale a dire non dipendente da desideri o inclinazioni del soggetto, bensì dipendente
dalla sola ragion pura pratica).9
3) Qual è la legge pratica oggettiva che la volontà deve porre a suo principio per
essere buona in modo incondizionato? L’imperativo categorico (SLIDE 3)
“Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una
legge universale”10
Non si fornisce una legge morale oggettiva sostanziale, ma la forma della legge morale: soltanto le
massime universalizzabili possono essere principi dell’azione buona in se stessa.
Proviamo ad applicarla: gli esempi che Kant utilizza sono quelli del suicida, del promittente
insincero, del pigro.11
Chiarimento sul significato di “puoi volere”: distinzione tra contraddizione ottenuta in natura e
contraddizione della volontà. [Nel caso del suicida, si contraddirebbe la natura stessa, nel caso del
promittente insincero, si contraddirebbe la promessa stessa, nel caso del pigro che non sfrutta i
propri talenti, vi è contraddizione nella volontà12]
Che cosa significa “imperativo categorico”?
Distinzione tra imperativi ipotetici (i quali “presentano la necessità pratica di un’azione possibile
quale mezzo per raggiungere qualsiasi altra cosa che si vuole”13) e imperativi categorici (un tipo di
imperativo che “rappresenta un’azione come necessaria per se stessa”14, che “non assume a
fondamento la condizione del raggiungimento di altri scopi per mezzo di una certa condotta, ma
comanda immediatamente questa condotta”15).
Gli imperativi ipotetici sono nella forma: se vuoi X, devi fare Y. Imperativi dell’abilità, o tecnici
(che vincolano la volontà soltanto relativamente a un fine che ci si pone soggettivamente) e
6
Cf. Fondazione, BA 4-6, 7.
Cf. Fondazione, BA 13-14.
8
Cf. Fondazione, BA 8.
9
Cf. Fondazione, BA 14-15.
10
Cf. Fondazione, BA 52.
11
Cf. Fondazione, BA 53ss..
12
Cf. Fondazione, BA 57.
13
Cf. Fondazione, BA 39.
14
Cf. Fondazione, BA 39.
15
Cf. Fondazione, BA 43
7
2
imperativi della prudenza, o pragmatici (che vincolano la volontà soltanto relativamente al
mezzo che soggettivamente riteniamo più idoneo per raggiungere il fine della felicità).16
L’imperativo categorico, o morale, non può essere una prescrizione relativa ad un determinato
fine soggettivo, né può essere condizionata al fine della felicità. Essa deve essere incondizionata: la
sua prescrizione deve essere assoluta. Deve dire: Fai X.
Ma attenzione: X non può nemmeno essere un contenuto specifico. Ad esempio: ama il prossimo
tuo come te stesso. Altrimenti la vincolatività della legge morale dipenderebbe da quel contenuto
specifico. E dunque essa non sarebbe più incondizionata.
Per poter esprimere il dovere morale incondizionato, l’imperativo categorico deve prescrivere non
un contenuto specifico bensì soltanto una forma: la forma universale della legge morale.
L’imperativo categorico è formale (Formalismo kantiano).
Due citazioni:
“Ogni elemento empirico che pretenda di integrare il principio della moralità, non soltanto è
interamente inadatto allo scopo ma anche estremamente pregiudizievole alla purezza dei costumi,
nei quali il valore autentico e superiore ad ogni pregio di una volontà assolutamente buona sta
appunto in questo che il principio dell’azione è sottratto ad ogni influenza di principi contingenti del
genere di quelli che l’esperienza può fornire”17
“Poiché la materia della legge pratica, cioè l’oggetto della massima, non può mai esser data che
empiricamente, ma la volontà libera, in quanto indipendente dalle condizioni empiriche […] deve
tuttavia poter essere determinata, la volontà libera deve trovare un motivo determinante nella legge,
indipendentemente dalla volontà di essa”18
4) Come è possibile un imperativo categorico?
Come possiamo fondare un tale imperativo che rende la volontà buona in senso incondizionato?
Quali sono le sue condizioni di possibilità?
L’imperativo ipotetico è un enunciato pratico analitico: “Se vuoi X, devi fare ciò che è
necessario”.19
L’imperativo categorico non è così semplice: è un enunciato pratico sintetico a priori.20
Filosofia morale trascendentale: fondare qualcosa deducendolo dalle caratteristiche più formali
della ragion pratica.
Nella Fondazione, Kant vuole fondare l’imperativo categorico mostrandone la connessione
essenziale con la volontà di un essere razionale.21 (SLIDE 4)
(a) Sia sotto il profilo del contenuto, mostrando cioè che il suo contenuto (il principio di
universalizzazione) è connesso con la volontà di un essere razionale;
(b) Sia sotto il profilo della sua forma di imperativo, mostrando cioè che la stessa forma
imperativa dell’imperativo categorico è essenzialmente connessa con la volontà di un essere
razionale.
16
Cf. Fondazione, BA 41-42, 43, 44.
Cf. Fondazione, BA 61.
18
Cf. Critica della ragion pratica, A 52.
19
Cf. Fondazione, BA 45.
20
Cf. Fondazione, BA 50, nota (a).
21
Cf. Fondazione, BA 62.
17
3
5) Il contenuto dell’imperativo categorico è essenzialmente connesso con la
volontà autonoma, che è propria dell’essere ragionevole. (SLIDE 5)
(a1) L’imperativo categorico ha come conseguenza del suo contenuto il fatto che la volontà debba
essere autonoma. Imperativo categorico  Autonomia.
(a2) L’autonomia della volontà ha come conseguenza del suo status il fatto che essa può essere
determinata necessariamente soltanto dall’imperativo categorico. Autonomia  Imperativo
categorico.
Che cos’è questa idea dell’autonomia? Autonomia / Eteronomia.22 C’è un mondo di connessioni
causa-effetto: cosa siamo noi, in quanto esseri autocoscienti, e razionali anche in senso morale?
- Per un verso, noi riscontriamo in noi stessi la nostra dipendenza dalle leggi della natura
(l’impulso sessuale, la fame, la nascita delle inclinazioni in noi): in questo, siamo eteronomi.
- Per un altro verso, noi riscontriamo in noi stessi la capacità di sottrarci a questi impulsi in virtù
di una legge pratica della volontà (possiamo decidere di morire per una morale): in questo
siamo indipendenti dalle leggi della natura; la nostra volontà ha una causalità “per la quale
essa può agire indipendentemente da cause esterne che la determinino”23. Siamo noi stessi la
fonte della nostra legge. Siamo autonomi: meglio, siamo liberi in quanto autonomi.24
Per Kant, l’autonomia della volontà dell’essere razionale in senso pratico, ovvero la sua libertà
dalle leggi di natura, è il presupposto di partenza.
Esso non può essere dimostrato con argomenti empirici. Si ricorre per lo più all’evidenza, ma non
ad una evidenza positiva, bensì negativa: non è l’evidenza positiva che siamo liberi, ma l’evidenza
negativa che non siamo del tutto determinati da rapporti di causa-effetto.25
L’uomo “ritiene possibili, anzi necessarie, azioni che possono essere compiute in contrasto con ogni
desiderio e stimolo sensibile”.26
Ma egli ricorre anche ad una sorta di argomento per confutazione, nel quale si mostra che colui
che cerca di negare la libertà con argomenti empirici in realtà dà già per scontato ciò che vuole
dimostrare (incorre necessariamente in circolarità (variante dell’elenchos sulla circolarità piuttosto
che sulla contraddizione?).27
Questo “non può”, infatti, non ha un valore dogmatico, bensì concettuale, perché il concetto
stesso di dimostrazione empirica prevede la riconduzione a meccanismi causa-effetto, e dunque la
dipendenza della volontà da altro (esattamente la non-libertà). La libertà non può mai essere un
fenomeno, ma un presupposto della ragion pura.28
Dato il presupposto dell’autonomia, Kant intende mostrare che esso fa tutt’uno con la legge morale
e dunque con l’imperativo categorico. Questo è il suo senso di fondazione dell’imperativo
categorico (SLIDE 6).
22
Sul duplice punto di vista su se stessi, Cf. Fondazione, BA 108-109.
Cf. Fondazione, BA 97.
24
Cf. Fondazione, BA 98, BA 118-119.
25
Cf. Fondazione, BA 118-119.
26
Cf. Fondazione, BA 118.
27
Cf. Fondazione, BA 121.
28
Cf. Fondazione, BA 120, 124.
23
4
Dimostrazione di (a1): Imperativo categorico  Autonomia della volontà (SLIDE 7)29
- Se c’è un imperativo categorico, allora deve esserci un fine (inteso come motore della
volontà) oggettivo, un fine in se stesso. Qualcosa che non è un fine della volontà perché siamo
noi a volerlo, ma che lo è di per sé, per il suo valore assoluto. Fini soggettivi possono infatti
fondare soltanto imperativi ipotetici (“se vuoi X, allora devi fare Y”).
- L’unico fine in se stesso, l’unica cosa dotata di valore assoluto, è l’essere ragionevole. Il
valore di una cosa X, infatti, è attribuito dall’essere ragionevole ad X in quanto X è per lui un
mezzo di qualche tipo. Poiché tutte le cose possono avere valore soltanto in virtù di un essere
ragionevole, soltanto l’essere ragionevole ha valore non in quanto determinato da altro da sé,
ma ha valore in se stesso.30
- L’imperativo categorico, dunque, rimanda al fine in se stesso con una nuova formulazione:
“Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro,
sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”.31 (SLIDE 8)
- Quindi, l’essere ragionevole, in quanto fine in sé, e la condizione moralmente limitatrice dei
nostri fini soggettivi.
- La volontà moralmente legislatrice, dunque, è la volontà di ogni essere ragionevole: è la
volontà di ogni essere ragionevole ad essere l’unico fondamento di obbligatorietà della legge
morale.32
- Dunque, se si dà un imperativo categorico, il suo fondamento di obbligatorietà non può
che risiedere nella volontà stessa: la volontà morale è essenzialmente autonoma. 33
Insistere sul significato morale di questa conclusione: se vi deve essere un imperativo assoluto, che
vincola in modo incondizionato, ovvero indipendentemente da circostanze esterne, contingenti,
empiriche, dove può risiedere il fondamento di questo imperativo morale se non nella volontà
stessa?
È l’idea di dovere incondizionato, che è intrinseca all’imperativo categorico, che porta all’idea
di una volontà che vincola se stessa, senza “intrusioni” dall’esterno.
N.B.: Se vi fossero “intrusioni” dall’esterno della volontà, il dovere non potrebbe essere più
incondizionato. Ma il dovere morale è incondizionato: dunque esso viene dalla volontà stessa.34
L’imperativo categorico implica autonomia perché l’eteronomia implica imperativi ipotetici.35
Dimostrazione di (a2): Autonomia della volontà  Imperativo categorico (SLIDE 9)36
- Se la volontà deve essere autonoma, il dovere che la vincola in modo necessario non può venire
da altro che da se stessa.
- L’imperativo che la vincola in modo necessario non può dunque essere ipotetico, in forma “Se
vuoi X, allora devi fare Y”, perché altrimenti la volontà sarebbe vincolata da un fine che è
esterno a se stessa. “In tutti i casi in cui è necessario far ricorso ad un oggetto della volontà
perché prescriva ad essa la regola che la determini, tale regola non è altro che eteronomia;
l’imperativo è condizionato”.37
29
Cf. Fondazione, BA 62-72; Critica della ragion pratica, A 51-52.
Cf. Fondazione, BA 64-66.
31
Cf. Fondazione, BA 66-67.
32
Cf. Fondazione, BA 70-71.
33
Cf. Fondazione, BA 72-73.
34
Cf. Fondazione, BA 71, per un buon riassunto dell’argomento.
35
Cf. Fondazione, BA 90, 93.
36
Cf. Critica della ragion pratica, A 52; Fondazione, BA 98, 126.
37
Cf. Fondazione, BA 93.
30
5
-
-
-
Inoltre, se una qualsiasi legge morale sostanziale vincolasse necessariamente la volontà, essa
non sarebbe più autonoma. Sarebbe infatti sempre vincolata a quel contenuto morale
sostanziale.
La volontà autonoma deve trovare un motivo determinante nella legge, indipendentemente
dalla materia di essa. Ci deve essere solo il “Fai X”, ed X non può essere un contenuto morale
specifico.38
Dunque soltanto l’imperativo che prescrive semplicemente la forma della legge morale
(proprio l’imperativo categorico) può vincolare necessariamente una volontà autonoma.
Anche qui insistere sul significato di questa deduzione: se la volontà deve poter essere realmente
libera, il fondamento ultimo dell’obbligazione morale deve risiedere non in un contenuto, bensì
nella semplice forma universale della legge morale. Per questo c’è soltanto l’imperativo
categorico come principio sommo della moralità dedotto dalla libertà della volontà.
6) La forma dell’imperativo categorico è essenzialmente connessa con la volontà
autonoma, che è propria dell’essere ragionevole. (SLIDE 10)39
Perché l’imperativo categorico è proprio un imperativo, qualcosa cioè che prescrive, e non una
legge che determina necessariamente la volontà (come accade nel caso della volontà divina e
della volontà santa)?
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Ciò dipende dalla duplicità essenziale dell’essere ragionevole, cui anche sopra abbiamo
accennato: il suo essere fenomeno appartenente al mondo della necessità naturale, in cui
dominano inclinazioni e desideri, ed il suo essere noumeno appartenente al mondo della libertà,
in cui la volontà determina il comportamento secondo la forma universale della legge morale,
indipendentemente da inclinazioni e desideri.
La legge morale non è una legge di natura per gli esseri umani. Essa ci vincola in quanto
proviene dalla volontà autonoma, ma non ci vincola come fenomeni. In quanto fenomeni
appartenenti al mondo empirico, noi ci comportiamo sulla base di inclinazioni e desideri. La
nostra volontà non è determinata sempre dalla ragione, proprio in virtù della duplicità
essenziale dell’essere ragionevole.
Per questo è necessario che la forma universale della legge morale sia prescritta nella forma di
imperativo: perché noi non agiamo necessariamente in base ad essa.
7) Conclusioni. (SLIDE 11)
Insistiamo dunque sulla equivalenza tra autonomia della volontà, data come presupposto, e
l’imperativo categorico.
Ribaltamento dell’ordine esplicativo, dall’imperativo categorico alla libertà, in Critica della ragion
pratica.40
Ritorniamo però alla seconda formulazione dell’imperativo categorico e all’idea per la quale la
volontà di ogni essere ragionevole deve essere la condizione moralmente limitatrice delle
motivazioni soggettive. (SLIDE 8)
L’imperativo categorico prescrive all’essere ragionevole di considerarsi legislatore in un regno dei
fini ideale, nel quale la totalità degli esseri ragionevoli viene messa in connessione sistematica
38
Cf. Critica della ragion pratica, A 52.
Cf. Fondazione, BA 111-112.
40
Cf. Critica della ragion pratica, Scolio, A 52-54.
39
6
tramite leggi comuni. Concetto di costruttivismo kantiano: il contenuto morale è frutto di una
procedura di deliberazione (che avviene nell’ideale “regno dei fini”) razionalmente fondata.
Concetto di dignità come partecipazione al regno dei fini: dunque come capacità di auto
legislazione morale.41
Caratteri generali dell’etica kantiana [SLIDE 12]
Deontologismo
Formalismo
Costruttivismo
41
Cf. Fondazione, BA 74-74, 77, 79.
7
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