Giuseppe Sergio Gli usi terminologici in pubblicità: una prospettiva

annuncio pubblicitario
Giuseppe Sergio
Gli usi terminologici in pubblicità: una prospettiva "orizzontale" e una "verticale"
La penetrazione e lo sfruttamento intensivo di terminologie specialistiche nel linguaggio pubblicitario è fenomeno che sta sotto gli occhi di tutti e
che è stato messo in evidenza già da diversi anni. Ciò che ci si propone con questo intervento è di indagare la situazione attuale, esaminando
l'utilizzo pubblicitario di terminologie sia da una prospettiva "orizzontale", che cioè ne consideri il vario affioramento, a seconda dei diversi settori
merceologici pubblicizzati, all'interno di un unico medium, sia da una di tipo "verticale" (Cortelazzo 1990, 2000), in cui una stessa terminologia
settoriale viene impiegata per rivolgersi a target diversi.
In un contesto pubblicitario ormai votato, in linea di massima, allo statement e all'understatement, ricorrere all'arsenale dei tecnicismi significa per
il copywriter riuscire ad esaltare un bene[1] senza correre il pericolo di destare nell'utente il sospetto che si stia cercando di persuaderlo. Mentre
altre strategie linguistiche volte all'esaltazione del bene risultano superficialmente molto appariscenti e quindi attivano con più facilità le barriere
autodifensive del consumatore, il tecnicismo conserva la sua efficacia suasoria proprio perché poco (o meno) rilevato: si direbbe anzi "naturale"
in un italiano lingua di tutti sempre più aperto all'accoglimento di tessere provenienti dai diversi linguaggi specialistici.
Il tecnicismo, qualunque sia il settore di provenienza, conferisce un avvallo tecnologico-scientifico al bene da pubblicizzare, funzionando insieme
come reason why che dovrebbe creare l'impulso all'acquisto e come giustificazione dello stesso. La pubblicità inoltre, almeno presso certe
categorie di utenti, ha il potere di validare e vendere per vero ciò che veicola, conferendo al tecnicismo una sorta di diritto di cittadinanza nel
sistema di ciò che è accettabile: alla qualità x è stato dato risalto in una pubblicità, perciò stesso x diventa buona e degna di stima. In ogni caso,
grazie all'autenticazione scientifica (o pseudo-tale) del tecnicismo viene caricato positivamente, al contempo, anche chi lo acquisterà e ne farà
uso. Il tecnicismo è cioè uno status-symbol che "passa" dal prodotto al consumatore.
Arrivati a parlare di parametri intraindividuali, entra a questo punto in scena il vero protagonista della comunicazione pubblicitaria: il target. Le
generalizzazioni infatti non reggono più qualora si venga a più vicino contatto con i diversi profili dei consumatori. Seguendo la categorizzazione,
che mi pare equilibrata, di Brochand/Lendrevie 1986, si possono distinguere quattro principali tipi di consumatore, presso ognuno dei quali il
tecnicismo si configurerà con diversi valori:
1.
2.
3.
4.
per quello razionale, portato ad analizzare i contenuti informativi della pubblicità, il tecnicismo è funzionale alla solidità della reason
why (che a sua volta sostiene la main promise legata al bene): la presenza di tecnicismi sarà per lui tanto più importante quanto più
alto sarà il suo coinvolgimento;
per quello condizionato, che accetta il "verbo" pubblicitario senza alcuno spirito critico, l'uso terminologico è indifferente, visto che per
lui conta solo il principio di autorità del mass medium;
per il consumatore suggestionato, facilmente influenzabile ai livelli emotivo e inconscio, può essere addirittura controproducente,
essendo preferibile puntare su valori soft; infine,
per quello conformista, che ritiene lo stile di consumo un indicatore di status sociale, è semplicemente un'esca.
Come risulta, la portata della funzione "esca" affidata al tecnicismo, vulgata nello stato dell'arte sulla lingua pubblicitaria, viene quindi riducendosi
se si distinguono i tipi di consumatore.
1. La prospettiva orizzontale
Dopo aver considerato le caratteristiche generali, di impiego e di ricezione, dei tecnicismi in pubblicità, passiamo ora a considerarne l'effettiva
presenza in recenti corpora di inserzioni pubblicitarie. In questo paragrafo si prenderà in considerazione il corpus di lingua orale costituito dai
quasi duecento radiocomunicati trasmessi da Rai Radio 1 e da Radio DeeJay nella settimana tra il 19 e il 25 maggio 2002[2]. Sia la pubblica Rai
Radio 1 che la privata Radio DeeJay sono radio nazionali, e quelle che Audiradio fotografa come le più ascoltate: pur con target dai profili diversi
e individuabili, i grandi numeri le rendono mass media nel senso pieno del termine, con tutte le conseguenze del caso sul piano della
divulgabilità.
Nei comunicati radiofonici analizzati il tecnicismo e il settorialismo "di necessità" (aderente al referente e non sostituibile da un termine
equivalente tratto dalla lingua comune) vengono utilizzati soprattutto per pubblicizzare prodotti informatici e automobili, in chiara corrispondenza
con i settori merceologici che più vengono pianificati sulle due emittenti. Il campione raccolto per l'analisi linguistica mostra infatti che Rai Radio 1
viene preferita per le auto (19% sul totale delle inserzioni), i prodotti alimentari (13%), i pacchetti assicurativo-finanziari (8%) e gli articoli per la
casa (8%); Radio DeeJay, con un portafoglio utenti più nutrito, per la promozione di dischi (16%), prodotti editoriali (16%), automobili (15%) ed
eventi (9%).
Per quanto riguarda il settore informatico, tra i termini ad alta intensione, accessibili solo agli addetti ai lavori, troviamo voci ed espressioni come
°sistema operativo, °applicativi, sistema gestionale (R1)[3]; ricorrono a distanza ravvicinata nel seguente radiocomunicato, in cui tra l'altro si nota
la dittologia sinonimica tra software e programma (che, appartenendo i due termini allo stesso livello d'uso, pare dettata da esigenze di variatio
piuttosto che da un intento chiarificatore) e gli usi tecnicistici non attestati di paghe (gestionali come s.m. invece compare solo su ZING 200515) e
del lessema superiore integratore di sistemi:
- Sono un'azienda, ho preso paghe e gestionali Zucchetti, padre. ho molto peccato?
- Hai venduto l'anima al diavolo?
- No! Ma ho goduto delle altissime prestazioni dei software gestionali e paghe Zucchetti e ora sono un'azienda di successo.
- I programmi gestionali e paghe Zucchetti?
- Sì! Ma il peccato è non prenderli, perché.
Speaker istituzionale: - Zucchetti ne sa una più del diavolo nei software gestionali, nelle paghe e come integratore di
sistemi anche via web per aziende ed enti pubblici. (R1)
A testimonianza dell'internazionalismo che contraddistingue questo campo di conoscenza, o se si vuole della dipendenza dal know how
statunitense, si incontra un anglicismo-internazionalismo come °account (RDJ: 3), mentre, sempre di derivazione allogena, ma la cui circolazione
più ampia le rende ormai acclimatate, sono °on-line, °file (RDJ: 2), Internet (RDJ, R1); °web (R1: 2); si aggiungano ancora i primi o i secondi
elementi di sintagmi in parte italiani: software gestionale (R1: 2), °software gestionale (R1: 2). Internazionalismi di origine classica,
rispettivamente dal latino e dal greco, sono invece °virus (RDJ, proveniente dalla lingua della medicina[4]) e l'accorciamento °mega (RDJ, per
mega-byte). Per questa via, su RDJ può così capitare di ascoltare un annuncio come questo:
- Punto news Hotmail!
- Continuano ad arrivare novità sulla casella di posta Hotmail. Aprendo un nuovo account dal sito www punto Hotmail punto
it si ha anche l'opzione "MSN extra storage", cioè si possono archiviare fino a cinquemila messaggi nei dieci mega che si
hanno a disposizione, molto spazio in più che però non si limita a questo: ci sono altri trenta mega per la propria
community, dove mettere immagini, foto e documenti word, excel e altri file da condividere con gli amici. Ne riparleremo qui
in...
- Punto news Hotmail!
Spostandoci via via sul continuum che va dal polo del termine specialistico a quello del settorialismo generico, si incontrano anche casi di
rideterminazione semantica, come avviene per lo stesso virus e ancora per sito (RDJ: 15, R1), per scaricare (°scaricando, scarica (RDJ)) e per
casella (di posta)(RDJ: 4). Fra i prestiti adattati da segnalare la voce onomatopeica °clicca (RDJ: 5), fra quelli non adattati monitor (R1), ormai
perfettamente acclimatato nella nostra lingua.
Si è detto che poco meno di un quinto delle pubblicità campionate riguarda la promozione di automobili: in tutti i relativi esempi compaiono
tecnicismi o almeno settorialismi legati al sottocodice automobilistico. Voci ed espressioni tecniche provenienti da questo settore, il cui
attecchimento nella lingua comune spesso si deve proprio alla pubblicità, sono: °dotazione (RDJ, R1), °Common Rail (RDJ: 4, R1: 3), °Air Bag
intelligente a doppio stadio (RDJ, R1), i non attestati dai dizionari °Intelligence Protection System (RDJ, R1), °climatronik (R1), °antifurto
volumetrico (R1), a cui si possono aggiungere, còlti su RDJ, i tecnicismi ludici °undici cilindri e °testacoda programmabile (entrambi riferiti ad una
moto, nel primo caso notiamo infatti che il numero dei cilindri è sempre pari e può raggiungere, nelle automobili più particolari, un massimo di
otto; nel secondo, che semmai i veicoli vengono dotati di dispositivi antitestacoda). L'alta percentuale di anglicismi - sia sotto forma di sigle che
come neologismi tecnici - si spiega certo tenendo presente la moda linguistica, in realtà trasversale a tutti gli usi della lingua, molto propensa
all'accoglimento di esotismi anglo-americani[5], ma anche la dimensione internazionale che contraddistingue questo mercato: appositi organismi
internazionali hanno infatti il compito di creare e mantenere una terminologia automobilistica omogenea per i diversi Paesi, tanto è vero che
anche l'industria italiana usa l'inglese per denominare le proprie novità tecniche (Fantuzzi, 1999: 41-42). Si veda il seguente esempio in cui
ricorrono parecchi tecnicismi e settorialismi e si noti il contrasto, creativamente notevole, tra l'"emotivo" divertimento illimitato e la locuzione
aggettivale invariabile di serie che invece apporta una sfumatura tecnico-specialistica:
Cantato: - Vivi! Viaggiare su di noi, vivi! La strada siamo noi, vivi! Davvero!.
Speaker: - Da zero a cinque amici in otto secondi, unica nella sua categoria per allegria e gioia di vivere, oltre mille
chilometri di autonomia con una pizza capricciosa, sicurezza su tutta la gamma con l'Intelligence Protection Systemche
integra ABS con EBD e Air Bag intelligente a doppio stadio, servosterzo e divertimento illimitato di serie. Nuova Ford
Fiesta, get out more! Vieni a provarla anche sabato e domenica in tutti gli show room Ford.
Nell'ambito del lessico di provenienza automobilistica si reperiscono anche forme che, molto più delle precedenti, l'utente medio dovrebbe
riuscire a comprendere con facilità (mentre verosimilmente da escludersi è in qualche caso una competenza attiva): °superficie vetrata (RDJ,
R1), °dotazione da categoria superiore (RDJ: 2, R1: 2) e, tutte còlte una volta sia su RDJ che su R1, performante (anche del linguaggio
dell'informatica e dell'economia), °veicolo commerciale, °Air Bag, °servosterzo, °di serie, °iniezione[6], sistema di autocontrollo, ammortizzatore,
ammortizzatori, manovre d'emergenza (RDJ, R1), etc.; solo su R1: °computer di bordo, °autocaravan, °cerchi in lega, mentre solo su RDJ:
°chiavi in mano e °chilometri zero (non attestato nei dizionari). Rientrano nel trend "informativo" le indicazioni, sotto forma di sigla, di condizioni di
pagamento, tassi di interesse e simili, come ad esempio i frequenti TAN e TAEG. Forniscono indicazioni analoghe: °a tasso zero(RDJ: 3, R1: 5,
non attestato come polirematica), °supervalutazione, °finanziamento anticipo zero (RDJ, R1. a. z. non attestato), °ecocontributo (RDJ: 3), etc.
Per il resto, esauriti i due macrosettori dell'informatica e dell'automobilismo, la pubblicità, da vero e proprio "ventre molle" accoglie un po' di tutto.
Discretamente presenti i tecnicismi provenienti dai linguaggi dei vari sport, come ad es., °match, pole position, snowboard (RDJ), quasi tutti usati
in zone mimetiche. Abbastanza rappresentati anche i tecnicismi di ambito medico, invece usati di preferenza dallo speaker "ufficiale": vd. artrosi
(RDJ, R1), °stipsi, °anallergici (R1: 2).
Per quanto riguarda gli impieghi di altri tecnoletti, riducendo all'osso l'esemplificazione, si trova un po' di tutto, da tessere di provenienza tecnicoindustriale (grammature, RDJ) a termini marinareschi (randa, RDJ e R1) e musicali (°polifoniche, RDJ: 2). Fra i settorialismi vengono sfruttate
tessere provenienti dal mondo della moda (ruches, RDJ), della gastronomia (°rustici, R1), della zoologia (quadrupede, R1), del linguaggio
ecclesiastico-formulare e di quelli fisico-matematico, giuridico-burocratico e architettonico... Più consistenti i travasi dalla lingua delle
telecomunicazioni, evidentemente in rapporto ai settori merceologici pubblicizzati (telefonia [...] mobile, addebito alla risposta, RDJ).
A denotare un testo come tecnico-scientifico concorrono anche le sigle. La pubblicità campionate rispecchiano inevitabilmente l'incremento tutto,
o quasi, novecentesco nella loro diffusione: nel nostro corpus, però, quelle non di necessità - cioè non rientranti nel marchionimo - né ricorrenti
entro indirizzi di posta elettronica (www, it, com), non sono molto frequenti e soprattutto di bassa caratura tecnicistica: vd. ad es. °PC (RDJ);
°MP3 (RDJ: 2); °DVD (RDJ: 2, R1); °JTD (RDJ: 4, R1: 3), °ABS e °EBD (RDJ, R1) e i già citati, frequenti, °TAN e °TAEG.
2. La prospettiva verticale
Per cogliere l'eventuale variazione lessicale in relazione alla diversità di utenti cui viene indirizzata la comunicazione, si è analizzato un corpus di
100 pubblicità a stampa di uno stesso (macro-)settore merceologico, quello dei medicinali, raccolte nei primi mesi del 2005. Il corpus è stato
allestito per poter apprezzare della variazione verticale ed è quindi stato "tagliato", per fini operativi, su tre livelli:



il primo, quello medio-basso, è costituito da 40 pubblicità estratte dai settimanali popolari Gente, Chi, Di Più, TV Sorrisi e Canzoni;
il secondo, quello che presupponevo medio-alto, da 20 inserzioni pubblicitarie pianificate sugli inserti dedicati alla salute del Corriere
della Sera e de La Repubblica;
il livello alto è invece stato collazionato da riviste specializzate che settimanalmente o mensilmente tengono aggiornati il medico di
base (Giornale del Medico, Tempo Medico, Medici Oggi) e il farmacista (Il Giornale del Farmacista, Il Farmacista e Tema
Farmacia)[7].
In ambito medico il trattamento creativo della comunicazione è reso più difficile dal suo stesso oggetto, da regole "di genere" che, più che per altri
settori, sono fortissime, e dall'accentuato conservatorismo degli utenti pubblicitari (cioè le aziende committenti). Le pubblicità, sia dei medicinali
da banco (acquistabili senza ricetta medica), sia dei cosiddetti "etici" (per i quali la ricetta è invece obbligatoria), sono sottoposte, come qualsiasi
tipo di pubblicità, al vaglio del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria e a quello del Garante della concorrenza e del mercato[8], ma devono essere
approvate anche dal Ministero della Sanità: un sistema per la tutela del consumatore che può talvolta frenare, ab origine, l'inventiva dei creativi.
Prendendo spunto da una griglia molto in uso nelle analisi di marketing, quella di Vaughn (Vecchia, 2003: 250-2), il medicinale da banco può
essere definito come bene a coinvolgimento medio-alto, in riferimento al quale la strategia comunicativa più opportuna risulta quella razionale.
Se in genere la spesa d'acquisto non è molto elevata, tuttavia al medicinale da banco viene demandato il compito di migliorare un aspetto dell'io
biologico (spesso con conseguenze sull'io psicologico). Un compito che il bene può assolvere non per le sue miracolose proprietà, ma perché ha
tutte la carte in regola per farlo: di qui l'importanza di convincere razionalmente il consumatore sulla sua efficacia. A puntare sull'emotività potrà
semmai essere la parte iconica dell'annuncio, che infatti spesso mostra l'effetto positivo derivante dall'uso del prodotto, che così funziona da
(falsa o pseudo-) supporting evidence.
Le cose cambiano per le pubblicità di medicinali etici, impiegati per patologie più gravi e per i quali la pubblicità su media non specializzati è
vietata. Prima di tutto perché si rivolgono a un target che non corrisponde con quello dei consumatori: le pubblicità che parlano ai medici si
rivolgono infatti al target dei prescrittori, quelle che parlano ai farmacisti, propriamente, a quello dei rivenditori. In entrambi i casi, nei confronti dei
medicinali da banco il medico e il farmacista possono invece essere considerati dei consiglieri che, qualora abbiano essi stessi provato il
prodotto, diventano anche opinion leaders. Consigliere o rivenditore, il coinvolgimento (forse meglio: l'interesse) nei confronti del prodotto è alto e
l'approccio comunicativo, di conseguenza, dovrebbe essere decisamente razionale.
Date queste premesse, nelle pubblicità di medicinali da banco il rapporto tra la componente verbale e quella iconica è decisamente a favore della
prima: il visual, talvolta assente del tutto, nella stragrande maggioranza dei casi è costituito dall'immagine del pack del prodotto (in gergo
pubblicitario, il close-up) e/o da quella di una persona sorridente e in piena forma. Il visual viene dunque sempre accompagnato da una
bodycopy che illustra le caratteristiche del prodotto e soprattutto i benefici che se ne possono trarre (solitamente in termini di product plus: solo il
prodotto x svolge tale funzione e quindi solo il prodotto x può garantirti un certo risultato). Il protagonismo del testo verbale[9] rispetto alle altre
componenti dell'annuncio è inoltre dimostrato dai frequenti pubbliredazionali, cioè pubblicità che adottano in tutto e per tutto la veste di un
articolo giornalistico, differenziandosi da esso solo per la dicitura (con visibilità, furbescamente, più o meno immediata) di "comunicazione",
"informazione pubblicitaria" o simili, mai comunque di "pubblicità" tout court, moderno tabù accuratamente censurato.
Il livello alto rivela qualche sorpresa. Se in linea teorica ci si aspettava un'accentuata vocazione informativa, si deve invece constatare una buona
percentuale di annunci in cui la componente verbale è ridotta ai minimi termini. Ad es., nella pubblicità per @ulin (n. 64 nella nostra
numerazione) si leggono, incolonnati, il merceonimo, una sigla (MO1AX17), il nome del principio attivo (nimesulide) e quello della marca-gamma
(Roche), il tutto su un fondo tinta unita: la funzione della pubblicità, in casi come questo, è semplicemente quella di ricordare l'esistenza del
prodotto allo specialista che già ne conosce proprietà e indicazioni[10].
Fatte queste precisazioni, necessarie soprattutto per il livello alto, sicuramente il meno frequentato dalla maggioranza di noi, è arrivato finalmente
il momento di illustrare i risultati dell'analisi lessicale del corpus[11].
Partiamo con l'illustrazione di ciò che sulle fonti non compare, cioè il tipo di tecnicismo che per noi è quasi sempre da considerare a più alta
intensione, anche se in qualche caso il tasso tecnicistico viene a ridursi in quanto si tratta di forme supercomposte. Così, se leggo un'headline
come Botoina - Rughe (6) subito seguita dall'indicazione delle sue componenti Acetyl Dipeptide-1 Cetyl Ester, Sodyum Potassium, Magnesium
Gluconate, Pentapeptideamide-4, è chiaro che l'uso tecnicistico, per me uomo della strada, non ha alcun valore informativo: mi devo
semplicemente fidare dei significanti, in questo aiutato dalla loro facies così tipicamente scientistica. Lo stesso si può sostenere in tanti altri casi,
come ad es., senza riformulazioni di alcun tipo: colon cleanse (1) , acetilcisteina (n15, assente ma scomponibile in acetil- TS chim. e cisteina TS
biochim.), isoflavoni gliconi ed agliconi (55) , gamma-orizanolo (*30; dai dizionari si ricava: gamma- TS chim., bio-chim. "che ha un atomo di
carbonio in posizione gamma", spiegazione che però non mi aiuta granché, e, di orizanolo, solo il prefissoide orizo- TS zool., med. "riso, relativo
al riso". C'è poi un ambito particolare per il quale l'uso dei dizionari si è rivelato inutile, quello della botanica, i copywriters evidentemente
contando sul fatto che l'equazione natura = bontà sia da tutti data per scontata; trovo così, sempre senza riformulazioni: Eleuterococco (2; 43),
Maca (2), Echinacea (^12; GRADIT 20002 dà echinacina TS farm.), etc.
La questione ovviamente è diversa se si considerano le pubblicità rivolte al medico o al farmacista, dove il tecnicismo ad altissima intensione ha
piena funzione informativa. Qualche esempio tra i tanti possibili: ibuprofene (^78), Fosfomicina trometamolo (88) ceftriaxone (93). Sempre per
quanto riguarda il livello alto, assenze più significative, perché tutto sommato più comuni, sono alcuni composti: terapia antifratturativa (*61),
microbatteriologicamente testati (62), varicotomia (^79) e orosolubile (90, lemmatizzato solo da ZING 2005 15, che data 1993).
Tra le forme di neologia riveste una particolare importanza quella sintagmatica (Morgana 1981: 82): così, se interroghiamo i dizionari di
riferimento, ci si accorge che per alcuni sintagmi vengono sì attestati i singoli elementi costitutivi, ma non l'espressione (tecnicistica) per intero:
omega 3 a catena lunga (13), stitichezza rettale (14), stipsi rettale (^14), tessuti morbidi (58; GRADIT 20002 dà tessuto molle; si tratta forse di un
caso di traduzione frettolosa da parte di un non esperto), densità calorica (29), attacchi acidi (48); altre varianti non riportate dai dizionari sono
apparato digestivo (49) anziché a. digerente (forse malapropismo?) e scienza della nutrizione (53) anziché s. dell'alimentazione. Assenti alcuni
altri lessemi creati sfruttando le possibilità derivative e compositive della lingua, in cui però non appare così arduo risalire al significato:
rigidificazione (8) bio-difese (22), idrodispersibile (33), micronebulizzatore (50), micronebulizzanti (50). Pure assente il sintagma colpi di fame
(18), probabile neoformazione su c. di sonno.
Passando alla terminologia propriamente specialistica, lo spoglio del corpus mostra una netta preferenza per i termini che, contemplati almeno
da uno dei dizionari consultati, provengono dalla chimica e dalla biochimica. Al livello alto ci si può senz'altro permettere una pubblicità come la
(91): il visual mostra una pista per la corsa ad ostacoli con atleti ai blocchi di partenza, mentre l'headline recita Il folato senza ostacoli; a
chiudere, la firma del produttore (Prefolic®) e il pack con accanto la specifica che [i]l 5-MTHF viene utilizzato dall'organismo come tale. Per me
che non so cosa sia il folato né tantomeno il 5-MTHF, e che non ho mai usato Prefolic®, questa pubblicità è completamente muta. Ma d'altronde
a me non era rivolta. Allo stesso modo, del tutto naturale, a questo livello, termini come ad es. destrosio (65), tossine (73), glutine (^81), non
spiegate e senza la necessità di farlo. Le cose ovviamente cambiano allorché si considerano annunci pubblicitari su media di massa: per non
fare che un esempio, che valore informativo aggiunge sapere che il siero Aloe Vera Esi (1) ha un contenuto in mucopolisaccaridi non inferiore a
7.000 mg/litro?
È vero che spesso la terminologia della biochimica viene accompagnata da più o meno deboli riformulazioni, ma resta il fatto che l'utilizzo resta,
e copioso. Vediamo qualche esempio: glucosio, indispensabile per la crescita del capello (8), un enzima, l' alfa-amilasi pancreatica (11),
sostanze nutrienti e rigeneranti come [...] la Cistina e la Metionina (23), acido jaluronico (60), etc. Pure parecchio sfruttato l'armamentario
propriamente chimico ai livelli bassi (scontato quello impiegato per rivolgersi allo specialista); ancora solo qualche ess.: molecola (8: 10; 29; 51);
processo di distillazione molecolare multipla (13), acidi grassi (13: 2, 81), omega 3 (13: 3; 81)[12], nicotina (16; 27: 2), Melatonina (*21; 21: 5),
mannitolo (32), Retinolo (35), pH eco-fisiologico (55).
Un altro ambito specialistico da cui si attinge a piene mani è quello medico, i cui tecnicismi, per note ragioni, si rivelano generalmente di più
piana comprensione. Escludendo ovviamente i termini più ampiamente usati nella lingua di tutti i giorni, si trova ad es.: geriatria (n14), in vitro (8:
2; n35), azione antisettica (41), profilassi orale (48), aerosolterapia (50). Fanno riferimento a componenti o regioni del corpo umano: Ricerca
Tricologica (4), livelli ematici (30), cardiovascolari (85); a stati patologici, di varia gravità, la cui familiarità presso il grande pubblico è certamente
stata favorita proprio dalla pubblicità: Stipsi (*10; ^14) , alitosi (10), cardiopatia (27), riniti (50). Se rarissimi sono i casi di vera opacità per il non
specialista, al terzo livello la nomenclatura delle malattie si complica parecchio e può giungere a configurarsi come vera e propria nomenclatura
(artrite gottosa acuta, artrite reumatoide, osteoartrosi (63)).
Direttamente correlati con quelli medici, e talvolta a questi sovrapponibili, sono i tecnicismi di provenienza anatomica (colon (1), pancreatica (11),
derma (17: 4), congiuntiva (51)), che al livello specialistico si complicano, ma non troppo e meno di quanto ci si potrebbe aspettare, rispetto ai
livelli più bassi (vie urinarie (*67), follicoli (70), Ventricolare (85), orecchio medio (^100)). Pure imparentati con i tecnicismi di ambito medico sono
quelli che riguardano la farmacologia: aloina (1), placebo (4: 2 note; 8; 17), mucolitico (15). Altre branche cui si attinge, ma in tono minore, sono
la fisiologia (peristalsi (32) e il suo equivalente motilità intestinale (10) ) e la biologia: flora batterica (10; 18; 31; 32; 42), flora intestinale (32; 42:
3), cicatrici [...] ipertrofiche (79).
Un settore che si può senz'altro definire caratterizzante è quello della botanica, comune e non. Nelle pubblicità mediche si riversano infatti i nomi
delle piante più svariate, invasione spiegabile con la recente moda delle cure fitoterapiche. In questo giardino delle meraviglie cresce davvero di
tutto (per comodità di esposizione, in caso di oscillazioni riporto tutte le occorrenze con l'iniziale maiuscola, convenzione maggioritaria ma
tutt'altro che esclusiva): aloe vera (*1; 32; 62) , Aloe (9; 24; 44: 2; 62: 2; *69: 2; 69), Ginkgo (43; 76), Papaia (8), Papaya (24: 4, le fonti di
riferimento danno come principale l'entrata papaia), Matè (39; 43: Maté; GRADIT 20002 lemmatizza màte, DISC 20032 e ZING 200515 mate o
matè, DEO 20032 matè), Fieno greco (43), Guaranà (43, tutti i dizionari dell'uso lemmatizzano guaràna), Tarassaco (49), Cardamomo (49);
accanto ai quali spuntano anche i più usuali Ginseng (43: 2), Genziana (49), Curcuma (49), etc. Salendo al livello alto aumenta anche la
specificità, come nel seguente es.:
"Dalla ricerca Bios Line, il nuovo integratore a base di Vitamina E, C e B6, con estratti vegetali di Verga d'oro, Uncaria,
semi di pompelmo, olio essenziale di Origano di Spagna e ShanStar™ Cranberry, un mirtillo rosso di palude, estratto
brevettato ad alto contenuto in proantociandine. Una formula naturale, per ritrovare il fisiologico benessere dell'apparato
urinario. (67)"
Nonostante le preoccupazioni sollevate sulla fastidiosa invadenza di lessico tecnico-scientifico straniero nei vari ambiti settoriali e, poi, sempre
più spesso, nella lingua comune, l'analisi del corpus rivela una decisa tenuta della nostra lingua. Di rilevante si trova solo colon cleanse (1),
Retard (4: nel merceonimo; 55: Formula Retard a dosaggio frazionato; 62: Gli unici ed originali ad azione Retard!!), fast e slow release (21: a
effetto fast e slow release "rapido e lento rilascio"), stock (38), detox (44: 2, nel merceonimo; 69: 2), texture (76), OGM Free (*81), la variante
New (^65) rispetto alla generalizzata traduzione nostrana e i latinismi Defluvium Telogenico (n4), die (*81) e ictus (85).
Più significativa è la presenza di tecnicismi allogeni provenienti dalla botanica, talvolta comune, di provenienza spagnola o portoghese, come
Maca (2) e il già incontrato Papaia/ Papaya, o, più tradizionalmente, latina: Zizyphus Jujuba spinosa (2), Saw Palmetto, l'estratto di Serenoa
Repens (23), Sophora Japonica (45), Glycine max Merril (55), Trifolium pratense L. (55), psyllium (57), la maggioranza dei quali non viene
attestata nei dizionari d'uso. Tra i prestiti di antica data in cui sia ravvisabile un pur sbiaditissimo valore settoriale, si trova ad es. gel (*1; *26; *29;
55: 2; *60), stress (*2; 22; 24; 31; 42; 43: 3; 49), test (48; 71; 79), test in vitro (8: 2, n35), gas intestinale (32), alcool (33: No alcool; 73), alcol
(49)[13]. Un caso particolare, perché il forestierismo viene adottato per dare una parvenza tecnicistica ad un referente comunissimo, è il fr., non
attestato flaconette (8: la flaconette, un contenitore ergonomico e infrangibile).
Se le tessere di provenienza allogena sono apparse isolate e soprattutto poco rilevate, l'anglo-americano torna a farsi sentire investendo frasi
intere. L'inglese è la lingua della comunicazione scientifica internazionale e quindi nelle pubblicità analizzate funge da garanzia, internazionale
appunto, che avvalla la serietà di un prodotto o, più in generale, la correttezza di un assunto. Si veda ad es. la pubblicità di un prodotto molto
comune come il dentifricio, nella fattispecie di meridiol® (54), in cui l'asterisco rimanda a una nota in inglese:
È stato clinicamente* dimostrato che il fluoruro amminico/fluoruro stannoso contenuto in meridiol® aiuta a ridurre il
processo di infiammazione gengivale in soli 21 giorni.
[...]
* "Inhibition of plaque and gingivitis by amine fluoride/stannous fluoride" - W. Künzel et al.
Infine, le sigle. Escludendo le ricorrenze - tra l'altro frequenti - entro brand name, se ne trovano alcune che potremmo definire "di servizio": mute,
o quasi, per il consumatore comune, sembrano semplici designantes di una non precisabile garanzia (non precisabile per l'uomo della strada):
vd. ad es.: conforme al DTP n. 30 certificato n. P165 (1), [t]itolazione HPLC-SEC (^69).
Sigle tecnicistiche a tutti gli effetti sono invece le lettere che distinguono i vari tipi di vitamine e le dizioni: protezione solare: SPF 10 (5), SP94 (8:
4), omega 3 a catena lunga (EPA e DHA) (13), 5-alfa reduttasi (23), OGM (39), OGM Free (* 81), fibre prebiotiche (FOS) (42), Trifolium pratense
L. (55), L-Tiroxina (59), 5-MTHF (91): sigle che per i livelli 1 e 2 possiedono solo valore un valore di richiamo. Piuttosto scontate, invece,
occorrenze come mg (1), ml (43: 4; 50) e la banale U.S.A. (23), nella comunicazione pubblicitaria rivolta allo specialista si può arrivare a scrivere
[p]osologia: 1 cps, 2 volte/die (*81), dizione in cui ben risulta come cps sarebbe difficilmente compreso da fasce diastratiche basse[14].
3. Conclusioni
L'analisi del campione di pubblicità radiofoniche ha mostrato un deciso allineamento con la nota tendenza all'utilizzo del tecnoletto in pubblicità,
funzionale alla sua percezione come discorso referenziale e informativo. I bacini terminologici cui prevalentemente si è attinto sono risultati
quello informatico e quello automobilistico: i termini provenienti dal mondo dell'informatica sono stati còlti prevalentemente su RDJ, una radio che
si rivolge a un target giovane, quello che più ha consuetudine con i computer ed annessi e connessi. Inoltre, a parte qualche caso isolato (ad es.
integratore di sistemi), si tratta di tecnicismi ormai ben acclimatati nella lingua comune, nonostante che la loro provenienza sia nella maggioranza
dei casi allogena. Seppur solo in pochi casi, la circolazione nella lingua comune ha permesso inoltre di sfruttare qualche tessera specialistica
anche in contesti mimetici, cioè nelle caratteristiche scenette in cui si trovano a dialogare due o più speaker-personaggi.
Uno sfruttamento "mimetico" invece rarissimo nel caso della terminologia automobilistica, che compare nelle medesime, o quasi, proporzioni su
RDJ e su R1. Il lessico "da officina" o, meglio, "da autosalone", si è rivelato piuttosto opaco per una supponibile competenza decodificatoria
comune, ma al contempo rispondente alle esigenze di un consumatore che si trovi nella fase di acquisto di un bene ad elevato coinvolgimento
emotivo quale appunto un'automobile.
Due sottocodici discretamente sfruttati sono risultati quello sportivo, generalmente in funzione espressiva e non denotante, e quello, in rapido
incremento, relativo alle telecomunicazioni. Di finalità espressiva si può parlare, con l'esclusione di qualche caso (ad es. ruches dalla moda),
anche per l'impiego - se non quantitativamente consistente, quanto mai eterogeneo - di terminologie settoriali: si va dall'anatomia alla
gastronomia, dalla zoologia alla burocrazia alla moda, etc.
Le sigle compaiono numerose su entrambi le emittenti e sono in genere di scarsa caratura tecnicistica (ad es. PC, CD ROM), con l'eccezione di
quelle di ambito automobilistico (JTD, ABS, EBD).
Per la prospettiva "verticale", partiti da un'ipotesi di lavoro riassumibile con le parole di Maurizio Dardano, quando afferma che "[i]l discorso di
divulgazione scientifica non esiste al di fuori degli usi che può farne il destinatario, [e che] conseguentemente il divulgatore orienterà le sue scelte
lessicali ed espressive a seconda del prevedibile «livello di accoglimento»" (Dardano/Giovanardi/Pelo, 1988: 154), la disamina delle scelte
lessicali adottate nel corpus ha mosso dalla considerazione dei termini assenti dai dizionari dell'uso consultati. Se la presenza di voci non
attestate al terzo e più alto livello è certo prevedibile e quindi nient'affatto caratterizzante, meno scontato è il fatto che dai dizionari manchino
termini, sempre campionati al terzo livello, che invece non appaiono così specialistici, come ad es., i composti idroattivo e varicotomia. Il
tecnicismo non attestato si rintraccia però anche ai livelli più bassi, e in alcuni casi pare avere solo funzione impreziosente. I campi da cui più
spesso provengono i tecnicismi non attestati sono quello chimico e quello botanico. Pure rintracciati lessemi superiori, a rigidità più o meno
marcata, non riportate dai dizionari (ad es. tessuti di sostegno, densità calorica, attacchi acidi).
Passando alle voci che invece i dizionari lemmatizzano, gli usi terminologici statisticamente più rilevanti, a tutti e tre i livelli, sono risultati quelli di
provenienza chimica e biochimica. Per questi, come d'altronde per gli altri tecnicismi ad alta intensione, l'impiego preterintenzionale, inerziale, è
possibile ma poco probabile, visto che prima di arrivare all'utente l'annuncio pubblicitario passa per diverse mani: da quelle del copywriter che lo
redige sulla base di un brief emanato dalla casa farmaceutica, a quelle del suo direttore creativo, a quelle dell'account executive, a quelle del
cliente stesso, che talvolta fa testare l'annuncio da un gruppo di persone in target prima di diffonderlo sui media.
A colmare la distanza tra lingua specialistica e lingua comune può intervenire la riformulazione, ma questo non in modo sistematico. La
riformulazione accompagna più raramente il tecnicismo di provenienza medica, in genere più comprensibile dall'uomo della strada, sempre che
non si raggiunga la complessità tassonomica che è apparsa contraddistinguere il livello alto (ad es. artrite gottosa acuta, artrite reumatoide,
osteoartrosi, dolori osteoarticolari, etc.). La "distanza specialistica" fra le tre sezioni del corpus si riduce passando all'esame dei tecnicismi
provenienti dall'anatomia, mentre la stragrande maggioranza di quelli della fisiologia e della biologia è stata rintracciata ai primi due livelli: una
concentrazione che forse deriva solo dalla particolare, accidentale composizione del corpus.
L'analisi lessicale ha individuato un gruppo consistente di termini provenienti dall'ambito botanico, con tutta una tastiera che va da quelli più
(acacia, Gingseng) a quelli meno comuni (Guaranà, Tarassaco), fino a comprendere specie dalle denominazioni stravaganti, talvolta al limite
dello stregonesco (Fieno greco, olio essenziale di Origano di Spagna, mirtillo rosso di palude, etc.).
Per quanto riguarda la permeabilità del corpus all'influsso anglo-americano, la tenuta della nostra lingua è apparsa molto buona: certo, di
forestierismi ce ne sono, ma banali e ormai del tutto acclimatati (stress, spray, relax), contandosi quelli veramente significativi sulle dita di una
mano, o quasi (retard, fast e [sic] slow release, texture). Significative alcune denominazioni botaniche, per le quali vengono preferiti, ancora, il
latino (Sophora Japonica) e le lingue del ceppo ispanico (Papaia/Papaya); notevoli invece gli interi inserti di frasi in inglese, seppur in nota,
incontrati in una pubblicità del livello medio e in quattro di quello alto.
Andrebbe incontro ad esigenze di comprensibilità la scarsità di sigle, sennonché una buona proporzione, totalmente opaca per il profano, non
viene sciolta ed espleta perciò una funzione meramente esornativa (ad es., protezione solare: SPF 10).
In definitiva, la predilezione per gli esiti che mirano ad "allontanare" la lingua medico-pubblicitaria si nota, per tutti e tre i livelli di analisi, non per
l'emersione di quelle anticaglie caratteristiche del medichese deteriore - la "pratica sciamanica" (Baldini, 1989: 97) fatta di inutili
ipercomplicazioni, concretata in "certo modernariato terminologico risalente ai decenni tra Otto e Novecento" (Serianni, 2005: 24) -, quanto
piuttosto per l'utilizzo, diffuso, del termine scientificamente corretto. In questo i livelli di comunicazione specialista-uomo della strada e
specialista-non specialista sono apparsi notevolmente omogenei, al punto che il corpus in origine tripartito è risultato, alla luce delle evidenze
linguistiche, un corpus bipartito: medio-basso (specialista-uomo della strada e specialista-non specialista) vs. alto (specialista-specialista).
5. Dizionari consultati
ADV 2003 = Adamo, G. e V. Della Valle (1998-2003). Neologismi quotidiani. Un dizionario a cavallo del millennio. Firenze: Olschki.
ADV 2005 = Iid. 2006 parole nuove. Un dizionario di neologismi dai giornali, Milano, Sperling&Kupfer.
DEO 20032 = Devoto, G. e G.C. Oli. Il dizionario della lingua italiana. Firenze: Le Monnier (prima ediz.: 2002).
DISC 20032 = Sabatini, F. e V. Coletti. Dizionario della Lingua Italiana. Milano: Rizzoli-Larousse (prima ediz.: 1997).
GRADIT 20002 = De Mauro, T. (ideato e diretto da). Grande dizionario italiano dell'uso. Torino: UTET. voll. 6 (prima ediz.: 1999).
GRADIT 2003 = Id. Nuove parole italiane dell'uso del Grande dizionario italiano dell'uso. Torino: UTET.
OED = The New Shorter Oxford English Dictionary on Hystorical Principles. Oxford: Clarendon Press, 1993, 2 voll.
ZING 200515 = Lo Zingarelli 2005. Vocabolario della lingua italiana. Bologna: Zanichelli.
6. Bibliografia
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Magris, M. et al . a cura di (2001). Manuale di Terminologia. Aspetti teorici, metodologici e applicativi. Milano: Ulrico Hoepli.
Adamo, G. e V. Della Valle a cura di (2003). Innovazione lessicale e terminologie specialistiche. Firenze: Leo S. Olschki Editore.
Altieri Biagi, M. L. (1990). L'avventura della mente. Studi sulla lingua scientifica. Napoli: Morano.
Baldini, M. (1989). Parlar chiaro, parlare oscuro. Roma-Bari: Laterza.
Belardi, W. Il lessico nei linguaggi scientifici; precisione nei programmi, confusione nei risultati. In AAVV (1993). Ethnos, lingua e cultura. Scritti in
memoria di G. L. Cardona. Roma: Il Calamo. 379-403.
Brochand, B. e J. Lendrevie (1986). Le regole del gioco. Le Publicitor. Milano: Lupetti.
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Cortelazzo, M. (1990). Lingue speciali. La dimensione verticale. Padova: Unipress.
Cortelazzo, M. (2000). Italiano d'oggi. Padova: Esedra.
Dardano, M. et al. Per un'analisi del linguaggio divulgativo: accertamento e studio della comprensione. In De Mauro, T. et al. a cura di (1988).
Dalla Parte del ricevente: percezione, comprensione, interpretazione. Atti del XIX Congresso internazionale della Società di linguistica italiana
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Gotti, M. (1991). I linguaggi specialistici. Caratteristiche linguistiche e criteri pragmatici. Firenze: La Nuova Italia.
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Sboarina, F. (1973). Lingua medico-pubblicitaria: le inserzioni mediche in quotidiani del secolo scorso, in Stilistica, metrica e storia della lingua.
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Serianni, L. (1989). Saggi di storia linguistica italiana. Napoli: Morano.
Serianni, L. (2005). Un treno di sintomi. I medici e le parole: percorsi linguistici nel passato e nel presente. Milano: Garzanti.
Vecchia, M. (2003). Hapù. Manuale di tecniche della comunicazione pubblicitaria. Milano: Lupetti.
Zardo, F. (1996). Nomi di marchio e dizionari. In «Studi di lessicografia italiana», XIII. 265-392.
[1] Per "bene" intendo, qui e in seguito, qualsiasi prodotto o servizio in grado di soddisfare un bisogno, sia di tipo fisiologico che psicologico.
[2] Viene qui ripreso il dato di Sergio 2004, in partic. pp. 190-6. Per la segnalazione delle occorrenze vengono distinte quelle attribuibili allo
speaker in quanto personaggio (voce in campo) da quelle dello speaker istituzionale, latore, in vece dell'utente pubblicitario, di informazioni varie
(voce fuori campo); in quest'ultimo caso l'occorrenza verrà preceduta da un pallino in apice ("°"): il valore del tecnicismo sarà infatti diverso a
seconda che venga colto in zone "mimetiche" oppure "diegetiche".
[3] Nel riportare le occorrenze, ne specifico l'emittente radiofonica e, se ricorrente per più di una volta, il numero. Mancante l'indicazione della
sede d'origine, si intenda che si tratta della stessa dell'occorrenza/e che segue/seguono. R1 e RDJ indicheranno rispettivamente Rai Radio 1 e
Radio DeeJay.
[4] A partire da virus si è aperta tutta una terminologia, metaforica, di provenienza medica: "[i] programmi virus si diffondono in modo virale, [...]
per una sorta di contagio. I computer così si infettano, a meno che non siano stati protetti con una vaccinazione o che non siano stati sottoposti a
disinfezione. [...] Molti programmi antibiotici che curano i computer infetti sono chiamati dottore o doctor" (Lanzarone, 1997: 445-446).
[5] Ma «quando il sintagma inglese diventa troppo complesso e quindi di più difficile pronuncia o memorizzazione, allora l'equivalente italiano
dimostra un buon grado di resistenza o addirittura finisce per prevalere» (Fantuzzi, 1999: 46), come è avvenuto per i fuoristrada 4x4 (quattro per
quattro), per i quali l'espressione italiana ha prevalso sulla corrispondente inglese 4WD ( Four Wheel Drive).
[6] Con le varianti più complesse: °a iniezione diretta (RDJ: 2, R1: 1) e °iniezione elettronica diretta (RDJ: 3).
[7] Ecco l'elenco degli inserzionisti dei tre livelli, medio-basso (1-40), medio-alto (41-60) e alto (61-100), con la numerazione che verrà impiegata
in seguito per richiamare le sedi delle occorrenze: Aloe Vera Esi® (1), AntiStress® (2), Be-Total (3), Bioscalin® (4), Blistex (5), Botoina (6), Coral
Calcium Max (7), Dercos Vichy (8), Digestivaid (9), Dimalosio (10), Diminor® (11), Echinaid® (12), EnerZona Omega 3X (13), eva/qu (14),
Fluimucil mucolitico (15), Honeyrose (16), inneov (17), Kilocal (18), Korff (19), MediNait Vicks (20), Melatonina Gold (21), MG.Kvis (22),
MigliCres® (23), MiKura® (24), Multicentrum (25), neoVerucid (26), NiQuitin CQ (27), No Dol® (28), NormaLine Erbe (29), Normolip 5 (30),
Novafibra (31), Plurilac (32), Propoli Epid (33), Proporal (34), Retin-Ox Roc (35), Rinocare® (36), Selenium-A.C.E.-Extra® (37), Silicium-R Vichy
Homme (38), Tisana Kelémata (39), VitaSohn Junior (40),Benagol® /Benactive® Gola (41), Biolactine (42), Bioton® (43), BioValoe (44),
Coldizin™ (45), C-Tard (46), Digenzym AB (47), elmex® (48), Gallexier® (49), Isomar® (50), Isomar® Occhi (51), le dieci erbe® (52), Matt®
&diet (53), meridol® (54), NeoDonna® (55), Ovix (56), Psyllogel® (57), Snoreeze® (58), Somatoline® (59), Wet® (60), Actonel® (61),
AloeMent® (62), Arcoxia (63), @ulin (64), Benegum (65), Berocca® PLUS (66), BioCistin® (67), Biotiker® /Biotikind® (68), BioValoe (69),
Crescina Labo (70), Declaril ® (71), Depalgos® (72), Depurerbe (73), En® (74), Enterogermina (75), Eucerin® (76), Flector® (77), Flu-Action
Vicks (78), Hansaplast® med (79), Huggies® (80), isotre® (81), LactoDIS.CINIL (82), Laevolac® (83), Lexotan (84), Loaartan® (85), Lobivon®
(86), Mionevrasi® (87), Monuril® (88), Nelsons™ (89), NeoLactoflorene® (90), Prefolic® (91), Proctoflan® (92), Rocefin® (93), Sine Cod Tosse®
(94), Sinvacor® (95), Spiriva® (96), Stilnox® (97), tinset® (98), Vulnopur® (99), Zitroma (100). Il segno ® indica esplicitamente che si tratta di un
marchio registrato, mentre ™, che sta per Trade Mark, che il "marchio è in attesa di registrazione" (Zardo 1996: 373). L'analisi linguistica non ha
considerato il nome di marca, in quanto avrebbe ibridato un discorso che vuole focalizzarsi sul linguaggio strettamente pubblicitario.
[8] Il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria ha validità solo per gli utenti pubblicitari che lo sottoscrivono, mentre il Garante della concorrenza e
del mercato, essendo un organo dello Stato, ha validità per tutti. Con riferimento all'argomento qui trattato, l'articolo 3 del Codice italiano di
autodisciplina pubblicitaria stabilisce che "[t]erminologia, citazioni e menzioni di prove tecniche e scientifiche devono essere usate in modo
appropriato. Prove tecniche e scientifiche e dati statistici con limitata validità non devono essere presentati in modo da apparire illimitatamente
validi".
[9] Le parole, per sfortuna del linguista, vengono trattate in modi tanto vari che una descrizione dettagliata di lettering e impaginazioni
renderebbe l'analisi lenta e difficoltosa: nel prosequio segnalerò con accorgimenti ad hoc solo le occorrenze entro headline (segnalate con un
asterisco prima dell'indicazione della sede), entro zone particolari (ciò che non è né headline né bodycopy, segnalate da accento circonflesso) e
quelle che compaiono in nota (segnalate da una "n" in apice); qualora non vi siano segnalazioni particolari, che poi è la maggioranza dei casi, è
da intendersi che l'occorrenza compare nella bodycopy.
[10] Analizzando il livello alto è inoltre capitato di incontrare pubblicità di medicinali incorniciati dal loro foglietto illustrativo: in tali casi l'analisi
linguistica ha considerato il testo pubblicitario stricto sensu. Pure escluse, per ragioni di non omogeneità rispetto al corpus, le pubblicità in cui le
case farmaceutiche danno annunci vari, come ad es.: 3M Italia S.p.A. ha il piacere di annunciare ai Sigg. Farmacisti che la specialità medicinale
Venitrin™ T[...] verrà distribuita con una nuova veste grafica della confezione.
[11] Per le citazioni di definizioni, quando compaiono le marche TS, CO, AU, etc. è da intendersi che la fonte è GRADIT 20002 .
[12]Omega compare con significati non pertinenti su GRADIT 20002 , DISC 20032 e DEO 20032. O. 3 solo su GRADIT 2003.
[13] Prescindo qui dal forestierismo di uso comune, comunque non molto rilevante, e da quello incluso nel merceonimo, comunissimo ma qui
non pertinente.
[14] Devo riassumere qui, per ragioni di spazio, quanto emerge dallo spoglio dei tecnicismi collaterali (TC) di ambito medico: l'analisi ne ha
evidenziato le presenza, non scontata, anche nei nostri testi pubblicitari. È verosimile ipotizzare che la lingua della pubblicità, non a caso definita
"ventre molle" da Baudrillard, abbia fagocitato anche gli stratagemmi stilistici della lingua medica, di modo da ottenere un registro sostenuto
fortemente mimetico rispetto a quello medico; inoltre, sempre a spiegare il diffusissimo ricorso ai TC, si potrebbe chiamare in causa la
competenza sia attiva sia passiva che il copywriter-medico (quando non senz'altro il medico) possiede nei confronti di testi medici stricto sensu, e
quindi un riversamento di TC anche nella lingua medica finalizzata alla persuasione. I TC impiegati non si limitano infatti ai tipici innesti lessicali (
assumere, apportare, valido, efficace, topico, etc.), che pure sono frequentissimi e compaiono in quasi tutti gli annunci, ma investono anche la
formazione di sintagmi (ad es. a modale, da causale, o costrutti tipo: in fase di + nome, in caso di + nome, etc.)
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