SARCOMI DEI TESSUTI MOLLI
I sarcomi delle parti molli in età pediatrica rappresentano circa il 6-7% di tutti i tumori infantili. Il
Rabdomiosarcoma (RMS) è la forma più frequente, è un tumore altamente aggressivo composto da
cellule di origine mesenchimale che mostrano una differenziazione in senso muscolare. Sono
neoplasie rare ed in Italia sono previsti 100-130 nuovi casi l’anno.
I sarcomi dei tessuti molli possono insorgere praticamente in qualsiasi distretto corporeo, ma le sedi
più frequenti sono la testa-collo, l’apparato genitourinario e gli arti. La sede costituisce un
importante fattore prognostico ed influenza la strategia terapeutica.
L’interessamento dei linfonodi regionali è presente alla diagnosi in un quarto dei casi e dipende
molto dalla sede del primitivo, risultando più frequente nel caso di tumori che insorgono a livello
degli arti. In circa il 15% dei casi, sono presenti metastasi alla diagnosi, che interessano più
frequentemente polmoni, il fegato o le ossa.
SINTOMI
La sintomatologia dipende dalla sede’interessata e dalle dimensioni del tumore, e talvolta persiste
per molti mesi prima che venga fatta la diagnosi. I sintomi più frequenti sono: Gonfiore senza
dolore o evidenza di una massa a livello di una gamba o di un braccio e/o dolore profondo non
provocabile ala pressione.
Altri sintomi possono includere astenia, febbre, perdita di peso. Nessuno di essi, comunque, è
segno certo di cancro, dato che possono essere causati da altre condizioni, meno serie. Come per
altri tumori del bambino, i genitori spesso si sorprendono che loro stessi o il pediatra non se ne
siano accorti prima, ma bisogna tener presente che i tumori sono un’evenienza rara nei pazienti
pediatrici e, purtroppo, i sintomi sono spesso vaghi e simulano altre malattie, anche banali, assai più
frequenti. In alcuni casi, la scoperta del tumore può essere del tutto casuale, ad esempio durante una
visita di controllo o nel corso di indagini eseguite per il sospetto di altre malattie.
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DIAGNOSI
Non vi sono marcatori ematochimici tipici di un sarcoma, pertanto gli esami diagnostici sono
essenzialmente di tipo strumentale e radiologici.
Le indagini possono variare a seconda della sede di insorgenza del tumore, ma in generale devono
includere:
- RM e/o TAC (con contrasto): la RM è diventata l’esame di scelta per molte sedi e, in particolare,
per i tumori della testa-collo, le localizzazioni genito-urinarie e quelle paravertebrali. La TAC è
utile per indagare il torace e per valutare il coinvolgimento osseo.
- TAC polmonare: va eseguita in tutti pazienti alla diagnosi, per valutare la presenza di metastasi.
- TAC addome-pelvi: è utile per valutare la presenza di metastasi epatiche ed i linfonodi
addominali, in caso di tumori che insorgono a livello paratesticolare o degli arti.
- Scintigrafia ossea (con radiografia e/o RM in caso di anormalità isolate).
- Aspirato midollare e biopsia.
Le indagini radiologiche vanno ripetute periodicamente durante la terapia per valutare l’entità della
resezione chirurgica iniziale, la risposta al trattamento chemioterapico e per pianificare la chirurgia
differita e la radioterapia. In questo caso è importante utilizzare sempre la stessa metodica di
imaging in modo da potere avere dei confronti corretti.
Altre indagini vanno eseguite in casi particolari ed includono l’uso dell’ecografia, la puntura
lombare e la TAC cerebrale L’uso della PET-TAC appare di crescente interesse, ma il suo impiego
non è ancora entrato nell’uso routinario.
La distinzione delle diverse forme di sarcoma è correlata con la prognosi.
Per confermare la diagnosi, comunque, l’esame dirimente è la biopsia, consistente nella rimozione
di uno o più frammenti del tumore, da analizzare in laboratorio. Quest’esame istologico è
l’accertamento più importante per formulare la diagnosi e deve essere sempre eseguito dopo le altre
indagini per una corretta stadi azione. Si può praticare un’agobiopsia o una biopsia incisionale, a
cielo aperto. L’agobiopsia si pratica in anestesia locale, effettuando un piccolo buco nel tessuto e
rimuovendo un campione di tessuto tumorale usando un lungo ago cavo. Risulta particolarmente
utile, sotto guida TC, nelle lesioni profonde, dove una biopsia incisionale sarebbe troppo invasiva. Il
vantaggio è di essere poco traumatizzante per il paziente; viene usualmente eseguita in anestesia
locale, in regime ambulatoriale o di Day Surgery e l’escissione del tragitto bioptico in continuità
con il tumore sottostante è più semplice rispetto ad una biopsia incisionale. Lo svantaggio è che il
prelievo (carota) è di modesta quantità e quando eseguito alla “cieca” nelle sedi profonde può non
essere rappresentativo.
In caso di biopsia a cielo aperto, una porzione di tumore è rimossa dal chirurgo in sala operatoria
in anestesia generale.
Il patologo esamina al microscopio i tessuti e le cellule prelevate, per determinare se si tratta
effettivamente di tumore. Si possono anche analizzare i geni delle cellule tumorali per distinguere i
vari tipi di sarcomi.
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STADIAZIONE
Il sistema più a lungo usato è stato quello proposto nel 1972 dal gruppo nordamericano Intergroup
Rhabdomyosarcoma Study Group (IRSG):
- Gruppo I: pazienti con tumore asportato in maniera completa;
- Gruppo II: pazienti con tumore macroscopicamente asportato, ma con residui microscopici
(margini di resezione infiltrati) e/o con coinvolgimento dei linfonodi regionali;
- Gruppo III: pazienti con residui macroscopici dopo una resezione incompleta od una biopsia;
- Gruppo IV: pazienti con metastasi alla diagnosi.
Questa stadiazione è stata criticata perché basata essenzialmente sulla chirurgia (e sull’abilità del
chirurgo), senza considerare le caratteristiche del tumore.
La ricerca di fattori prognostici di tipo biologico non ha ancora dato risultati definitivi. Alcuni studi
hanno esaminato il contenuto di DNA misurando la ploidia cellulare e l’attività proliferativa (fase
S).
TRATTAMENTO
L’impiego coordinato di chirurgia, chemioterapia e radioterapia ha permesso di migliorare
progressivamente i risultati del trattamento. Infatti, le probabilità di sopravvivenza di un paziente
affetto da sarcoma localizzato sono aumentate dal 25% nei primi anni ‘70 a circa il 70% ai nostri
giorni. I vari aspetti di questo approccio multidisciplinare sono stati esplorati in una serie di trial
coordinati da Gruppi Cooperativi nazionali ed internazionali
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CHIRURGIA
Il tipo e il momento della chirurgia è un momento molto importante nei vari tipi di sarcoma e
dipende da vari fattori fra cui la sede, le dimensioni del tumore, il coinvolgimento degli organi
vicini, l’età del paziente e la risposta alla chemioterapia.
Chirurgia iniziale.
Si richiede al chirurgo di tentare un’asportazione del tumore solo se, sulla base delle indagini
radiologiche si ritenga che la resezione possa risultare completa (margini liberi) senza rischi o danni
per il paziente. Va tenuto presente che un’asportazione parziale, anche ampia, non dà vantaggi al
bambino e che una resezione completa può essere tentata in un secondo tempo, quando la
chemioterapia avrà ridotto le dimensioni del tumore. Per questo motivo l’approccio chirurgico
iniziale dovrebbe limitarsi ad una biopsia nella maggior parte dei casi.
Spesso il bambino giunge in un Centro di Oncologia Pediatrica dopo che la lesione è già stata
asportata, spesso senza indagini adeguate, perché ritenuta di natura benigna ed i margini di
resezione non sono quasi mai ampi, in quanto la lesione viene semplicemente enucleata. In questi
casi, è possibile ricorrere ad una seconda chirurga (primary re-excision) prima di iniziare il
trattamento chemioterapico.
Chirurgia differita
Dopo un eventuale trattamento chemioterapico iniziale, o eventualmente dopo chemioterapia e
radioterapia, il chirurgo è chiamato ad asportare la massa residua. In questo caso anche resezioni
marginali possono essere accettate, in quanto è possibile poi somministrare la radioterapia. Questa
chirurgia va attentamente pianificata ricorrendo, se necessario, ad un team chirurgico
multidisciplinare (ad esempio: chirurgo pediatra ed ortopedico).
In generale, la chirurgia deve essere sempre di tipo conservativo, perché l’utilizzo della
chemioterapia e della radioterapia possono portare al controllo del tumore anche quando una
resezione completa non sia possibile.
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RADIOTERAPIA
Alcuni sarcomi sono tumori radiosensibili e pertanto la radioterapia ha un ruolo importante nel
controllo locale della malattia. Il rischio di effetti collaterali, particolarmente evidenti nei bambini
(ritardo di crescita, malformazioni scheletriche, disordini cognitivi, ecc.) spinge però i ricercatori a
cercare strategie che ne limitino l’impatto)
Negli ultimi anni, i progressi dell’imaging hanno portato ad una migliore pianificazione del campo
di trattamento, permettendo di irradiare più precisamente l’area coinvolta dal tumore, risparmiando
il più possibile gli organi circostanti (radioterapia conformazionale).
CHEMIOTERAPIA
La chemioterapia si è dimostrata molto efficace in alcune forme di sarcoma nel ridurre il tumore
primitivo e le lesioni metastatiche, diminuendo l’aggressività di chirurgia e radioterapia. Raramente
però si può curare un paziente con la sola chemioterapia.
Nel corso degli anni sono stati selezionati i farmaci più attivi in base al tasso di risposta ottenuto.
Inizialmente, i farmaci più validi si sono dimostrati vincristina, ciclofosfamide, adriamicina, e
actinomicina D. e più recentemente, topotecan e irinotecan.
Approcci più intensivi, con la somministrazione di alte dosi di chemioterapia seguita da infusione di
cellule staminali, sono stati utilizzati per i pazienti con metastasi alla diagnosi con risultati non
molto soddisfacenti.
EFFETTI TOSSICI DA CHEMIOTERAPIA
I farmaci antitumorali attualmente in uso non agiscono selettivamente sulle cellule tumorali, ma su
tutte le cellule proliferanti,determinando così effetti tossici, che si manifestano durante e/o nei
giorni immediatamente successivi alla loro somministrazione (tossicità precoce), o a distanza di
mesi o anni (tossicità tardiva).
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La chemioterapia attacca, dunque, le cellule che si dividono rapidamente, includendo cellule di
tessuti normali quali cute ed annessi cutanei (capelli), mucose (del cavo orale, ad esempio, dando
mucositi), midollo osseo ed organi emuntori (fegato e rene).
Ogni farmaco presenta effetti tossici specifici, che dipendono dalla dose, dalla via di eliminazione,
dalle caratteristiche farmacologiche.
 Tossicità midollare: si ha una diminuzione delle cellule del sangue con anemia, piastrinopenia
(che comporta un aumentato rischio di emorragie), neutropenia ( cioè diminuzione delle cellule
deputate alla difesa dalle infezioni, il cui rischio dunque aumenta). La durata ed entità della tossicità
dipende dal farmaco somministrato. Durante questa fase vanno evitati traumi, ambienti affollati ed
il contatto con persone che possono trasmettere infezioni. In caso di febbre, il bambino va
indirizzato tempestivamente ad un Centro competente. In caso di eccessiva anemia o piastrinopenia
il paziente, naturalmente, verrà supportato con trasfusioni. Alcuni cicli di terapia prevedono la
stimolazione del midollo osseo con un fattore di crescita (G-CSF) a partire da 48 ore dopo il
termine della chemioterapia, per ridurre la durata della neutropenia; l’efficacia di ciò, tuttavia, non è
dimostrata.
 Alopecia: si tratta di uno degli effetti collaterali più evidenti di alcuni farmaci chemioterapici e
della radioterapia, se effettuata sul cranio. Pur trattandosi di un problema temporaneo e reversibile,
la calvizie dura alcuni mesi, ovvero per tutto il periodo del trattamento. Una volta terminata la
somministrazione dei farmaci, i capelli ricrescono come prima. La perdita dei capelli può,
comunque, essere psicologicamente difficile da sopportare per i bambini e, soprattutto, per gli
adolescenti, dato che costituisce un segno evidente di uno stato di malessere. Inoltre la caduta dei
capelli è inizialmente disomogenea e a chiazze, e la mattina il bambino troverà ciocche sparse sul
cuscino; non essendo ciò molto piacevole, è meglio tagliare i capelli completamente prima che ne
cominci la caduta, sia per un aspetto igienico sia dal punto di vista estetico.
I bambini sotto i 7 - 8 anni in genere soffrono questo problema meno dei loro genitori, che talvolta
si sentono quasi "imbarazzati" a mostrare in pubblico il figlio calvo (atteggiamento non corretto),
mentre quest'ultimo e gli altri bambini possono non dare molto peso alla cosa, se non all'inizio. I
bambini possono magari tagliare i capelli alla loro bambola o scegliere bambolotti senza capelli.
La calvizie può risultare più demoralizzante per le bambine, soprattutto se avevano una chioma
fluente; esse si possono coprire la testa con un foulard o con un cappello. La soluzione parrucca ha
alcuni aspetti negativi e va quindi considerata bene. Se i genitori accettano la calvizie del figlio, la
accetterà anche il bambino; è importante rassicurare il piccolo paziente che si tratta di un fenomeno
temporaneo, connesso alle terapie, e non di una menomazione, anche se a volte l'atteggiamento
della gente, che può dimostrare una curiosità morbosa o una compassione non richiesta, non aiuta.
E' importante, comunque, avvertire in anticipo il piccolo paziente che perderà i capelli, in modo da
dargli il tempo di abituarsi all'idea. La decisione di indossare un cappello, un foulard o una parrucca
deve essere sua: se preferisce mostrarsi senza capelli, è una decisione che va rispettata: spesso i
ragazzi sono meno inibiti degli adulti!
 Vomito: si presenta durante la somministrazione del farmaco e talora persiste per 24-48 ore dopo.
Oggi si riesce a controllare abbastanza bene questo effetto collaterale mediante la somministrazione
di uno o più farmaci antiemetici (ondansetron, corticosteroidi, H1-antagonisti) a partire da 30
minuti prima e fino al termine della somministrazione dei farmaci antiblastici.
 Mucosite: l’esfoliazione delle mucose, soprattutto del cavo orale, è frequente, anche se la sua
gravità varia da farmaco a farmaco. Occorre provvedere ad un adeguato supporto nutrizionale e a
terapia antidolorifica, se necessaria. Le ulcerazioni della bocca e delle gengive, così come le micosi,
possono essere prevenute facendo regolarmente gli sciacqui disinfettanti che verranno prescritti. E’
importante che convinciate vostro figlio a pulirsi regolarmente la bocca con queste soluzioni, per
cercare di limitare lo sviluppo delle stomatiti (infiammazioni della mucosa del cavo orale), che
incidono sulla possibilità del bambino di ingerire cibo.
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I principali effetti tossici “specifici” dei chemioterapici utilizzati nel trattamento dell'osteosarcoma
sono:
- Actinomicina D: tossicità epatica
- Ifosfamide: cistite emorragica; la tossicità vescicale è prevenibile utilizzando un
uroprotettore (il MESNA) e somministrando liquidi in abbondanza.
- Adriamicina: cardiotossicità.
FOLLOW-UP
Dopo la fine della terapia, i pazienti con sarcoma dovranno essere attentamente seguiti per il rischio
di una possibile recidiva e per monitorare gli eventuali effetti collaterali del trattamento.
Tipicamente, le recidive avvengono nei primi 3 anni dalla diagnosi e raramente dopo i 5 anni.
Poiché, complessivamente, la sopravvivenza sta migliorando considerare il "prezzo" della cura sta
diventando sempre più importante. I possibili effetti collaterali dovrebbero essere previsti nel corso
del trattamento e possibilmente evitati o minimizzati. In questi casi, la chirurgia ricostruttiva può
essere importante e va presa in considerazione precocemente. Per pazienti irradiati è importante
sapere quali organi sono stati inclusi nel campo di radioterapia, in modo da impostare un follow-up
mirato.
Altrettanto importante è conoscere quale tipo di chemioterapia sia stata erogata per monitorare le
diverse tossicità.
DIREZIONI FUTURE
Per migliorare la sopravvivenza dei pazienti, è fondamentale migliorare le terapie che abbiamo a
disposizione ed esplorare nuovi approcci.
Una via diversa è quella, attualmente seguita dall’EpSSG, di eseguire un trattamento prolungato
somministrando basse dosi di ciclofosfamide e vinorelbina nei pazienti in remissione completa dopo
il trattamento standard.
Approcci maggiormente sperimentali riguardano la possibilità di innescare un’ipotetica graft versus
tumor dopo trapianto di midollo allogenico, similmente a quanto avviene nelle leucemie.
L’esperienza si basa però su casi aneddotici e necessita di studi controllati.
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Approcci di target therapy sembrano possibili nei confronti di fattori di crescita prodotti ad alti
livelli dal Sarcoma, come l’insulin-like growth factors I and II (IGF-I/II) ed i loro recettori (IGF-IR)
o con farmaci innovativi quali quelli dotati di meccanismo antiangiogenico.
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