La difficile scommessa in educazione: Laporta Lombardo Radice Viviamo un periodo molto travagliato sul piano culturale, sociale e politico; sono crollati dei sistemi di valore che sembravano eterni e delle certezze che sembravano ormai acquisite; l’educazione che costituisce in ogni società e in ogni tempo un punto nevralgico dell’organizzazione sociale è oggi messa duramente alla prova: assenza di regole, demotivazione degli insegnanti e degli educatori, aggressività, maleducazione diffusa, svalorizzazione della scuola e destrutturazione della famiglia. In un bel libro recente “Prendre soin de la jeunesse et des générations” il filosofo francese Bernard Stiegler parla di ‘ indifferenziazione tra minorenni e maggiorenni ‘ , di ‘sentimento strutturale d’irresponsabilità ‘ , d’inversione generazionale’ e di ‘rovina dell’educazione ‘. Spiega bene che oltre a tutti modelli negativi che offre la televisione vi è anche la ‘ridicolizzazione degli adulti, dei genitori, dei nonni ‘ e quindi la loro totale perdita di autorevolezza; i minori (bambini e adolescenti) vengono presentati come le vere persone mature allorché che non riescono ad assumere questa responsabilità. Individualismo, apparenza, lacerazione dei legami, incapacità di riconoscere quello che ci vincola agli altri, narcisismo da consumatore: tutto ciò produce una vera distruzione dello spazio educativo che viene progressivamente a scomparire attraverso la ‘distruzione psichica e della capacità di sublimare ‘ degli adolescenti che vengono semplicemente ‘eccitati emotivamente ‘ come consumatori di programmi, di spettacoli, di vestiti e altre droghe; per Stieglier assistiamo da diversi anni alla costruzione di un ‘psicopotere’ che va a completare il ‘biopotere’ di cui parlava Foucault a proposito delle ‘tecniche di controllo del corpo ‘. Questo processo culturale in atto è ormai un dato strutturale e purtroppo il mondo della scuola e gli educatori sembrano non avere capito quello che stava succedendo; ma forse la cosa ancora più grave hanno commesso degli errori che hanno permesso la creazione nel tempo di questa nuova situazione. Forse bisognerebbe ripartire anche dal dibattito che vi fu negli anni 70 all’interno dei diversi movimenti pedagogici che volevano rivoluzionare la scuola : vi era chi proponeva la descolarizzazione (Ivan Illitch), chi proponeva di creare dentro la scuola un’altra scuola basata su i principi di eguaglianza e cooperazione (C.Freinet e Don Dilani), chi proponeva altre sperimentazioni pedagogiche usando metodi ‘libertari’ (A.Neill) oppure trasformando radicalmente la relazione maestro/ alunno facendo della classe un laboratorio e non un auditorio (P.Freire). Vi era fermento e una grande varietà d’idee per innovare e rinnovare il modo d’insegnare e di apprendere non perdendo mai di vista le finalità del discorso pedagogico che riguarda la relazione tra gli esseri umani e il modello di società. In quei anni vi erano due figure importanti della pedagogia italiana come Lucio Lombardo Radice e Raffaele Laporta che dicevano e scrivevano cose che venivano criticate sia dagli ambienti più conservatori che da parte dell’estrema sinistra; ambedue laici, il primo pedagogo e matematico comunista, il secondo intellettuale e pedagogista socialista proveniente dall’esperienza del partito d’azione. Affrontavano i grandi temi legati ai cambiamenti del sistema formativo italiano dalla scuola dell’obbligo 1 all’università; non staccavano le riflessioni pedagogiche e didattiche dall’analisi sociale. Ambedue si collocavano a sinistra ma in una posizione critica verso alcuni aspetti ‘individualistici ‘ del movimento del 68. Laporta pubblica nel 1971 un libro intitolato “La difficile scommessa”, un testo di analisi e riflessione sulle trasformazioni in atto nella scuola e nelle università italiane all’interno di un confronto critico con le istanze portate avanti dal movimento studentesco. Nel 1976 Lucio Lombardo Radice, figlio del grande pedagogista Giuseppe Lombardo Radice, pubblica una serie d’interventi sull’educazione e la scuola in un volume intitolato “Educazione e rivoluzione”. I due libri sono ovviamente di taglio diverso: il primo è una riflessione organica di un attore della pedagogia italiana mentre il secondo è un insieme di interventi sull’educazione di un docente di matematica impegnato intellettualmente nelle file del partito comunista. Eppure troviamo delle convergenze sul giudizio critico dato nei confronti delle rivendicazioni studentesche e sui rischi di uno spostamento su posizioni fortemente individualistiche e negatrici del carattere sempre direttivo, ma non autoritario, del processo educativo e formativo. Sia Laporta che Lombardo Radice vedono l’educazione come una attività intenzionale capace di contribuire al progresso umano; per Laporta: “ Educazione è dunque assicurare che nel rapporto interpersonale ogni persona venga protetta , sviluppata , espansa. Il rapporto educativo è al centro dell’educazione quando questa diviene intenzionale. In essa chi insegna ha poteri che chi deve imparare non ha ancora , ma vuole e deve conseguire. Il rapporto educativo è un tipico rapporto fra diseguali che devono divenire uguali”. (La difficile scommessa, p8) Lucio Lombardo Radice indica all’inizio della sua riflessione: “La scuola è una istituzione che, per sua intima natura, appartiene al futuro. In ogni momento della sua attività , del suo rapporto con i giovani- quando si sforza di far loro acquisire una conoscenza , una capacità , una qualità del carattere – l’insegnante dovrebbe chiedersi : ‘ questa conoscenza , questa capacità , questa qualità di carattere che io cerco di formare oggi, che importanza avrà nel momento in cui sarà impiegata, e cioè tra dieci , venti, trenta anni o più?”. (educazione e rivoluzione, p13) Queste due considerazioni ci portano a guardare ed interrogarci sull’educazione e la scuola oggi; in che misura è avvenuta la costruzione di un sistema scolastico in grado di trasformare i diseguali in eguali rispetto alle possibilità e lo sviluppo delle potenzialità? In che misura quello che è stato fatto trent’anni fa ha dato i risultati sperati allora? Cioè una società più giusta e libera. Osservando le cose con il segno del poi vengono forti dubbi e forse vale la pena spendere un po’ di tempo per riflettere su quello che non ha funzionato e anche prodotto dei processi fortemente diseducativi. Rispetto a trenta anni fa la società è profondamente cambiata; la rivoluzione informatica e mediatica ha introdotto delle nuove variabili che oggi funzionano spesso come poli fortemente attrattivi sul piano dell’identificazione e dell’assunzione di modi di pensare e di stili comunicativi. La frantumazione dei luoghi di socializzazione tradizionali , la crisi diffusa dei legami familiari, l’idea dominante che non esistono vincoli e che ognuno deve agire come individuo isolato e in competizione con gli altri, la precarietà della vita lavorativa e professionale. Tutto ciò è stato in fondo il prodotto di una convergenza tra alcune istanze individualistiche di una pedagogia libertaria e quella di una pedagogia neoliberista che faceva della libertà dell’individuo atomizzato il centro di tutto il processo educativo. L’apprendimento non poteva essere che l’espressione totalmente libera della spontanea volontà dell’individuo; il problema che si ponevano Laporta e Lombardo Radice era: come non prendere in considerazione l’insieme di legami che fonda la persona, anzi che forma la persona e come non tener conto che la rete di rapporti sociali e culturali dalla famiglia alla scuola non permette , nei fatti, una libertà assoluta svincolata da questa. Solo l’educazione alla scelta 2 attraverso la comprensione, l’intelligenza relazionale e la costruzione dell’autocoscienza può portare la persona a modificare e trasformare le cose intorno a sé modificando anche se stessa. Da questo punto di visto i due pedagogisti attribuivano una grande importanza all’esperienza di comunità, alla partecipazione e allo studio come sforzo permanente di comprendere evitando i tranelli dei dogmatismi (si può affermare che il tecnicismo, lo scientismo…sono dei dogmatismi) che impediscono una comprensione della complessità della vita ma anche quelli dell’individualismo , vera e propria ideologia prodotta da un modello sociale di rapporti come quello capitalistico. Non a caso Laporta parlava di autoeducazione delle comunità e di cooperazione educativa; la sua pedagogia si presentava come pedagogia di comunità. Una pedagogia diffusa socialmente poiché ‘l’educatore (la società) deve essere educato”; la società con le sue strutture sociali, culturali e la sua organizzazione social svolge sempre una funzione pedagogica. Laporta attribuiva molta importanza al coinvolgimento e alla preparazione degli attori del territorio per costruire le condizioni della presa di coscienza rispetto alle mutua responsabilità e allo sviluppo possibile di una società democratica ed inclusiva. Lombardo Radice , influenzato dall’educatore sovietico Anton Makarenko, parlava di socializzazione attraverso la mediazione dell’esperienza collettiva a scuola , nel quartiere oppure nel mondo del lavoro. Considerava l’educazione come un momento fondamentale della crescita collettiva ed individuale; considerava importante l’apprendimento della democrazia tramite l’esperienza collettiva di lotta per i diritti . Nella situazione attuale si sono vanificate molte possibilità di esperienze sociali dove s’impara dall’incontro con l’altro; il mondo della virtualità sembra avere preso il sopravento. La scuola sembra avere perso la sua centralità nel processo di formazione delle nuove generazioni e di costruzione della conoscenza; esistono altri luoghi e altre possibilità fornite dal sistema dei consumi, dai media e da internet. Questi non vanno demonizzqti, costituiscono nuovi canali di comunicazione ma presentano anche il rischio di non favorire l’incontro vero e quindi la possibilità d’imparare a gestire se stesso nella relazione autentica con l’altro. Oggi si tratta di riattivare i circuiti della partecipazione vera, della comunicazione autentica tra persone che s’incontrano, si confrontano e gestiscono insieme l’incertezza del domani in una prospettiva di cooperazione inclusiva che permette a ciascuno di apprendere a secondo i propri bisogni e le proprie capacità. Una pedagogia sociale di comunità che possa ricreare le condizioni dello stare insieme per umanizzare la vita e trasformare la società nella direzione di un mondo più giusto, più umano, più attento alla dignità della persona e al suo ambiente vitale (sociale, naturale, culturale e affettivo). Alain Goussot 3