DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARI Tra le affezioni psichiatriche e psicologiche della nostra epoca, i disturbi del comportamento alimentare hanno assunto negli ultimi decenni un rilievo clinico e sociale di dimensioni preoccupanti Secondo le più attuali osservazioni epidemiologiche, infatti, nel mondo occidentale i disordini del comportamento alimentare sarebbero in considerevole e costante aumento. In Italia circa l'1% della popolazione adolescenziale soffre di anoressia, tra l'1% e il 5% di bulimia e tra l'8% e il 15% presenta condizioni in cui si evidenziano disturbi alimentari importanti o comportamenti indicatoti di rischio (Fabiola De Clerque "Paura di amare"). L'età di insorgenza del disturbo del comportamento alimentare è calcolata in genere tra i l4 e i 18 anni con una netta prevalenza femminile. In generale si parla di disturbo del comportamento alimentare quando siano presenti comportamenti scorretti verso il cibo, le cause sono multiple e in genere non vi è eziologia organica tranne in rari casi di alterato metabolismo. I fattori in gioco sono di tipo familiare (abitudini di vita, aspetti relazionali ecc.), individuale (carattere, maturità, autostima ecc.) e socioculturale. Nonostante si continui a parlare di anoressia e bulimia in termini di due distinte patologie del comportamento alimentare, e questo soprattutto per esigenze di tipo classificatorio, oggi sempre più autori concordano nel considerare più attuale l'ipotesi del continuum, preferendo parlare di Sindrome Anoressico-Bulimica (o Posizione Anoressico-Bulimica), inquadrando così i disturbi alimentari in una categoria nosografica globale, cui è sottesa una comune posizione psicodinamica, sebbene con forme di espressione individuale molto diverse. Sulla base dei dati osservati, risulta infatti come molte pazienti presentino una commistione delle due forme, all'origine delle quali si rileva la stesso identico terrore di ingrassare. Tra le differenze, laddove i due disturbi non coesistano, è importante invece rilevare che, se da un lato il disturbo anoressico si presenta in genere come egosintonico, accettato dunque e anche esibito, dall'altro il disturbo bulimico e vissuto più frequentemente come un impulso rifiutato ed irrefrenabile che comporta spesso un forte sentimento di vergogna. Questo dato si riflette anche nella letteratura, dal momento che 1'80% dei lavori scientifici riguarda 1'anoressia, e ciò a dispetto dei dati epidemiologici. L'anoressia probabilmente proprio per le più rapide ed evidenti conseguenze sul piano psicofisico e sociofamiliare, e forse anche in quanto situazione patologica non solo decisamente incontrollabile, ma fin troppo strettamente correlata alla nostra attuale cultura occidentale, consumistica ed edonistica, e maggiormente in grado di evocare in chi 1'osserva fantasmi spaventosi di morte. (dati recenti riportati sul Corriere della Sera del 29.9.99 indicano che i disturbi alimentari nella fascia di età tra i 12 e i 15 anni colpiscono dieci giovani su cento, in genere ragazze, anche se comincia ad emergere una nuova condizione: a soffrire di bulimia ed anoressia non sono più solo le ragazze , il 15% infatti sono maschi) CRITERI DIAGNOSTICI SECONDO IL DSM IV: Anoressia: Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minima normale per 1'età e la statura (perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto di norma). Intensa paura di acquistare peso o diventare grassi anche quando si e sottopeso. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo o eccessiva influenza di questi sui livelli di autostima o rifiuto di ammettere la gravita dell'attuale situazione di sottopeso. Assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi (amenorrea). Sottotipi: a) Con restrizioni (assenza di abbuffate o condotte di eliminazione). b) Con abbuffate e/o condotte di eliminazione (abbuffate regolari o condotte di eliminazione). Bulimia: Ricorrenti abbuffate. Caratteristiche: 1. mangiare in un definito periodo di tempo quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo. 2. Sensazione di perdere il controllo durante l'episodio. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso (vomito autoindotto, lassativi, diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo). Abbuffate e condotte compensatorie due volte alla settimana per tre mesi. Livello di autostima indebitamente influenzato dalla forma e dal peso corporei. Sottotipi: a) Con condotte di eliminazione (vomito, lassativi ecc.), b) Senza condotte di eliminazione (esercizio fisico, digiuno ecc.). FATTORI PSICODINAMICI: l. Il comportamento anoressico-bulimico e un sintomo ambivalente e multideterminato, interpretabile come: * un tentativo disperato di attenere ammirazione e conferma, di sentirsi unici e speciali, non importa se poi finisce per essere un modo per ricevere danno o punizione (ipotesi che pone un forte accento sulle caratteristiche culturali alienanti e massificanti della nostra società occidentale); * un tentativo di attacco alle eccessive aspettative genitoriali: se i genitori tendono a prendersi cura del bambino in funzione dei propri bisogni, piuttosto che di quelli del figlio, il bambino sviluppa allora nella prima infanzia un falso Se (se difensivo di Masterson), per compiacenza verso genitori, covando tuttavia le matrici di futuri comportamenti testardi e negativisti, che userà in adolescenza per aggredirli; * un tentativo narcisistico-onnipotente di sviluppare, attraverso la disciplina del corpo e il controllo del cibo, un senso di autonomia e di individualità (un "falso movimento" messo in atto per tentare di uscire da una dimensione psicologica ed esistenziale di dipendenza ed impotenza); 2. la preoccupazione riguardo al cibo e al peso e una manifestazione relativamente tarda, emblematica di un disturbo più fondamentale del concetto di Se. La maggior parte dei pazienti con anoressia e/o bulimia nervosa riferiscono di aver percepito "da sempre" dentro di se la convinzione di essere completamente inadeguati, impotenti, e incapaci di sostenere il giudizio degli altri 3. Tali fattori sano inoltre accompagnati da tratti cognitivi caratteristici, comprendenti: * un'errata percezione della propria immagine corporea * un pansiero infantile di tipo tutto-o-nulla, perlopiù concentrato solo sul presente * pensieri e rituali ossessivo-compulsivi * una percezione della realtà sociale ed un pensiero di tipo magicopersecutorio (bisogno-paura di essere "visti"). 4. Le abbuffate e l'uso di purganti non sono solitamente problemi impulsivi isolati, Generalmente in questi pazienti coesistono molti altri comportamenti tendenzialmente o scopertamente impulsivi o autodistruttivi, soprattutto nelle relazioni più intime e nella sessualità. Sempre più spesso si rileva inoltre anche l'abuso di molteplici sostanze psicoattive. FATTORI FAMILIARI: Nel caso dell'anoressia, di particolare interesse è il rapporto tra queste ragazze e le loro madri; il legame che le unisce tende ad essere particolarmente intenso e caratterizzato da una forte identificazione della madre con la figlia, forse anche come compensazione di una relazione deludente, ma taciuta, con il marito. Sono madri che spesso hanno sacrificato ambizioni e carriera al servizio della famiglia, così come era nelle aspettative sociali degli anni del pre-femminismo, e come conseguenza queste madri hanno sviluppato vissuti depressivi ed un attaccamento morboso alle proprie figlie. In relazione a ciò diventa comprensibile il particolare ed acuto senso di responsabilità che le anoressiche vivono nei confronti delle proprie madri, tale da determinare in molte situazioni un vero e proprio ribaltamento di ruolo. In queste famiglie la comunicazione passa ottusamente attraverso pochi crocevia sempre uguali, il più importante dei quali rimane sempre quello del cibo, un cibo senza sapore e senza senso, che copre ogni emozione. In questo modo tutta l'attenzione viene catturata dal corpo della propria figlia le cui difficoltà emotive sembrano non esistere. La paura che quel corpo possa rivelare le proprie mancanze e il proprio fallimento sembra molto più importante del dolore che dietro quel corpo si nasconde. Alla paradossale richiesta di essere una figlia ideale, l'anoressica risponde paradossalmente con la costruzione di un corpo ideale per sé e non per gli altri, unico spazio distinto da quello materno, sebbene l'assenza fisica ed emotiva della madre sia ancora intollerabile per chi non è stata aiutata ad elaborare la separazione nei tempi giusti. Cambiare questa organizzazione mentale per l'anoressica comporta la minaccia di tornare nella fusioneconfusione con l'altro; sentirsi invasi dalla propria madre impedisce di costruire se stesse. Si assumono cosi atteggiamenti dimostrativi che non costituiscono un'identità originale, ma solo oppositiva e artificiale (falso sé). Ogni figlia deve dunque staccarsi, anche se dolorosamente, dalla propria madre per costruirsi una propria identità. Questo percorso è tanto più difficile quanto più si è impigliati tra le maglie di una forte dipendenza nei confronti di chi non riesce ad accompagnare la propria figlia in questo cammino. Crescere e sperimentare emozioni con il consenso di una madre in grado di tollerare la frustrazione dell'allontanamento della figlia rende meno doloroso questo distacco ma soprattutto permette, in un momento successivo, un nuovo incontro e la nascita di una relazione adulta. Queste figlie, insomma, rappresentano il luogo ove i genitori sembrano esprimere i propri desideri, uno strumento per colmare un vuoto che non potrà mai essere riempito realmente. Anche nel caso della bulimia sono state evidenziate difficoltà rispetto alla separazione sia nei genitori che nelle pazienti stesse. Tema comune nella storia di queste pazienti è l'assenza di un oggetto transizionale utile per aiutare la bambina a separarsi psicologicamente dalla madre. Questa lotta evolutiva per separarsi può essere inscenata anche attraverso il corpo usato come oggetto transizionale (Gabbard); l'ingestione di cibo rappresenterebbe il desiderio di fusionalità simbiotica con la madre e l'espulsione un tentativo dl separarsene. Come le madri delle pazienti anoressiche, quelle delle bambine destinate a divenire bulimiche si rapportano spesso alle proprie figlie come se fossero estensioni di se stesse. Queste bambine sono spesso usate come oggetti sé per consolidare il sé del genitore. Tali famiglie, in cui ciascun membro dipende dall'altro al fine di mantenere un senso di coesione, si caratterizzano per una modalità particolare di gestire le qualità "cattive" inaccettabili. Queste, infatti, vengono spesso proiettate nella bambina bulimica che diviene così la depositaria di tutta la cattiveria. Identificandosi inconsciamente con queste proiezioni, essa diviene la portatrice di tutta l'avidità e l'impulsività della famiglia. Il risultante equilibrio omeostatico mantiene costante l'attenzione sulla bambina malata piuttosto che sui conflitti nei o tra i genitori. Spesso i disturbi del comportamento alimentare sono definiti come disturbi che hanno la loro origine nella relazione con la madre (funzione materna); e il padre? Il padre c'è ma spesso è silenzioso e assente. In non pochi casi questa assenza è carica di risentimento per essere stato espulso dalla coppia che oggi sembra formata dalla madre e dalla figlia, fuse e confuse, in cui l'una è prigioniera dell'altra. Di fronte a questa situazione egli non protesta e non agisce per timore di adontare e attaccare una figlia che già vede sofferente. Il corpo diventa allora il fulcro che richiama su di sé tutta l'attenzione. "Parlare del corpo e del cibo per non sentire il dolore". In questa condizione diventa difficile al padre ascoltare la richiesta silenziosa della figlia di essere liberata dal rapporto fusionale con la madre. Solo rientrando nel suo ruolo di compagno della madre egli potrà favorire il raggiungimento di quella separatezza e di quella identità personale così fondamentali per la crescita emotiva. FATTORI SOCIOCULTURALI: Il lavoro di Richard A. Gordon muove dall'ipotesi che il rapido e recente dilagare dei disturbi dell'alimentazione nelle nostre società, sia l'espressione estrema del mutamento radicale delle aspettative sociali nei confronti delle donne, che ha avuto luogo a partire dagli anni sessanta. I problemi psicologici principali di cui soffrono le pazienti affette da disturbi dell'alimentazione, focalizzati su questioni di autostima, autonomia e successo, costituirebbero perciò un riflesso ingrandito di conflitti molto più pervasivi, nel quadro culturale più vasto in cui si inserisce il ruolo della donna. La giovane malata esprimerebbe perciò, inconsapevolmente, una crisi culturale diffusa riguardante i dilemmi dell'identità femminile in un clima culturale in cui il ruolo della donna è definito in modo ambiguo e ancora limitato da un controllo prettamente maschile. L'identità femminile nella società odierna è soggetta a spinte contraddittorie difficilmente conciliabili: da una parte viene promosso un modello di femminilità tipo "superdonna", con forti pressioni al successo e nella condivisione del mito che la donna debba essere forte per compensare le presunte inadeguatezze maschili; dall'altro, però, continua a permanere nelle donne una percezione del proprio valore legata all'esigenza di aiutare ed assistere gli altri, la tendenza ad essere compiacenti, condiscendenti, passive e particolarmente sensibili alle richieste provenienti dall'esterno, in coerenza con l'educazione ricevuta al ruolo di "nutrici" . E nelle famiglie delle anoressiche queste richieste sono particolarmente pressanti ed acuiscono il paradosso per cui, pur attenendo spesso successi, queste donne si sentono prive di valore, secondo un ciclo di soddisfazione e svuotamento, un fare bene sentendosi male, in conseguenza al fatto che la loro identità si fonda sulla compiacenza e l'altruismo piuttosto che su un comportamento basato sui propri bisogni e su obiettivi autonomamente scelti. Come le anoressiche anche le bulimiche sono incapaci di elaborare una soluzione soddisfacente al problema dell'identità, restando prigioniere del dilemma di come integrare richieste cosi contrastanti. La loro soluzione al problema porta ad una profonda spaccatura del sé, tra una facciata di perfezione, compiacenza e capacità, da un lato, e dall'altro un sé nascosto che esprime ma allo stesso tempo blocca i sentimenti confusi di bisogno, rabbia e impotenza. La magrezza è l'ideale che tiene insieme gli elementi conflittuali della nuova identità femminile e la bulimia, di contro, una modalità autodistruttiva di elaborazione di sentimenti di solitudine, angoscia, depressione e rabbia. IL COMPORTAMENTO ANORESSICO: Osservando i conflitti psicologici che conducono alcune donne all'anoressia o bulimia, si giunge a dover fare i conti con problemi legati all'identità ed all'autostima. Come evidenziato da Hilde Bruch, una caratteristica dominante delle anoressiche è la presenza, durante la crescita, di sentimenti profondi di inadeguatezza, di incapacità di influenzare il proprio ambiente e di determinare il proprio destino. Si tratta di una percezione impoverita del sé derivante da un ambiente Familiare dove il successo costituisce spesso un valore dominante, ma che al contempo scoraggia l'espressione di comportamenti autonomi e doti individuali (famiglie invischiate). L'adolescenza, in quanto periodo dell'esistenza in cui si scontrano dilemmi e contraddizioni relativi all'infanzia e all'età adulta, alla conquista dell'identità sessuale e personale e alla relazione con il mondo, rappresenta il momento in cui una nebbia stordente di stimoli e di dolore mentale che urge dall'interno e non da' tregua dall'esterno, minaccia il giovane adolescente. Occorre ripartire daccapo, riguardo se stessi, gli altri, la vita. Tra l'altro soprattutto la natura in questo periodo si fa sentire in modo pressante, costringendo l'adolescente a fare i conti con se stesso a partire dal proprio corpo. Tutto è sollecitazione e pressione: il suo corpo in continuo cambiamento, la crescita che angosciosamente lo obbliga a fare i conti con il passare del tempo, il mondo esterno che non può più ignorare, l'incertezza rispetto alle proprie capacità. Vista in questo contesto di sviluppo, l'anoressia e/o la bulimia possono intendersi come tentativi estremi di risoluzione della crisi di identità adolescenziale. Il problema di solito si manifesta con qualcosa di difficile individuazione, generalmente una dieta, e il tarlo dell'eccesso ponderale inizia così a fasi strada fino a diventare un'idea dominante, tanto opprimente da richiedere quanto prima una soluzione... e questa si configura nella possibilità di controllare l'introduzione del cibo e attraverso di essa la relazione con il proprio mondo interiore e quello esterno. Caratteristica principale è la mancanza di qualsiasi preoccupazione circa il dimagrimento e, anche quando la perdita di peso raggiunge il 20-30% del peso iniziale, l'anoressica afferma di trovarsi normale, o anzi troppo grassa. Accanto al dimagrimento, altra caratteristica clinica è l'iperattività, sia sul piano motorio che intellettuale. Tale condotta, coscientemente sostenuta allo scopo di dimagrire, rivela anche disturbi dell'umore che vengono mascherati difensivamente con comportamenti di tipo ipomaniacale, L'iperattività, soprattutto intellettuale, rappresenta spesso una modalità difensiva sia rispetto alle sia rispetto alla propria dipendenza, tema centrale dei disturbi alimentari. Per la Bruch, la particolare preoccupazione riguardo al cibo e al peso, sono una manifestazione tardiva di un più importante disturbo relativo al concetto di sé. Secondo questa impostazione l'inesistente ed alterata percezione di sé, porta cosi la paziente a nutrire nel tempo sentimenti di inadeguatezza e incapacità; il giudizio dell'altro diventa allora quanto di più temibile si possa sostenere. <do non esisto se non attraverso gli occhi dell'altro". "Non esisto se non mi specchio" (e non solo metaforicamente; l'anoressica deve di continuo controllare i suoi confini corporei). Ma lo specchio è crudele e pericoloso, perché al posto della sua verità lei non ne ha altre da contrapporre, non ha storia, non ha spessore, non si piace. Completamente affidata agli occhi e al giudizio degli altri, per riceverne conferma o orripilante disconferma, tutte le mattine si prepara ad affrontare il mondo con una maschera che nasconda il vero impresentabile sé (sé segreto), che seppure sconosciuto, è comunque sicuramente ripugnante e inaccettabile. E se di tutte le maschere la più convincente è il corpo, un corpo magro sembra la migliore. Un corpo magro è un corpo sacrificale, e se per lei non c'è posto al mondo, allora non chiede nulla, riduce perfino il suo spazio d'ingombro. La magrezza diventa così l'unico aspetto di sé che si possa esibire in quanto dimostrazione della capacità di rinunciare a tutto e a tutti tra persone che sembrano invece dipendere da mille bisogni. Il non provare desiderio, il non sentire né dolore né fame, l'amputazione di aspetti di sé, di una parte di vita dove sono collocati emozioni e bisogni, galvanizzano in modo paradossale ogni suo comportamento e sembrano offrire un'autonomia mai avuta. All'origine di questa alterata percezione del Sé, la Bruch pone una relazione disturbata tra la bambina e la madre, che non riuscendo a vedere la figlia come altro da sé, e tenderebbe ad imporre le proprie sensazioni ed i propri bisogni, invece di aiutarla a percepire e a riconoscere i propri. Ne risulterebbe, fin dall'inizio della vita psichica, un disconoscimento dei confini dell'Io, con un conseguente difetto nella costruzione dell'immagine corporea e un'incapacità di riconoscere e discriminare le percezioni enterocettive relative a stimoli provenienti dal proprio corpo (fame, sazietà, freddo, fatica, impulsi sessuali, stati emotivi). Nell'anoressia, infatti, è presente l'alterazione di tutte le sensibilità, tattile, termica, dolorifica, sino alla perdita totale della percezione del proprio corpo spesso vissuto come estraneo, se non addirittura persecutorio, in quanto sede di continue ed imprevedibili trasformazioni. Il corpo rappresenta quindi un elemento sovversivo che deve essere bloccato, e poco o nulla importa alla paziente se ciò porta a raggiungere i più bassi livelli di BMI (indice di massa corporea). L'anoressia è infatti una latta asfissiante tra il morire di morte fisica e il morire di morte psichica. Dal punto di vista delle pazienti, la scelta di morte su uno dei due versanti salvaguarda implicitamente una qualche forma di esistenza sul versante apposto: l'unico modo per sopravvivere sul piano psichico è morire sul piano fisico; l'identità ideale per cui si deve combattere è quella psichica, non quella reale e attuale - fisica - che anzi deve essere abbandonata. Questa sorta di dissociazione psico-somatica che si può comunemente osservare in età adolescenziale, assume proporzioni drammatiche nell'anoressia e nei disturbi del comportamento alimentare in genere. Quanto più profonda è tale dissociazione, tanto maggiore è il controllo e la negazione che la paziente riesce ad esercitare sul proprio corpo, sui propri bisogni e sulla sensorialità corporea e tanto minore è il contatto con la realtà. Le alterazioni del rapporto con il proprio corpo non possono però essere ricondotte solo a difficoltà legate all'immagine sessuale o estetica. Esse riguardano in modo profondo l'esperienza stessa del corpo, di avere un corpo, anzi, di essere un corpo che l'anoressica ha la pretesa di trattare come un oggetto mentale e non reale e in contatto con la realtà: "una creazione delle attività mentali" ( A. Ferrari). La mente delle pazienti anoressiche non tollera la realtà fisica del proprio corpo, cosi, imponendosi una sorta di coprifuoco mentale che ne cancelli i segni di esistenza, cerca di non riconoscerlo, di espellerlo, di negarne la consistenza, chiudendosi in un isolamento di orgogliosa onnipotenza. In questo modo la mente perde la funzione di filtro e di trasformazione degli stimoli endogeni e viene meno la sua capacità di mediazione col mondo esterno. Questi soggetti non tollerano il conflitto emotivo troppo nutrito di odio e violenza, relativo sia alla crescita che alla funzione sessuale e alla responsabilità di essere se stesse. Quando il sistema anoressico diventa così esteso e rigido che ogni emozione ed ogni evento al di fuori di questo diventano fonte di angosce incontenibili, la paziente risponde incrementando i meccanismi di controllo e iperattività ideativa, allontanandosi in tal modo sempre più dalla possibilità di un contatto con il proprio corpo e la realtà. Il controllo agito sul corpo può dare alla mente l'illusione di controllare la realtà, in particolare la realtà che cambia. In questi casi si può cogliere manifestamente come psiche e corpo cessino di essere una mutua funzione, per diventare invece due elementi che esistono l'uno a scapito dell'altro. Il corpo, dove di fatto vengono convogliate tutte le energie esistenziali, è non solo "vittima sacrificale", ma paradossalmente anche il mezzo attraverso il quale cercano di farsi strada un tentativo di evoluzione psichica e un abbozzo di identità, È una piccola rivoluzione silenziosa, un modo per riguadagnare uno spazio, per esprimere i propri bisogni, quei bisogni che la mente non riesce a pensare. Il corpo, che urla la sua denuncia al mondo, che esibisce la sua sofferenza fatta per essere vista, rappresenta dunque ciò che la mente non può pensare. IL COMPORTAMENTO BULIMICO: Se l'anoressia rappresenta il tentativo di ridurre il proprio spazio al minimo, la bulimia di contro rappresenta il tentativo di dilatarsi e occupare spazio, rendere l'illimitato limitato. Anche la bulimica, con la sua indisciplinata impulsività, come l'anoressica rimanda al vissuto del corpo, con il quale vi è analoga difficoltà ad entrare e a rimanervi in contatto. La ricerca del contatto e delle sensazioni fisiche che non riesce però a portare a soddisfacimento in quanto le esperienze vengono vissute solo a livello sensoriale e non elaborate, può innescare comportamenti abusivi e trasgressivi in tutti i campi, Anche l'impulso a tagliuzzarsi o a ferirsi, spesso presente in questi disturbi, per quanto autodistruttivo possa apparire, rappresenta tuttavia per qualche verso un tentativo di entrare in contatto con il proprio corpo, di percepirlo e sentirlo. La dissociazione psicosomatica che separa la mente dal corpo, impedisce cosi lo sviluppo dell'esperienza emotiva, bloccando proprio il processo di elaborazione psichica dell'esperienza. Tutto ciò si traduce nella mancata esperienza di sé e nell'impossibilità di riempire quel vuoto inquietante che la paziente sente dentro. Anche quando l'esperienza vissuta viene eventualmente mentalizzata, rimane dissociata dal corpo, come disincarnata, denunciando così il difetto di contatto della paziente con se stessa. Al vuoto di consapevolezza e di crescita, la bulimica reagisce con il gonfiarsi sostitutivo di una fantasia ideale sempre più distante dalla sua esperienza concreta e reale, tanto più fragile quanto più gonfiata e sempre più deludente (A. Ferrari). Caratteristica dell'atto bulimico è la sua ripetizione senza fine che scava il vuoto stesso che cerca illusoriamente di colmare: si può affermare cioè che sia mosso da un desiderio che rimane inappagato e che perciò innesca la ripetizione. In queste condizioni quelli che vengono bloccati sono proprio i livelli di base del processo mentale più vicini al funzionamento del corpo, riguardanti la registrazione, il contenimento, la modulazione e l'elaborazione dell'informazione. Se ad una prima impressione la bulimia nervosa sembra apparire come l'estremo opposto dell'anoressia, si è poi costretti ad ammettere il paradosso per il quale esiste invece una stretta analogia tra le due condizioni morbose: ad un livello più superficiale la connessione si evidenzia innanzitutto nell'elemento comune che riguarda il controllo del peso corporeo; ad un livello più profondo la connessione è insita nell'analoga difficoltà ad entrare in contatto con il proprio corpo. In termini molto generali, osserviamo come nella bulimica, dopo la fase prettamente alimentare in cui può arrivare ad introdurre fino ad oltre 5000 calorie, ha luogo una drammatica crisi del vissuto che può arrivare ad assumere il tono di una vera e propria tempesta emotiva: un'opprimente senso di colpa si impadronisce della ragazza che si sente prigioniera in una morsa di angoscia e di depressione. Insieme ad un cupo senso di vuoto esistenziale si snodano contemporaneamente sentimenti di ansia, rabbia, aggressività e colpa con perdita dell'autostima, perdita del controllo, demotivazione, noia, disorientamento progettuale e intorpidimento della volontà. Su questo sfondo, il ricorrere alle tecniche catartiche (vomito autoindotto) acquisisce di fatto un effettivo valore liberatorio nei confronti del paralizzante mulinello emozionale e cosi dopo aver vomitato o dopo aver assunto ampie dosi di purganti, il soggetto riacquista finalmente una discreta stabilità emotiva. La bulimia, che è la manifestazione chiara di una carica pulsionale che non trova altre modalità di espressione, si manifesta come una fame inesauribile per un difetto o un cortocircuito della possibilità di elaborazione psichica. Essa rappresenta, come l'anoressia, una soluzione che inganna: è credere di trovare nel cibo la cosa che si cerca solitamente nell'amore, è pensare di poter fare a meno degli altri; il cibo diventa allora il partner ideale. Abbiamo già sottolineato quanto la bulimia appaia come il contrario dell'anoressia: la pulsionalità delle bulimiche opposta all'idealismo ascetico delle anoressiche. Le bulimiche generalmente utilizzano le relazioni alla ricerca di una punizione o di un danno dall'esterno, mentre nelle anoressiche prevale il ritiro dalle relazioni. Mintz ha individuato l'origine del bisogno di punizione delle pazienti bulimiche come il risultato di un'aggressività inconscia verso i genitori, che verrebbe spostata sul cibo, distrutto voracemente o espulso con il vomito per scaricare la rabbia e i cattivi oggetti interni. Il passaggio dall'anoressia alla bulimia sembra avvenire quando i meccanismi di difesa dalla "dipendenza", rimozione e negazione, vengono meno. Il passaggio inverso avviene molto più raramente. Nelle pazienti bulimiche, come in quelle anoressiche, spesso si rilevano difficoltà nel processo di separazione individuazione. L'Anoressia Nervosa porta a un costante rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del livello minimo normale per l'età e la statura, si è pervasi da un'intensa paura di ingrassare e da una visione distorta delle proprie forme corporee. Quindi i criteri diagnostici sono: severa perdita di peso; paura di ingrassare; preoccupazione per il peso e le forme corporee; amenorrea. La Bulimia Nervosa porta invece ha un costante bisogno di assumere grandi quantità di cibo che poi sono eliminate attraverso condotte compensatorie quali il vomito autoindotto, l'abuso di lassativi o l'esercizio fisico intenso. Quindi i criteri diagnostici sono: abbuffate ricorrenti; comportamenti di compenso (vomito, uso di lassativi, diuretici, enteroclismi…); abbuffate due volte alla settimana per un periodo non inferiore a tre mesi; preoccupazione per il peso e le forme corporee. Spesso questi due disturbi compaiono associati nella stessa persona che alterna periodi di "digiuno assoluto" a periodi di "grandi abbuffate". Se i sintomi non soddisfano la diagnosi di anoressia o di bulimia ma ricalcano una o l'altra sindrome si parla di "Disturbo dell'alimentazione Non Altrimenti Specificato.