Giuseppe Verdi
Il più famoso compositore italiano, ancora oggi ammirato in tutto il mondo, nacque a Le Roncole, vicino Busseto
(Parma) il 10 ottobre 1813, durante gli ultimi anni di dominio napoleonico. Il suo certificato di nascita originale è
stato infatti stilato in francese. Il padre Carlo era un modesto locandiere di paese e la madre Luigia Uttini era
filatrice. Già in tenera età il giovane Verdi manifestò la sua forte predisposizione per la musica e ricevette la sua
prima educazione musicale da Pietro Baistrocchi, l'organista di chiesa di Roncole. Per alcuni anni Verdi stesso fu
organista nella chiesa locale, ma appena decenne lasciò il paesino natale per Busseto: l'ambiente culturale di questa
cittadina avrebbe certo avuto un effetto più benefico sulla sua educazione. A Busseto Verdi alloggiò nella casa di
Antonio Barezzi, commerciante e amante appassionato di musica, che lo ingaggiò come insegnante di musica per
la figlia Margherita, di cui Verdi s'innamorò. In questo periodo Ferdinando Provesi, maestro della Società
Filarmonica locale, gli diede lezioni di spinetta e di composizione. Anche se non fu ammesso al Conservatorio di
Musica di Milano avendo già superato il limite d'età, Verdi maturò comunque una formazione musicale più
profonda soltanto nel capoluogo lombardo, dove dal 1832 al 1835 decise di studiare contrappunto con Vincenzo
Lavigna che era stato clavicembalista al Teatro La Scala. Per il primo anno di studi Verdi usufruì di un
finanziamento da parte di Barezzi, mentre negli anni successivi ottenne un considerevole aiuto economico da una
borsa di studio del Monte di Pietà di Busseto. A Milano Verdi fu un assiduo frequentatore di teatri: in questo modo
ebbe la possibilità di conoscere il repertorio operistico del suo tempo.
Una volta tornato a Busseto, nel 1836 Verdi ebbe in sposa la figlia di Barezzi e accettò il posto di Maestro nella
scuola di musica locale, un incarico a cui dovette rinunciare nel 1838 quando si trasferì nuovamente a Milano con
la famiglia. L'anno seguente Verdi propose la sua prima opera al Teatro alla Scala, Oberto, Conte di San
Bonifacio, (chiamata originariamente Rocester). Questa rappresentazione ebbe grande successo e rappresentò
quindi un forte incoraggiamento sia per l'autore sia per la casa editrice milanese Ricordi che subito si assicurò i
diritti sulla sua prossima opera: questa fu la nascita di un legame duraturo che conobbe pochi momenti di contrasto.
Anche l'impresario del Teatro alla Scala, Bartolomeo Merelli, offrì a Verdi un contratto per due altre opere.
Il primo di questi due melodrammi fu Un Giorno di Regno (Il finto Stanislao), un'opera comica, eseguita un'unica
volta nel 1840. Che questa rappresentazione risultò essere un vero fiasco non deve sorprenderci in quanto tra il
1838 e il 1839 gli vennero a mancare i due suoi figli e nel 1840 la moglie morì improvvisamente di encefalite.
Verdi perse tutta la sua gioia di vivere. Si convinse di non poter più trovare alcuna consolazione nell'arte e decise
così che non si sarebbe mai più dedicato alla composizione musicale finché Merelli non lo incoraggiò a scrivere la
musica per il libretto di Nabucco, i cui versi subito commossero profondamente Verdi per il loro tono biblico.
L'opera, che venne rappresentata per la prima volta due anni più tardi, finalmente rivelò il vero talento di Verdi in
tutta la sua magnificenza. Il coro patriottico 'Va Pensiero' presente in quest'opera diventò presto molto conosciuto
e amato dal popolo italiano.
Nel 1851 Verdi e Giuseppina Strepponi, soprano e protagonista femminile di Nabucco nel 1842, con la quale lui
aveva vissuto per alcuni anni, si trasferirono dal centro di Busseto, dove gli abitanti non vedevano di buon occhio
la loro unione illecita, alla villa Sant'Agata, poco lontano dalla cittadina. Qui il Maestro, all'apice del successo e del
benessere economico, iniziò ad alternare il suo lavoro di compositore con l'impegnativo compito di gestione di tutti
i poderi che a poco a poco aveva acquisito.
Per quanto riguarda le sue composizioni, gli anni che vanno fino al 1853 rappresentarono un periodo di attività
frenetica per Verdi in cui egli scrisse e mise in scena una quindicina di opere, tra la quali ricordiamo Macbeth
(Firenze, 1847), il suo primo soggetto shakespeariano, e soprattutto quelle che oggi sono conosciute come "le
grandi tre", 'RigTrovTrav': Rigoletto (Venezia, 1851), Il Trovatore (Roma, 1853) e La Traviata (Venezia,
1853). Questi furono gli anni del fermento patriottico del Risorgimento, animati dalle guerre per l'indipendenza
nazionale e da battaglie che Verdi appoggiò e che trovarono fervida espressione in alcune delle sue opere, come
per esempio in La battaglia di Legnano (Roma, 1849).
Nel 1853 Verdi si recò con Giuseppina a Parigi per dedicarsi all'allestimento de Les Vêpres Siciliennes per l'Opéra
di Parigi, dove venne rappresentata due anni più tardi con modesto successo. Verdi si trattenne nella capitale
francese per un certo periodo non solo per difendere i suoi diritti di fronte ai plagi del Théâtre des Italiens, ma
anche per dedicarsi alla traduzione di alcune delle sue opere.
Nel 1859 Un Ballo in Maschera fu messo in scena a Roma e divenne il più grande successo di Verdi dopo Il
Trovatore, proposto sei anni prima. Un Ballo in Maschera è un'opera che narra dell'assassinio di un re svedese:
proprio per questo motivo fu completamente censurata e ritirata da Napoli e fu quindi possibile rappresentarla
soltanto a Roma. Il 29 agosto dello stesso anno Verdi e Giuseppina si sposarono a Collonges-sous-Salève, vicino
Ginevra. Tre anni dopo lui e la moglie si recarono insieme a San Pietroburgo per curare la supervisione de La
Forza del Destino: la prima di quest'opera venne rappresentata al Teatro Imperiale nel novembre del 1862.
Nel 1865 Verdi lasciò il suo posto di deputato del Parlamento Italiano che aveva occupato per ben quattro anni.
Nello stesso anno una versione rivista di Macbeth fu data a Parigi, anche se l'opera più famosa del compositore
nella capitale francese rimase poi il Don Carlos che fu rappresentato l'11 marzo del 1867 e che venne più volte
rivisto per ulteriori edizioni italiane. Sempre nel 1865 morirono sia Antonio Barezzi che Carlo Verdi, padre di
Giuseppe: quest'ultimo e Giuseppina divennero tutori di Filomena Maria Cristina, la figlia di sette anni di uno dei
cugini di Verdi che sarebbe diventata sua erede.
Tre anni dopo Verdi accettò di comporre un'opera per l'inaugurazione del nuovo teatro al Cairo voluto dal viceré
d'Egitto: nel dicembre del 1871 finalmente si poté qui assistere alla prima di Aida. L'8 febbraio dell'anno seguente
la prima europea di Aida venne invece eseguita con grande plauso al Teatro alla Scala. Al giorno d'oggi quest'opera
rappresenta indubbiamente il più grande successo di Verdi e viene allestita ogni autunno alle Piramidi di Giza a Il
Cairo, così come ogni estate all'Arena di Verona.
Tra le opere scritte da Verdi negli anni seguenti è doveroso ricordare La Messa da Requiem composta nel 1873 in
onore ad Alessandro Manzoni, il grande poeta e patriota italiano, morto il 22 maggio dello stesso anno. Questo
grande brano musicale venne eseguito e diretto dallo stesso Verdi nella chiesa di San Marco a Milano in occasione
del primo anniversario della morte di Manzoni. Nel 1879 il poeta-compositore Boito e l'editore Ricordi persuasero
Verdi a scrivere un'altra opera, Otello, che venne però completata soltanto nel 1886. Questa fu la sua opera tragica
più imponente. Un altro capolavoro, Falstaff, fu completato nel tardo 1892 e la prima, rappresentata al Teatro alla
Scala alcuni mesi più tardi il 9 febbraio, fu un gran trionfo. Alla fine di questa sua intensa e gloriosa attività
musicale Verdi compose i 'Quattro pezzi sacri' (Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine, Te Deum).
Giuseppina, per cinquant'anni l'amorevole compagna e instancabile sostenitrice di Verdi in tutte le sue alterne
vicende, morì a Sant'Agata nel 1897 e da quel momento Verdi iniziò a prolungare sempre di più i suoi soggiorni a
Milano. Fu proprio qui a Milano che Giuseppe Verdi morì di emiplegia alle 2.50 del pomeriggio del 27 gennaio
1901 nel Grand Hotel dove era solito alloggiare quando andava in visita alla città. Con lui quando morì si
trovavano i parenti e gli amici più stretti.
Non appena la morte di Verdi fu annunciata, una folla si raccolse sulla strada di fronte al Grand Hotel che venne
ricoperta di paglia in modo da smorzare lo scalpiccio degli zoccoli di cavallo e il frastuono delle ruote dei carri e
delle automobili. Nel giro di ventiquattro ore tutti gli stendardi di Milano vennero listati a lutto, così come le
edizioni speciali pubblicate dalle maggiori testate giornalistiche. In segno di cordoglio i negozi e i teatri della città
rimasero chiusi per tre giorni consecutivi, mentre il Senato Italiano e la Camera dei Deputati (della quale Verdi
stesso una volta era stato membro) si preoccuparono di organizzare i preparativi per dar omaggio a questo grande
uomo. Non ci furono soltanto manifestazioni di sconcerto per l'enorme perdita, ma anche momenti dedicati alla
celebrazione della statura di Verdi come uomo, musicista e cittadino italiano, un personaggio che non aveva
semplicemente vissuto in un'epoca storica fondamentale per la nazione italiana, ma che in un certo senso l'aveva
anche caratterizzata. Verdi aveva lasciato disposizioni per una sepoltura piuttosto semplice, ma l'umore nazionale
impose di offrire un omaggio più conveniente a una delle figure più illustri d'Italia. Alle 6 del mattino di mercoledì
30 gennaio, il traffico milanese si fermò per far strada alla lunga processione che si snodava attraverso la città con
migliaia di persone al suo seguito. Puccini e Leoncavallo erano alcuni dei rappresentanti più celebri della giovane
generazione di compositori italiani che formarono il cuore del corteo in lutto. La salma di Verdi fu
provvisoriamente sepolta vicino a quella di Giuseppina nel Cimitero Monumentale, ma ben presto fu deciso di
trasferire entrambi nella cappella della Casa di Riposo, l'istituto di beneficenza per 100 musicisti in pensione meno
fortunati di lui, fondato e finanziato da Verdi stesso.
Giuseppe Verdi: l'infanzia
All'anagrafe, l'atto di nascita di Giuseppe Verdi figura in francese. Nel 1813, infatti, l'Italia era ancora sotto
Napoleone Bonaparte. Ma dopo la campagna di Russia e la sconfitta di Napoleone, l'Italia fu divisa dai vari
dominatori in molti stati. Convivevano molte identità nazionali e molte lingue, e per passare da uno stato all'altro
bisognava passare la frontiera e pagare un dazio.
Verdi visse a Le Roncole di Busseto, in campagna. Il padre era un oste e la madre una filatrice. Il bambino Verdi fu
subito attratto dall'organo della chiesa e presto imparò a suonarlo. Il padre di Verdi comprese il talento del figlio e
con molti sacrifici gli regalò una spinetta, oggi in esposizione alla Casa di Riposo per Musicisti, a Milano. Un
accordatore chiamato a sistemare lo strumento, lasciò un suo biglietto dentro la spinetta, che vedendo la buona
disposizione che ha il giovinetto Giuseppe Verdi di imparare a suonare questo istrumento, che questo mi basta per
essere del tutto pagato.
Il piccolo Verdi prende lezioni dal maestro Trovesi di Busseto, suona l'organo, studia in biblioteca, dirige la banda
e a 15 anni è considerato un ottimo pianista. Probabilmente sarebbe rimasto sempre a Busseto se non avesse
conosciuto Antonio Barezzi, un ricco commerciante di Busseto, appassionato di musica, mecenate della
filarmonica del posto. Giro turistico a Busseto: la chiesa di San Bartolomeo, in cui Verdi suonava l'organo, la
piazza principale - piazza Verdi - col monumento in sua memoria e il Teatro Verdi. Infine, vediamo ricostruzioni di
carrozze reali e virtuali, i mezzi di locomozione dei tempi di Verdi.
Giuseppe Verdi: Gli studi e la formazione
Antonio Barezzi fu una figura chiave nella vita di Verdi. Aveva una drogheria e viveva con agio. Era un
appassionato di musica e in casa propria dava asilo alle prove della Filarmonica di Busseto.
Barezzi comprese subito il talento di Verdi e lo mandò a Milano a studiare, sostenendolo economicamente. A 18
anni Verdi affronta l'esame in conservatorio, ma non lo supera. La commissione ritiene che, come pianista, abbia
superato di due anni il limite d'età per l'ammissione. Verdi infatti si presentò per studiare pianoforte e non
composizione. Barezzi gli paga le lezioni private, lo abbona alla Scala, gli compra un pianoforte e provvede a tutto
quello che occorre a Verdi per la sua formazione musicale e intellettuale. Piero Angela sottolinea l'importanza del
sostegno per le persone di talento che non possono permettersi di studiare. A questo proposito cita la fondazione
Mac Arthur, statunitense, che sguinzaglia esperti in tutto il mondo per scoprire geni in ogni campo. A queste
persone la fondazione Mac Arthur regala soldi che gli permettono di svilupparsi come meritano.
Barezzi concede a Verdi anche la mano di sua figlia Margherita. Verdi concorre per diventare Maestro di Cappella
della chiesa di Busseto e direttore della filarmonica, ma la nomina scatena una battaglia. Il parroco sostiene un
candidato che non è Verdi, e i paesani conducono un valoroso sciopero, rifiutandosi persino di andare a messa.
Interviene Maria Luigia di Parma, finché Verdi viene nominato direttore della filarmonica, incarico che gli
permette di dedicarsi alla composizione.
Giuseppe Verdi: l'approdo alla Scala
La vita a Busseto è serena, ma Verdi ha la mente alla Scala, il tempio in cui si misurano i compositori di valore,
approdo e passaporto per il suo futuro di artista. Già nel primo soggiorno a Milano, Verdi aveva frequentato il caffè
Martini, dove erano passati Bellini, Rossini, Donizetti, e aveva conosciuto molti artisti. Ma da Busseto non gli era
possibile curare le relazioni col mondo intellettuale milanese. Nascono i suoi due figli. Margherita lo spinge a
trasferirsi a Milano. A Milano iniziano anni duri. Muoiono i due figli, Virginia e Ilicio, ancora molto piccoli. La
morte dei neonati era un fenomeno molto comune nell'ottocento, come dimostra il professor Corsini, docente di
demografia, intervistato da Angela. "Oberto conte di San Bonifacio", prima opera di Verdi, viene rappresentata alla
Scala. A quei tempi l'orchestra non era nella buca ma occupava parte della platea. Non sempre c'era il direttore
d'orchestra, ed era il primo violino a dare indicazioni di movimento. Le poltrone non esistevano, e i posti migliori
erano i palchi di prim'ordine. C'era anche una fila di sedili, sotto i plachi, destinati alle signore. Alla prima
dell'Oberto tutta la filarmonica di Busseto è presente. L'Oberto è un discreto successo e l'editore Ricordi pubblica
la partitura. Ma i compensi non bastano a pagare i debiti. Margherita impegna al Monte di Pietà alcuni gioielli
personali. L'amata moglie di Verdi muore poco dopo di meningite: aveva ventisei anni. Verdi è distrutto. Su
commissione, scrive l'opera "Un giorno di regno", opera comica che si rivela un totale fallimento. Verdi decide "di
non comporre mai più", come risulta dalla sua autobiografia.
Giuseppe Verdi: Le prime opere
Oberto conte di San Bonifacio è la prima opera scritta da Verdi, su libretto di Temistocle Solera, e fu rappresentata
alla Scala nel 1839. E' inevitabile sentire l'influsso dei suoi celebri contemporanei, Rossini, Bellini, Donizetti.
L'opera però contiene anche i tratti tipicamente verdiani che emergeranno in seguito.
Oberto ebbe 14 repliche. Meno di tre mesi dopo andò in scena Un giorno di regno, su libretto di Felice Romani, e
fu un totale insuccesso. Fu l'unica rappresentazione di quell'opera, e fu per Verdi l'ennesimo dispiacere. In quel
tempo infatti la sua vita fu attraversata da terribili lutti in famiglia. Nel giro di un anno erano morti i suoi due figli,
e la moglie Margherita, figlia del suo amato tutore Barezzi - per lui un vero padre d'adozione - era morta una
settimana prima dell'Oberto. Verdi dichiara: "con l'animo straziato dalle sventure domestiche, esacerbato
dall'insuccesso del mio lavoro, decisi di non comporre mai più".
Giuseppe Verdi: Nabucco
Verdi discute con l'impresario Merelli la realizzazione di Nabuccodonosor, su libretto di Temistocle Solera. Per
risparmiare sull'allestimento, l'impresario decide di utilizzare scene e costumi di altre opere, risistemati. Assistiamo
a una pratica comune del teatro: con vera arte, sarte, costumisti e scenografi sono capaci di creare, con pochi
interventi, effetti magnifici. Si prova il coro Va pensiero. Attratti dall'irresistibile forza di quelle armonie, donne
delle pulizie, macchinisti, e perfino gli orchestrali cantano sottovoce. Va pensiero è il canto con cui gli ebrei, tenuti
in cattività, sognano di tornare nella patria lontana. E' incontenibile la suggestione e il potere identificativo che ha
quella musica e quel testo, sugli italiani del tempo. Si prova il finale del primo atto. Il teatro si riempie di pubblico
improvvisato, attratto dalla musica. Prima rappresentazione: teatro alla Scala 1842. Giuseppina Strepponi, presente
nel cast, famoso soprano e donna di grandi talenti, sostenitrice della musica di Verdi, si rivela al di sotto della
propria arte. La sua voce, consumata dall'eccesso di recite, è stanca. Alla prima di Nabucco è presente Gaetano
Donizetti, uno dei più importanti compositori italiani, contemporaneo di Verdi. Grande successo: Nabucco
possiede una forza selvaggia e trascinante, adatta ai sentimenti italiani del tempo. Era la forza, non solo la bellezza
che aveva trascinato il pubblico; la sua brutalità. L’italia allora aveva bisogno di questa forza. Alla terra della
bellezza divenuta tema di schiavitù questa schiavitù iniziava a pesare; il canto accurato di Bellini non poteva più
essere la sua voce, la nuova voce che i fermenti in lei si agitavano era VERDI.
Giuseppe Verdi: Il trionfo del Nabucco
Milano è oppressa dagli austriaci; Verdi è straziato dal dolore per aver perso in brevissimo tutta la sua famiglia. I
due figli e l'amata moglie Margherita, sono morti. E' infelice perché la sua ultima opera, Un giorno di regno è stato
un totale insuccesso. E' infelice perché vive in una patria amata ma prigioniera degli odiosi austriaci. Ha già
rispedito i mobili a Busseto, sta per tornare definitivamente in campagna.
Nevica fitto, Verdi è depresso, passeggia in galleria De' Cristoforis a Milano e incontra per caso l'impresario
Merelli che subito gli propone un libretto. Verdi gli risponde che con la musica ha chiuso, non ne vuole più sapere.
Merelli insiste, Verdi è irremovibile, ma Merelli riesce a lasciare nelle mani di Verdi il libretto di Nabucco. Verdi,
suo malgrado, passa la notte a leggere il libretto, fin quasi a impararlo a memoria, come ci raccontano le sue
memorie. In breve tempo la musica è pronta. Iniziano le prove, e Giuseppina Strepponi, prestigioso soprano del
tempo, è nel cast. Strepponi prova una grande ammirazione per Verdi, e lui per lei. Qualche anno più avanti
inizierà la loro intensa storia d'amore, che durerà tutta la vita.
Giuseppe Verdi e il risorgimento: Nabucco e I Lombardi alla Prima Crociata
Con il trionfo riscosso dal Nabucco, rappresentato alla Scala nel 1842. Librettista del Nabucco fu Temistocle
Solera. Verdi aveva certamente in mente e nel cuore un forte sentimento della libertà, e forse anche un messaggio
profondo. La storia degli ebrei che si ribellano all'oppressore assiro Nabuccodonosor cela tra le righe il desiderio
del popolo italiano di liberarsi dagli austriaci. Gli ebrei quasi diventavano gli italiani e Gerusalemme, la patria
perduta, diventava l’Italia. Giovani repubblicani sognavano di fare del’Italia una nazione che soo una voce legava:
la Musica, riunificandola nel sentimento.
Nel cast del Nabucco fu presente Giuseppina Strepponi, grande soprano del tempo e futura moglie di Verdi.
Dalla musica alla storia. A Milano, il salotto della contessa Clara Maffei riunisce gli intellettuali più importanti del
tempo: si discute il problema dell'Italia spezzata. La rappresentazione de I Lombardi alla prima crociata, nel 1843,
quarta opera di Verdi, innesca nuovi fermenti, tanto che il librettista Solera e l'impresario Merelli sono costretti a
sottoporre la nuova opera di Verdi alla censura politico-religiosa . Il successo è grande: la lettura patriottica de I
lombardi è ancora più marcata che nel Nabucco, presentandosi i crociati come 'lombardi'. Nelle ultime scene
dell'unità si vede il teatro alla Scala e il suo pubblico, che acclama dal loggione.
Giuseppe Verdi e il Risorgimento: Giovanna d'Arco e Attila
Un pianoforte a rulli gira per le strade di Milano, suonando le arie dell'opera Giovanna D'Arco. Ciò serve a
testimoniare che la musica di Verdi è diventata la bandiera della protesta italiana contro l'oppressore. Il popolo ne
approfitta per trasformare il testo:
Viva l'eroica vergine che l'Anglia (Inghilterra) debellò diventa Viva l'eroica vergine che l'Austria debellò. Ne
nascono disordini. I soldati austriaci intervengono per sciogliere i capannelli di cittadini ribelli. Con lo stesso
spirito patriottico è accolta nel 1846 l'opera Attila (su libretto di Temistocle Solera e Francesco Maria Piave). E' un
trionfo, prima al Teatro La Fenice, poi alla Scala. Nell'ultima parte dell'unità si vedono scene dal teatro. Il pubblico
entusiasta canta le arie dell'Attila. Assistiamo dietro le quinte al funzionamento di alcune macchine di scena che
creano il magico effetto del sole nascente
Giuseppe Verdi: censura e moralità alla metà dell'800
Nel 1844 Verdi si trasferisce a Venezia per tre mesi e lì incontra Francesco Maria Piave, il librettista con cui
collaborerà per molte opere. Ai poeti Verdi chiedeva concisione, perché, in un opera, il vero messaggio è la musica
a darlo. Dallo sceneggiato di Castellani vediamo la ricostruzione della prima di '"Ernani", girata al Teatro La
Fenice prima dell'incendio del 1996. Nel 1848 la musica di Verdi era diventata la colonna sonora del Risorgimento,
soprattutto a Milano. Vediamo scene dalle "cinque giornate", una provvisoria vittoria dei milanesi contro gli
austriaci. La censura avvelena continuamente il lavoro di Verdi. Inizialmente Rigoletto viene bocciato: un gobbo
buffone di corte non può attentare al Duca di Mantova, l'odioso libertino che gli ha sedotto la figlia. Anche "Un
ballo in maschera" viene sottoposto a censura, arrivando persino in tribunale. Giuseppina Strepponi è diventata la
compagna di Verdi. La loro relazione è molto discussa, soprattutto a Busseto, dove Verdi compra Palazzo Cavalli.
Strepponi è una donna di grande cultura, parla molte lingue, vera artista e dama di grandissimo stile. Angela
intervista Carla Fracci, la "Giuseppina Strepponi" nello storico film di Renato Castellani su Giuseppe Verdi. Fracci
e Angela discutono sulla relazione privata tra Verdi e Strepponi, basandosi sui documenti pervenuti e su
ricostruzioni ipotetiche, che la storiografia non ha ancora siglato. Verdi e Strepponi si trasferiscono nella Villa di
Sant'Agata, vicino Piacenza. E' un grande podere con una bellissima residenza per la coppia. La bambina Filomena
Verdi, nipote del compositore, è molto amata dalla coppia Verdi, che la adotta.
Giuseppe Verdi e il risorgimento: 1848
Mentre in Italia accadono gli eventi che innescheranno i moti del '48, Verdi sta lavorando all'estero. Nel luglio del
1847 va in scena a Londra I masnadieri. Nel novembre dello stesso anno, a Parigi, Jerusalem che è l'adattamento in
grand-opéra dei Lombardi alla prima crociata. A Parigi restò fino al 1849, a parte il breve soggiorno italiano fatto
con Giuseppina Strapponi, in occasione del quale comprò una casa a Busseto. A Parigi scrisse anche l'opera Il
corsaro che fu rappresentata a Trieste senza l'intervento di Verdi. Torniamo a Milano. Dopo le famose Cinque
giornate, Milano si libera dagli austriaci. La contessa Clara Maffei trasforma il suo salotto intellettuale in un
ambulatorio d'emergenza. Mazzini, fervente repubblicano, entra a far parte del salotto repubblicano della contessa
Maffei. Per liberare la Lombardia dagli austriaci si chiede aiuto all'esercito piemontese. La guerra che ne sorge è
sfavorevole per gli italiani. Lo scrittore Giulio Carcano si reca a Parigi da Verdi con una richiesta: che il Maestro,
molto considerato da Napoleone III di Francia, sottoscriva una petizione di richiesta di alleanza francese, contro gli
austriaci. Alla fine dell'unità si vede che l'esercito austriaco è rientrato a Milano. La guerra con le armi è stata un
fallimento. Da questo momento in poi diventerà soprattutto diplomatica.
Giuseppe Verdi: Il Trovatore
"Il Trovatore", melodramma in quattro atti del 1853 (prima rappresentazione al Teatro Apollo di Roma),
appartiene, con "Rigoletto" e "Traviata", alla famosa trilogia popolare. Nell'unità vediamo una ricostruzione
storica: la sera della prima il pubblico si recò in teatro nonostante le strade fossero state allagate dallo
straripamento del Tevere. Verdi scrisse al suo amico Arrivabene "Quando andrai nelle Indie e nell'interno
dell'Africa, sentirai Il trovatore". In realtà "Il trovatore" da lì a pochi anni fu rappresentato in tutte le principali
capitali europee, e poi New-York, Buenos Aires, Havana, Alessandria d'Egitto, Bratislava, San Pietroburgo, fino a
Bombay.
E' un'opera in cui regnano le tinte scure, magiche e quasi selvagge d'un mondo antico e misterioso. I musicologi
sono sempre stati divisi nel giudizio, soprattutto per quanto riguarda l'azione. Il libretto di Salvatore Cammarano
destò incertezze nello stesso Verdi, che all'inizio, come risulta dal loro carteggio, era scontento del lavoro del
poeta. Verdi era esigentissimo, e talvolta interveniva personalmente apportando modifiche. Ma dove Verdi avrà
letto o sentito parlare di "El trobador" di Antonio Garcìa Gutiérrez, tanto da volerlo mettere in musica? La curiosità
intellettuale di Verdi per la narrativa e la drammaturgia era infaticabile. Si faceva arrivare da tante parti i testi più
nuovi, che leggeva nella lingua originale, con tanto di vocabolario accanto.
La storia è piena di contrasti drammatici. Una zingara, la cui madre è stata fatta bruciare sul rogo dal Conte di
Luna, ha taciuto la vera identità a Manrico, Il trovatore, di cui è innamorata Leonora. Manrico non sa che la zingara
Azucena non è davvero sua madre. Il conte rapisce Leonora e imprigiona la zingara Azucena, che lui crede
colpevole di aver gettato nel rogo il proprio fratello. In realtà Azucena, per errore, gettò tra le fiamme il proprio
figlio, risparmiando Manrico.
Il contrasto porterà al suicidio di Leonora, e alla morte di Manrico per mano del Conte di Luna, che solo quando è
troppo tardi apprende d'aver ucciso il fratello. La zingara ha così vendicato la propria madre.
Giuseppe Verdi: la casa di Sant'Agata
Villa Verdi, a Sant'Agata, appartiene ai discendenti di Filomena Verdi, nipote del compositore, da lui adottata
proprio nella bellissima residenza nel parco della villa. Angela ci guida tra le stanze di casa Verdi, dove tutto è
originale rispetto ai tempi in cui fu abitata dalla coppia Verdi.
Vediamo la sala del biliardo, dove Verdi giocò molte partite con Boito e Ricordi, a cui era legato per stima e affetto
oltre che per lavoro. La residenza è un luogo di grande signorilità, con moltissime stanze. Ci lavoravano tredici
persone di servizio addette alle più diverse mansioni. La vita era comunque semplice e frugale. Si cenava alle
cinque del pomeriggio, e si andava a letto presto. Verdi si alzava alle quattro del mattino e teneva per ore la sua
fitta corrispondenza col mondo. Sembra abbia scritto 25.000 lettere. Vediamo la camera di Giuseppina Strepponi.
E' facile intuire a quanto l'artista Strepponi abbia rinunciato per vivere accanto al suo "Mago", come lei chiamava
Verdi. Lei amava moltissimo viaggiare, conoscere luoghi e persone, parlava correttamente molte lingue, era stata
una stella dell'opera, e amava moltissimo Parigi. Tutte le volte che poteva, pregava Verdi di portarla a Parigi, dove
ritrovava il mondo intellettuale artistico e borghese che le apparteneva. Strepponi accettò di vivere nell'isolamento
di Sant'Agata perché sapeva che questo era indispensabile all'arte di Verdi.
Vediamo la camera di Verdi, con la grande scrivania su cui componeva. In un angolo c'è il pianoforte. Sembra che
Verdi usasse poco il pianoforte per comporre, scriveva direttamente la partitura.
Nel parco della villa, di oltre sette ettari, Verdi poté soddisfare la sua natura di 'contadino'. Vediamo il frigorifero
naturale, una grotta che in inverno veniva riempita da lastroni di ghiaccio prelevati dal laghetto, che rimanevano
intatti fino all'estate, e permettevano la conservazione di molti alimenti. Infine, nel giardino, la lapide di un grande
amico di Verdi, da lui stesso seppellito: il suo amato cagnolino maltese.
L'Italia nel secolo di Verdi
All'anagrafe, l'atto di nascita di Giuseppe Verdi figura in francese. Nel 1813, infatti, l'Italia era ancora sotto
Napoleone Bonaparte. Ma dopo la campagna di Russia e la sconfitta di Napoleone, l'Italia fu divisa dai vari
dominatori in molti stati. Convivevano molte identità nazionali e molte lingue, e per passare da uno stato all'altro
bisognava passare la frontiera e pagare un dazio. Verdi visse a Le Roncole di Busseto, in campagna. Il padre era un
oste e la madre una filatrice. Il bambino Verdi fu subito attratto dall'organo della chiesa e presto imparò a suonarlo.
Il padre di Verdi comprese il talento del figlio e con molti sacrifici gli regalò una spinetta, oggi in esposizione alla
Casa di Riposo per Musicisti, a Milano. L'accordatore chiamato a sistemare lo strumento, lasciò dentro la spinetta
un biglietto che recitava: "vedendo la buona disposizione che ha il giovinetto Giuseppe Verdi di imparare a suonare
questo istrumento, che questo mi basta per essere del tutto pagato". Il piccolo Verdi prende lezioni dal maestro
Trovesi di Busseto, studia in biblioteca, dirige la banda e a 15 anni è considerato un ottimo pianista. Probabilmente
sarebbe rimasto sempre a Busseto se non avesse conosciuto Antonio Barezzi, un ricco commerciante di Busseto,
appassionato di musica, mecenate della filarmonica del posto. Barezzi fu una figura chiave nella vita di Verdi. Lo
mantenne agli studi per molti anni, lo sostenne spiritualmente e lo incoraggiò anche nei momenti più difficili.
Giuseppe Verdi e il risorgimento: I Vespri siciliani
Anno 1853: Verdi e Giuseppina Strepponi tornano a Parigi. A Verdi è stato affidato l'incarico di inaugurare con
un'opera l'Esposizione universale, evento del secolo, di enorme prestigio. L'opera fu Les Vêpres siciliennes, su
libretto di Scribe e Duveyrier, nello stile del grand-opéra. E' un'opera colossale, in cinque atti, su soggetto storico
dalle forti tinte drammatiche. In questa occasione Verdi fu presentato a Napoleone III, che nel frattempo era
diventato imperatore. Il successo fu tale che Verdi fu invitato a stabilirsi definitivamente a Parigi, ma lui non
accettò. L'opera fu rappresentata alla Scala l'anno successivo col titolo Giovanna di Guzman. In Italia, Cavour,
primo ministro, chiede ancora aiuto all'imperatore di Francia per cacciare gli austriaci dal Veneto. A Milano, nel
salotto della contessa Clara Maffei, si discute di politica. Abbandonare l'idea di repubblica o accettare quella di
monarchia? Mazzini, sostenitore della repubblica, non ha un esercito. Abbandonare l'idea di repubblica diviene
quindi il male minore. Anche Verdi lo accetta e sostiene Cavour
Giuseppe Verdi e il Risorgimento: Un ballo in maschera
L'opera qui rappresentata è Un ballo in maschera, del 1859, su libretto di Antonio Somma. Inizialmente si intitolò
Una vendetta in domino, ma venne subito censurata da Napoli, che l'aveva commissionata. Il motivo della severa
opposizione risiede nel soggetto. Un marito che si crede tradito uccide il presunto rivale, un re, durante un ballo in
maschera. Ciò per i Borboni era troppo oltraggioso. Si apre un contenzioso che Verdi supera introducendo alcune
modifiche: la figura di Gustavo di Stoccolma viene sostituita con quella meno compromettente di un governatore
del Massachusetts, il Conte di Warwick. L'opera viene "acquistata" da Roma nel 1859 e diviene subito popolare. Il
popolo italiano si sente sostenuto dalle scelte poetiche dell'opera verdiana. Il motto "Viva V.E.R.D.I." - Viva
Vittorio Emanuele Re d'Italia - lo testimonia ampiamente. Dalla musica alla storia. Cavour propone la candidatura
di Vittorio Emanuele II, piemontese, come Re d'Italia, e chiede il sostegno di Napoleone III per liberare l'Italia
dagli austriaci. L'Austria attacca il Piemonte e la Francia interviene. Vittorio Emanuele e Napoleone III entrano a
Milano. Vittorie di Solferino e San Martino contro gli austriaci. Ma Napoleone III, all'insaputa degli italiani, firma
a Villafranca un concordato con l'Austria: la Lombardia è annessa al Piemonte ma il Veneto resta all'Austria.
Infine, Cavour propone il plebiscito. Nel frattempo Garibaldi, senza l'aiuto di alcun esercito, conquista tutto il sud
dell'Italia e lo consegna a Vittorio Emanuele II. Al primo Parlamento italiano, nel 1860, Vittorio Emanuele II viene
proclamato Re d'Italia. Verdi viene eletto deputato, su invito di Cavour, del borgo di S. Donnino, oggi Fidenza,
carica che esercitò con grande attenzione.
Giuseppe Verdi: Don Carlos
Per l'Opera di Parigi, nel 1867 Verdi scrisse Don Carlos, su libretto francese di Mèry e Du Locle, tratto dal Don
Carlos di Schiller. Don Carlos è un grand-opéra. La versione italiana, rivisitata da Zanardini, è in cinque atti, e
narra vicende storico-politico e sentimentali di notevole complessità. Per ragioni politiche Filippo II di Spagna ha
sposato la giovane principessa fidanzata del figlio Carlo. La tragedia si consuma lentamente, con toni estremi:
padre e figlio sono innamorati della stessa donna. Dall'opera vediamo la scena in cui Filippo, solo, vecchio e
infelice, è tormentato dalla gelosia e dal rimpianto. Molte sono le passioni distruttive che regnano in questo
dramma, che si conclude con la morte di Carlo, causata dall'Inquisizione e dal padre Filippo II. E' una vicenda assai
dolorosa. A giudicare dall'intensità della musica sembra che anche Verdi si sia sentito vecchio, davanti al vuoto
inutile della vita.
Giuseppe Verdi: Aida
Aida non fu rappresentata a Il Cairo, durante l'inaugurazione del canale di Suez, nel novembre del 1869, come
avrebbe dovuto, secondo la commissione data a Verdi da parte del governo egiziano. Verdi la scrisse di getto, ma
Aida dovette aspettare quasi due anni, a causa della feroce guerra tra Prussia e Francia nel 1870. I tedeschi avevano
assediato Parigi, creando enormi problemi. L'allestimento dell'opera, che il governo de Il Cairo aveva
commissionato all'Opera di Parigi, che era oltretutto sfarzoso e dispendioso, fu bloccato dalla guerra, e non poté
essere trasferito in Egitto. D'altra parte il contratto imponeva che la prima rappresentazione avvenisse a il Cairo, e
così fu nel 1872. Dopo un mese, l'opera Aida fu trasferita a Milano, dove andò in scena alla Scala. Aida, in quattro
atti, segue l'impianto colossale del grand-opéra francese, con cori e impianti scenici di grande effetto e sensualità.
Anche in Aida, come in Nabucco, c'è un fiume, che nella vicenda ha una grande importanza simbolica. Ma il Nilo,
a differenza del fiume del Nabucco, è un fiume magico e splendente.
Giuseppe Verdi: Otello
Assistiamo ad alcune scene dall'Otello, opera del 1887, su libretto di Arrigo Boito, tratta dalla nota tragedia di
William Shakespeare. La composizione di Otello è la più faticosa e lunga durante la carriera di Verdi. Verdi e
Boito, quando ne parlano, lo chiamano "il progetto di cioccolata". L'unità si apre con la scena in cui i veneziani
attendono al porto il condottiero Otello, reduce dalle vittorie contro i saraceni. Arriva la nave del generale al
servizio della Serenissima: Otello, orgoglioso e glorioso canta la celebre Esultate. Possiamo vedere nei particolari
il funzionamento alcune macchine teatrali, dietro le quinte, che creano la tempesta sul mare. La seconda scena è
l'ultima della tragedia. Otello, lentamente avvelenato dai perfidi sospetti contro la fedeltà di Desdemona che Iago
gli sa insinuare con arte perversa, impazzisce di dolore. Strangola Desdemona, la moglie che lo ha sempre amato e
rispettato, e quando scopre di essere caduto in un tragico gioco di inganni, si uccide, davanti agli occhi impietriti
dei suoi servitori. Otello è un successo immenso. La città di Milano nomina Verdi cittadino onorario.
Giuseppe Verdi: gli ultimi anni
Dopo "Otello", Verdi dà l'addio alle scene, ma dopo sei anni, ottantenne, scrive la sua ultima opera, "Falstaff". Nel
1897 muore Giuseppina Strepponi. Negli ultimi anni della sua vita, memore delle difficoltà vissute in gioventù e
desideroso di aiutare i musicisti anziani e non benestanti, Verdi si dedica alla realizzazione di quella che definisce
la sua "opera migliore": la Casa di Riposo per musicisti, a Milano. Nelle sue intenzioni la Casa di Riposo doveva
essere sostenuta con i diritti di autore delle sue opere. Ma la legge vuole che dopo settanta anni dopo la morte
dell'artista i diritti diventino di pubblico dominio. Le spese per la manutenzione della Casa sono ora sostenute dallo
Stato e dai generosi lasciti di benefattori, tra molti quello di Arturo Toscanini.
Alberto Angela ci conduce attraverso una ricostruzione storica delle invenzioni tecnologiche di cui Verdi fu
testimone durante la sua lunga vita: la luce elettrica, il telegrafo Morse, la macchina da scrivere - o "cembalo
scrivano" come si chiamava inizialmente -, il telefono, la locomotiva a vapore, l'automobile, la radio. Verdi muore
il 27 gennaio 1901. Aveva voluto che i suoi funerali fossero semplici, all'alba, senza canti, né cortei. Ma una
grande folla silenziosa non può fare ameno di dargli l'ultimo saluto. Due mesi dopo, i feretri di Verdi e Strepponi
furono tumulati nella Casa di Riposo per musicisti. Vediamo un breve film originale della traslazione delle salme.