I INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA E NELLA CHIESA Introduzione A

I
INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA E NELLA CHIESA
Introduzione
A qualcuno potrà, a prima vista, sembrare esagerato che tale tema sia annunciato come un
argomento di vitale importanza e si chiederà se tale qualifica non dovrebbe essere riservata ad altri
soggetti, come, per esempio: la persona di Gesù Cristo, la Sua divinità, il mistero dell'incarnazione,
della morte e della risurrezione di Cristo, il mistero della redenzione, il mistero di Dio Uno e Trino,
ecc.; o anche il destino eterno dell'uomo,la sua salvezza eterna, e così via.
Senz'altro sul piano del|'essere, questi temi appena enunciati sono senza dubbio più
importanti del tema dell'infallibilità della Chiesa,ma, sul piano del conoscere, questo è di
primordiale e determinante importanza, tanto che, se esso non è affrontato e risolto
appropriatamente, tutto quello che si dice a proposito delle verità centrali della religione e della fede
Cristiana e Cattolica può diventare senza senso e senza alcuna conseguenza pratica, o - meglio - con
disastrose conseguenze pratiche.
Parlare della "infallibilità" significa collocarsi essenzialmente sul piano della conoscenza e
significa, altresì, interrogarsi su alcune premesse da cui dipende la comprensione corretta di tale
argomento.
Prima di giungere ad esporre il nucleo del concetto di infallibilità, della Chiesa e nella
Chiesa, occorre stabilire alcune premesse, che enuncerò semplicemente, dandole per provate, ossia
non entrerò nella loro spiegazione e nella loro dimostrazione, altrimenti sarebbe necessario esporre
alcuni interi trattati filosofico-teologici. Ne offro solo la nozione e ne affermo la necessità.
Parlare di infallibilità della Chiesa diventa impossibile, o equivoco, senza presupporre le
seguenti verità, o principi, o postulati che dir si voglia.
 L'uomo, essere ragionevole, è capace di conoscere la verità, in maniera definitiva. La verità non
muta, con il mutare del tempo e dello spazio, o delle persone.
 Esiste una "verità assoluta", che si identifica con "l'essere assoluto". Da tale verità assoluta
dipende ogni altra verità. Ne segue che "Ens et verum convertuntur"; ossia, la verità dipende
dall'essere.
 L’uomo non è il creatore o la misura della verità; la può conoscere e non può se non accettarla:
la verità si impone alla sua intelligenza.
 L'uomo è capace, con la sua intelligenza,di giungere a conoscere l'esisténza dell'assoluto,
dell'infinito, ma essendo egli finito e limitato, non può conoscere la natura intima dell'assoluto,
dell'essere infinito.
 Di fatto,l'Essere o Verità assoluta – che chiamiamo Dio – ha rivelato se stesso all'uomo,
facendosi conoscere dapprima parzialmente, in molti modi e tempi, ed infine in modo
definitivo in Gesù Cristo, Dio fatto uomo, Dio fattosi conoscibile, Dio incarnato.
 La rivelazione di Dio in Gesù Cristo è destinata a tutti gli uomini, di tutti i tempi, ed è stata
affidata ai "testimoni" della vita, dell’insegnamento, della morte e risurrezione di Gesù, Figlio
di Dio. Ossia, è stata affidata agli "Apostoli" e attraverso di essi a tutta la Chiesa.
 La "testimonianza apostolica" - che ha creato una comunità di credenti, la Chiesa appunto, da
Cristo voluta e fondata sugli Apostoli - ha la sua continuità in coloro che sono succeduti agli
Apostoli e che hanno la divina missione di custodirla e di trasmetterla intatta e immacolata,
affinché tutti gli uomini possano diventare la comunità dei credenti, possano diventare ed
essere Chiesa.
È ovvio che questi enunciati non possono essere accettati senza discernimento. Non è possibile
comprenderli, nondimeno, senza un'appropriata conoscenza della filosofia dell'essere; non rientra,
tuttavia, nei limiti del nostro tema svilupparli ed esporli, in maniera da dimostrarne la verità e la
credibilità. Posso solo assicurare che essi sono credibili e dimostrabili e costituiscono la base
indispensabile per poter affrontare il tema dell'infallibilità e comprendèrla nel suo significato più
vero e profondo.
Potete senza dubbio rilevare che i principi sopra enunciati contrastano con ben noti e vasti
movimenti di pensiero, con idee e sistemi filosofici della cultura antica e - in particolare - con la
filosofia degli ultimi secoli. Accenno soltanto ad alcuni di tali movimenti.
Innanzitutto, I'agnosticismo: l'uomo, per esso, è incapace di conoscere la verità; egli non può
avere se non una conoscenza superficiale, epidermica, delle cose: non può possedere una
conoscenza della realtà.
Oppure, l'idealismo:'I'uomo, secondo questa corrente di pensiero, conosce soltanto ciò che egli
stesso crea; la verità è un prodotto dell'essere pensante e l'essere stesso non è altro se non "idea".
Ancora, ostacolano quanto da noi poc'anzi enunciato, lo storicismo e il relativismo: per il primo,
la verità muta col mutare del tempo e dello spazio; per il secondo, la verità cambia al variare delle
persone e delle circostanze.
Inoltre, sono d'intralcio alla retta comprensione del nostro dire, il naturalismo e iI razionalismo:
l'uomo è autosufficiente, secondo essi, rispettivamente con la sua natura e con la propria
intelligenza. È inconcepibile così ogni "rivelazione" ed ogni intervento straordinario di Dio nella
vita dell'uomo, nella storia dell'umanità e nelle leggi della natura. È poi senza senso parlare di una
realtà Soprannaturale. Non esiste alcuna verità se non quella che la ragione umana è capace di
raggiungere e di capire per se stessa. Se una realtà non può essere spiegata con la ragione umana, o
"non esiste", oppure "non interessa".
Ed infine, menziono appena i cosiddetti progressivismo ed evoluzionismo, che in qualche modo
si confondono con lo storicismo e il relativismo: tutta la realtà, secondo queste correnti di pensiero,
è in costante movimento Verso una meta indefinita e indefinibile; il "progresso" diventa lo scopo
totale.
Sul piano più teologico, poi, ma correlato alle concezioni finora enunciate, abbiamo le teorie
che negano la divinità di Gesù Cristo o, addirittura, la sua esistenza storica. Le teorie che negano
che la Chiesa sia stata voluta e fondata da Cristo, Figlio di Dio; ovvero, che essa sia una realtà
visibile, dotata di vere autorità, certe e gerarchiche; per alcuni la Chiesa non sarebbe se non la
comunità degli illuminati dallo Spirito Santo; una comunità soltanto spirituale, invisibile, non
constatabile, non esprimibile con figure e linguaggio umano. E altre teorie simili.
Si comprende facilmente il contrasto esistente tra queste idee e movimenti e i principi
fondamentali che rendono possibile il parlare di infallibilità; quest'ultima comporta, come si dirà più
precisamente in seguito,la capacità di determinare in maniera sicura, senza possibilità di errore
sostanziale, ciò che appartiene alla verità rivelata, ciò che è contenuto nella rivelazione, concepita
come verità immutabile e definitiva, anche se la nostra comprensione è necessariamente incompleta
e suscettibile di ulteriori approfondimenti; e anche se detta verità è aperta a sviluppi omogenei e
sempre adatta per nuove applicazioni, pur rimanendo la stessa.
Che senso ha parlare di infallibilità se, ad esempio, non esiste una verità sicura, se l'uomo non è
capace di conoscerla, se essa non è immutabile? Oppure, se non esiste una rivelazione, una verità di
origine divina e di ordine soprannaturale? Ovvero, se la chiesa non è di origine divina, se essa non
ha una precisa missione affidatale da Cristo, Figlio di Dio; o se non esiste una continuità tra la
Chiesa apostolica e la nostra, assicurata da mezzi visibili e constatabili in qualche modo? E così
via'.
Gli Apostoli alla radice della Chiesa
Dopo le premesse sopra enunciate, dobbiamo dire che se si accetta che Dio ha voluto far
conoscere all'uomo, per Sua gratuita e libera volontà, delle verità che riguardano la Sua stessa vita e
il Suo progetto di salvezza per l'uomo, deve esistere per l'uomo la possibilità di raggiungere tali
verità, con sicurezza, senza dover essere costantemente nel dubbio o nell'incertezza.
Ci chiediamo allora: dove è possibile trovare questa verità, con certezza e in maniera definitiva?
La Chiesa, è la portatrice della rivelazione e di tutto ciò che con essa è inscindibilmente collegato;
la Chiesa, voluta da Cristo come continuatrice nel tempo del Suo insegnamento e della Sua azione
redentrice, salvifica; la Chiesa, opera dello Spirito di Dio, radunata e formata dalla predicazione
degli Apostoli, stabilita, nei suoi elementi essenziali di Fede e di Sacramenti, dagli Apostoli stessi,
costituiti da Cristo unici e autentici testimoni della Sua persona, della Sua vita, del Suo
insegnamento, della Sua morte e della Sua risurrezione.
Dire, pertanto, che Cristo ha affidato la rivelazione alla Sua Chiesa è lo stesso che dire che I'ha
affidata ai Suoi Apostoli, perché nessuno può diventare ed essere Chiesa, intesa come comunione di
fede e di grazia, senza la stessa fede apostolica, senza i Sacramenti di salvezza affidati da Cristo agli
Apostoli. In essi tutta la Chiesa - di allora, ma anche di adesso e di tutti i tempi - era già presente e
completa in tutti gli elementi essenziali, costitutivi; poiché - lo ripeto - non si può essere Chiesa se
non nella loro fede, se non nell'accettazione degli elementi costitutivi della Chiesa, che essi, per
divino mandato e nella grazia e illuminazione dello Spirito Santo, hanno stabilito in modo definitivo
e per sempre, fino alla fine dei tempi.
I primi credenti sono diventati Chiesa perché hanno aderito alla predicazione degli Apostoli, alla
loro fede e alla loro autorità. Cristo, nell'ultima cena, dice al Padre: "non prego solo per questi (gli
Apostoli), ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa
sola" (Gv11,20). Aderire alla fede e ai sacramenti di salvezza, con cuore indiviso, è necessità
assoluta per chi vuole essere Chiesa. Nella misura in cui ci si discosta da tale adesione, ci si
allontana dalla realtà di Chiesa e ciò può accadere fino al punto di non essere più Chiesa, di non
essere più l'una e unica Chiesa di Cristo.
Si comprende ora facilmente come, alla luce di questo ragionamento, non sarebbe possibile
diventare Chiesa se non fosse possibile ricevere con certezza la verità della rivelazione, ossia la
stessa fede degli Apostoli di Cristo; se, per una ragione o per un'altra, si venisse a interrompere la
continuità di fede e di grazia che deriva dagli Apostoli; se fosse possibile perdere qualcosa che
appartiene all'essenza della rivelazione; se non fosse più possibile di conoscere con certezza il
mistero dell'incarnazione di Dio; se non fosse più possibile di accedere con cuore e mente sicuri alla
sorgente della verità rivelata; Gesù Cristo, rivelatore del Padre, rivelatore del mistero di Dio.
Compiamo un passo ulteriore. La garanzia che la Chiesa di oggi è la stessa di ieri, quella degli
Apostoli, non può venire se non dalla "successione apostolica"; e ciò non può avvenire senza avere
dei veri e autentici successori degli Apostoli. Essi sono, dopo i "dodici", i garanti della fede, della
rivelazione, dei sacramenti di salvezza. Li chiamiamo Vescovi. Non c'è - e non ci può essere nessun fondato dubbio circa la loro costituzione da parte degli Apostoli. Non mi inoltro in
specificazioni di carattere storico; sarebbe nondimeno affascinante aprire un discorso sulla vita della
Chiesa nei suoi primi secoli, sulle testimonianze dei primi successori degli Apostoli, dei Padri della
Chiesa, dei primi concili ecumenici, e così via.
Cerco semplicemente di sintetizzare quanto è indispensabile per giungere a un concetto non
superficiale di infallibilità della Chiesa. Un concetto, per quanto possibile, completo, nella sua
nozione e nel suo fondamento. Basta qui riaffermare la necessità di una successione apostolica e di
avere dei sicuri successori degli Apostoli, dai quali dipende la continuità e l'identità della Chiesa di
Cristo.
Quanto si è detto a proposito degli Apostoli, si può ben dire, in modo analogo, anche dei loro
successori, i Vescovi; ossia che la Chiesa è già tutta presente in essi, perché non è possibile
diventare ed essere Chiesa se non nella loro stessa fede e se non nella celebrazione continuata che
essi compiono dei misteri della redenzione; non senza adesione al loro "insegnamento autentico"
(che trae fondamento dalla loro successione apostolica), non senza diventare partecipi della grazia
che giunge dai sacramenti di salvezza, non senza formare con loro una comunione di fede e di vita
soprannaturale.
I Vescovi, ed essi soli, rappresentano e personificano la Chiesa e questa non può esistere se non
in essi. Partendo da chiare affermazioni già di Sant'Ignazio d'Antiochia, esattamente uno dei primi
successori degli Apostoli, si può giungere a coniare la seguente espressione: "sine Episcopo
Ecclesia non datur", non è possibile esser Chiesa senza il Vescovo. Ne segue che quanto vien fatto
al di fuori della comunione con il Vescovo, viene fatto al di fuori della Chiesa.
Questa espressione del Vescovo martire antiocheno, che può sembrare a prima vista troppo
forte, ci spinge a compiere un passo ulteriore, assolutamente necessario; ci muove a sviluppare una
considerazione aggiuntiva, di fondamentale importanza, che amiamo legare attorno a un'altra ben
nota espressione, usata da Sant'Ambrogio, il quale dice: "ubi Petrus, ibi Ecclesia", dove è Pietro c'è
la Chiesa. Possiamo ben dire, allora, che "sine Petro non datur Ecclesia".
Alla luce di queste verità, si possono formulare i seguenti principi:
 il singolo Vescovo rappresenta e personifica la Chiesa, nella misura in cui resta in comunione
con il tutto, con la Chiesa universale, con l'universalità dei successori degli Apostoli;
 i Vescovi non formano una comunione di fede e di vita soprannaturale se non nella misura in
cui comunicano nella stessa fede apostolica e compiono le stesse azioni divine - sacramentali;
 il termine ultimo unificante, sul piano visibile, della comunione di fede e di grazia dei
successori degli Apostoli, è il successore di Pietro, fondamento visibile dell'unità della Chiesa.
Al solo Pietro, infatti, pietra e fondamento della Chiesa di Cristo e al quale è affidata
l’universalità del gregge, il Divino Maestro ha detto: "Io ho pregato per te, che non venga meno la
tua fede; e tu... conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,32). Da quel momento la fede di Pietro è diventata il
fondamento della fede di tutta la Chiesa, è la fede di tutta la Chiesa, ossia di tutti quelli che
vogliono diventare ed essere Chiesa.
Un tema importante sarebbe, ovviamente quello riguardante il "come" si diventa successori
degli Apostoli. Quanto è stato detto, credo sia sufficiente per arrivare finalmente all'esposizione, più
sommaria possibile, dell’ infallibilità della Chiesa e nella Chiesa.
La infallibilità della Chiesa
L infallibilità può essere definita come la prerogativa, o qualità, di non sbagliare, di non
commettere errore sostanziale.
Come si vede,la nozione è ben semplice.
Ma ecco le questioni che subito sorgono e che debbono avere una risposta precisa:
 chi possiede tale prerogativa, o qualità, nella Chiesa;
 a quali materie si estende tale prerogativa;
 a quali condizioni si realizza.
Al primo quesito occorre rispondere,richiamando quanto detto nella prima parte della
conferenza, che soltanto i successori degli Apostoli godono di tale prerogativa nella Chiesa. Non
può essere che così, altrimenti non avremmo oggi alcuna altra possibilità di raggiungere con
certezza la verità della rivelazione. La garanzia che certe verità appartengono con. sicurezza alla
rivelazione non può provenire se non da una Traditio, da una trasmissione fedele. Anche la Sacra
Scrittura potrebbe diventare realtà morta, o fonte di divisione, se non fosse possibile avere una
sicura, attuale interpretazione, che non può essere che unica, perché la verità di Cristo è unica e
immutabile'
Una precisazione va posta: non si tratta di una attitudine a, “creare" la verità, bensì si tratta
semplicemente di una capacità di trasmissione e di annunzio senza possibilità di errore. Si riferisce
alla verità rivelata da Dio, che non può in alcun modo essere mutata nel suo originale significato.
Diventa così ovvia I'asserzione' che coloro i quali godono della prerogativa dell’infallibilità che possono esser detti, in altri termini, “l’autentico magistero della Chiesa'' – sono vincolati alla
Sacra Scrittura; e alla Tradizione apostolica; quest'ultime non possono venir meno nella vita della
Chiesa, attraverso tutti i secoli.
Diventa così anche assai facile la risposta al secondo quesito: la prerogativa dell’infallibilità si
estende unicamente alle verità della rivelazione ed a quelle che con esse sono strettamente e
inscindibilmente collegate. L infallibilità non tocca I'ambito della ragione umana, delle realtà che
sono di dominio della scienza umana. È vero talvolta che può diventare difficile distinguere
esattamente che cosa appartiene al campo della fede e cosa appartiene al campo della scienza, ma il
principio rimane, ed è appunto funzione del magistero della Chiesa il saper indicare con certezza
cosa appartiene alla sostanza della rivelazione; e questa prerogativa per mandato divino, per
sacramentale capacità, per l’assistenza dello Spirito Santo.
Rispondiamo, adesso, a quali condizioni si realizza I'infallibilità, che era la terza domanda
postaci.
 è necessario che sia esercitata nell’ ambito suo proprio;al di là delle materie di fede e dei
principi ricevuti dalla rivelazione –che debbono guidare l'uomo alla sua salvezza eterna –
l’insegnamento e le dichiarazioni del magistero ecclesiastico posso avere anche valore e
autorità, ma non possono dirsi sicuramente immuni da errore;
 bisogna che appaia con evidenza che coloro che detengono tale prerogativa ne fanno davvero
uso. Non sarà necessario che ciò sia affermato esplicitamente; basterà che sia chiaro che essi –
in quanto successori degli Apostoli – parlano ed insegnano come maestri della fede, nelle cose
che riguardano no il contenuto della rivelazione e tutto ciò che conduce l'uomo all'eterna
salvezza
 infine, deve essere chiaro che essi agiscono in comunione con la Tradizione apostolica, che essi
agiscono in comunione con tutti i successori degli Apostoli, presenti e passati.
La infallibilità del successore di Pietro
Adesso diventa essenziale e indispensabile un centro visibile di comunione, un punto
determinante e ultimo di riferimento, per cui si possa stabilire in qual caso dei Vescovi, o certi
gruppi di Vescovi, agiscono davvero in comunione con la Tradizione apostolica e in comunione con
la Chiesa universale. La prerogativa dell’infallibilità non è propria di un singolo Vescovo, né di un
gruppo particolare di Vescovi, ma dell'insieme del corpo episcopale, che succede al collegio
apostolico. Ma non esiste corpo episcopale - inteso come realtà organica, coordinata e unita - se non
in Pietro, fondamento di comunione e di unità, punto ultimo di riferimento, ultima realtà visibile
unificante: "non datur Ecclesia sine Petro".
A questo punto non può meravigliare nessuno se dalla Chiesa Cattolica è annunciata come
verità di fede, come verità appartenente alla divina rivelazione, che il successore di Pietro gode, in
quanto tale e quando agisce come tale, della prerogativa dell’infallibilità; se così non fosse, non
sarebbe il garante ultimo visibile della fede e della rivelazione. Questa verità non è frutto del
Concilio Vaticano I, è parte della Tradizione della Chiesa, è parte della Rivelazione.
Nei primi secoli della Chiesa,la Chiesa di Roma, già tutta presente nel successore di Pietro e
da lui personificata e rappresentata, era detta possedere il "carisma della verità", oppure la "regula
fidei", oppure che essa manteneva incontaminata la “Traditio Apostolica" in materia di fede e di
sacramenti e di fondamentale disciplina, per cui tutte le Chiese ad essa dovevano convergere per
essere certe di essere in comunione con la chiesa apostolica. Ecco le parole del Concilio Vaticano I
sulla infallibilità del successore di Pietro [cfr. Denzinger, ediz. XXXVII,latino-italiano, nn. 307330751]:
"Per questo noi, aderendo fedelmente alla Tradizione accolta fin dall'inizio della fede
cristiana, per Ia gloria di Dio, nostro salvatore, per l'esaltazione della religione cattolica e la
salvezza dei popoli cristiani, con l'approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere
dogma divinamente rivelato che: il Vescovo di Roma, quando parla ex cathedra, cioè quando,
adempiendo il suo ufficio di pastore e di dottore di tutti i cristiani, definisce, in virtù della sua
suprema autorità apostolica, che una dottrina in materia di fede o di morale deve essere ammessa
da tutta la Chiesa, gode, per quell'assistenza divina che gli è stata promessa nella persona del
beato Pietro, di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto fosse dotata la sua Chiesa,
quando definisce la dottrina riguardante la fede o la morale. Di conseguenza queste definizioni del
Vescovo di Roma sono irreformabili per se stesse e non in virtù del consenso della Chiesa" .
Se ne ricavano gli elementi che, qua e là, abbiamo già enunciato:
 il Vescovo di Roma è infallibile;
 quale successore dell'Apostolo Pietro;
 per I'assistenza divina promessa a Pietro;
 nelle verità circa la fede e la morale, nelle verità rivelate che riguardano le cose di Dio e la
salvezza dell'uomo;
 quando egli agisce come successore di Pietro, come pastore e maestro di tutti i cristiani.
Questa infallibilità è l'infallibilità della Chiesa. Alla luce delle considerazioni fatte in
precedenza, si può comprendere pure il significato dell'espressione che le definizioni sono
"irreformabili per se stesse", per il carisma particolare dato al successore di Pietro e non per il
consenso della Chiesa. La fede di Pietro è la fede della Chiesa e non si può essere Chiesa senza la
fede di Pietro e non si può essere Chiesa senza la fede del successore di Pietro, il Romano
Pontefice. L'insegnamento del successore di Pietro e di tutti i successori degli Apostoli forma,
suscita e sostiene la fede della Chiesa, ne è elemento costitutivo. Essi la ricevono dalla Tradizione
apostolica, sempre vissuta nella Chiesa di Roma e nella Chiesa universale. Il loro insegnamento non
può dipendere dall'opinione dei fedeli, il cui consenso a tale insegnamento non può certo mancare,
se si vuole essere e restare Chiesa.
Sorge allora un'ulteriore questione, l' ultima che desidero affrontare, molto celermente:
quella del "sensus fidei", che è prerogativa di tutti coloro che appartengono alla Chiesa di Cristo.
Talvolta si parla di esso come se si trattasse di una prerogativa di tutti i cristiani, con la quale
sarebbero autorizzati a intervenire anche in materia di fede, per determinare esattamente qual è la
fede della Chiesa. Ancora una volta occorre riferirsi a quanto ho ripetuto più volte, ossia che non si
può essere Chiesa senza la fede apostolica, senza la fede di Pietro, senza la fede dei successori degli
Apostoli e, in maniera determinante e definitiva, del successore dell'Apostolo Pietro. Allora diventa
chiaro il significato del "sensus fidei" di tutti i fedeli. Si tratta, in verità, essenzialmente di una
capacità soprannaturale, che i fedeli possiedono per dono dello Spirito, di accogliere e accettare il
dono divino della Rivelazione in tutte le sue conseguenze e aderirvi con unanime sentire e di
applicarlo, pure in tutte le sue conseguenze, alla realtà della vita. Il "sensus fidei" non può se non
comprendere l'universalità dei fedeli (tutti quelli che sono veri fedeli) e abbraccia non solo la
totalità dei membri della Chiesa del tempo presente, ma anche di quella del passato, di quella di tutti
i tempi, a partire ovviamente dall'epoca apostolica.
È una capacità che dice per sua natura relazione essenziale al magistero della Chiesa; è una
capacità che può essere perduta e che diminuisce di valore nella misura in cui non si accetta "toto
corde et mente" la fede degli Apostoli e non la si vive fino alle ultime conseguenze. Tale capacità
non ha nulla a che fare con il consenso dei cittadini richiesto nelle società civili, per avere una
comune politica, o un comune governo, oppure delle norme vincolanti l'intera comunità. La Chiesa
è una realtà soprannaturale costituita da Cristo, a cui è affidata la rivelazione e tutti i misteri
soprannaturali necessari per la retta soluzione del destino ultimo ed eterno dell'uomo. Non possono
applicarsi ad essa i modelli che troviamo realizzati nella società civile, organizzata nell'epoca
moderna in base a continua discussione, a criteri di maggioranza, di votazioni e di gruppi di
pressione, di opposizioni tra tendenze cosiddette "progressiste" o "conservatrici".
L'uomo non può costruire la verità e tanto meno quella rivelata da Dio; la deve ricercare e
accogliere; la deve continuamente meditare per comprenderla meglio, ma sempre nella totale
sottomissione a Dio e a tutto quello che Dio, nel suo infinito e inscrutabile disegno di creazione e di
amore, ha voluto per la salvezza dell'uomo; a sua sola Gloria.
Molti altri temi connessi con l'infallibilità della Chiesa e col suo Magistero sono stati
tralasciati, come - ad esempio - la distinzione tra magistero ordinario e straordinario; li affido alla
vostra ricerca, alla vostra volontà di affrontarli.
* * *
II
IL RUOLO E LA MISSIONE DEL PAPA NELLA CHIESA
Introduzione
In questa mia conversazione, che ha per tema la missione del Successore di Pietro, vorrei
riuscire - se possibile - a darvi non tanto una esposizione scolastica o accademica delle funzioni che
il Papa compie e deve compiere nella vita della Chiesa, ma a portarvi piuttosto alla consapevolezza
di come il supremo ufficio pastorale del Vescovo di Roma si inserisce nel mistero di Cristo ed è
quindi essenzialmente un ministero sacro e sacramentale di salvezza.
Vi accorgerete che nel corso della mia conversazione ripeterò più volte dei concetti identici,
o simili; ripeterò delle stesse idee, con parole un tantino diverse. Lo faccio di proposito, affinché
ognuno possa cogliere qualcuna delle espressioni - e la possa sviluppare con l'aiuto delle nozioni
che egli già possiede - circa I'ufficio apostolico del Papa e lo veda finalmente ben inserito nell'opera
salvifica della Chiesa e dunque nell'opera redentiva e salvifica di Cristo.
Non voglio, ripeto, sviluppare una esposizione scolastica, bensì dare alcuni spunti di
meditazione, offrire qualche concetto fondamentale, che stimoli il vostro desiderio di
approfondimento. Ecco, innanzitutto, due riflessioni preliminari:
A) non è possibile parlare appropriatamente di "ruolo" e di "funzioni", o di "missione",
senza prima o contemporaneamente parlare di "natura"; non si può capire che cosa fa, o che cosa
può fare, il Papa, senza comprendere primariamente chi è, che cosa è. Questo vale per qualsiasi
realtà e qualsiasi altro discorso. Ci sono stati - e ci sono - dei movimenti filosofici e teologici che
propugnano, almeno implicitamente, il primato dell'azione sull'essere, del fare sull'essere, del
divenire sull'essere: così tutto rimane sconvolto. Per penetrare i misteri di Dio (nella misura in cui
da Dio stesso ci sono stati resi intellegibili), per comprendere il mistero di Cristo, il mistero dell’
incarnazione; per capire l'uomo,la persona umana, occorre sempre conservare intatto il primato
assoluto dell'essere. L'azione,la qualità e il valore dell'azione, dipendono dall'essere, dalla qualità e
dalla natura dell'essere. Un esempio: l'azione sacerdotale nella Chiesa dipende dall'essere
s4cerdotale di chi la compie; l'ordinazione sacra non significa conferire I'incarico ad uno di
compiere certe azioni, ma è dargli una nuova, interiore capacità che non può provenire se non da un
nuovo essere o modo di essere che egli acquista.
B) Il successore di Pietro si colloca al centro, al cuore del mistero della Chiesa, di quello che
essa è e compie. Pertanto, quasi sempre quello che si riferisce alla Chiesa può essere riferito a lui e
viceversa. Così, quantunque concettualmente si possa parlare di missione del Papa nella Chiesa e di
missione al di fuori di essa (non tutto e tutti sono Chiesa; questa situazione continuerà fino alla fine
dei tempi), nondimeno le due missioni sono strettamente connesse e talvolta si confondono, come
quello che essa è e compie per coloro che ancora non sono suoi figli. Un esempio chiarificatore. In
seguito dirò che il Papa è il supremo garante visibile della rivelazione: sarà ovvio che tale funzione
vale sia per quelli che sono già Chiesa, così come per quelli che non lo sono ancora, o magari non
lo diventeranno mai; egli è tale all'interno della Chiesa e per il mondo. Queste due considerazioni
preliminari offrono il quadro dentro cui ci muoveremo. Infine, un chiarimento terminologico: il
termine "papato" sta per "ufficio apostolico del successore di Pietro". Non si intende qui parlare
della funzione politica e sociale che il Papa, per ragioni storiche e contingenti, ha svolto nel corso
della storia, in modo particolare al tempo degli Stati Pontifici e all'epoca della "societas populorum
christianorum", intesa - quest'ultima -come il particolare assetto della comunità internazionale
europea, in un certo periodo storico. Veniamo ora specificamente al tema.
Il Papa sintesi visibile della Chiesa
Per comprendere chi è il Papa e qual è la sua missione, per la Chiesa e per il mondo, è
opportuno tenere presenti questi concetti:
 la Chiesa è la continuazione nel tempo del mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio; è
I'attualizzazione nella storia, nello spazio e nel tempo, della redenzione operata da Cristo.
 Pietro è, nella continuità dei suoi successori, il perpetuo visibile principio e "fondamento" della
Chiesa (cfr. Mt 16,18). L'idea di fondamento, di roccia, non indica soltanto solidità della
costruzione, ma sta a indicare pure una "parte costitutiva", senza della quale l'edificio non
esiste. Pietro e i suoi successori sono realtà costitutiva della Chiesa; non c'è Chiesa senza il suo
fondamento visibile.
Ne consegue che in Pietro si concentra già tutta la realtà della Chiesa. Dai Padri della Chiesa
deriva l'idea che Pietro personifica o impersona la Chiesa, la rappresenta tutta, porta in se (gerit)
I'intera sua realtà. Basti ricordare qui il famoso detto di Sant'Ambrogio: "ubi Petrus, ibi Ecclesia".
Badate bene: ciò non significa in nessun modo negare che anche altri siano Chiesa! Ma essi
non lo sono - e non lo possono essere, almeno in modo pieno - se non sul fondamento posto da
Cristo, se non su quella realtà che Cristo ha voluto, ha stabilito e costituito, per continuare nello
spazio e nel tempo il mistero, o realtà divina, della sua incarnazione e della sua opera redentiva,
salvifica.
Si può dunque dire, nel solco sicuro della Tradizione, che non è stabilito per la Chiesa
nessun visibile fondamento e principio che non sia Pietro, o che non sia in vitale relazione e
comunione con lui. Anche gli altri Apostoli hanno ricevuto da Cristo un essere e una missione che
si identificano in molti aspetti, ma non affatto in tutti, con quelli di Pietro, ma ciò è perché formano,
con lui a capo, un unico corpo, una sola realtà sacramentale, una esclusiva realtà costitutiva della
Chiesa di Cristo. Non tutti nella Chiesa hanno la stessa funzione di Pietro, ma non esiste missione
nella Chiesa che non sia collegata con quella di Pietro, secondo I'antico adagio: "nihil sine Petro,
omnia cum Petro".
C'è, ovviamente, chi vorrebbe scoprire in simili affermazioni e concetti un tono
trionfalistico, una esagerata retorica, I'influsso storico contingente di Roma capitale dell'impero; c'è
addirittura chi vi vede un detrimento alla centralità assoluta di Cristo. Ma non è così, perché
l'esaltazione del mistero della Chiesa e del ministero apostolico unico e costituzionale di Pietro e dei
suoi successori, non è se non il riconoscimento del piano divino di salvezza, come è attestato dalle
Sacre Scritture e dalla Tradizione; non è se non l'accettazione della realtà del mistero
dell'incarnazione del Verbo, che da noi non è e non può essere percepita se non attraverso la realtà
visibile della Chiesa, ed in particolare attraverso la continuità del ministero apostolico visibile di
Pietro, che si attua nella successione ininterrotta di persone che nella Chiesa occupano il posto di
Pietro. È evidente che tutto ciò che la Chiesa è, tutto ciò che la Chiesa, in quanto tale, ha o compie;
tutto ciò che Pietro è per la Chiesa, tutto quello che egli ha o fa per la Chiesa, deriva da Cristo,
promana dal Verbo di Dio Incarnato ed a lui conduce, perché in Lui si abbia - già ora, ma in
maniera perfetta solo nell'eternità - la comunione con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo.
Desidero qui citare un'affermazione pronunciata dal Papa Giovanni Paolo II e rivolta ad
alcuni Vescovi presenti a Roma in visita "ad limina apostolorum":
«Con lui [il successore di Pietro] i Vescovi desiderano confermare anche in questo modo
una comunione di mente, di cuore e di disciplina. Essi sono consapevoli che il mandato
giurisdizionale, di cui sono insigniti, proviene loro subordinatamente alla comunione gerarchica
con Pietro, dalla cui scelta o approvazione è determinata in concreto la loro missione canonica.
Tale atto di fede da parte dei Vescovi si radica nel più intimo nucleo della dottrina cattolica, per
cui la sana e fedele tradizione afferma, con i Padri della Chiesa, "Nihil sine Petro"».
È ovvio - e la Chiesa Cattolica lo ha sempre insegnato, anche se taluni sembrano ignorarlo o
contestarlo - che la funzione di Pietro e dei suoi successori - così come quella degli altri Apostoli e
dei loro successori, i Vescovi e, del resto, anche quella di tutti i ministri della Chiesa - non è
sostitutiva della realtà e della missione di Cristo, ma è una funzione rappresentativa, instrumentaleministeriale. Né essi, né la comunità dei credenti e dei battezzati, sono all'origine della loro
funzione sacra. Cristo è colui che opera attraverso i suoi ministri, siano essi il successore di Pietro, i
successori degli Apostoli o qualsiasi altro dotato, appunto da Cristo, di funzione ministeriale sacra.
Lo ripeto: non è la Chiesa, non è la comunità che crea o produce i ministeri. Solo Cristo, Figlio di
Dio Incarnato, può creare ministeri sacri, nella sua continua e piena signoria su tutta la Chiesa e su
tutto il creato. È Cristo che attraverso i ministeri costruisce, mantiene e sviluppa la sua Chiesa; è
Lui che agisce nella Sacra Liturgia, attraverso I'opera strumentale-ministeriale di coloro che
mediante la Sacra Ordinazione acquistano una nuova conformazione ontologica a Cristo sacerdotemediatore e quindi diventano capaci di agire "in persona Christi". Questa è la fede della Chiesa
Cattolica.
Se la missione dei ministri della Chiesa viene privata della sua origine sacramentale, divina,
immediatamente cristologica, essa viene ridotta ad una pura funzione a condizione umana, a livello
sociale, viene privata della sua vera e unica ragion d'essere, che è essenzialmente d'ordine
soprannaturale. Se si perdono di vista queste verità, allora nascono le crisi di identità dei ministri
della Chiesa; allora si cercano funzioni sostitutive; si diviene dei "sindacalisti", degli assistenti
sociali, degli operatori a livello filantropico, si diventa fors'anche dei "cimbali squillanti", come
afferma San Paolo. Nascono pure le crisi d'ordine morale e disciplinare, ed allora la missione della
Chiesa perde la sua propria e reale efficacia, che è essenzialmente di ordine soprannaturale, che si
colloca sui piani della rivelazione e della grazia, addirittura sul piano della vita trinitaria, che viene
per partecipazione offerta alla creatura umana, attraverso i sacri ministeri, attraverso le realtà sacre
della rivelazione. Val la pena di ricordare che tutto ciò è possibile affermarlo solo alla luce della
fede, in una visione di fede.
La realtà vera della Chiesa e quindi, necessariamente pure del suo fondamento e di tutti i
sacri ministeri che in essa esistono, non può essere scoperta e valutata alla luce di criteri umani e
sociologici, o servendosi di concetti che valgono soltanto per le realtà terrene, per la società
profana; può essere invece scoperta e stimata correttamente solo con criteri di fede, ossia con
principi che accettano la realtà della rivelazione, che accolgono, senza alterarlo, il mistero
dell'incarnazione del Verbo di Dio, il quale supera ogni nostra possibilità di conoscenza intellettuale
e scientifica.
La continuità della fede apostolica nella Chiesa
Procediamo nel discorso. L'uomo non può raggiungere la sua salvezza, o il fine per cui è
creato, se non in Cristo, se non diventa partecipe del mistero del Verbo incarnato. Non c'è salvezza
per I'uomo se non in Dio, che dalla rivelazione conosciamo essere Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma
Dio non può essere raggiunto se non in Cristo, nel quale la natura invisibile di Dio si è unita a
quella umana e, quella umana, è diventata sacramento universale di salvezza. Cristo è la rivelazione
di Dio, è la salvezza di Dio, è l'amore di Dio fattosi visibile.
Ma Cristo non si raggiunge e non lo si trova se non nella sua Chiesa, se non nella
testimonianza dei suoi Apostoli, se non nelle realtà sacre che Egli ha stabilito perché in qualche
modo ripropongano nello spazio e nel tempo la sua presenza visibile. L'umanità del Verbo di Dio,la
quale è il sacramento universale di salvezza, non è ora visibile, ma essa è presente e opera nella
Chiesa, nelle sue realtà sacre, nei suoi sacramenti e ministeri.
Ma è proprio qui che nasce la grande questione. Dove posso trovare con sicurezza la Chiesa
di Cristo, affinché in essa trovi il Cristo stesso, la sua rivelazione, i suoi sacramenti, il suo
insegnamento, la sua grazia,la vita divina? Dove posso trovare in tutta la loro pienezza la totalità
degli elementi che costituiscono la Chiesa di Cristo?
Prima di rispondere, accennando a tali elementi essenziali, costitutivi della Chiesa, è
necessario ricordare che non sarebbe possibile riconoscere nella Chiesa di oggi la Chiesa di Cristo
se non fosse possibile trovare in essa la sostanziale identità con la Chiesa degli Apostoli; se non
esistesse una fondamentale continuità nel tempo tra la Chiesa fondata da Cristo su Pietro: "Tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt 16,18) e la Chiesa di oggi, una continuità tra
gli elementi essenziali delle Chiese formate e fondate dagli Apostoli e quella attuale.
Possiamo dunque dire senza esitazione che gli elementi essenziali e costitutivi della Chiesa
sono:
 la sua fede, basata sulla predicazione degli Apostoli, gli unici autentici garanti della
rivelazione;
 i suoi mezzi soprannaturali di salvezza, i sacramenti, stabiliti da Cristo e promulgati dagli
Apostoli;
 i suoi sacri e sacramentali ministeri, attraverso i quali Cristo stesso realizza la salvezza degli
uomini, dando loro la sua grazia,la sua vita e la possibilità di diventare partecipi della sua
eterna gloria.
Pertanto, non vi può essere identità senza continuità e non può esservi continuità senza
"Traditio", senza vera e legittima "successione apostolica". Abbiamo quindi fede, sacramenti e
ministeri per la realizzazione della vita di comunione con Dio,la quale diventa definitiva non nel
tempo, ma solo nell'eternità. A questo punto, ecco la questione che ci siamo posti prima: quale
garanzia ho che la fede, i sacramenti e i ministeri della Chiesa di oggi sono in continuità con quelli
della Chiesa degli Apostoli? Come posso essere sicuro che il pastore della Chiesa particolare, il
Vescovo, che la personifica e la rappresenta, può dirsi con verità "successore degli Apostoli"?
Siffatta garanzia può derivare soltanto dalla concordanza della Chiesa particolare con quel
modello di Chiesa nella quale la fede degli Apostoli e tutto ciò che appartiene all'essenziale natura
della Chiesa di Cristo non può venire meno. Tale Chiesa può essere solamente quella costituita da
Cristo come visibile e ultimo punto di riferimento, dal momento che essa fu fondata dall'Apostolo
Pietro, il quale ricevette dal Signore questa promessa: "io ho pregato per te, che non venga meno la
tua fede " e che, di seguito, ha ricevuto la missione: "e tu... conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,32).
Soltanto Pietro ricevette tale unica promessa e tale singolare missione. Solo la Chiesa di Roma
costituisce tale visibile e supremo modello, poiché essa è fondata sulla predicazione di Pietro e sulla
sua suprema testimonianza di fede e di amore per il divino maestro e divino pastore di tutto il
gregge.
Nella Chiesa, in ogni chiesa locale, che voglia essere e rimanere la Chiesa di Cristo, una ed
unica, non vi può essere autentica e vera fede che non sia la fede di Pietro e degli Apostoli, gli unici
autentici testimoni della rivelazione, voluti da Dio; non vi possono essere altri sacri-soprannaturali e
gerarchici ministeri, eccetto quelli voluti da Dio per l'eterna salvezza dell'uomo.
Credo che dovrebbe ormai risultare evidente che il fatto di essere il successore di Pietro
conferisce al Vescovo di Roma una posizione singolare all’ interno del rapporto di comunione tra le
chiese particolari; ciò gli conferisce anche una missione esclusivamente sua in riferimento
all'universalità e alla totalità della Chiesa di Cristo, una ed unica. Ecco perché il Concilio Vaticano
II, nella costituzione Lumen Gentium (n. 20), afferma: "rimane [nella Chiesa] I'ufficio affidato dal
Signore al solo Pietro e trasmesso da lui ai suoi successori" . Le particolari prerogative di Pietro
continuano a risiedere nel Vescovo della Chiesa di Roma fondata sulla sua suprema testimonianza
di fede, di modo che tutta la Chiesa custodisce la fede dell'Apostolo al quale il Signore ha conferito
il mandato, già riferito, di "confermare la fede dei fratelli". Ne consegue che:
 la custodia della fede della Chiesa è senza dubbio il primo compito inerente al primato del
Vescovo di Roma e che ne fa, innanzitutto, una " primazia nella fede". L' insegnamento della
fede, messo in atto dai Vescovi, trova il suo più alto punto di riferimento e di garanzia nel
magistero del Vescovo di Roma. Egli è il garante della fede dei suoi fratelli e di tutta la Chiesa:
egli salvaguarda la comunione di fede.
 L’unità della Chiesa, però, non consiste soltanto nell'unità di fede, ma include anche l'unità di
sacramenti e di disciplina (di governo-servizio, di struttura organica fondamentale). Il
successore di Pietro è il principio e il fondamento visibile dell'unità della Chiesa di Cristo (cfr.
Mt 16,18). Egli salvaguarda la comunione di sacramenti e di disciplina, oltre che quella di fede,
con la quale è inscindibilmente connessa.
 Strettamente collegata con la prerogativa appena menzionata, vi è la potestà, affidata in modo
speciale a Pietro, di "legare" e di "sciogliere". Pietro fu proclamato da Cristo il detentore delle
chiavi del regno dei cieli (cfr. Mt 16,19), o amministratore delle realtà sacre che conducono alla
salvezza.
 Infine, il Vescovo di Roma è il pastore di tutto il gregge di Cristo, poiché tutti i componenti del
gregge sono stati affidati alla cura di Pietro (cfr. Gv 2I,15-19).
Ora - prima di considerare alcune conseguenze di queste prerogative del Vescovo di Roma,
che nel loro insieme costituiscono il cosiddetto "primato petrino" - è utile richiamare brevemente
I'insegnamento del Concilio Vaticano II in materia.
La costituzione gerarchica della Chiesa
La dottrina dell'istituzione e della perpetuità, la natura e I'importanza del "sacro primato" del
Romano Pontefice e del suo infallibile magistero in materia di fede e costumi sono riaffermati dal
Concilio Vaticano II come verità di fede per tutti i credenti (cfr. Lumen Gentium 18), rinnovando l’
insegnamento del Concilio Vaticano I. Considerando poi l'insegnamento concernente i Vescovi,
costante rilievo è dato alla natura particolare dell'ufficio del Vescovo di Roma e alla sua posizione
unica rispetto alla Chiesa universale e al Collegio dei Vescovi. Si afferma che il Signore ha dato
soltanto a Simon Pietro la funzione di essere la roccia e il custode delle chiavi nella Chiesa e lo ha
stabilito pastore di tutto il suo gregge. Il Papa, come successore di Pietro, è chiamato "Vicario di
Cristo" e pastore di tutta la Chiesa; egli è il supremo pastore della Chiesa, al quale è affidata la cura
di tutto il gregge. Inoltre, egli è il perpetuo, visibile principio e fondamento dell'unità, sia dei
Vescovi come dell'universalità dei fedeli. È il supremo pastore e maestro di tutti i fedeli e conferma
i suoi fratelli nella fede. È singolarmente dotato del carisma dell'infallibilità della Chiesa stessa, ed a
motivo del suo ufficio di Vicario di Cristo e di pastore di tutta la Chiesa, egli ha la pienezza
dell'autorità sopra di essa, autorità suprema e universale, che egli può sempre liberamente
esercitare.
Il Romano Pontefice è il capo del Collegio dei Vescovi e, come tale, egli soltanto può
compiere alcuni atti che non rientrano per nulla nella competenza di tutti gli altri Vescovi.
All'interno del Collegio Episcopale egli ha una posizione speciale, totalmente ed esclusivamente
sua. In verità, non è possibile parlare di un Collegio Episcopale se non vi è incluso il Vescovo di
Roma come suo capo. Il collegio non può esistere senza il suo capo; non è soggetto di autorità se
non è concepito insieme con il Romano Pontefice come suo capo, il quale conserva pieno e intatto il
suo potere primaziale sia sui Vescovi, sia sui fedeli. L'esercizio dell'autorità di giurisdizione che
compete al collegio dipende interamente dalla volontà del Papa, sia quando è esercitata
solennemente in un concilio ecumenico, sia quand'essa fosse esercitata dai Vescovi sparsi per il
mondo (cfr. Lumen Gentium 22).
La "Nota esplicativa prævia" - del 16.X1.1964, a firma del Segretario Generale del Concilio
Vaticano II, Mons. Pericle Felici, "per mandato della Superiore Autorità" - che specifica quale
debba essere l'interpretazione di alcuni passi della Costituzione Lumen Gentium (cap. III, circa la
costituzione gerarchica della Chiesa), spiega che il Collegio dei Vescovi, pur esistendo sempre, non
per questo agisce permanentemente con azione "strettamente" collegiale, ma soltanto "col consenso
del capo". È il Papa, dunque, che rende possibile l'essere e l'agire del Collegio Episcopale.
La collegialità non darebbe adito ad alcuna difficoltà nei rapporti con il primato del Vescovo
di Roma, né questo potrebbe essere visto quasi come un soffocamento dell'autorità dei Vescovi, se
il rapporto tra collegialità e primato venisse inquadrato, come è giusto, all'interno delle relazioni di
comunione esistenti tra Chiese particolari e Chiesa universale, tenendo ben presente che la Chiesa
di Roma ha una posizione speciale e unica nei confronti della totalità della Chiesa. Cos'è infatti la
collegialità se non la comunione di fede, di sacramenti e di governo-servizio che deve esistere tra
tutte le Chiese particolari che vogliono costituire la Chiesa di Cristo una ed unica? Collegialità è,
radicalmente, la "communio fidei, sacramentorum et disciplinæ" di tutte le Chiese; è il comune
possesso della stessa fede (le forme esterne di espressione possono essere varie, ma il contenuto non
può che essere identico in tutte, ed è essenziale in materia di fede tutto ciò che deriva dalla divina
rivelazione) e degli stessi sacri ministeri, per mezzo dei quali Cristo, Signore e Capo di tutto il
corpo, comunica la vita divina e la salvezza a tutto il corpo dei redenti e dei santificati.
È dunque chiaro che la collegialità nel suo vero significato non esiste senza il ministero
dell'Apostolo Pietro, il cui ufficio è proprio quello di far si che la Chiesa si conservi una ed unica, di
modo che tutti i successori degli Apostoli formino un unico corpo, capace di trasmettere la
rivelazione con una sola voce e con cuore indiviso. Nello stesso modo in cui non può esserci Chiesa
senza il Vescovo ("sine Episcopo Ecclesia non datur"), così non può esservi collegialità e
comunione - né la pienezza della Chiesa di Cristo una ed unica - "sine Petro", senza effettiva
comunione con il successore di Pietro: "ubi Petrus, ibi Ecclesia".
A questo punto, si può aggiungere ancora qualche considerazione, avendo presente che la
comunione esistente all'interno della Chiesa, comunione mistica e giuridica allo stesso tempo,
comporta diversi aspetti che si realizzano immediatamente a livello universale e che non sono
quindi legati ai confini delle Chiese particolari. Ciò fa capire perché non vi sono "più Chiese" di
Cristo, ma soltanto "la Chiesa di Cristo, una ed unica", che si realizza e vive nelle Chiese
particolari. Ed è per questa ragione che le funzioni esercitate dal Vescovo di Roma "vi muneris sui",
in forza cioè del suo ufficio, in quanto successore di Pietro, hanno un'immediata forza ed efficacia
nei riguardi della Chiesa universale e, di conseguenza, si dice che la sua autorità è, non soltanto,
universale, piena e suprema, ma anche immediata (ossia, non ha bisogno di intermediazione per
raggiungere la totalità della Chiesa). Egli non è giuridicamente tenuto a servirsi di altri, ma ha titolo
e autorità per agire personalmente e direttamente nei riguardi di tutta la Chiesa e dei suoi singoli
membri.
Il fatto poi che egli sia per divina volontà (“jure divino") il pastore dell’ intero gregge e che
il suo primato si estenda alla totalità della Chiesa, sia pastori che fedeli, spiega perché tutti,
compresi i Vescovi, si trovino in stato di giuridica subordinazione nei suoi confronti.
Conclusioni
Veniamo ora a formulare alcune considerazioni riassuntive circa le conseguenze che
derivano dal ruolo unico che il successore di Pietro ha nella Chiesa e dalle prerogative particolari e,
in gran parte, uniche che gli spettano per mandato divino. Alcune affermazioni non saranno che una
ripetizione di ciò che già ho enunciato; faccio umilmente mie le parole di San Paolo: "a me non
pesa ed a voi è utile che vi scriva le stesse cose" (Fil 3,1). Privilegerete quelle espressioni che hanno
maggiore significato e rilevanza.
 In modo globale si può affermare che il ruolo fondamentale del Papato è quello d'essere la
suprema visibile garanzia, nello spazio e nel tempo, della continuità e identità della Chiesa di
Cristo; o - in altre parole - è quello di permettere che la Chiesa di Cristo continui inalterata nel
tempo e nello spazio, conservando in ogni epoca, o momento storico, la sua sostanziale identità.
Oggi, come sempre nella storia della Chiesa, ci sono dei tentativi che minacciano, se fosse
possibile,la stessa identità della Chiesa. C'è chi, esplicitamente o implicitamente, mira a mutare
la natura divino-soprannaturale della Chiesa, riducendola pressoché a una organizzazione
umanitaria. promotrice di umano sviluppo in questo mondo; c'è chi vorrebbe veder cambiata la
struttura organica della Chiesa, che è ministeriale e gerarchica. Essa, come s'è detto, non può
esistere senza ministeri, o uffici sacri, che derivano da una "consegna" sacra, sacramentale,
divina. Tali ministeri sono per loro natura coordinati e subordinati; dipendono da Cristo
direttamente, o da chi, da Lui - per il tramite dell'ordine sacro e della successione apostolica,
con particolare e specialissimo riferimento alla successione petrina - è stato dotato di sacro
potere. Tali ministeri riguardano essenzialmente e rigorosamente le cose di Dio, i misteri di
Dio,le realtà soprannaturali,le realtà della rivelazione;la loro finalità immediata non è mai la
dimensione terrena dell'uomo,la sua esperienza e le sue conquiste terrene. C'è chi vorrebbe
ridurre la missione della Chiesa da quella redentrice e santificatrice - sanare I'uomo dal peccato
e condurlo attraverso le realtà sacre-santificanti all'eterna salyezza - ad una missione
semplicemente diretta a riconoscere e coordinare i valori esistenti nell'uomo e nel mondo. C'è
chi sotto la spinta di modelli sociali oggi esistenti mette fuori idee e proposte che logicamente
non possono se non condurre a una Chiesa-comunità di persone che crea essa stessa i propri
ministeri, che determina essa stessa la propria struttura, che organizza essa stessa le proprie
celebrazioni e la propria liturgia, che interpreta in modo nuovo la rivelazione e modifica
costantemente la dottrina e la morale secondo le esigenze e le circostanze storiche. Vigilare,
agire e insegnare in modo che tali fermenti devianti - i quali si vogliono presentare come
sviluppi positivi e di promozione,ma che in realtà sono essenzialmente negativi - siano scoperti
e possibilmente neutralizzati, è eminentemente missione di Pietro, è opera positiva, è fare il
bene, è suprema e operativa carità. Noi sappiamo che la natura della Chiesa non può essere
intaccata nella sua profonda, divina, soprannaturale realtà, perché essa fa parte del mistero
divino dell'incarnazione del Verbo di Dio. Questa suprema opera di Dio Padre, Figlio e Spirito
Santo non può certo essere messa in pericolo da tentativi umani. Ma ciò che può, ed è messo in
pericolo sono la comprensione e l'accettazione di esso, così come la rivelazione, contenuta e
custodita nella Chiesa, ce lo presenta. Ecco perché lo Spirito Santo, in maniera ineffabile,
assiste in modo speciale e unico il successore di Pietro, affinché, attraverso il suo insegnamento
e il suo ministero sacro,la rivelazione e la redenzione di Dio sia oggi e sempre presente nella
Chiesa e nel mondo. L insegnamento del Papa non dice e non può dire nulla di veramente o
sostanzialmente nuovo, perché il nuovo è tutto presente in Cristo, nella sua persona e nel suo
insegnamento. Non ci può essere altro nuovo, anche se quello che proviene dalla rivelazione va
continuamente presentato in modo che esso sia compreso nella sua perenne verità e nel suo
permanente valore. Cristo ha stabilito Pietro come supremo, visibile garante della sua opera di
salvezza e questi vive nei suoi successori, i Vescovi di Roma; compie la sua missione, insegna,
predica, vigila, esorta, decide, richiama, rimprovera, promuove e governa in essi. È ovvio che il
Romano Pontefice non è il solo che compie questi atti, ma nessuno può avere l'assoluta
garanzia che quello che compie nella Chiesa è garantito da Cristo stesso, se non chi è in fedele
e piena comunione con lui, in modo tale da poter dire che egli agisce in comunione col
successore di Pietro "una mente, uno animo, uno corde et una voce".
 Il successore di Pietro, poi, assicura l'identità di fede tra la Chiesa di oggi e la Chiesa degli
Apostoli, è quindi il garante della rivelazione e della verità. L'uomo non può, senza I'aiuto della
rivelazione, giungere con certezza, "nullo admixto errore", neppure alla conoscenza delle più
elementari verità inerenti Dio, se stesso, il proprio destino, etc. Senza la luce della rivelazione
egli è caduto e cade nei più banali e grossolani errori. Queste non sono, naturalmente, mie
opinioni, ma verità di fede, esplicitamente o implicitamente insegnate dai Concili Tridentino e
Vaticano I e, in qualche modo, anche da altri precedenti. Non si dimentichino, inoltre, le verità
relative al peccato originale, che ha ferito tutto I'uomo, ed all’impossibilità per I'uomo di
raggiungere il fine per cui è stato creato senza la luce della rivelazione e senza la grazia che
proviene da Cristo, dal suo sacrificio redentivo e santificante. L'uomo ha bisogno di essere
redento, salvato, purificato, santificato, condotto a Dio. E peccatore. Senza la grazia di Dio,
quantunque non tutto quello che fa sia male e meritevole di condanna, non può tuttavia evitare
di commettere il peccato che lo separa da Dio, che lo taglia fuori dall'alveo dell'amore di Dio.
Queste verità sacre debbono essere incessantemente, in ogni tempo, "opportune et importune",
proclamate, gridate, predicate dalla Chiesa. Nessuna voce è più sicura, più universale, più
efficace di quella di Pietro, che risuona nelle parole, nella predicazione, nell'insegnamento dei
suoi successori, i Vescovi di Roma. Chi all'uomo di oggi, che in maniera particolarmente acuta
sperimenta la tentazione di credersi autosufficiente, d'essere il costruttore del proprio destino,
d'essere I'origine e il creatore della propria sorte e della propria felicità, può ricordare in
maniera universale ed efficace che per l'uomo non c'è salvezza,non c'è vera felicità, non c'è
senso alla propria esistenza senza Dio, senza Cristo e quindi senza la sua Chiesa? Chi può
aprire gli occhi dell'uomo al pericolo di lasciarsi incapsulare dal materialismo, dall'
agnosticismo, dal soggettivismo, dal relativismo; dal pericolo di credere alle teorie di coloro
che pretendono di trovare nel mondo la ragione sufficiente della sua esistenza, di coloro che
vantano - ovviamente senza reale fondamento, né scientifico, né filosofico - di sapere che
I'uomo non è se non il prodotto di uno sviluppo evolutivo incessante? Quanto è facile costatare
- per chi ha occhi per vedere e intelletto per capire - che chi non accetta la luce della rivelazione
brancola nelle tenebre, non riesce a venir fuori dall'errore ! Ebbene, tutto questo va, dalla
Chiesa, continuamente ricordato al mondo, a chi non ha la fede; ma è la Chiesa stessa che, in
ogni suo membro, va richiamata a queste definitive verità, va confermata nella fede, in quella
fede che essa nella sua divina, soprannaturale realtà, porta nel proprio cuore, senza pericolo che
vada irrimediabilmente perduta di vista, o dimenticata. A Pietro spetta questa missione. Non è
sufficiente che gli errori siano scoperti, smascherati. confutati. condannati. È necessario che le
verità basilari derivanti dalla rivelazione siano costantemente predicate, richiamate
all'attenzione, proposte alla mente dei fedeli e di tutti gli uomini, affinché siano accolte,
accettate, capite, credute; perché diventino luce e guida, influiscano nell'azione e nella vita dei
singoli e delle comunità umane (famiglia, gruppi, organizzazioni, società civile, comunità
internazionale, etc.); conducano verso il raggiungimento della pienezza della verità nella vita
eterna.
 Riassumendo ora alcune conseguenze del fatto che Pietro è fondamento e principio visibile della
Chiesa di Cristo, si può affermare:

non ci può essere vera e autentica Chiesa, nella sua
pienezza, che non sia la Chiesa di Cristo fondata su Pietro; non ci può essere
autentica fede che non sia la fede di Pietro e degli Apostoli con lui.

Non ci può essere nulla nella Chiesa che sia fatto al di
fuori del fondamento, al di fuori di Pietro: "Nihil sine Petro, nihil contra Petrum;
omnia cum Petro et sub Petro, quia ubi Petrus ibi Ecclesia et ubi Ecclesia, ibi
Christus".

Tutto ciò che la Chiesa è, o compie, ha una relazione
sostanziale con Pietro; si può dire con tutta verità che Pietro, in quanto è fondamento
della Chiesa, rappresenta, personifica e porta in sé (gerit) tutta la Chiesa. Si può
anche arrivare a dire che la missione di Pietro si identifica con quella della Chiesa;
che questa non può compiere nulla di più e nulla di diverso di quello che Pietro
compie; nulla è al di fuori della missione di Pietro. Quando Pietro agisce,la Chiesa
agisce, Cristo agisce. Tutto ciò vale per il Vescovo di Roma, ma ovviamente soltanto
quando - e nella misura in cui - egli agisce in quanto successore di Pietro e ciò sia
chiaramente riconoscibile; ossia deve essere chiaro che egli, nella sua azione,
impegna la qualità di successore di Pietro in tutta la sua ampiezza e pienezza.
 Infine, mi limito a richiamare una soltanto delle conseguenze che derivano dal fatto che il
successore di Pietro è il pastore di tutto il gregge di Cristo. Rientra in questo campo il fare delle
leggi, richiamare tutti alla osservanza di esse, far capire che chi non le accetta e non le rispetta
non può pretendere di avere nella Chiesa la stessa situazione di chi è fedele, di chi vive - o,
almeno, si sforza sinceramente di vivere - secondo la saggia guida della disciplina ecclesiastica.
Alla nozione di legge è inerente quella di pena. Pertanto, l'uso di pene, di carattere soprattutto
ed eminentemente spirituale, è parte della natura della Chiesa. Non c'è forse nulla che richieda
tanta sapienza e tanta sensibilità pastorale come il retto uso delle pene nella vita della Chiesa;
ma tale uso è connaturale a una comunità formata di peccatori, di buoni e di cattivi. È massima
ingiustizia e somma stoltezza pastorale trattare chi compie il bene allo stesso modo di chi
commette il male, chi agisce per il bene oggettivo della Chiesa, come chi crea
imbarazzo,danno, scandalo, disagio, rovina; chi predica con fedeltà, come chi cerca di seminare
I'errore. Il successore di Pietro è pure il massimo moderatore dell'uso delle pene all’ interno
della chiesa; egli è sommo moderatore della disciplina ecclesiastica, poiché come supremo
pastore è pure il supremo legislatore.
Due considerazioni finali:
non va dimenticato mai che tutta l'attività della Chiesa, come tutto quello che il successore di Pietro
e tutti gli altri ministri in comunione con lui compiono sul piano dell'insegnamento,
dell'amministrazione dei sacramenti e del governo, è diretto all'interiore comunione di grazia e di
vita divina, affinché l'uomo diventi capace di raggiungere Dio nella vita eterna, dove potrà vederlo
faccia a faccia e aderire a Lui con perfetto amore. Tutto è compiuto per la salvezza eterna
dell'uomo, a gloria di Dio.
L'autorità della Chiesa, dei suoi ministri e, in particolare, del successore di Pietro, il Romano
Pontefice, è pertanto un servizio di salvezza. Esso va accettato, accolto con cuore aperto, con animo
grato. con sottomissione di intelletto e di volontà. E un servizio soprannaturale, non un servizio
umano. Esso ci rappresenta e ci comunica l'azione di Dio e come tale va considerato e ricevuto. Non
c'è salvezza per l'uomo se non nel mistero dell'incarnazione, non c'è accesso a tale mistero se non
nella Chiesa di Cristo, se non accettando con umiltà di mente e di cuore la parola della rivelazione e
la grazia della redenzione, che ci giungono attraverso la Tradizione, conservata intatta dalla Chiesa
dell'Apostolo Pietro, ossia la Chiesa di Roma.