Misure per sistemi meccanici A.A. 2011 -12 - 19.03.12 Lezione n. 6 MISURE DI POTENZA Occorre distinguere il caso di macchina operatrice (compressore, pompa, macchina utensile, ecc.), da quello di macchina motrice (motore termico, in particolare motore alternativo a c.i. , turbomotore, motore elettrico, ecc.). Scopo delle misure in oggetto è determinare le prestazioni di una macchina. Esempi: curve caratteristiche di una pompa (prevalenza – portata in diverse condizioni di funzionamento); curve caratteristiche di un motore termico (potenza, coppia, consumo specifico, in funzione della velocità angolare). Nel caso di macchina operatrice, si collega la macchina a un motore, si misurano coppia resistente Cr (per es., mediante dispositivo estensimetrico) e velocità angolare (mediante tachimetro) e si calcola la potenza (potenza resistente, ovvero, potenza assorbita): N N r Cr . Macchina motrice Macchina operatrice Nel caso di macchina motrice la potenza va erogata; collegare il motore a una macchina operatrice significa considerare una sola condizione di funzionamento; la potenza va: erogata e quindi assorbita da un utilizzatore; regolata; misurata. Per effettuare queste operazioni, il motore va montato su un banco equipaggaiato con un freno dinamometrico; la potenza erogata viene dissipata in calore; il freno provvede anche alla regolazione e alla misurazione. All’equilibrio dinamico (velocità angolare costante) la coppia motrice Cm è uguale alla coppia resistente Cr applicata dal freno; misurando quest’ultima si misura quindi la coppia motrice e misurando la velocità angolare si calcola la potenza motrice Nm; nel caso di un motore termico, rilevando la massa m di combustibile consumata dal motore in un intervallo di tempo t si può calcolare il consumo specifico cs; in sintesi: C m = Cr N m = Cm m cs . N m t Motore aspirato benzina 1.4 l - Curve prestazioni caratteristiche in piena potenza 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000 5500 6000 6500 7000 750 75 Potenza 70 Potenza, (CV) 7500 800 700 65 650 60 600 55 550 50 500 45 450 40 400 35 350 Consumo Specifico 30 300 25 250 20 200 15 150 Coppia 10 100 5 50 0 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 giri motore, (rpm) 5000 5500 6000 6500 7000 0 7500 Coppia, (Nm) Consumo specifico, (g/CVh) 1000 80 In figura è sono riportate le curve caratteristiche di un motore a c.i. utilizzante benzina come combustibile. Si osservi che , in accordo con il Sistema Internazionale, la coppia è misurata in N.m; la potenza dovrebbe essere misurata in kW (non in CV) e analogamente il consumo specifico dovrebbe essere misurato in g/kWh. La velocità angolare è misurata in giri/min; si ricorda che nel Sistema Internazionale la velocità angolare si misura in rad/s. I freni dinamometrici possono essere di tre tipi: meccanici; idraulici; elettrici. I freni meccanici non hanno applicazioni pratiche per la limitata potenza frenante (fino alla decina di kW); sono comunque interessanti per il principio di funzionamento. Un tamburo di raggio r (rotore), , collegato a un motore che gli applica una coppia motrice Cm, ruota (in fig. in verso antiorario), all’interno di una cassa equipaggiata con dispositivi (freni, nastri) muniti di guarnizioni di attrito che esercitano un’azione più o meno intensa sul tamburo; questa azione può essere regolata agendo su un sistema di serraggio; la cassa sarebbe trascinata dal tamburo se non fosse munita di una leva vincolata a non ruotare; pertanto la cassa (statore), esercita un azione frenante sul tamburo, ovvero applica al tamburo una coppia resistente Cr che, in condizioni di equilibrio dinamico, è pari a Cm. In sintesi, la potenza erogata dal motore viene dissipata in calore nelle guarnizioni di attrito, la regolazione della coppia frenante, come accennato, avviene tramite serraggio, la misura della coppia avviene tramite bilancia su cui agisce la leva. Noto il braccio della bilancia, e misurata la forza, è immediato calcolare la coppia. La coppia frenante Cr è costante in una certa configurazione del freno (entità del serraggio), al variare della velocità angolare. Cm,Cr Cm Cr' Cr'' Cr''' Cr'''' giri/min La curva di coppia motrice Cm si trova per punti aumentando o diminuendo la coppia frenante Cr e rilevando la coppia stessa in condizioni di equilibrio dinamico. Potenza motrice e consumo specifico si trovano con il procedimento visto. Per capire il funzionamento dei freni idraulici, si fa riferimento al freno a pale (mulinello). Sull’albero del freno, collegato al motore che eroga la coppia motrice si trova una barra munita di pale la cui distanza dall’albero è regolabile. Se r è il raggio delle pale (distanza delle pale dall’albero dall’albero), S la loro superficie, la velocità angolare, la densità del mezzo, la coppia frenante è data da: Cr = 2 pd S r, ove la pressione dinamica pd in funzione della velocità v =r delle pale è data da: cr v2 = cr 2r2, con cr coefficiente di forma. Raggruppando tutti i coefficienti numerici in cr, e indicando con D la lunghezza delle barre portatale si può scrivere: Cr = cr 2D5; cr tiene pertanto conto della posizione delle pale e della loro superficie; in definitiva la coppia resistente dipende da un coefficiente di forma (variabile al variare della posizione delle pale), dalla densità del mezzo, dal quadrato della velocità angolare, da una dimensione lineare alla quinta potenza. In sintesi, la potenza erogata dal motore viene dissipata in calore nel mezzo, mentre la regolazione della coppia frenante avviene variando la posizione delle pale. La coppia frenante Cr varia con il quadrato della velocità angolare in una certa configurazione del freno; variando la posizione delle pale si varia la curva di coppia Cr tra un minimo (pale prossime all’albero) e un massimo (pale allas massima distanza dall’albero). Nel caro del freno a pale non si è fatto cenno alla misura di Cr, perché interessa semplicemente il funzionamento del dispositivo. Diverso è il caso dei freni effettivamente utilizzati nella pratica, e cioè il freno Ranzi (a dischi lisci), e il freno Froude, con cave nei dischi. In questi freni, in particolare nel Froude, si raggiungono potenze frenanti delle centinaia di kW. Nel freno Ranzi, un rotore su cui sono calettati dei dischi lisci è collegato all’albero del motore e riceve la coppia motrice Cm. Il rotore si trova all’interno di una cassa (statore), costituita da dischi affacciati ai dischi del rotore; fra rotore e statore si trova un liquido (acqua); l’acqua viene posta in rotazione dal rotore; lo statore, cui è applicata la coppia motrice, non può ruotare perché ad esso è solidale una leva vincolata come nel freno Prony; pertanto lo statore esercita una coppia frenante Cr eguale e opposta a quella motrice in condizioni di equilibrio dinamico. L’entità della coppia frenante (o resistente) applicabile, dipende dallo spessore dell’anello liquido che si forma tra rotore e statore e che può essere regolato, per esempio, mediante un dispositivo telescopico a sfioramento. Essendo l’azione di tipo idraulico, valgono le considerazioni fatte per il freno a pale e quindi si può scrivere: Cr = cr 2D5, ove D è il diametro dei dischi; il coefficiente cr tiene conto dello spessore dell’anello liquido; si avrà quindi una curva (parabolica) di coppia minima, e una curva (parabolica) di coppia massima. In sintesi, la potenza erogata dal motore viene dissipata in calore nell’acqua; poiché l’acqua si riscalda, va rinnovata con continuità, e quindi per il funzionamento del freno è necessaria un’opportuna portata d’acqua. La regolazione della coppia frenante, come accennato, avviene tramite regolazione dello spessore dell’anello liquido. La misura della coppia avviene tramite bilancia su cui agisce la leva, come nel freno Prony. Noto il braccio della bilancia, e misurata la forza, è immediato calcolare la coppia. La coppia frenante Cr è dunque variabile con il quadrato della velocità angolare per ogni configurazione del freno (spessore dell’anello liquido). Cm,Cr Cm Cr' Cr'' Cr''' Cr'''' giri/min La curva di coppia motrice Cm si trova per punti aumentando o diminuendo la coppia frenante Cr e rilevando la coppia stessa in condizioni di equilibrio dinamico. Potenza motrice e consumo specifico si trovano con il procedimento descritto in preedenza. Il freno Froude si differenzia dal Ranzi per la presenza di cave sui dischi rotorici e statorici. L’azione di sbattimento dell’acqua fra cave rotoriche e statoriche rende l’azione frenante molto più intensa a parità di dimensioni del freno. La regolazione avviene azionando delle saracinesche che aumentano o diminuiscono la porzione di cave affacciate. In definitiva le curve di coppia Cr variano tra una curva minima (saracinesche abbassate, cave non affacciate e una massima (saracinesche alzate, cave completamente affacciate). Per quanto riguarda dissipazione della potenza erogata dal motore e misura di Cr, si può ripetere quanto detto per il freno Ranzi. Nei freni idraulici, i freni non sono in grado di applicare elevate coppie frenanti a basse velocità angolari. Per ovviare a questo inconveniente, si può collegare la parte esterna del freno (cassa) all’albero del freno che la pone pertanto in rotazione, e collegare la parte interna del freno alla leva vincolata. Si può allora applicare, in particolare a basse velocità di rotazione, un freno meccanico, per esempio tramite nastro, alla parte esterna (rotante) del freno, e ampliare così il campo del freno. E’ quanto realizzato nel freno Shenck. Nei freni elettrici, l’azione frenante può essere di due tipi. Nel freno a correnti parassite, (anche, freno Pasqualini), il rotore, che riceve la coppia motrice Cm, è costituito da un disco in rame che ruota fra le espansioni polari di un magnete; il magnete fa parte della cassa (statore) del freno; nel disco in rame, per induzione al passaggio in corrispondenza del magnete, hanno origine forze elettromotrici e quindi correnti elettriche (correnti parassite), che danno luogo a un campo magnetico di segno opposto a quello inducente; lo statore sarebbe trascinato quindi dal rotore, se non fosse munito di una leva vincolata (come nei freni esaminati in precedenza) che gli impedisce di ruotare; lo statore esercita quindi una coppia frenante Cr che all’equilibrio è pari a Cm. All’atto pratico, un freno di questo tipo è realizzato come in figura: il rotore è munito di settori dentati (in cui si generano le correnti parassite), il campo magnetico dello statore è originato da avvolgimenti alloggiati nello statore stesso e percorsi da correnti continue. La potenza del motore viene dissipata in calore, per effetto Joule (correnti parassite), nel rotore; il calore viene asportato dall’acqua circolante con continuità come nei freni idraulici; in questo caso però l’acqua non esercita (se non in maniera trascurabile) azione frenante. La regolazione si effettua regolando la corrente degli avvolgimenti: dall’intensità di corrente dipende infatti l’induzione di campo magnetico e quindi l’intensità delle correnti parassite e la coppia frenante; la possibilità di regolare la corrente degli avvolgimenti consente di ottenere curve di coppia Cr dell’andamento più opportuno; il campo non ha quindi i limiti dei freni idraulici. Per la misura di Cr, si ricorre a un dinamometro, rappresentato in figura, che rileva la forza esercitata dalla leva come nei freni esaminati in precedenza. Questi freni, grazie al raffreddamento dell’acqua, hanno prestazioni confrontabili con quelle dei freni idraulici. Nella dinamo freno, il motore è collegato a una dinamo (generatore in continua), e quindi la potenza meccanica è convertita in potenza elettrica che poi viene dissipata in calore, per effetto Joule, in un banco di resistenze. La regolazione avviene variando il carico elettrico della dinamo (e quindi la coppia frenante). Per la misura si fa riferimento alla potenza elettrica della dinamo; occorre naturalmente tener conto del rendimento organico. Le dinamo freno hanno un campo limitato (poche decine di kW); hanno il vantaggio di poter avviare i motori testati.