Il Vescovo Roberto all'omelia della Messa di Ordinazione
«Siate pastori dentro e dietro il gregge per rispondere a tutte le giuste attese»
Nicola Ballarini, Alessio Menegardo e Gianni Nobis fanno ora parte a pieno titolo del presbiterio
mantovano. Il Vescovo Roberto ha imposto loro le mani la domenica della Santissima Trinità, nella
celebrazione eucaristica delle 17.30 in Duomo. Un Duomo davvero affollatissimo: famigliari in prima
fila, amici e collaboratori dei nuovi presbiteri, confluiti dalle parrocchie di origine e da quelle dove
essi si trovano in ministero. La presenza di 80 sacerdoti concelebranti, che dopo il Vescovo hanno
imposto le mani ai tre ordinati e l’alternarsi dei canti tra il coro diocesano diretto dal maestro
Francesco Meneghello e tutto il popolo hanno molto contribuito a creare un clima di festosa e
religiosa solennità, accompagnando tutto lo svolgimento del rito: un rito che non lascia indifferenti,
dove tre giovani vite si giocano per sempre, nella fede e per amore dei fratelli.
Il Vescovo Roberto, nella sua ampia omelia ha commentato i testi biblici della festa e dato voce a
pensieri e sentimenti diffusi, includendo anche brani delle testimonianze resegli dai nuovi presbiteri.
Abbiamo ascoltato, dal vangelo di Giovanni, le battute finali della vita terrena di Gesù: presto il
racconto della passione, morte e risurrezione troverà il suo spazio portandoci a contemplare la
glorificazione del Figlio, che spalanca il nostro sguardo a comprendere la gloria del Padre. Per i
discepoli questo è un momento di grande tristezza: sembra la fine di tutto, comprese le speranze troppo
umane che la vicinanza del Maestro aveva generato nel loro cuore e che non era riuscito a raddrizzare
più di tanto, orientandole verso un Regno che ‘non è di questo mondo’ (cf Gv 18,36).
Il ‘mondo’ e il ‘male’ sembrano ormai aver preso il sopravvento; l’odio prevale fino a travolgerli, con
la sensazione di soffocare gli albori di questa piccola comunità di credenti. Ma la rivelazione del
Signore sarà eccezionalmente sorprendente. Gesù vuole certo preparare i discepoli alla sua prossima,
tragica fine; ma soprattutto annunciare fin d’ora il dono del suo Spirito che li guiderà a tutta la verità.
Ed ecco la verità: egli mi glorificherà, perché prenderà da quello che è mio e ve lo annuncerà. In altre
parole, lo Spirito del Risorto toglierà il velo dai nostri occhi e comprenderemo che la morte di Gesù è
stata la libera e totale offerta di se stesso, nella condivisione dolorosa della storia di ogni uomo,
affinché si compia, una volta per tutte, il mirabile disegno del Padre sul Figlio fatto uomo e perciò su
tutti i credenti in lui: la risurrezione!
Tuttavia lo sguardo sul mistero della SS. Trinità, che la liturgia annuale ci propone dopo la Pentecoste,
non è tanto un’appendice tardiva al tempo pasquale; è, invece, il forte richiamo alla vita quotidiana
della Chiesa chiamata alla sequela del suo Signore e Maestro: un cammino nel quale, passo dopo passo,
essa si scopre trasformata a immagine di colui che essa segue, pur nella fatica e nella povertà di una
infedeltà sempre attuale. Nella Trinità si celebra la vita di Dio che è comunione: pertanto il cammino di
sequela di Cristo risorto non può ridursi a un fatto umano, una devozione che proviene solo da
riflessioni teologiche o ricerche personali: è un dono di vita. Quando, nella nostra esistenza quotidiana,
sentiamo la presenza di Dio, com’è soprattutto per voi adesso, figli carissimi Alessio, Gianni e Nicola,
tra poco partecipi del nostro sacerdozio, non ci resta altro che dire: ‘Dio è qui’; e, quando c’è Dio, la
prima cosa da fare è mettersi in ginocchio. Solo dopo viene l’intelletto umano ad approfondire e
spiegare come Dio sia lì.
Lo studio della teologia, condotto in questi anni di Seminario, spero con impegno e passione, dovrà
certo aiutarvi a scorgere i problemi, individuare le domande del mondo in cui viviamo e cercare
qualche risposta. Ma la prima dimensione spirituale da non perdere mai è di saper riconoscere con
sicurezza la presenza del Dio-con-noi, perché lo Spirito del Risorto ci conduce alla conoscenza della
Verità: la gloria del Padre che porta a compimento la salvezza dell’uomo peccatore. Prima di ogni
tecnica o intuizione pastorale, sta dunque la preghiera umile e fiduciosa di chi si affida al proposito del
Signore e alla guida del suo Spirito.
Nel mondo che ci sta attorno
Il tempo e la cultura nella quale siamo immersi, soprattutto nel nostro vecchio mondo, non fanno
certo riferimento alle parole e alle immagini della prima lettura, dal libro dei Proverbi, dove la ragione
umana, viene chiamata a scoprire e riconoscere, nella bellezza ordinata e stupenda dell’universo, il
disegno inarrivabile della Sapienza di Dio che ha costruito l’abitazione più bella che si possa
immaginare per collocarvi le creature altrettanto belle, perché fatte a sua immagine e somiglianza: “io
ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo
sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”. Parole di poesia, naturalmente, capaci
però di svelarci da subito l’unico vero legame che Dio sa immaginare per noi: l’amore!
Il mondo che ci sta attorno somiglia molto di più al simbolo del vecchio Adamo che coglie il frutto
del giudizio sul bene e sul male rivendicando a sé il fine del proprio successo e le scelte per giungervi.
Ma, a differenza di quello, non vuole neppure riconoscere che è un vero peccato allontanarsi dall’amore
di Dio, perché si perdono anche le ragioni dell’umano stare insieme pacificamente e amorevolmente;
anzi va orgoglioso di questa scelta perché, finalmente, l’uomo d’oggi sarebbe in grado di liberarsi
dall’oppressiva schiavitù religiosa. Non solo, perciò, la nostra epoca sembra non volerne sapere del Dio
che noi predichiamo, ma ci guarda con la compassione riservata a chi non riesce a comprendere o
addirittura come a ostacoli da rimuovere dal suo cammino di affermazione.
Il senso della vostra consacrazione
Qual è dunque il senso della consacrazione della vostra giovane vita a questo Dio? Quale la forza vi
conferiamo? Che cosa vi mandiamo a dire e fare in mezzo al popolo, a ragazzi e giovani che la cultura
corrente spinge a guardarci come testimoni di un antico e ormai superato sapere fondato su quello che
si è e sul nostro destino oltre l’orizzonte terreno, invece che fidarsi della concretezza palpabile di quello
che si riesce ad avere e di come si vuole apparire?
Tra poco vi chiederò di manifestare davanti al popolo di Dio la volontà di assumere gli impegni
sacerdotali, e voi risponderete con fermezza e audacia, lo voglio. Ma che cosa vi viene chiesto? Di
adempiere con sapienza e fedeltà il ministero della Parola rimanendo fedeli all’insegnamento della
Chiesa; di celebrare con fede e devozione i Sacramenti, anzitutto eucaristia e riconciliazione, segni
misteriosi ma efficaci di una salvezza già presente; di pregare assiduamente ogni giorno (non quando vi
rimane tempo) per il popolo che vi è affidato, con la liturgia delle ore; di stare uniti a Cristo Signore nel
suo offrirsi al Padre per la salvezza di tutti, pronti quindi a sacrificare tutto per loro. In una parola vi
viene chiesto di annunciare agli uomini, con la testimonianza della vostra esistenza concreta, che il
desiderio di Dio Creatore e Padre di fare comunione di vita con gli uomini, ha oggi un nome: Gesù, la
cui umanità risorta è ormai presente definitivamente nel mistero dell’Amore trinitario: “resi giusti per
la fede - ci ha detto Paolo - siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”.
Non c’è peccato, perciò, che non possa essere perdonato, non c’è strappo che non possa essere
ricucito, non c’è abbraccio rifiutato che non possa compiersi ancora, ogni volta che lo richiediamo. Dio
non ci chiede anzitutto di colmare la nostra lontananza da lui; la colma lui, raggiungendoci proprio
sulle vie della nostra lontananza!
E’ questo che l’uomo d’oggi deve sentirsi annunciare e vedere concretizzato nella Chiesa dei
credenti. La predicazione e i gesti di Papa Francesco stanno ribaltando il giudizio sulla Chiesa perché
richiamano il nucleo essenziale del Vangelo, della Buona Notizia per tutti: è la misericordia di Dio
totalmente gratuita che ci rende capaci di misericordia e perdono; è il suo amore ricevuto e ricambiato
che ci rende pronti ad amare come lui ci ama.
Le domande del vostro cuore
Certo, io penso di scorgere nel profondo del vostro cuore domande vere che suscitano qualche
turbamento. E’ davvero questo il cammino della mia vita per sempre? sono e sarò sempre degno del
dono che il Signore mi sta facendo? Sono consapevole che il sacerdozio non è un ufficio gratificante,
ma scelta non sempre condivisa e apprezzata da tutti?
“Non è semplicemente fare cose che altri non possono fare o ricerca della propria lode personale” –
mi ha scritto Gianni; e Nicola ricorda perplessità e paure che hanno segnato la vocazione di tanti scelti
da Dio, come Mosé, Isaia, Giobbe… Fortunatamente per voi (ma ogni scelta che esige il ‘per sempre’
ne fa esperienza) ci sorregge la coscienza di essere ‘inviati, mandati’, non per nostri meriti, ma per
grazia ricevuta: “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20).
La domanda insistente fatta a Pietro, mi ami tu?, è fatta a ciascuno di noi, ai quali è conferita la
missione di pascere il gregge insieme a lui e ai Successori degli Apostoli; non però per umiliarci nella
costatazione dei nostri insuperabili limiti, ma per “credere ogni giorno nella grazia e nella forza che ci
viene dal Signore, nonostante la nostra debolezza, - ha detto Papa Francesco ai vescovi italiani - e
assumere fino in fondo la responsabilità di camminare dinanzi al gregge sciolti da pesi che intralciano
la sana celerità apostolica, e senza tentennamenti nella guida, per rendere riconoscibile la nostra voce
sia da quanti hanno abbracciato la fede, sia da coloro che ancora non sono di questo ovile”.
Forza e volontà della vostra promessa
Qui sta anche la forza e la verità della vostra promessa di rispetto e obbedienza al Vescovo che vi
ordina presbiteri e ai suoi successori. Non si tratta di organizzazione amministrativa o di fidelizzazione
alla propria azienda, ma “di far nostro il sogno di Dio, la cui casa non conosce esclusione di popoli e
persone”.
Per questo riusciamo a “vantarci nelle tribolazioni”, non perché a noi è reso facile il soffrire, quanto
per il motivo che proprio nella contraddizione e nella inevitabile sofferenza ci viene donata la pazienza
necessaria a chi non è alla ricerca del successo per le iniziative che sa mettere in atto, ma rimane fedele
al cammino condotto a termine da Gesù, che ci chiede non di evitare, ma abbracciare la sua Croce.
“Per questo - ha detto ancora il Papa - essere pastori vuol dire anche disporsi a camminare in mezzo e
dietro al gregge: capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi
teme di non farcela; attenti a rialzare, a rassicurare e a infondere speranza. Dalla condivisione con gli
umili la nostra fede esce sempre rafforzata. Mettiamo da parte, quindi, ogni forma di supponenza per
chinarci su quanti il Signore ha affidato alla nostra sollecitudine”.
Compiti che Papa Francesco ha affidato ai Vescovi chiamati a esercitare con Pietro la cura del gregge
che rimane sempre di Gesù, unico e insostituibile pastore e salvatore, e che il Vescovo affida anche a
voi per condividerne la cura insieme all’intero presbiterio diocesano, come degni cooperatori
dell’ordine episcopale perché la parola del Vangelo fruttifichi nel cuore degli uomini.
Abbiate memoria riconoscente per quanto di bene avete ricevuto da tante persone che vi hanno
aiutato a custodire la vocazione che il Signore ha deposto nel vostro cuore.
“La mia fortuna è stata quella di trovare sempre persone con cui confrontarmi ogni giorno, che hanno
reso possibile la mia crescita spirituale e umana” – mi scrive don Alessio. E don Gianni: “Aver avuto
preti a cui voglio molto bene a fianco a me è stata una ricchezza e un dono di Dio, ai quali sono
chiamato a rispondere nel modo stesso in cui loro mi hanno accompagnato”. E don Nicola: “ho
incontrato persone che mi hanno ascoltato, accolto, consolato, rimproverato, guidato e amato, che mi
permettono di sentirmi veramente fortunato”: a Dio e a ciascuno dice il suo grazie!
Sapersi confrontare con tutti
Allora continuate ad avere stima e fiducia nei presbiteri che vi hanno preceduto nella cura pastorale
di questa nostra amata Chiesa mantovana: la freschezza e l’entusiasmo della vostra giovane età sappia
sempre confrontarsi con la saggezza accumulata nell’esperienza di lunghi anni, non certo per
mortificare il giusto desiderio di corrispondere più efficacemente alle esigenze del tempo, ma per
verificarle su ciò che rimane sempre valido, perché ‘fondato sulla roccia’ (Lc 6,48), che è Cristo Gesù.
Il vostro rispetto e la vostra stima per i sacerdoti più anziani si tradurrà in capacità di collaborazione
pastorale, soprattutto ora che la nostra Chiesa ha intrapreso il cammino di far emergere e valorizzare
anche nei laici l’originario impegno missionario che nasce dal comune battesimo: una comunità ben
compaginata nella quale ciascuno offre collaborazione e corresponsabilità non derivate dalla delega di
uno scampolo di potere, ma dalla vocazione al servizio di tutti, che impedisce al cristiano di tenere per
sé i talenti ricevuti in dono.
Don Puglisi: un grande modello
Ieri la Chiesa ha proclamato beato, cioè cristiano pienamente riuscito e modello nella sequela di
Cristo, un prete siciliano, piccolo e dalla voce flebile, ma dall’impegno instancabile a stare sulla strada
a rincorrere ragazzi e giovani perché non si perdessero dietro al denaro e alla droga: don Pino Puglisi.
Questo piccolo prete non ha mai fatto lotta diretta alla mafia, ma ha ‘costretto’ la mafia a ucciderlo,
perché ne stava scardinando i principi solo predicando e vivendo il Vangelo.
Dobbiamo ritornare a scoprire l’inarrestabile forza del Vangelo misurando su questa Parola di
salvezza la validità e l’opportunità delle nostre iniziative pastorali. E il Vangelo ci sospinge, oggi più
che mai, fuori dall’ovile, alla ricerca paziente e instancabile delle pecore disperse, molto più numerose
di quelle che ci stanno attorno. Non siamo nei tempi gioiosi del raccolto, ma in quelli faticosi della
semina, cioè della dispersione di ciò che siamo e abbiamo senza certezza di riuscita. Ma “chi semina
nelle lacrime mieterà con giubilo. Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma
nel tornare viene con giubilo, portando i suoi covoni” (Sal 126,5s).
Vi accompagni Maria, Madre di tutti
Don Alessio, don Gianni e don Nicola carissimi! Carissimi a me, ma anche a tutto il popolo di Dio
che fa bella la Chiesa di Mantova e prega il Signore che le doni ancora tanti e santi sacerdoti! La vita di
un prete, come quella di tante mamme e papà, è fatta di gioie e dolori, di speranze e delusioni (e forse
noi siamo un po’ privilegiati). Ma “la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la
virtù provata la speranza; e la speranza non delude mai”: perché? Anche “se noi siamo infedeli, -ci
rassicura s. Paolo- lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso” (2Tm 2,13).
Vi accompagni ogni giorno la Madonna Incoronata, Regina delle Grazie, ma soprattutto Madre di
tutti!