4 incontro (don Magnoni) La famiglia anima la

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La famiglia anima la società
(Catechesi in preparazione dell’IMF – don Walter Magnoni)
Dal Vangelo secondo Matteo:
43
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i
vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è
nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
46
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i
pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non
fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
1
State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro,
altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. 2Dunque, quando fai
l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle
strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
3
Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua
elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 5,43-6,4)
Una parola di breve commento a tre passaggi del brano:
Un brano del DM dove si vede l’apice della vita cristiana: amate i vostri nemici e pregate per quelli
che vi perseguitano. Come si può vivere una tale altezza? Vediamo come sia difficile non litigare
con chi è molesto, sforzandoci di ignorare. Ma addirittura amare? Daremmo del matto a Gesù se
non fosse che Lui è salito su quella croce e ha dato concretezza a queste parole. Inoltre su quel
legno ha osato dire: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno!”. Lo stesso ha fatto
Stefano il primo martire e Saulo assistendo a quella scena ha iniziato il suo travaglio interiore che lo
ha portato a far suo quell’insegnamento, ascoltato mentre già i sassi colpivano Stefano.
A noi sembra che un buon cristiano è uno che ama i suoi famigliari, è fedele al coniuge e fa un
lavoro onesto. Gesù, provocatoriamente ci dice: se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne
avete? Siamo chiamati ad aprirci a un amore più ampio di quello famigliare, senza trascurare
l’impegno educativo verso i figli e l’amore per la persona che Dio ci ha posto accanto, con la quale
abbiamo costituito la famiglia. In questa catechesi c’interroghiamo su come la famiglia è chiamata a
giocarsi nel mondo. Quale rapporto tra famiglia e società?
Infine il brano mette in luce il rischio del cosiddetto assillo di credibilità. Ovvero quell’agire solo
per essere ammirati. Quel curare l’apparenza più che la sostanza. Questa è la radice dell’ipocrisia.
La radice greca dice l’essere come gli attori che recitano una parte, ma la loro vita è un’altra.
Chiediamo allora il dono della coerenza, del lasciare che la fede permei la vita
Catechesi biblica:
1.
Avete inteso che fu detto… Ma io vi dico. Perché educare i nostri figli alla generosità,
all’accoglienza, alla gratitudine, al servizio, alla solidarietà, alla pace, e a tutte quelle virtù sociali
così importanti per la qualità umana del loro vivere? Quale vantaggio ne traggono? Forse non c’è
crescita di ricchezza, di prestigio, di sicurezza. Eppure è solo coltivando queste virtù che gli uomini
hanno un futuro sulla terra. Esse crescono grazie alla perseveranza di coloro che, come i genitori,
educano le nuove generazioni al bene. Il messaggio cristiano ci incoraggia a qualche cosa di più
grande, di più bello, di più rischioso e di più promettente: l’umanità della famiglia, grazie a quella
scintilla divina in essa presente e che nemmeno il peccato ha tolto, può rinnovare la società
secondo il disegno del suo Creatore. L’amore divino ci sprona sulla via dell’amore del nemico,
della dedizione per lo sconosciuto, della generosità oltre il dovuto. La famiglia partecipa della
sovrabbondante generosità del nostro Dio: perciò può guardare più lontano e vivere una gioia più
grande, una speranza più forte, un più grande coraggio nelle scelte.
Molte delle parole di Gesù riportate nei vangeli illuminano la vita familiare. Del resto, la sua
sapienza a riguardo della vita umana è cresciuta grazie al clima familiare in cui ha trascorso gran
parte della sua esistenza: lì ha conosciuto il variegato mondo degli affetti, ha sperimentato
l’accoglienza, la tenerezza, il perdono, la generosità, la dedizione. Nella sua famiglia ha constatato
che è meglio dare piuttosto che pretendere, perdonare invece di vendicarsi, offrire piuttosto che
trattenere, spendersi senza risparmiare la propria vita. L’annuncio del Regno da parte di Gesù
nasce entro la sua diretta esperienza di famiglia e investe tutte le relazioni, partendo proprio
da quelle familiari, illuminandole di nuova luce e dilatandole oltre i confini della legge antica.
Gesù invita a superare una visione egoistica dei legami familiari e sociali, ad allargare gli affetti
oltre il ristretto cerchio della propria famiglia, affinché divengano lievito di giustizia per la vita
sociale.
La famiglia è la prima scuola degli affetti, la culla della vita umana dove il male può essere
affrontato e superato. La famiglia è una risorsa preziosa di bene per la società. Essa è il seme dal
quale nasceranno altre famiglie chiamate a migliorare il mondo. Può però accadere che i legami
familiari impediscano di sviluppare il ruolo sociale degli affetti. Succede quando la famiglia
sequestra per sé energie e risorse, chiudendosi nella logica del tornaconto familiare che non lascia
alcuna eredità per il futuro della società.
Gesù vuole liberare la coppia e la famiglia dalla tentazione di rinchiudersi in se stessi: «Se amate
quelli che vi amano… se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?».
Con parole rivoluzionarie, Gesù ricorda ai suoi uditori l’«antica» somiglianza con Dio, invitandoli a
dedicarsi agli altri secondo lo stile divino, oltre i timori e le paure, oltre i calcoli e le garanzie di un
proprio vantaggio.
Meravigliando chi lo ascolta, Gesù insegna come sia possibile essere figli a somiglianza del Padre.
Egli ci sottrae al torpore della rassegnazione e dell’egoismo e con forza ci dice che amare il nemico
e pregare per chi ci perseguita è alla nostra portata, che possiamo sradicare la violenza dal nostro
cuore perdonando le offese, che la nostra generosità può superare la logica economica del semplice
scambio.
2
Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, dopo la trattazione dell’importanza della
famiglia per la persona1, segue un intero paragrafo dedicato al rapporto famiglia-società. L’incipit
aiuta a cogliere la posizione del Magistero in merito al nesso in questione: «la famiglia, comunità
naturale in cui si esperimenta la socialità umana, contribuisce in modo unico e insostituibile al bene
della società»2. Gli aggettivi utilizzati rendono l’idea del ruolo fondamentale che, secondo il Cdsc,
la famiglia svolge per la società. Il Compendio cita esplicitamente la Lettera alle famiglie
Gratissimam Sane di Giovanni Paolo II e afferma che: «La famiglia, comunità di persone, è la
prima “società” umana»3. L’intento del Magistero è quello di contrapporre all’idea dominante
dell’irrilevanza pubblica della famiglia, quella di «una società a misura della famiglia» 4 in
quanto è la miglior garanzia contro le due opposte derive che la Chiesa teme: l’individualismo e il
collettivismo. Il modello della famiglia che pone al centro la persona come fine e non come mezzo,
appare quello in grado di far progredire la società. Per giustificare quanto detto il Cdsc aggiunge:
«senza famiglie forti nella comunione e stabili nell’impegno, i popoli s’indeboliscono. Nella
famiglia vengono inculcati fin dai primi anni di vita i valori morali, si trasmette il patrimonio
spirituale della comunità religiosa e quello culturale della Nazione. In essa si fa l’apprendistato
delle responsabilità sociali e della solidarietà»5. Questo testo recepisce la fondamentalità dei
primi anni di vita, aspetto sul quale concordano tutti gli studiosi dell’età evolutiva.
Riprendiamo tre termini che ci appaiono decisivi.
1. Anzitutto si parla della famiglia quale luogo dove si “inculcano” i valori morali. Il termine
inculcare, anche partendo dalla definizione che ne viene fornita dallo Zingarelli6, appare difficile da
conciliare con l’immagine del valore morale che richiama invece la moralità della persona
interpellata nella sua libertà e consapevolezza7. Di fatto, al di là di queste precisazioni, crediamo di
cogliere l’intento del Compendio nel voler sottolineare come la famiglia sia il luogo in cui si
sviluppa l’educazione ai valori morali e il bimbo impara a distinguere tra ciò che è bene e ciò che è
male. La mancata attuazione di questo processo educativo genera facilmente disorientamento e
fragilità nella persona.
2. In secondo luogo ci soffermiamo sulla “responsabilità sociale”. Si parla di “apprendistato” e
1
CDSC 212.
CDSC 213.
3
GIOVANNI PAOLO II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 7. L’affermazione è riportata in CDSC 213.
4
CDSC 213.
5
CDSC 213.
6
«Imprimere qualcosa nella mente o nell’animo di qualcuno con la persuasione e l’insistenza», N. ZINGARELLI,
Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 199412, 483.
7
Il teologo morale Sergio Bastianel precisa: «Quando parliamo di valori morali intendiamo riferirci all’unità personale
di conoscenza, libertà e responsabilità. […] la moralità di qualcuno è in questione nel rapporto tra il soggetto e i valori
umani, chiedendo al soggetto di farsene responsabile nella misura della sua consapevolezza e della sua reale
possibilità d’intervento», S. BASTIANEL, Teologia morale fondamentale. Moralità personale, ethos, etica cristiana, (Ad
uso degli studenti), PUG, Roma 2005 (Quinta ristampa), 150-151.
2
3
il termine è particolarmente felice perché rende bene l’idea di un imparare nella pratica del vivere
quotidiano. Riconoscere il debito che la famiglia ha verso la società e insegnarlo ai propri figli è
fondamentale onde evitare derive individualistiche che generano comportamenti etici discutibili,
come, per esempio, il non contribuire al fisco, attraverso processi di evasione che vanno ad
aggravare il debito pubblico.
3. Infine la famiglia è il luogo dove s’insegna la “solidarietà”: è uno dei principi della Dottrina
sociale della Chiesa e «conferisce particolare risalto all’intrinseca socialità della persona umana»8.
Nella Sollecitudo rei socialis, si aggiunge che la solidarietà è anche una “virtù”. «Questa, dunque,
non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone,
vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene
comune»9. In famiglia s’insegna ai piccoli a prestare i loro giocattoli, ad aiutare i loro compagni a
scuola, a chiedere con gentilezza, a non offendere chi è più debole, ad essere generosi nei favori.
Per questo gli adulti si sforzano nel dare esempio di attenzione, dedizione, generosità, altruismo.
Così la famiglia diventa il primo luogo dove si impara il senso più vero della giustizia, della
solidarietà, della sobrietà, della semplicità, dell’onestà, della veracità e della rettitudine, insieme a
una grande passione per la storia dell’uomo e della polis.
L’educazione ai valori morali, alla responsabilità sociale e alla solidarietà sono compiti cruciali per
la costruzione di una società a misura d’uomo e la famiglia è il luogo che dovrebbe per primo
fornire le giuste fondamenta in tale direzione.
2.
Siate figli del Padre vostro che è nei cieli. Gesù chiede questo stile di vita singolare e rivela
così che gli uomini sono destinati proprio a queste altezze. Confida nell’insegnamento che le
famiglie, per disegno di Dio, sono in grado di offrire sulla via del suo amore.
Anche in famiglia, infatti, avvengono divisioni e lacerazioni, anche in essa sorgono i nemici, e il
nemico può essere il coniuge, il genitore, il figlio, il fratello o la sorella. Quante volte le sofferenze
degli adulti sono legate a legami parentali che vanno in crisi per tante ragioni. A volte non si parla
più con dei parenti e anche ai figli passa già da piccoli l’idea che gli adulti fanno fatica ad andare
d’accordo.
In famiglia, però, ci si ama, si desidera sinceramente il bene degli altri, si soffre quando qualcuno
sta male, anche se si è comportato da «nemico», si prega per chi ci ha offeso, si è disposti a
rinunciare alle cose proprie pur di fare felici gli altri, si comprende che la vita è bella quando è
spesa per il loro bene.
8
9
CDSC 192.
SRS 38.
4
La famiglia costituisce la «prima e vitale cellula della società» (AA 11), perché in essa si impara
quanto importante sia il legame con gli altri. In famiglia si avverte che la forza degli affetti non può
rimanere confinata «tra di noi», ma è destinata al più ampio orizzonte della vita sociale. Vissuti solo
entro il piccolo nucleo familiare gli affetti si logorano e invece di dilatare il respiro della famiglia,
finiscono per soffocarlo. Ciò che rende vitale la famiglia è l’apertura dei legami e l’estensione degli
affetti, che altrimenti rinchiudono le persone in gabbie mortificanti!
L’espressione “cellula vitale” è utilizzata per la prima volta in un importante documento del
Concilio Vaticano II: l’Apostolicam actuositatem (=AA). Troviamo scritto che: «la famiglia ha
ricevuto da Dio questa missione, di essere la prima e vitale cellula della società. E tale missione
sarà adempiuta se, mediante il mutuo affetto dei membri e l’orazione fatta a Dio in comune, si
mostri come il santuario domestico della Chiesa; se tutta la famiglia si inserisce nel culto liturgico
della Chiesa; se infine presterà una fattiva ospitalità, se promuoverà la giustizia e le buone opere a
servizio di tutti i fratelli che si trovano in difficoltà»10.
Appare significativo il non dare per scontato il fatto che la famiglia cristiana sia prima e vitale
cellula della società. Anzi, il diventare ciò è una missione, un compito che Dio affida alla famiglia
stessa e che comporta una serie di condizioni che potremmo raggruppare in tre gruppi: il volersi
bene, la preghiera e la vita liturgica e infine la carità e la giustizia.
Sono aspetti fondamentali della vita cristiana, profondamente radicati nel dato biblico e che
unificano la persona e la famiglia attorno al duplice comandamento dell’amore di Dio e del
prossimo. Questo stile rende le famiglie cristiane esemplari e coerenti al vangelo ed in tal modo
«offrono al mondo una preziosissima testimonianza cristiana, sempre e dovunque, ma in modo
speciale nelle regioni in cui viene annunziato per la prima volta il Vangelo, oppure la Chiesa si
trova tuttora nei suoi inizi, o versa in grave pericolo»11.
Le condizioni richieste sono impegnative e nel concreto il mutuo affetto deve sostenere la prova
della routine quotidiana e della gestione dei figli. La preghiera in comune tra i coniugi e coi figli
non è praticata dalla maggior parte delle famiglie; lo stesso dicasi per la regolare partecipazione alla
vita liturgica. Infine, l’ospitalità e la promozione della giustizia, unite all’attenzione per tutti gli
uomini che vivono difficoltà, appare un compito che per tante ragioni solo poche famiglie riescono
a realizzare. Eppure, dice il Vaticano II, solo così la famiglia diventa “prima e vitale cellula della
società”.
10
11
AA 11.
AA 11.
5
Il Concilio in realtà ritorna in modo esplicito a trattare della famiglia nella Gaudium et spes. Si parla
della famiglia nella seconda parte del documento: quella dedicata ad alcuni problemi più urgenti
«che toccano in modo specialissimo il genere umano»12.
I Padri conciliari segnalano alcuni fenomeni che “oscurano” il matrimonio: poligamia, divorzio e il
cosiddetto amore libero. «Per di più l’amore coniugale è molto spesso profanato dall’egoismo,
dall’edonismo e da usi illeciti contro la generazione. Inoltre le odierne condizioni economiche,
socio-psicologiche e civili portano turbamenti non lievi nella vita familiare. E per ultimo in
determinate parti del mondo si avvertono non senza preoccupazioni i problemi sorti dall’incremento
demografico»13.
A distanza di quasi cinquant’anni troviamo forti assonanze con la situazione odierna. La GS,
esplicita il fondamento cristiano del matrimonio. Il riferimento è a Gesù Cristo e al modo col quale
ha amato. Attraverso una serie di citazioni bibliche si afferma: «infatti, come un tempo Dio venne
incontro al suo popolo con un patto di amore e di fedeltà, così ora il Salvatore degli uomini e sposo
della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre
rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per lei, così anche i coniugi
possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione»14.
I coniugi devono tenere sempre fisso l’amore di Gesù Cristo per la Chiesa ed il fatto che nella
compagine ecclesiale Cristo “viene incontro” agli sposi tramite il sacramento del matrimonio.
«Perciò la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione del patto
d’amore del Cristo con la Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo
e la genuina natura della Chiesa, sia con l’amore, la fecondità generosa, l’unità e la fedeltà degli
sposi che con l’amorevole cooperazione di tutti i suoi membri»15.
Questo è dunque il fondamento e lo specifico cristiano del matrimonio e da cui consegue lo stile che
dovrebbe caratterizzare la famiglia cristiana all’interno della società. La famiglia cristiana, vivendo
in tal modo, diventa testimone dell’amore di Cristo vero modello di vita per ogni persona.
Ritroviamo anche in GS alcuni temi presenti in AA: si parla di “mutua donazione” dei coniugi e di
“preghiera comune”. In GS s’insiste molto su due temi: la procreazione e l’educazione della prole.
L’altro testo del Vaticano II che è pietra miliare sul matrimonio è Lumen gentium 11. Si affronta il
tema dell’esercizio del sacerdozio comune nei sacramenti e c’è un passaggio fondamentale sul
sacramento del matrimonio. Viene richiamato il rapporto tra Cristo e la Chiesa in riferimento a Ef
5,32 e si parla della santità quale fine del matrimonio, insieme a quelli della generazione ed
12
GS 46.
GS 47.
14
GS 48.
15
GS 48.
13
6
educazione della prole. I figli sono “i nuovi cittadini”: la LG si colloca nella direzione del primato
della famiglia rispetto alla società. Il ruolo educativo che i genitori svolgono è un apporto
significativo al bene di tutta la società. Troviamo in questo testo anche un’espressione che continua
avere grande risonanza: la famiglia come “Chiesa domestica”.
In sintesi, nel Concilio viene tematizzato lo specifico del matrimonio cristiano e richiamato il
fondamento teologico. Per il rapporto tra famiglia e società, il passaggio più significativo rimane
AA 11.
3.
Il Padre tuo… vede nel segreto. La custodia dei legami e degli affetti familiari è meglio
garantita quando si è buoni e generosi con le altre famiglie, attenti alle loro ferite, ai problemi dei
loro figli per quanto diversi dai nostri. Tra genitori e figli, tra marito e moglie, il bene aumenta nella
misura in cui la famiglia si apre alla società, prestando attenzione e aiuto ai bisogni degli altri. In
questo modo la famiglia acquisisce motivazioni importanti per svolgere la sua funzione sociale,
divenendo fondamento e principale risorsa della società. La capacità di amare acquisita supera
spesso le necessità della propria famiglia. La coppia diventa disponibile per il servizio e
l’educazione di altri ragazzi, oltre ai propri: anche in questo modo i genitori divengono padre e
madri di molti.
«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste»: la perfezione che avvicina le famiglie al
Padre che è nei cieli è quel «di più» di vita offerto al di là del proprio nucleo familiare, una traccia
di quell’amore sovrabbondante che Dio riversa sulle sue creature.
Tante famiglie aprono la porta di casa all’accoglienza, si prendono cura del disagio e della povertà
altrui, oppure semplicemente bussano alla porta accanto per chiedere se c’è bisogno di aiuto,
regalano qualche vestito ancora in buono stato, ospitano i compagni di scuola dei figli per fare i
compiti… O ancora, accolgono un bambino che non ha famiglia, aiutano a mantenere il calore
familiare laddove è rimasto solo il papà o solo la mamma, si associano per sostenere altre famiglie
nelle mille difficoltà odierne, insegnando ai figli il reciproco sostegno con chi è diverso per razza,
lingua, cultura e religione. Così il mondo è reso più bello e abitabile per tutti e la qualità della vita
ne guadagna a vantaggio dell’intera società.
Non a caso il testo evangelico, dopo il richiamo alla perfezione, tratta dell’elemosina, che nei tempi
antichi, in un’economia di sussistenza, era un modo per ridistribuire le risorse, una pratica di
giustizia sociale. Gesù esorta a non cercare il riconoscimento degli altri, usando il povero per
guadagnare prestigio, ma ad agire nel segreto. Nel segreto del cuore l’incontro con Dio conferma la
propria identità di figlio, tanto simile al Padre; una mèta alta, apparentemente irraggiungibile, che la
vita in famiglia rende però più vicina.
7
Ascolto del Magistero
La famiglia porta in dono alla società il prezioso frutto dell’amore gratuito che veste i panni della dolcezza, della bontà, del servizio, del disinteresse
e della stima reciproca. D’altra parte, come mostra il passo seguente della
Familiaris Consortio, l’insegnamento magisteriale ha sempre
inteso mettere in luce come la famiglia, oltre ad essere la scuola degli affetti, si connoti anche come la «prima scuola di virtù sociali». Essa possiede
infatti una specifica e originaria dimensione pubblica, che influisce positivamente sul buon funzionamento della società e sulla stabilità dei vincoli
sociali.
Il compito sociale della famiglia
La famiglia possiede vincoli vitali e organici con la società, perché ne costituisce il fondamento e
l’alimento continuo mediante il suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia infatti nascono i
cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l’anima della
vita e dello sviluppo della società stessa. Così in forza della sua natura e vocazione, lungi dal
rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre alle altre famiglie e alla società, assumendo il suo
compito sociale. La stessa esperienza di comunione e di partecipazione, che deve caratterizzare la
vita quotidiana della famiglia, rappresenta il suo primo e fondamentale contributo alla società. Le
relazioni tra i membri della comunità familiare sono ispirate e guidate dalla legge della «gratuità»
che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore,
diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso,
solidarietà profonda. [Familiaris Consortio, 42]
Domande per il dialogo di coppia e in gruppo
Domande per la coppia
1.
2.
3.
Quali valori imparano i nostri figli dal nostro modo di vivere?
Quale attenzione la nostra famiglia presta alla vita sociale?
Quale aiuto porgiamo ai poveri e ai bisognosi?
Domande per il gruppo famigliare o la comunità allargata
1.
2.
3.
Quali sono i bisogni più urgenti nella nostra comunità?
Cosa possiamo fare a favore di chi è nella necessità?
Quali famiglie possiamo aiutare? Come?
8
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