IO SONO LA VERA VITE E VOI I TRALCI (Appunti liberamente tratti

Il dono della Pentecoste
(appunti liberamente tratti da una meditazione del patriarca Marco Cè agli esercizi spirituali diocesani, maggio
2010)
Il dono della Pentecoste è il punto d'arrivo di tutta l'opera redentrice di Cristo che è ordinata a renderci partecipi
del suo Spirito: la vita cristiana è vita in Cristo.
Propongo alcuni testi: il primo è Giovanni 15, 1-17
Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia e ogni tralcio
che porta frutto lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così
anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto,
perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio che secca e poi lo
raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete
quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei
discepoli. Come il Padre ha amato me, anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei
comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo
amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici se fate ciò che io comando. Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal
Padre mio, l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga, perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo
conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.
Non spiego il testo dettagliatamente. Mi limito a fare alcune sottolineature che ne diano la trama.
“Io sono la vite e voi i tralci”.
Noi formiamo con Cristo una unione vitale come quella che esiste tra la pianta e i rami. L’immagine dice unità e
distinzione tra noi e Cristo. Una distinzione che va a compimento in una unità profonda: il tralcio non è la vite,
dipende dalla vite, vive sulla vite, però nei tralci e nella vite scorre un'unica vita. Un'unica vita scorre tra noi e
Cristo.
La vita cristiana è vita in Cristo. Da qui viene la legge vitale: “Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può
portare frutto se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me”.
Ma cosa vuol dire “rimanete in me” ? non è un fatto statico, deve esprimersi in un comportamento vitale, “come il
Padre ha amato me, anch'io ho amato voi: rimanete nel mio amore” (v.9). Quindi rimanere in lui vuol dire
rimanere nell'amore.
Ma come amare? “Se osservate i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore; come io ho osservato i
comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”(v.10). Rimanere nell'amore di Dio è osservare i suoi
comandamenti: amare il Padre e i fratelli.
La vita spirituale è fatta di atteggiamenti molto semplici e molto profondi. Siamo figli: il figlio ama il padre, il figlio
ama i fratelli.
La volontà del Padre è il nostro dovere quotidiano, è la vita che giorno per giorno dobbiamo affrontare nella
concretezza delle situazioni che non dipendono da noi ma che provvidenzialmente il Signore colloca sulla nostra
strada, sicuri che lui è Padre e noi viviamo avvolti di questo amore dolcissimo.
 Ritornate su questo testo, leggetelo e rileggetelo, gustatelo, godetelo, lasciandolo penetrare nel silenzio del
vostro cuore: perché è l'essenza della vita cristiana.
Paolo esprime la stessa realtà di grazia della nostra unione vitale con Cristo con un'altra immagine: “Voi siete il
corpo di Cristo e ognuno secondo la propria parte sue membra”(1Cor 12,27).
Anche questa metafora evidenzia sia l'unità vitale che la distinzione tra capo e membra, tra Cristo e noi. Ogni
membro ha una sua funzione, ha dei carismi - e quindi una sua dignità -, ha dei doni che non sono per il proprio
egoismo o a proprio vantaggio, ma per l'utilità comune: sono pane da spezzare e da condividere con i fratelli.
La regola quindi che regge la buona salute del corpo di Cristo è la carità. E infatti, nel capitolo seguente troviamo
il famoso inno alla carità che vi invito a leggere.
Questa carità è partecipazione alla vita stessa di Dio. Giovanni nella sua prima lettera (4,8; 16) ci dice che Dio è
amore: la carità che noi abbiamo verso i nostri fratelli è stata versata nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è
stato dato (Rom 5,5). Quindi noi amiamo i nostri fratelli con lo stesso amore divino. Pensate cosa significa
questa affermazione: la carità che esce dal nostro cuore battezzato, che ha ricevuto lo Spirito Santo, è amore
che si è umanizzato in noi, ma la sua fonte è Dio stesso!
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 Si entra in questo mistero solo con la grazia che Dio dà ai piccoli, con molta umiltà, con molta preghiera, con
molto silenzio, con molta adorazione, leggendo, gustando il testo, lasciando che le parole entrino dentro di noi,
senza pretesa di capire. E' il Signore che ci dà la comprensione.
Un terzo testo lo traggo dalla lettera ai Galati 2,20: “Sono stato crocifisso con Cristo (il battesimo ci unisce alla
morte di Cristo) e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita che io vivo nel corpo la vivo nella fede del
Figlio di Dio che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”.
Provate a pensare alla ricchezza vertiginosa di una espressione come questa: “Io vivo, ma Cristo vive in me”. Io
faccio le cose, ma Cristo le fa con me e in me. Tutta la mia vita è vissuta da me e da Cristo che vive in me. Il
Padre guardandomi vede me ma nel mio volto vede le sembianze di Gesù, perché la vita che scorre nelle mie
vene è partecipazione della vita stessa di Gesù.
 Ecco, vi affido questi tre testi.
-Leggeteli e rileggeteli e dite:
Grazie, Signore! Io credo che sia così: io vivo, Cristo vive in me. Io agisco, Cristo agisce in me. Io lavoro, piango,
soffro: Cristo lavora, piange, soffre con me. Io sono debole e Cristo è debole con me.
- Facciamo spazio allo stupore per la grazia che ci è stata data: in noi c’è il dono del battesimo. Non abbiamo
meritato noi la vita in Cristo: ci è stata data antecedentemente ad ogni merito o opera buona.
E' luogo comune dire che noi siamo dei poveri peccatori ed è vero. Ma ancor prima di essere dei poveretti, noi
siamo una cosa stupenda: siamo figli di Dio, capaci di chiamare Dio come lo chiamava Gesù, capaci di amare
con l'amore stesso di Dio!
Su quali strade camminiamo?
Se siamo realmente figli di Dio - Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e
lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin da ora
siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà
manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è (1Gv 3,1-2). - dobbiamo vivere da figli,
così come Gesù, ascoltando il Padre: quanto più facciamo la sua volontà, tanto più diventiamo liberi e simili a lui,
ci scrolliamo di dosso i sentimenti dello schiavo e godiamo di volere ciò che il Padre vuole e di compierlo.
Se siamo figli siamo anche seriamente fratelli e quindi dobbiamo amarci gli uni gli altri come ci ha amato Gesù.
Siamo una cosa sola con Gesù, tralci di lui che è la vite, membra del suo corpo, perciò dobbiamo vivere come
viveva lui.
Come è vissuto Gesù?
Per conoscere Gesù dobbiamo conoscere le Scritture e soprattutto il Vangelo, ricordando che Gesù stesso vive
la sua vita come una grande obbedienza alle Scritture dell'Antica Alleanza. Gesù è l'adempimento, il punto
d'arrivo di tutto l'Antico Testamento.
Ora il nostro contatto più importante con le Scritture avviene nella celebrazione eucaristica, soprattutto in quella
domenicale.
Essa è il luogo privilegiato
 perché l'ascolto avviene nella sua completezza - l'Antico Testamento, il Vangelo, le lettere apostoliche;
 perché le Scritture vengono lette nella comunità cristiana, quella comunità in cui esse sono nate e sono
vive;
 e soprattutto perché nell'Eucarestia tutto quello che è detto si invera. In Cristo s'inverano tutte le Scritture.
Certo non basta l'ascolto domenicale delle letture. Dovremmo cercare di capire cosa vuol dirci oggi il Signore e
far sì che esse diventino cibo, il fermento cristiano della nostra settimana. L’ascolto domenicale dovrebbe essere
in qualche modo preparato, perché, se sentiamo le letture per la prima volta durante la messa, le capiamo solo a
metà.
E' sulla strada del Vangelo e della Scrittura che noi seguiamo Gesù.
Se siamo il corpo di Cristo, se siamo una cosa sola con lui, dobbiamo nutrirci di lui.
E qui si apre il discorso dell'Eucarestia. Interroghiamoci sulla qualità della nostra fede nell'Eucarestia.
Domandiamoci se veramente crediamo alla presenza reale del Crocifisso risorto sotto le specie del pane e del
vino o se invece ci siamo abituati a ripetere questa formula senza realizzarne veramente il contenuto, che è un
contenuto di fede, non di sensibilità; una fede anche difficile. Siamo di fronte al dono più grande che Dio ci ha
fatto.
Velato sotto i segni del pane e del vino, il Crocifisso risorto è realmente presente in questa nostra storia, come lo
era col suo corpo terreno: la divinità non si vedeva, si vedeva la povera umanità crocifissa.
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È presente ed intercede per noi, per l'umanità, coi suoi drammi, con le sue guerre, le sue violenze, le sue
ingiustizie, il suo strisciante allontanamento da Dio.
Nell'Eucarestia Dio ci dà il Figlio: è il cibo del tralcio che vive sulla vite. Ci nutriamo di Cristo per poter vivere, con
le energie che egli ci dà, la sua stessa vita, secondo il Vangelo.
Per vivere il Vangelo occorre il pane eucaristico; per vivere secondo Cristo dobbiamo nutrirci di lui.
Il grande protagonista dell'Eucarestia è lo Spirito Santo.
Nell'Eucarestia ci sono due grandi invocazioni allo Spirito, chiamate “epiclesi”: prima della consacrazione,
quando il sacerdote stende la mano sul pane e sul vino e invoca lo Spirito perché li trasformi nel corpo e nel
sangue di Cristo; e dopo la consacrazione, quando il sacerdote invoca lo Spirito perché noi, nutriti di quel corpo
e di quel sangue, formiamo un corpo solo con Cristo e un corpo solo con i fratelli. Realizziamo così il frutto
dell'Eucarestia nella nostra vita.
Pensate all'umiltà dei segni eucaristici, pane e vino; segni umilissimi che possono essere disprezzati, trascurati,
dimenticati. In questi poverissimi segni è presente il Cristo risorto!.
Ma perché il Signore ha scelto dei segni così poveri? Perché possiamo nutrircene e in questo modo formare tra
noi e lui un'unità, un unicum impensabile, indicibile: nutrirci del corpo e del sangue di Cristo per fare una cosa
sola con lui: “Io vivo: Cristo vive in me”.
Questo è il dono dell'Eucarestia.
Dobbiamo realmente sforzarci di recuperarne il senso, desiderarla e parteciparvi in modo che divenga
veramente lievito della nostra settimana.
Il dinamismo operativo che immediatamente sgorga da una vita secondo il Vangelo e nutrita di Eucarestia è lo
stesso che corre nella vita di Gesù, cioè l'amore. Dio è amore e noi partecipiamo di questa vita. Vivendo il
Vangelo con la grazia dell'Eucarestia noi partecipiamo alla stessa vita divina. Noi dobbiamo vivere l'amore che
correva nelle vene di Gesù e che era l'anima della sua vita.
E così torniamo ai grandi motivi portanti della vita spirituale: obbedienza alla volontà del Padre, al disegno del
Padre su di noi, come concretamente si manifesta giorno per giorno nella nostra vita, nelle gioie e nelle
sofferenze, nell'amore ai fratelli, che deve diventare un impegno di comunione in famiglia, nelle nostre comunità,
nella società civile. Essere fermento d'amore, di solidarietà, d'accoglienza, di carità.
“Vi do un comandamento nuovo (cioè una nuova costituzione, la costituzione della nuova comunità di figli di
Dio): che vi amiate gli uni gli altri; come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35).
Il segno distintivo, il vero volto del cristiano è l'amore fraterno. Come Gesù con il suo comportamento è stato
rivelatore dell'amore del Padre, così la nostra carità fraterna diventa il segno della comunità cristiana .
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