La soggettività sociale delle famiglie Luisa Santolini Il cardinale Camillo Ruini, nella sua relazione di apertura di questo convegno, ha dato delle indicazioni molto puntuali sul futuro del progetto culturale, dal momento che “il cantiere” di tale progetto va arricchito non solo di presenze, ma anche di idee, di iniziative, di apporti concreti che occorre sempre più declinare nel territorio e in collaborazione con tutti gli attori che a vario titolo si riconoscono in questa “impresa”. Ebbene il Forum delle Associazioni familiari si sente pienamente inserito in tale progetto e a questo proposito mi sembra opportuno ricordare quanto ebbe a dire mons. Giuseppe Betori durante l’ultima assemblea del Forum ad ottobre del 2003: «La mia presenza vuole essere anzitutto un segno della riconoscenza dei vescovi italiani per quanto il Forum ha fatto in questi anni, per rendere visibile ed efficace la presenza dei cattolici italiani sul fronte, oggi assai minacciato, della famiglia. Non è stato un compito facile, perché occorreva andare a occupare spazi culturali, sociali e politici nuovi, o almeno resi diversi dai cambiamenti in atto nella società italiana. Mi sembra che si possa dire che questo compito sia stato svolto con coraggio, con lungimiranza, con fedeltà alla dottrina sociale della Chiesa, con modalità incisive, che hanno reso il Forum un protagonista della scena politica e sociale del paese… La Chiesa italiana, negli stessi anni della nascita del Forum, si concentra attorno a quello che viene definito il progetto culturale della Chiesa italiana. Esso, lo sappiamo, si propone di dare organica attuazione alla ricerca di coniugare assieme, in modo riflesso e socialmente rilevante, senso della vita e proposta di fede. Il progetto vuole rispondere a questa domanda: come ripensare la presenza dei credenti nella storia, in questi tempi di post-modernità, cercando di superare i divieti del laicismo, ma anche prendendo atto della situazione di pluralismo? …….. In questo contesto, accettare la logica della “diaspora culturale” significherebbe il venir meno nel cattolicesimo italiano della capacità e del compito di essere “forza incidente” nel tessuto sociale del paese. Questo, ovviamente, nella consapevolezza che l’incidenza non è frutto di una strategia di occupazione di spazi di potere – culturale, sociale o politico –, ma esito di una coerente visione e attuazione del ruolo storico del cristiano oggi. Non sto facendo una digressione: intendo invece richiamare tutti alle radici, che giustificano la vostra presenza nella società italiana e la mia presenza come vescovo oggi tra voi. Il Forum delle associazioni familiari deve sentirsi parte integrante del progetto culturale della Chiesa italiana, in specie su quel versante del progetto che vuole «dare sostegno ai fedeli laici nel compito loro proprio di esprimere la fecondità della fede nella vita familiare e sociale, nella ricerca scientifica e filosofica e nell’arte», e quindi che vuole 1 «aiutare i cattolici italiani a superare gli storici steccati che ne hanno limitato l’ azione all’ esterno e le contrapposizioni che hanno più volte lacerato la vita ecclesiale all’ interno» (Presidenza della CEI, Progetto culturale orientato in senso cristiano. Una prima proposta di lavoro, 1997, n. 2). L’impegno del Forum non è dunque un di più rispetto alla vocazione dei cattolici italiani oggi, ma fa parte della loro fedeltà al progetto culturale di cui devono sentirsi animatori. Al tempo stesso, la mia presenza qui è espressione del compito dei vescovi di sostenere le motivazioni di questo impegno dei cristiani laici». Queste parole non solo ci incoraggiano a procedere con determinazione e grande impegno sul cammino che abbiamo intrapreso, ma ci danno la chiave di lettura di una presenza che non è e non può essere marginale al servizio della Chiesa italiana. Le finalità del Forum sono note, ma penso sia opportuno richiamarle brevemente perché siano condivise anche in questa sede: - promuovere “una cultura della famiglia” in una società che non sa più riconoscere la famiglia da quello che famiglia non è e che per questa ragione accetta una progressiva e rapida marginalizzazione della famiglia e una sua privatizzazione che le nega di fatto diritti e doveri di cittadinanza, - promuovere la soggettività sociale della famiglia presso le famiglie stesse, che troppo spesso delegano ed accettano le ingiustizie che si perpetuano nei loro confronti, - dare voce alle esigenze di politiche familiari più adeguate e maggiormente family friendly, dando giudizi e facendo proposte serie e concrete, che pongano la famiglia come “prisma” attraverso cui vedere e interpretare la realtà dell’oggi. Queste sono le grandi sfide che il Forum ha raccolto e intende continuare a raccogliere. Parlo di sfide, perché nulla di quanto il Forum propone e fa è scontato e nulla possiamo dare per acquisito una volta per tutte. La famiglia soggetto sociale non è e non può essere solo una formula cara al mondo cattolico, ma deve diventare un obiettivo condiviso da tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro paese. La soggettività sociale della famiglia La famiglia è l’unica vera grande risorsa di questo paese e va considerata come merita. E’ un capitale sociale perché accoglie la vita, forma l’uomo, garantisce il ricambio generazionale, è luogo dove si sperimentano in prima istanza la gratuità, il dono reciproco, l’ importanza di amare ed essere amati. E’ risorsa perché eroga servizi alla persona, è un autentico soggetto economico, è “un’azienda” che produce capitale umano, educa i figli, trasmette cultura e valori che formano l’ uomo e fa da ammortizzatore sociale in tempo di crisi economica. Il vero welfare è la famiglia, pubblicava tempo fa un quotidiano importante. Recentemente è stato pubblicato, da parte del Cisf, l’ottavo rapporto sulla famiglia in Italia, curato dal prof. Pierpaolo Donati, uno studio prezioso nel quale viene scientificamente dimostrato che la famiglia è “un capitale sociale” in quanto luogo in cui il dinamismo di coppia, la ricchezza delle relazioni affettive, coniugali e genitoriali generano una relazionalità feconda che si irradia fuori dalla famiglia e che oggi, più che mai, contribuisce al benessere della comunità. 2 La famiglia detiene quindi una “soggettività sociale” che non gli deriva da altri, perché è iscritta in ciò che essa è ed è frutto di quelle relazioni che stanno all’origine di ogni società. Per questo motivo giustamente la famiglia viene definita la prima cellula della società. Ma se tutto questo è vero, la mobilitazione delle famiglie è la prima condizione per riportare al centro del dibattito culturale e politico la “questione famiglia”. Le famiglie infatti «devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia », diventando così protagoniste della “politica familiare” (cf. Familiaris consortio, 44). A questo proposito, mi sembra opportuno ricordare le parole che Giovanni Paolo II rivolse profeticamente al Forum il 27 giugno 1998, asserendo che «nel volgere di pochi anni il vostro sodalizio ha saputo conquistarsi ampia stima e considerazione, diventando portavoce puntuale e coraggioso delle necessità e delle legittime istanze di milioni di famiglie italiane ed interlocutore serio e credibile delle varie forze sociali e politiche. La Chiesa vede in voi una grande speranza per il presente e per il futuro delle famiglie in Italia». Ma come la famiglia può oggi diventare protagonista e interprete della e nella società civile? Quasi fosse uno slogan si potrebbe affermare che la famiglia deve diventare più famiglia, cioè ambito primario sia di cura che di formazione delle persone che in essa vivono, ambito primario delle relazioni che esse attuano sia tra di loro (in famiglia) che nella società. Per raggiungere questo scopo è fondamentale che essa stabilisca una connessione con gli altri soggetti della società, occorre cioè che sia presenti negli ambiti che nella società sono cruciali per la “cura” delle relazioni tra le persone, in primis la scuola, i servizi alla persone, i servizi sanitari, ecc., in altre parole è indispensabile che la famiglia sia un soggetto attivo nella società e sappia quali sono i suoi compiti, i suoi doveri e i suoi diritti. L’ Associazionismo familiare L’associazionismo familiare è una realtà emergente e sempre più rilevante nella nostra società; esso, attraverso la sua azione, “produce famiglia”, generando una solidarietà specifica e familiare, in quanto ridà alle famiglie la consapevolezza del proprio essere famiglia, attraverso una condivisione ed una socializzazione dei problemi familiari: in altri termini il benessere prodotto dalle famiglie associate - che non può essere creato dallo Stato o dal mercato perché è creato dalle relazioni familiari - è rilevante per la comunità ed ha un peso per la qualità della vita. Da qui il ruolo insostituibile dell’associazionismo che, da un lato non può più svolgere un ruolo di supplenza alle carenze dello Stato, restando depositario di interessi legittimi, ma inascoltati, dall’altro non può essere letto come uno dei tanti aspetti del volontariato, o come uno strumento utile per fronteggiare l’emergenza. L’associazionismo familiare è un autentico soggetto politico e la società e le Istituzioni devono prenderne atto, dando ad esso piena cittadinanza e sostenendolo nella sua azione con tutte le risorse possibili. 3 L’associazionismo familiare non va confuso con il volontariato e l’ente pubblico non deve vedere nel suo intervento un’invasione di campo rivendicando a sé il compito esclusivo di risolvere i problemi (sociali e quindi pubblici). Proprio questa è la sfida dell’autonomia: sapranno le istituzioni politiche fare un passo indietro ed accettare una nuova complementarietà con dei partner riconosciuti a pieno titolo nei vari ambiti delle politiche sociali? E sapranno le associazioni trovarsi preparate ad assumere nuovi compiti e nuove responsabilità e ad affrontare tutti i rischi dell’autonomia? Vincere la sfida significa prevedere che alle associazioni vengano conferiti un ruolo e una posizione non residuali, bensì pienamente istituzionali nel disegno e nella gestione delle politiche sociali. Negli ultimi anni da questo punto di vista qualcosa si è mosso sia a livello nazionale che a livello locale ma le consultazioni, seppur periodiche, non bastano più. Occorre sostenere, con interventi decisi, la funzione autonoma propria e incentivante delle associazioni, il loro ruolo strutturale per le funzioni sociali autonome che assolvono e il compito pedagogico e di formazione che esse svolgono. Quando il S. Padre afferma che “l’ avvenire dell’ umanità passa attraverso la famiglia”, ne siamo tutti toccati, interpellati e provocati ed è nostro il compito di affermare anche con i fatti che la famiglia è necessitata, perché non è vicariabile nei suoi compiti di educazione e di cura. Se è vero, come è vero, che tutto milita contro la famiglia, questo significa che molti, moltissimi non sentono la famiglia come una necessità primaria e viene da sé che se davvero questa convinzione fosse diffusa le politiche familiari family friendly sarebbero scontate. La strada delle politiche familiari passa attraverso la diffusione di questa convinzione: tocca a noi il compito di agire in questa direzione. Credo che dovremo impegnarci molto perché la famiglia non sia vista solo come una cosa bella o una “benedizione” e dovremo lavorare seriamente accanto ai nostri pastori e ai nostri parroci, accanto ai responsabili della pastorale familiare, della pastorale scolastica e del lavoro, accanto ai centri culturali, alle fondazioni, alle università, accanto a tutti coloro che ci possono aiutare per trovare nuove ed inedite strade da percorrere. Non basterà elaborare sintesi politiche perfette se contemporaneamente non ci sarà una nuova seminagione culturale che recuperi la necessità della famiglia e la collochi nella prospettiva che le spetta da sempre. Le proposte Più cultura La prima condizione per operare un cambiamento sostanziale e duraturo è quella di promuovere un rinnovamento culturale, attraverso una modificazione della mentalità e dei comportamenti, che sembrano sempre più andare nella direzione di una frantumazione del tessuto familiare. 4 Nel 2001, il Servizio nazionale per il progetto culturale e il Forum delle Associazioni familiari hanno organizzato un importante vonvegno a Roma su “Famiglia soggetto sociale”, che ha segnato una svolta per il riconoscimento della famiglia. Il Convegno ha da un lato avviato un nuovo cammino, un nuovo modo di stare insieme, una solidarietà nuova tra realtà tanto diverse, dall’altro lato ha reso tutti consapevoli che siamo all’inizio di una nuova stagione per l’impegno sociale dei cattolici italiani; impegno che vede nella famiglia la chiave per salvaguardare il valore della persona e promuovere il bene della società e nello stesso tempo trova proprio nella stessa famiglia la principale risorsa per avviare un vero e proprio cambiamento del modello sociale. Ma, se da una parte tutti sono chiamati a dare il loro contributo alla promozione della famiglia a partire dalle istituzioni, nessuno più della famiglia stessa può e deve farsi garante del riconoscimento dei suoi diritti. Per rendere le famiglie consapevoli di questo dobbiamo rispondere con un lavoro capillare e costante che è prima di tutto culturale; dobbiamo fare in modo che la terza parte della Familiaris consortio diventi non solo patrimonio di tutti, ma si traduca in una formazione seria e convincente delle giovani coppie e delle famiglie. Questo compito chiama in causa tutti, anche gli operatori di pastorale familiare che più di altri vengono a contatto con le coppie di fidanzati e con i giovani sposi. Questi devono essere accompagnati verso sentieri di consapevolezza e di assunzione di responsabilità, verso una coscienza nuova di avere dei crediti nei confronti della società che devono riscuotere e dei debiti che devono onorare. Ecco un primo obiettivo da raggiungere, sapendo che ci vorrà tempo, ma che la strada è obbligata. Capire l’importanza di far crescere le famiglie che ci sono affidate, fare una programmazione concreta e mettere in atto progetti che diano alle famiglie la consapevolezza del loro ruolo di soggetti sociali è il compito che ci dobbiamo assumere, con l’obiettivo di farle arrivare a sentire “la necessità”, l’esigenza profonda di organizzarsi in associazioni per avere voce. Più rete Per incidere sul quadro culturale è necessario il contributo di tutte le componenti vive del tessuto ecclesiale e sociale. Molteplici sono gli ambiti di intervento: dalla ricerca accademica alla divulgazione di contributi che aiutino a ripensare l’identità e il ruolo della famiglia; dalla promozione di iniziative che sviluppino la riflessione sulla famiglia alla luce della dottrina sociale della Chiesa ad un utilizzo più puntuale e incisivo dei mezzi della comunicazione sociale; dalla valorizzazione dei luoghi ordinari di vita delle comunità ecclesiali, perché creino spazi sempre più a misura di famiglia, alla promozione di iniziative che pongano la famiglia come protagonista della vita sociale. Il convegno, a cui facevo cenno, ha offerto un modello e un criterio operativo molto significativi: operatori di pastorale, intellettuali, docenti universitari e laicato associato possono costituire una forza sinergica in grado di alimentare e rendere possibile quella svolta culturale, sociale e politica che il Santo Padre da sempre auspica. In questi ultimi anni, il Forum ha lavorato molto per avviare un serio dialogo con tutti gli attori e i soggetti coinvolti in questo cambiamento culturale sia in ambito ecclesiale che in ambito sociale e politico e la nostra esperienza ci ha sempre più convinti che è essenziale promuovere iniziative di evangelizzazione, di formazione spirituale, di animazione delle 5 famiglie, per tenere alta l’attenzione verso questi temi, approfondendo così anche il progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia. Il Convegno del 2001 è stato un segnale importante in questa direzione, che non va lasciato cadere: la ricaduta positiva di quell’evento passa attraverso la nostra volontà di cogliere tutte le opportunità che quel convegno ci ha dato, non solo sul piano dei contenuti, ma anche su quello della collaborazione e del dialogo. E’ necessario e urgente avviare un confronto, una sinergia costante e attenta tra soggetti tanto diversi e superare tutti quegli ostacoli che fino ad ora si sono opposti a questo cammino. E’ stata questa la raccomandazione del cardinale Camillo Ruini due giorni fa e sono convinta che i tempi siano maturi per il salto di qualità che ci viene richiesto e da cui tutti trarremo vantaggio. In definitiva la realizzazione del “progetto” passa anche nel fare più rete. Più territorialità Un altro aspetto importante è quello di potenziare la rete territoriale, che permette di elaborare interventi che interpretino i bisogni e le attese presenti in una precisa comunità, rapportandola ad un cammino di più ampio respiro. Il Forum delle Associazioni familiari, dalla sua costituzione, ha lavorato per la nascita di Forum regionali che coordinassero, in ambito territoriale, le associazioni impegnate su vari fronti a sostegno della famiglia, per essere interlocutori delle amministrazioni locali e per farsi interprete delle esigenze della famiglia con proposte concrete e significative. I comitati regionali del Forum sono risorse disponibili e sono un serbatoio molto ricco persone, di proposte, di iniziative che, per non essere “frastagliate”, hanno bisogno di instaurare rapporti proficui con le comunità ecclesiale, con la società, con le istituzioni. E’ prioritario per il mondo cattolico, avviare un nuovo e stringente rapporto tra le varie realtà ecclesiali operanti sul territorio, perché se è vero che le famiglie non avranno mai voce se non si metteranno insieme per difendere i loro diritti, è altrettanto vero che i coordinamenti regionali rappresentano l’unica risposta per contribuire alla costruzione di vere politiche familiari. Sempre più a livello locale si giocherà una partita decisiva per la promozione ed il riconoscimento della famiglia ed è urgente, proprio in vista degli scenari che abbiamo di fronte, portare nelle regioni, nelle diocesi e nelle parrocchie, in collaborazione con il Servizio nazionale del progetto culturale, i contenuti del convegno del 2001. Più visibilità Infine, per rendere più concreta la presenza delle famiglie quali soggetti sociali e soprattutto per diffondere e condividere la proposta culturale che esprimono, sarebbe auspicabile che l’editoria cattolica, i centri studi, le università, gli accademici e gli intellettuali, si facessero autorevoli interpreti di questa cultura, ancora per molti aspetti ignorata. E’ fondamentale, come ha già sottolineato il cardinale Camillo Ruini, potenziare la capacità di presenza presso i grandi organi della comunicazione, ma spesso, troppo spesso, la cultura di cui siamo portatori viene censurata dalla grande stampa e dalla tv. 6 D’altro canto i mezzi di comunicazione non mancano al mondo cattolico che è ricchissimo di periodici, riviste, pubblicazioni di alto livello ed autorevoli, così come di reti televisive locali e nazionali. Abbiamo grandi risorse da mettere in campo e una strada da percorrere sembra quella di diffondere quanto “si dice, si pensa e si fa” con i mezzi che già da ora sono a disposizione di tutti. Molto si può fare di più e di meglio e da questo Convegno può partire un rinnovato impegno in questa direzione . Conclusioni La famiglia, oggi più che mai, nella sua inalienabile verità, è la nostra risposta alle sfide che ci attendono anche sul piano internazionale e la famiglia, certamente più di altre istituzioni, potrà aiutare tutta la società a trasformare questo tempo oscuro in un tempo di pace e di riconciliazione, cioè un tempo “della comunione ricostruita, dell’ unità ritrovata” (FC, 21) La Familiaris consortio in questo senso continua ad essere una guida profetica ove parla di una nuova umanità che si sprigiona dalla famiglia e ove afferma che «La famiglia dei tempi moderni è stata, come e forse più di altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della cultura», tuttavia essa «è la risposta alla radice del male, nella costruzione di un nuovo umanesimo». La famiglia è portatrice di diritti e di doveri che la società deve riconoscere, per offrirle spazi di libertà e di appartenenza. La famiglia ha un ruolo fondamentale perché è la sede dove i problemi intergenerazionali si compongono e ogni persona trova sicurezza, aiuto e rifugio. Per questo una nuova alleanza deve essere perseguita fra la società e la famiglia e la famiglia deve diventare protagonista di un nuovo patto sociale che la riposizioni al posto che le compete. Perché questo avvenga ognuno deve fare la sua parte, proprio perché cristiano, sapendo che chiediamo equità, giustizia, sussidiarietà, libertà di scelta, dignità, protagonismo. Concludo richiamando tre passaggi di alcuni documenti, tra i tanti che la Chiesa ci ha offerto, che mi sembrano estremamente importanti ed attuali: «Situazioni nuove, sia ecclesiali, sia sociali, economiche, politiche e culturali, reclamano oggi, con una forza del tutto particolare, l’azione dei fedeli laici. Se il disimpegno è sempre stato inaccettabile, il tempo presente lo rende ancora più colpevole. Non è lecito a nessuna rimanere in ozio. Non c’ è posto per l’ozio, tanto è il lavoro che attende tutti nella vigna del Signore…» (CfL, 3). «Per una evangelizzazione integrale, occorre educare alla dimensione socio-politica cristiani che sappiano essere cittadini consapevoli e attivi, che sul territorio facciano la loro parte e non subiscano passivamente gli eventi; lavoratori coscienti e non solo dipendenti, intellettuali che non vivano le loro competenze chiusi nelle élites culturali, ma sappiano portare energie alla costruzione del bene comune che è nelle aspirazioni profonde di tutti. La sfida non è rivolta a qualche addetto ai lavori o a gruppi di sensibilità particolari, ma è compito di tutta la Chiesa e di tutte le Chiese». (Le comunità cristiane educano al sociale e al politico. Nota pastorale CEPSL, 1998, 4) 7 «Noi non abbiamo il sospetto che volgersi a Cristo possa significare evadere dalla situazione. Anzi non poche esperienze anche recenti ci confermano che disperderci nella realtà sociale senza la nostra identità è il grave rischio da evitare. Se non abbiamo fatto abbastanza nel mondo non è perché siamo cristiani, ma perché non lo siamo abbastanza». (CEI: La Chiesa italiana e le prospettive del Paese – 23 ottobre 1981) Queste parole hanno il sapore di una profezia e di una consegna e l’augurio è che sappiano guidare la nostra azione ed il nostro impegno per la realizzazione del progetto culturale e per il bene di tutti. 8