Comunità Pastorale SS. Redentore e S. Gregorio Magno - Milano
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La Fede dei Discepoli
Seconda serata: “La memoria della passione-morte di Gesù”
Gesù di fronte alla sua morte. Le parole dell'Ultima Cena ovvero la fede come "ripresa"
Relatore - Don Tommaso Castiglioni
Cinema Palestrina - 25 gennaio 2013
Breve sintesi dell'incontro
"O Signore, concedi a ciascuno la sua morte: frutto di quella vita in cui trovò amore, senso e pena".
Questi versi di R. M. Rilke dicono che la morte è il compimento dell'esistenza. Ognuno di noi ha la
certezza di morire. Anche Gesù sapeva che sarebbe andato incontro alla morte. Anche per lui, come per
ciascuno di noi, la morte dà compimento a un'identità unica e irripetibile. Quindi per riflettere su Gesù
di fronte alla sua morte è necessario chiedersi come Gesù è stato di fronte alla sua vita. È innanzitutto
da notare che Gesù è morto giovane, non ha preso su di sé l'esperienza dell'età anziana.
Come ha vissuto la sua vita? Per semplificare, si può dire che la vista di Gesù è stata caratterizzata da
tre preposizioni semplici: una vita con altri, per altri, da altri. Gesù non è venuto nel mondo solo a
mostrare l’umanità in modo vero. Non si è limitato a vivere un’umanità perfetta, ma è stato in forte
comunione con le persone. Ha vissuto in modo obbediente e discreto. Il suo essere con altri traspare
direttamente dal nome “Emmanuele” che significa Dio con noi. Anche nel battesimo sul fiume
Giordano, Gesù si mette in coda con i peccatori, sta con il popolo. Lo stile di Gesù non è solitario. Sta
con gli altri, cerca la compagnia: “Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani
e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò i farisei dicevano ai
suoi discepoli: come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” È criticato,
ma preferisce condividere, stare a tavola a mangiare con la gente. Il suo stile quindi è quello della
condivisione. Fino all’ultimo. Ai discepoli, nel momento della Pasqua, dice: “Voi siete quelli che avete
perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato
per me, perché mangiate e beviate alla mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici
tribù di Israele.”
La vita di Gesù non si limita a essere con altri. La sua missione non è semplicemente stare con. La vita
di Gesù non crea semplicemente comunione ma è a vantaggio degli altri. “Udito questo, Gesù disse:
Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire:
misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono infatti venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.”
La sua è una vita per gli altri. Egli non è solo accanto alla sofferenza della gente, ma interviene,
partecipa, insegna. Alla notizia che Lazzaro sta male, aspetta e insegna ad aspettare. Condivide il
dolore ma ne trae occasione di insegnamento. Lo stile di Gesù è prendersi cura degli altri, in un
contesto di condivisione. È importante in questo senso la testimonianza di San Paolo: “Ma Dio
dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per
noi.” E altrove: “Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per
colui che è morto e risorto per loro.” La preposizione per ricorre in continuazione.
C’è un terzo aspetto importante della vita di Gesù, senza il quale egli sarebbe uno dei tanti filantropi
della storia. Gesù infatti viene da altro(ve). La vita di Gesù trae senso dalla sua provenienza dal Padre.
Come dice splendidamente il prologo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio… Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno
accolto… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua
gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.” Questo suo
essere da è condizione unica. In Gesù, umanità e divinità non sono in contrapposizione, ma sono
entrambe pienamente autentiche. Egli chiede ai suoi discepoli: “Voi chi dite che io sia?” E Simon
Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.” E successivamente afferma: “Ancora per
poco tempo sono con voi; poi vado da colui che mi ha mandato. Voi mi cercherete e non mi troverete;
e dove sono io, voi non potete venire.”
Le parole (e i gesti!) dell’Ultima Cena. Come sta quindi Gesù di fronte alla morte? Esattamente come
è stato di fronte alla vita. Con la consapevolezza di essere inviato dal Padre. Di non essere venuto a fare
un “safari turistico” sulla terra, ma di voler vivere pienamente con e per. Esemplare, da questo punto di
vista, è il racconto dell’Ultima Cena riportato dai Vangeli Sinottici. Gesù si siede a tavola con i
discepoli. “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi.” E quando dice: “Questo è il mio
corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me.” Ha alle spalle un cammino di vita dedicato
interamente agli altri. Il suo corpo spezzato per gli altri è il riassunto di tutta una vita. L’Ultima Cena
porta a compimento la vita di Gesù, che ha voluto celebrare la Pasqua con i suoi discepoli.
Nel Vangelo di Giovanni, la descrizione della lavanda dei piedi chiarisce ulteriormente quando sin qui
detto. Giovanni insiste sul fatto che Gesù sa che è compiuta la sua ora e che deve tornare al Padre.
“Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al
Padre, avendo amato i suoi, che erano nel mondo, li amò fino alla fine.” Egli era venuto da Dio e a Dio
tornava. E fino alla fine mostra lo stile della sua vita con i suoi, e per i suoi, al loro servizio, lavando
loro i piedi.
La verifica della nostra tesi è la descrizione fatta dagli evangelisti della morte di Gesù sulla croce. Tutti
sono concordi nel raccontare che sotto la croce c’erano alcune donne. Luca narra anche della presenza
dei due ladri. Gesù muore con. Muore anche per. Prega per la gente che lo ha messo in croce: “Padre
perdona loro perché non sanno quello che fanno.” E sino all’ultimo si preoccupa di sua madre
affidandola al discepolo. Infine, muore da. Anche nel momento più drammatico di una morte dolorosa
e per soffocamento, Gesù si appella al Padre gridando a gran voce “Elì, Elì, lemà sabactàni?” Che
significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Il terzo e ultimo passaggio è la ‘ripresa’ memoriale della morte di Gesù nell’Eucaristia. La teologia
sacramentale spiega così il rapporto tra Ultima Cena, morte di Gesù ed Eucaristia. L’Eucaristia è il
memoriale del sacrificio in croce di Cristo e della sua resurrezione. Gesù, anticipando nell’ultima cena
la sua morte, ha offerto alla Chiesa i gesti fondamentali attraverso i quali fare memoria e rendere
attuale la sua offerta. L’Eucaristia quindi non è un evento puntuale ma racchiude tutta la vita di Gesù.
Anche nella celebrazione Eucaristica ritroviamo i tre elementi che abbiamo messo in evidenza: sono
donati/proposti alla Chiesa perché ciascun battezzato possa fare proprio lo stile di vita di Cristo. La
celebrazione Eucaristica ha una dimensione essenzialmente comunitaria, con: la comunione
Eucaristica, che porta a compimento la comunione alle sofferenze di Cristo già realizzata nel battesimo.
È importante riscattare la comunione dalla visione banale e infantile di Gesù “che viene nel mio cuore”.
La comunione è Gesù che prolunga la sua esistenza nel mondo grazie alla mia vita.
Il per della Messa è messo in evidenza dalle parole “istitutive”: “Questo è il corpo che è dato per voi…
Questo è il calice della nuova alleanza offerto per voi”. Se traduciamo l’essere per come servizio non
possiamo non ricordare che Giovanni non parla dell’istituzione dell’Eucaristia ma della lavanda dei
piedi. Cristo nella Messa lava i piedi alla comunità radunata nel suo nome. Infine la Messa non finisce
in chiesa, ma si apre (e trova la sua verifica) al dinamismo missionario e di carità.
Infine il da nella Messa è rappresentato dalla Liturgia della Parola come momento nel quale è offerto
un “punto di vista” altro con il quale ciascuno è invitato a rileggere la propria esistenza.
La morte di Gesù quindi è il compimento di un’esistenza unica e irrepetibile, caratterizzata dall’essere
per, con e da. L’Eucaristia, memoriale del sacrificio in croce di Cristo e della sua resurrezione,
ripropone questi tre elementi affinché ogni battezzato li possa fare propri.