Comunità Pastorale SS. Redentore e S. Gregorio Magno - Milano Decanato Venezia, Milano - Dal 1° Novembre 2010 camminiamo insieme... La Fede dei Discepoli Seconda serata: “La memoria della passione-morte di Gesù” Gesù di fronte alla sua morte. Le parole dell'Ultima Cena ovvero la fede come "ripresa" Relatore - Don Tommaso Castiglioni Cinema Palestrina - 25 gennaio 2013 Breve sintesi dell'incontro "O Signore, concedi a ciascuno la sua morte: frutto di quella vita in cui trovò amore, senso e pena". Questi versi di R. M. Rilke dicono che la morte è il compimento dell'esistenza. Ognuno di noi ha la certezza di morire. Anche Gesù sapeva che sarebbe andato incontro alla morte. Anche per lui, come per ciascuno di noi, la morte dà compimento a un'identità unica e irripetibile. Quindi per riflettere su Gesù di fronte alla sua morte è necessario chiedersi come Gesù è stato di fronte alla sua vita. È innanzitutto da notare che Gesù è morto giovane, non ha preso su di sé l'esperienza dell'età anziana. Come ha vissuto la sua vita? Per semplificare, si può dire che la vista di Gesù è stata caratterizzata da tre preposizioni semplici: una vita con altri, per altri, da altri. Gesù non è venuto nel mondo solo a mostrare l’umanità in modo vero. Non si è limitato a vivere un’umanità perfetta, ma è stato in forte comunione con le persone. Ha vissuto in modo obbediente e discreto. Il suo essere con altri traspare direttamente dal nome “Emmanuele” che significa Dio con noi. Anche nel battesimo sul fiume Giordano, Gesù si mette in coda con i peccatori, sta con il popolo. Lo stile di Gesù non è solitario. Sta con gli altri, cerca la compagnia: “Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò i farisei dicevano ai suoi discepoli: come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” È criticato, ma preferisce condividere, stare a tavola a mangiare con la gente. Il suo stile quindi è quello della condivisione. Fino all’ultimo. Ai discepoli, nel momento della Pasqua, dice: “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.” La vita di Gesù non si limita a essere con altri. La sua missione non è semplicemente stare con. La vita di Gesù non crea semplicemente comunione ma è a vantaggio degli altri. “Udito questo, Gesù disse: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono infatti venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.” La sua è una vita per gli altri. Egli non è solo accanto alla sofferenza della gente, ma interviene, partecipa, insegna. Alla notizia che Lazzaro sta male, aspetta e insegna ad aspettare. Condivide il dolore ma ne trae occasione di insegnamento. Lo stile di Gesù è prendersi cura degli altri, in un contesto di condivisione. È importante in questo senso la testimonianza di San Paolo: “Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” E altrove: “Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.” La preposizione per ricorre in continuazione. C’è un terzo aspetto importante della vita di Gesù, senza il quale egli sarebbe uno dei tanti filantropi della storia. Gesù infatti viene da altro(ve). La vita di Gesù trae senso dalla sua provenienza dal Padre. Come dice splendidamente il prologo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio… Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.” Questo suo essere da è condizione unica. In Gesù, umanità e divinità non sono in contrapposizione, ma sono entrambe pienamente autentiche. Egli chiede ai suoi discepoli: “Voi chi dite che io sia?” E Simon Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.” E successivamente afferma: “Ancora per poco tempo sono con voi; poi vado da colui che mi ha mandato. Voi mi cercherete e non mi troverete; e dove sono io, voi non potete venire.” Le parole (e i gesti!) dell’Ultima Cena. Come sta quindi Gesù di fronte alla morte? Esattamente come è stato di fronte alla vita. Con la consapevolezza di essere inviato dal Padre. Di non essere venuto a fare un “safari turistico” sulla terra, ma di voler vivere pienamente con e per. Esemplare, da questo punto di vista, è il racconto dell’Ultima Cena riportato dai Vangeli Sinottici. Gesù si siede a tavola con i discepoli. “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi.” E quando dice: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me.” Ha alle spalle un cammino di vita dedicato interamente agli altri. Il suo corpo spezzato per gli altri è il riassunto di tutta una vita. L’Ultima Cena porta a compimento la vita di Gesù, che ha voluto celebrare la Pasqua con i suoi discepoli. Nel Vangelo di Giovanni, la descrizione della lavanda dei piedi chiarisce ulteriormente quando sin qui detto. Giovanni insiste sul fatto che Gesù sa che è compiuta la sua ora e che deve tornare al Padre. “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi, che erano nel mondo, li amò fino alla fine.” Egli era venuto da Dio e a Dio tornava. E fino alla fine mostra lo stile della sua vita con i suoi, e per i suoi, al loro servizio, lavando loro i piedi. La verifica della nostra tesi è la descrizione fatta dagli evangelisti della morte di Gesù sulla croce. Tutti sono concordi nel raccontare che sotto la croce c’erano alcune donne. Luca narra anche della presenza dei due ladri. Gesù muore con. Muore anche per. Prega per la gente che lo ha messo in croce: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno.” E sino all’ultimo si preoccupa di sua madre affidandola al discepolo. Infine, muore da. Anche nel momento più drammatico di una morte dolorosa e per soffocamento, Gesù si appella al Padre gridando a gran voce “Elì, Elì, lemà sabactàni?” Che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Il terzo e ultimo passaggio è la ‘ripresa’ memoriale della morte di Gesù nell’Eucaristia. La teologia sacramentale spiega così il rapporto tra Ultima Cena, morte di Gesù ed Eucaristia. L’Eucaristia è il memoriale del sacrificio in croce di Cristo e della sua resurrezione. Gesù, anticipando nell’ultima cena la sua morte, ha offerto alla Chiesa i gesti fondamentali attraverso i quali fare memoria e rendere attuale la sua offerta. L’Eucaristia quindi non è un evento puntuale ma racchiude tutta la vita di Gesù. Anche nella celebrazione Eucaristica ritroviamo i tre elementi che abbiamo messo in evidenza: sono donati/proposti alla Chiesa perché ciascun battezzato possa fare proprio lo stile di vita di Cristo. La celebrazione Eucaristica ha una dimensione essenzialmente comunitaria, con: la comunione Eucaristica, che porta a compimento la comunione alle sofferenze di Cristo già realizzata nel battesimo. È importante riscattare la comunione dalla visione banale e infantile di Gesù “che viene nel mio cuore”. La comunione è Gesù che prolunga la sua esistenza nel mondo grazie alla mia vita. Il per della Messa è messo in evidenza dalle parole “istitutive”: “Questo è il corpo che è dato per voi… Questo è il calice della nuova alleanza offerto per voi”. Se traduciamo l’essere per come servizio non possiamo non ricordare che Giovanni non parla dell’istituzione dell’Eucaristia ma della lavanda dei piedi. Cristo nella Messa lava i piedi alla comunità radunata nel suo nome. Infine la Messa non finisce in chiesa, ma si apre (e trova la sua verifica) al dinamismo missionario e di carità. Infine il da nella Messa è rappresentato dalla Liturgia della Parola come momento nel quale è offerto un “punto di vista” altro con il quale ciascuno è invitato a rileggere la propria esistenza. La morte di Gesù quindi è il compimento di un’esistenza unica e irrepetibile, caratterizzata dall’essere per, con e da. L’Eucaristia, memoriale del sacrificio in croce di Cristo e della sua resurrezione, ripropone questi tre elementi affinché ogni battezzato li possa fare propri.