problemi previdenziali dei lavoratori dipendenti delle pubbliche

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PROBLEMI PREVIDENZIALI DEI LAVORATORI DIPENDENTI DELLE
PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI TITOLARI DI PIU’ ISCRIZIONI
PREVIDENZIALI A FRONTE DI PROCESSI DI TRASFORMAZIONE,
FUSIONE, ACCORPAMENTI, PRIVATIZZAZIONI, ECC…
Si approfitta della entrata in vigore della legge di stabilità 2013, contenente alcune
novità sull’argomento citato nel titolo, per fare il punto su una situazione particolarmente
delicata e complessa.
Come è noto, ancorché le diverse gestioni previdenziali siano oggi tutte amministrate
dall’INPS, non è cambiato nulla in ordine alla obbligatorietà di iscrizione previdenziale alle
diverse tipologie di fondi gestori di previdenza pubblica: ciò dipende:
 dalla natura del soggetto datore di lavoro,
 dal tipo di rapporto di lavoro,
 dal tipo di servizio che il soggetto è chiamato ad erogare,
 ecc…;
ciò che è certo è che in ogni caso il tipo di iscrizione previdenziale non è nella disponibilità di
scelta del lavoratore o del datore di lavoro, bensì trova riscontro obbligatorio nelle norme di
legge.
A tale principio generale viene posta una sola eccezione, consistente nel diritto di
opzione da parte del lavoratore, che interviene o a fronte di processi di mobilità del personale,
ovvero a fronte di processi di trasformazione o privatizzazione di enti pubblici.
A fronte di tale situazione diverse sono state le vicende che hanno coinvolto i
lavoratori e che hanno generato ricadute previdenziali, in alcuni casi risolte, ma in molti altri
casi diversi soggetti sono rimasti incastrati in una frammentazione della loro posizione
assicurativa che a seconda dei casi può essere risolta con:
 la ricongiunzione dei periodi assicurativi,
 la totalizzazione dei vari periodi,
 con il trasferimenti delle contribuzioni da un fondo all’altro.
Tutte queste vicende hanno subito profonde modifiche in occasione delle recenti
manovre, in particolare con quella del 2010.
Il decreto legge n° 78/2010, convertito in legge n° 122/2010 (cosiddetta manovra
estiva 2010), con effetto dal 31 luglio 2010 ha provocato la seguente situazione:
a) è stata abrogata la possibilità di trasferire gratuitamente la contribuzione dall’ex
INPDAP all’INPS (legge n° 322/54);
b) è diventata onerosa la ricongiunzione dall’INPDAP all’INPS che prima era gratuita
(articolo 1 della legge n° 29/79);
c) è diventata molto più onerosa la ricongiunzione dall’INPS all’INPDAP (articolo 2
della legge n° 29/79).
A causa di quell’intervento è diventato molto più difficile accedere a pensione, in
alcuni casi il lavoratore deve sostenere oneri consistenti, in altri casi si può andare in pensione
più tardi e con trattamenti economici inferiori.
La novità che è ora intervenuta per effetto dell’articolo 1, comma 238, della legge n°
228/2012 è relativa al parziale ripristino della possibilità di trasferire gratuitamente la
contribuzione ex INPDAP all’INPS, in particolare per coloro che erano già cessati dalla
iscrizione ex INPDAP al 30 luglio 2010.
A fronte di tale novità c’è ora da gestire una prima emergenza consistente nel fatto di
applicare a tutti i destinatari la normativa citata; ciò significa mettere in campo tutta l’attività
informativa necessaria affinché tutti i soggetti interessati producano le necessarie istanze.
L’altra operazione necessaria è quella relativa alla acquisizione di tutti gli elementi
conoscitivi dei processi avvenuti nei tempi più recenti al fine tutelare al meglio i lavoratori
interessati.
Occorrerà, quindi che in tutti i territori si ricostruiscano i processi di trasformazione
avvenuti sia per le due macro realtà più consistenti nel panorama delle utilities (HERA e
IREN), sia per alcune trasformazione nel campo della sanità, sia per la costituzione di aziende
di servizi su base comunale o consorziale.
a)
b)
c)
d)
e)
Tale censimento dovrà far emergere, in particolare:
le tipologie di processi che sono stati messi in campo;
le situazioni numeriche, ma anche individuali, dei lavoratori che sono stati coinvolti;
l’esistenza o meno di frazionamenti contributivi in capo a detti lavoratori;
la verifica delle azioni di tutela già messe in atto;
gli ulteriori interventi che si rendono necessari.
Tale ricognizione dovrà anche coincidere necessariamente con la acquisizione di tutte
le necessarie consapevolezze che dovranno poi consentire di gestire correttamente tutti i
processi che già sono in corso o che sono in fase di progettazione, sempre nell’ottica di dare ai
lavoratori tutte le tutele necessarie.
Ci si renderà quindi conto che saranno avvenute vicende che cerchiamo di esaminare
dettagliatamente.
Processi di mobilità
Questa è probabilmente una delle vicende più semplici, anche se in verità troppe volte
ci si accorge che i soggetti interessati non hanno messo in pratica tutte le attività necessarie.
La normativa di riferimento (articolo 6 della legge n° 554/1988), infatti, prevede che il
lavoratore che transiti ad altra amministrazione è iscritto al regime pensionistico dell’ente di
destinazione, con facoltà di optare per il mantenimento della posizione previdenziale di
provenienza.
Tale opzione, tuttavia, deve essere presentata entro 6 mesi dalla data del
trasferimento.
Se, ad esempio, un dipendente di un comune o di una ASL, iscritto all’ex INPDAP, va
in mobilità all’INPS o all’INAIL, all’interno dei quali è prevista l’iscrizione al regime AGO,
in teoria dovrebbe modificare la propria iscrizione previdenziale, ma può chiedere di rimanere
iscritto all’ex INPDAP; altrettanto accade in un percorso contrario.
Processi di privatizzazione
Questa è la vicenda che ha coinvolto in particolare il sistema delle utilities, in molti
casi già prima ancora che nascessero i due colossi già citati.
Ci possono essere, o essere stati, due tipi di mutazioni.
La prima è quella che riguarda la modifica della natura giuridica pubblica del datore di
lavoro; ciò accade quando un ente pubblico non è più tale ma diventa una SPA o comunque
una società di diritto privato.
La seconda è quella che riguarda i processi di cessione di funzioni o di parte di esse a
società private con conseguente cessione anche del relativo personale.
Anche in tal caso dovrebbe nascere una nuova e diversa iscrizione previdenziale alla
AGO, ma i lavoratori già in servizio possono optare per il mantenimento della pregressa
iscrizione previdenziale (articolo 5 della legge n° 274/1991) entro 90 giorni dalla data di
modifica del rapporto previdenziale.
Ciò è accaduto quando le aziende municipalizzate sono state trasformate in SPA,
ancorché interamente a capitale pubblico, ovvero nei casi in cui un comune cede un servizio
ed il relativo personale ad una soggetto privato.
E’ altrettanto evidente che i lavoratori assunti dal nuovo soggetto giuridico dopo la sua
trasformazione sono comunque iscritti all’AGO senza possibilità di alcuna scelta alternativa.
Evoluzioni delle privatizzazioni
Le vicende che hanno caratterizzato il mondo delle utilities hanno poi subito ulteriori
evoluzioni.
Diverse società già nate per effetto delle trasformazioni di enti pubblici, hanno poi
costituito, insieme ad altre, nuove società o sono state accorpate ad altre società esistenti.
In tal caso non si pone alcun particolare problema poiché una volta esercitato il diritto
di opzione cui si faceva cenno, tale operazione mantiene una sorta di ultrattività anche nel
caso in cui il lavoratore sia coinvolto, non per sua scelta, in ulteriori processi di
accorpamento.
Diversa è invece la fattispecie che pare avere riguardato sia HERA che IREN nel
momento in cui dette società hanno creato nuove attività e nuove aziende, alle quali sono stati
trasferiti dei lavoratori già iscritti all’ex INPDAP che hanno liberamente scelto di dimettersi
nel precedente rapporto per istaurarne un altro con la nuova società.
In tali situazioni si è generata una irrisolvibile frattura nella posizione previdenziale
che solo la nuova norma introdotta nella legge di stabilità può in parte sanare, in particolare se
il passaggio è avvenuto entro il 30 luglio 2010.
Essendo oggi infatti iscritti all’AGO, questi lavoratori dovrebbero portare in quella
gestione tutti i contributi precedentemente versati all’interno dell’ex INPDAP, ma per effetto
delle norme già richiamate tale operazione oggi è onerosa, in particolare per gli eventi
accaduti dopo il 30 luglio 2010.
Se invece la vicenda è accaduta prima di quella data, ecco che rivive la norma di cui
alla legge n° 322/54 con possibilità di trasferimento gratuito dall’ex INPDAP all’AGO.
Altri processi di riorganizzazione
Questa è la parte delle varie vicende che ha creato maggiore confusione.
Sono state infatti create nei vari territori delle strutture specificatamente dedicate alla
gestione di determinati servizi (servizi sociali, servizi per l’infanzia, servizi formativi, ecc..)
sostanzialmente nell’ottica di una diminuzione di costi di gestione dei servizi stessi.
Poiché la componente prioritaria dei costi suddetti è rappresentata dagli oneri per il
personale, e poiché detto personale è prevalentemente femminile, è inevitabile che una
struttura di diritto privato, che assicuri il personale all’INPS, raggiunga l’obiettivo della
diminuzione dei costi mutualizzando gli oneri relativi agli eventi di maternità che in tal modo
vengono addossati all’INPS piuttosto che essere assunti direttamente dalla pubblica
amministrazione.
All’interno di tali processi abbiamo assistito a diverse soluzioni.
E’ scontato che la soluzione che crea meno problemi in capo al lavoratore è quella del
comando di detto personale, da parte dell’amministrazione che detiene il rapporto di lavoro,
presso la società che gestisce il servizio, ma tale soluzione non può essere adottata e tempo
indeterminato.
Ne deriva che presto o tardi quel personale transiterà alla nuova struttura, nel qual caso
si rientra nei percorsi già precedentemente illustrati relativi ai processi di privatizzazione.
Poiché nel nuovo rapporto di lavoro dovrebbe nascere l’iscrizione previdenziale
all’AGO, per chi proviene da preesistenti iscrizioni previdenziali nasce l’opportunità
dell’opzione entro 90 giorni dal passaggio al nuovo soggetto.
Minore rilevanza per i lavoratori più giovani
Come si sarà compreso, una delle maggiori preoccupazioni che ci poniamo è relativa
al futuro previdenziale, ma è altrettanto scontato che per taluni lavoratori la questione assume
rilevanze molto meno importanti.
I lavoratori anagraficamente e contributivamente più giovani, intendendo per tali
coloro che hanno versato contributi solo dal 1° gennaio 1996 in poi, essendo destinatari del
sistema contributivo puro, hanno molti meno problemi poiché assume minore incidenza il
fatto di avere contribuzione versata in diverse gestioni.
E’ quindi ovvio che nel caos generale occorrerà anche creare una distinzione fra i
diversi lavoratori valutando a tale fine la posizione di ciascuno.
Influenza sulla vicenda del TFS e TFR
Altrettanti problemi, a fronte dei processi sopra evidenziati, si pongono al fine di
gestire correttamente il trattamento di fine servizio o il trattamento di fine rapporto.
La prima cosa da chiarire è che l’eventuale opzione che il lavoratore esercitasse al fine
di mantenere il preesistente regime pensionistico non ha alcuna efficacia sul TFS o sul TFR.
Fintanto che il lavoratore rimane in regime di rapporto di “pubblico impiego” tutta la
partita viene gestita in una logica di unitarietà e la liquidazione di quanto dovuto avviene alla
cessazione definitiva dal servizio.
Diversa è la situazione in cui si troveranno i lavoratori il cui rapporto di lavoro si
trasforma da regime pubblico a regime privato.
Da quel momento è scontato che il lavoratore è in regime di TFR gestito direttamente
dal datore di lavoro sulla base dei criteri di cui all’articolo 2120 del codice civile.
In tal caso, anche se il passaggio da un regime all’altro avviene senza soluzione di
continuità, la cessazione del rapporto di lavoro pubblico determina l’insorgenza del diritto alla
liquidazione del TFS (indennità di fine servizio o di buonuscita o di anzianità a seconda dei
comparti di appartenenza), in particolare da parte dell’INPDAP.
E’ tuttavia accaduto che in molti casi dette somme siano state trasferite dall’INPDAP
alla nuova società costituita, ed in tale caso avrebbero dovuto essere liquidate al lavoratore.
Così non è sempre accaduto, anzi in diversi casi l’amministrazione ha introitato le
somme senza liquidarle ai lavoratori.
Ora, a distanza di tempo, si pone anche il problema di come liquidare dette
competenze, fermo restando che la somma è stata determinata sulla base della retribuzione
precepita al momento della cessazione del rapporto pubblico.


Due sono gli aspetti problematici:
quale regime della prescrizione è applicabile a tale prestazione
quale meccanismo di rivalutazione va applicato a quelle somme maturate.
La prescrizione è certamente quinquennale quando la natura della prestazione rimane
quella previdenziale in gestione INPDAP, ma una volta trasferite dette somme al nuovo
datore di lavoro non è ben chiaro come debbano essere trattate.
Certamente non è più prestazione previdenziale, potrebbe essere trattamento
retributivo, ma potrebbe anche essere un semplice trattamento patrimoniale.
Il datore di lavoro avrebbe dovuto liquidarle al lavoratore, si potrebbe quindi sostenere
che nessuna prescrizione debba essere applicata.
Ma quanto deve essere liquidato, posto che non è chiaro quale meccanismo
rivalutativo debba essere applicato?
Come minimo occorre sostenere che a tale somma debbano essere applicati i
meccanismi rivalutativi del TFR, posto che di fatto tale è la natura della prestazione; quindi
applicazione dell’indice ISTAT costo vita FOI al 75% più l’1,5%.
In alternativa va quanto meno garantita la rivalutazione al tasso degli interessi legali
pro tempore vigenti.
Valutazioni finali
Come si sarà compreso, è molto probabile che molti lavoratori coinvolti nei processi
evidenziati possano essere interessati da uno o diversi dei problemi illustrati.
Per evitare ulteriori problemi e per risolvere tutti quelli finora generati, diventa
determinante completare il processo di conoscenza all’inizio sottolineato, così come è
atrettanto importante tenere in evidenza tutti i problemi evidenziati in tutti i casi in cui in
futuro le amministrazioni decidessero di mettere in pratica i processi esaminati.
Il processo di telematizzazione dell’INPS e le sue conseguenze
La soppressione dell’INPDAP e il suo accorpamento all’INPS hanno offerto una
grande opportunità per il rapporto con i lavoratori coinvolti nelle vicende esaminate.
A partire da gennaio 2013, infatti, l’INPS ha deciso che le domande di qualsiasi natura
rivolte all’ex INPDAP debbono essere inoltrate esclusivamente per via telematica
direttamente dai lavoratori o per il tramite degli intermediari autorizzati (i patronati).
Per fare questo il lavoratore deve essere dotato di un PIN individuale attraverso il
quale accedere alle diverse procedure messe a disposizione dall’INPS.
Sia l’attribuzione del PIN, sia il suo utilizzo, rappresentano una grande opportunità per
l’organizzazione sindacale e per i suoi servizi per accendere o consolidare il rapporto con
questi lavoratori, sia per la gestione delle attività precedentemente illustrate, sia per tutto
quanto sarà necessario mettere in campo in futuro per la corretta gestione delle posizioni
assicurative.
Villiam Zanoni
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