Ipotesi di Libanio I Un mercante, di nome Proto, ottenuto un prestito da Demone, uno dei parenti di Demostene, acquistò col denaro grano a Siracusa e portò questo ad Atene su una nave di cui era proprietario Egestrato. Egestrato e Zenotemide, -il secondo è l’uomo contro il quale questa procedura per ottenere l’inammissibilità del processo è diretta -che erano marsigliesi di stirpe, avevano commesso tale crimine a Siracusa, come dice l’oratore. Presero beni, ma non li imbarcarono sulla nave, ma furtivamente li inviarono a Marsiglia, avendo deciso di defraudare i creditori . 3 II Poiché infatti era stato scritto nel contratto che, se la nave avesse subito qualche danno, essi non richiedessero indietro i beni, progettarono di affondare la nave. Nottetempo, dunque, Egestrato, , disceso, cercava di bucare il fondo della nave, ma essendo stato scoperto e per sfuggire ai passeggeri che erano a bordo si gettò in mare e subito morì. Quindi Zenotemide, che secondo l’oratore era complice di Egestrato, essendosi a stento salvata la nave ad Atene, litigava per il grano, dicendo che era di Egestrato e che egli si era procurato il denaro per proprio conto. Opponendosi a lui Proto e Demone, intentò contro entrambi causa commerciale. III E avendo fatto condannare in contumacia Proto, che era consenziente, come dice Demostene, e suo complice, chiamò a processo anche Demone. Ma quello oppose l’eccezione che il processo non era ammissibile, sostenendo che la legge che concedeva ai mercanti di intentare causa riguardava i contratti per e da Atene. E disse che Zenotemide non aveva nessun contratto con lui. Il processo concerne un’eccezione mentre l’orazione, nel momento in cui viene introdotta in causa l’onestà del comportamento, così si concentra sul fatto che il grano non apparteneva a Zenotemide, ma a Proto, a cui Demone aveva versato il denaro. IV Infatti (Damone) non vuole sembrare appoggiarsi solo sulla lettera della pur essendo ingiusto nei fatti, ma mostra di poter contare anche sulla rettitudine del suo comportamento, e che la legge gli offre in aggiunta anche l’accusa di illegalità. Contro Zenotemide O giudici, sostengo dopo aver opposto un’eccezione, che il processo non sia ammissibile, ma prima citare le leggi, secondo le quali opposi eccezione. Le leggi, o giudici, impongono che sia permesso di intentar causa agli armatori e ai mercanti, , con contratti da e per Atene e riguardo a quelli con cui vi siano contratti scritti; se qualcuno è giudicato al di fuori di questi motivi, che il giudizio non sia ammissibile. V Veramente codesto Zenotemide non aveva con me8 né un’obbligazione né un contratto ed egli lo ammette nell’atto di accusa: dice di aver prestato (versato) denaro all’armatore Egestrato, ma poiché questo è perito in mare, afferma che noi ci impadroniamo del carico (della nave). Questo è l’atto d’accusa. Sulla base dello stesso discorso apprenderete che il processo non è ammissibile e vedrete tutta la macchinazione e la cattiveria di quest’uomo qui. Prego voi tutti, o giudici, se mai avete prestato attenzione a qualche altro fatto, di prestarlo anche a questo: sentirete parlare di un uomo dalla sfrontatezza e malvagità non comune se io riuscirò finalmente a farvi presente ciò che egli ha compiuto, e penso di sì Questo Zenotemide, essendo un subalterno del possessore della nave Egestrato, che anche Zenotemide stesso scrive nell’accusa essersi disperso in mare (la dinamica degli eventi non la aggiunge, ma io ve la diro, architettò con quello la seguente frode. Entrambi si sono fatti prestare del denaro a Siracusa. Quello ha ammesso, a coloro che prestavano il denaro a questo, se fosse stato chiesto qualcosa, che c’era molto grano nella nave di questo; mentre questo, a coloro che prestavano il denaro a quello, ha ammesso che il carico della nave era proprio: parendo l’uno il capitano e l’altro un mercante a bordo, a buon diritto (i finanziatori) credettero alle cose che l’uno diceva a proposito dell’altro. [5] Ma ottenendo il denaro, lo inviarono a casa in Massalia, e non inserirono nessun carico a bordo della nave. Poiché gli accordi prevedevano, come solitamente tutti, di restituire il denaro se la nave si fosse salvata, per frodare i prestatori decisero di affondare la nave. Dunque Egestrato, poiché erano salpati da terra da due o tre giornate di navigazione, essendo sceso di notte nella stiva della nave aprì una breccia nel fondo della nave. Questo qui (sott. Zenotemide) invece, come non sapendo niente, passava il tempo di sopra con gli altri passeggeri. Essendoci del rumore, quelli sulla nave si accorgono che qualcosa accade nella chiglia della nave e corrono in aiuto di sotto. Ma non avendo ottenuto neanche ciò, dopo che i governanti di Cefalonia decretarono che la nave si doveva dirigere ad Atene da dove appunto era partita, colui che nessuno avrebbe potuto credere così audace da tornare dopo aver macchinato e operato simili misfatti, proprio lui, signori Ateniesi, si è spinto a tal punto di spudoratezza e sfrontatezza, che non solo è giunto, ma ci ha anche intentato causa rivendicando il nostro grano. [10] Qual è dunque la causa di ciò? Per quale motivo Zenotemide è giunto fin qui e ha chiesto il processo? Ve lo dirò io, o giudici, e, anche se gli dei sanno che ciò crea sofferenza, devo farlo. Nel Pireo ci sono delle gang di malavitosi connesse le une con le altre: una volta che li avrete visti, li riconoscerete. [11] Mentre Zenotemide stava complottando per non far approdare la nave ad Atene, ho scelto, dopo essermi consultato,, uno di questi uomini come inviato, così ben noto e l’ho fatto senza sapere chi era in realtà; dunque ho avuto una sfortuna per niente minore, se così si può dire, dell’aver avuto a che fare con dei delinquenti sin dal principio. Costui, di nome Aristofonte, è stato mandato da me ed è lo stesso che si è occupato degli affari di Miccalione – io ne vengo a conoscenza solo ora – e si è messo in combutta con Zenotemide, vendendogli i suoi servizi; alla fine della fiera, è l’organizzatore di tutto: e il nostro uomo è stato ben contento di accettare questo aiuto. [12] Infatti, poiché ha fallito nel distruggere la nave e non può restituire i beni ai creditori (come avrebbe potuto? Egli infatti non li aveva imbarcati sin dall’inizio), pretende i miei e dice di aver prestato ad Egestrato denaro per questo grano, che aveva comprato colui che ha navigato con loro per nostro incarico (5). I creditori, sebbene fossero stati ingannati dall’inizio, sapevano che questo mi mentiva, ma, poiché vedevano che al posto dei loro beni avevano un delinquente sul lastrico e nient’altro, e speravano, se vi foste lasciati ingannare da Zenotemide, di recuperare i loro beni dai miei, erano costretti a prendere le sue difese per proprio interesse . [13] Per farla breve, è questo il fatto per cui voterete. Ma prima desidero farvi ascoltare le testimonianze che vi ho citato prima e informarvi a proposito di queste e altre cose: ora riferiscimi la testimonianza ). Testimonianze [14] Dopo che la nave è giunta qui sotto ordine dei Cefalleni, nonostante Zenotemide si opponesse che la nave tornasse là dove era salpata (9) , coloro che avevano prestato il denaro per la nave l’hanno rivendicata subito mentre il grano se lo prese il compratore. era quello che aveva preso in prestito del denaro da me. Dopo ciò Zenotemide è arrivato insieme ad Aristofonte, ovvero colui che avevamo mandato come intermediario, e ha preteso il grano, dicendo che aveva prestato il denaro a Egestrato. [15] “Tu, che stai dicendo?” ha detto immediatamente Proto (questo è il nome dell’uomo che ha fatto importare il grano e che è in debito con me) (11) “Saresti tu che hai dato i soldi a Egestrato – attraverso il quale hai ingannato tutti gli altri – dicendo che li aveva presi in prestito da te? Tu, che lo hai sentito spesso dire che chi presta denaro lo perde? Tu, dopo aver sentito queste cose, come saresti capace di prestare il tuo?” Egli ha risposto di sì in modo sfrontato; poi, qualcuno tra i presenti lo ha interrotto: “Quindi, se dici la pura verità, il tuo socio e concittadino Egestrato ti ha ingannato, sembrerebbe, in questo modo si è scavato la fossa ed è morto (12 [16] “Già – ha detto un altro dei presenti – e del fatto che Zenotemide è complice di Egestrato, io vi darò prova. Infatti, prima di accingersi a sabotare la nave, loro due avevano redatto un accordo scritto con uno dei marinai. Ma se riponevi in lui fiducia (13) perché avresti dovuto prendere precauzioni prima di portare a termine il colpo? E invece, se non ti fidavi di lui, perché, come gli altri, non hai preso accordi legalmente quando eri ancora a terra? [17] Ma perché dilungarsi su queste cose? Non me ne veniva infatti nessun vantaggio per me nel dirle, mentre Zenotemide continuava a tenere il grano. Proto e il suo socio, Fertato, hanno tentato di estrometterlo, ma lui non si faceva estromettere e diceva chiaramente che nessuno lo avrebbe estromesso a meno che non fossi stato io a estrometterlo [18]In seguito Proto lo chiamò in giudizio assieme a noi di fronte alle autorità siracusane e, se avesse ottenuto il riconoscimento che lui aveva comprato il grano e che e ne possedeva i diritti e aveva pagato il prezzo, avremmo chiesto che Zenotemide fosse punito come criminale; in caso contrario, avremmo convenuto di restituire il dovuto e di indennizzarlo di un talento: noi avremmo rinunciato al grano. Per quanto quello presentasse e spiegasse queste accuse, come anche noi, non v’era alcun progresso, ma restava l’alternativa o di estrometterlo o di perdere i nostri beni già messi in salvo e disponibili. [19] E poi infatti, Proto chiedeva solennemente di partire, dando garanzia di voler navigare verso la Sicilia: se E se, nonostante la sua intenzione, avessimo consegnato il grano a quell’altro, non giene sarebbe importato. E riguardo al fatto che dico il vero e che disse che non sarebbe stato estromesso, se non da me, e che non rispettava quanto aveva promesso sul ritorno e che stipulò l’accordo nel viaggio, leggi le testimonianze. Testimonianze. [20] Quando rifiutò di essere mandato via da Proto, o di navigare verso la per fare giudicare la sua causa, sembrava che conoscesse in partenza le malefatte di Egestrato l’unica alternativa rimasta a noi, che avevamo lasciato i nostri affari qui e preso il grano da colui che l’aveva onestamente trasportato lì, era di mandarlo via. [21] E infatti che altro avremmo potuto fare? Nessuno di noi soci aveva pensato a ciò, ossia che voi avreste mai deciso che il grano fosse proprietà di quest’uomo, che ha convinto i marinai ad abbandonarlo, perché andasse perduto con l’affondamento della nave. Ciò è la più grande prova che niente di questo apparteneva a lui. Infatti chi avrebbe persuaso coloro che volevano salvare il suo grano ad abbandonarlo? O chi accettando l’invito non avrebbe navigato verso la Sicilia, dove queste cose sarebbero state dimostrate chiaramente? [22]E certamente non avevo intenzione di accusarvi di questa faccenda, cioè che voi decretiate come ammissibile la sua rivendicazione riguardo a questi beni che quest’uomo aveva cercato in molti modi di evitare che fossero introdotti qui: la prima occasione fu quando egli persuase i marinai ad abbandonare la merce; poi quando in Cefalonia si adoperò affinchè la nave non navigasse qui. [23]Infatti come non sarebbe una cosa vergognosa e riprovevole se mentre i Cefaloni, per conservare la merce per gli Ateniesi, hanno stabilito che la nave navigasse qui, voi, che siete Ateniesi, decideste di attribuire i beni dei cittadini a coloro che desideravano gettarli in mare e decretaste come legittima la rivendicazione da parte di Zenotemide dei beni che lui programmava di non far sbarcare qui? Non fatelo, o Zeus e dei. Leggi leggi la mia eccezione “Eccezione”. leggimi ora la legge “Legge”. Dunque credo di aver mostrato sufficientemente che a norma di legge scrissi che la causa non può essere accolta: sentirete parlare dello stratagemma del furbo che ha escogitato tutte queste cose, Aristofonte. Infatti poiché vedevano che su quell’affare non potevano arrogare nessun diritto scendono a patti con Proto e convincono l’uomo a concedere l’affare a loro, da una parte comportandosi fin dall’inizio come era opportuno, come ci è divenuto evidente, ma non riuscendo a persuaderlo Infatti Proto, finché credeva di poter trarre profitto dal grano, non lo mollava, e preferiva guadagnare in prima persona e pagarci la giusta somma, piuttosto che dividere con loro l’affare e dunque il profitto, facendo inoltre torto a noi; una volta che Proto è giunto qui, però, e si è trovato ad affrontare vari problemi, il grano subì un abbassamento di prezzo, e lui ha immediatamente cambiato idea. Nel frattempo (davvero, uomini ateniesi, vi sarà raccontata tutta la verità) noi creditori ci siamo adirati contro di lui e comportati duramente, dal momento che la perdita dovuta al grano è ricaduta su di noi, e lo abbiamo accusato di averci portato anziché il denaro un calunniatore. In seguito a ciò, essendo evidente che non era un uomo onesto per natura, passa dalla loro parte e accetta di farsi accusare in contumacia per la causa che l’altro gli aveva quando ancora non si erano messi d’accordo. Infatti, se avesse lasciato cadere l’accusa contro Proto, sarebbe stato subito trovato colpevole di averci accusato ingiustamente; inoltre quello non avrebbe acconsentito a farsi accusare mentre era presente; se quelli avessero fatto ciò che avevano accordato, bene;. in caso contrario avrebbe ottenuto l’annullamento per contumacia Ma perché queste cose? Se infatti ha commesso ciò che l’altro ha scritto nell’accusa, mi sembra giusto non non che Proto sia multato, ma che sia condannato a morte. Infatti se nelle difficoltà e nella tempesta egli ha bevuto tanto vino da essere simile alla follia, che cosa non è meritevole di subire? O se ha sottratto delle lettere? O se le ha aperte di nascosto? Ma questi fatti li giudicherete comunque sia fra di voi. Ma non introdurre niente di quella causa nella mia! Se Proto ha detto o fatto qualcosa ingiustamente contro di te hai giustizia come dovresti avere; nessuno di noi te lo impediva né ora intercede per lui. Se tu l’hai calunniato ingiustamente, non ci importa. Si, per Giove, ma lui è lontano grazie a voi, affinché sottraesse le nostre prove e ora voi possiate dire contro di lui ciò che volete. Se l’accusa per contumacia non fosse stata concertata fra voi, l’avresti allo stesso tempo citato e condotto dal polemarco per le garanzie, e se ti avesse dato dei garanti, sarebbe stato costretto a rimanere oppure tu avresti avuto persone pronte su cui rifarti, o se non ne avesse forniti sarebbe andato in prigione. [30]Ora essendovi accordati, lui pensa di non dovermi restituire la differenza, e tu, accusandolo, che diventerai padrone dei miei beni. La prova è questa. Ora io lo citerò in giudizio, mentre tu non hai chiesto garanzie né ora lo citerai in giudizio. [31] Esiste un altro modo in cui sperano di illudere e ingannare. Accuseranno Demostene, e diranno che contavo su di lui quando ho accusato Zenotemide per il possesso del grano, partendo dal fatto che questa accusa gli sarà accreditata poiché è un oratore e un personaggio noto. Demostene, o uomini di Atene, è sangue del mio sangue (vi giuro su tutti gli dei che dico la verità) ,[32] ma quando mi avvicinai a lui e lo supplicai di presentarsi e aiutarmi in ogni modo possibile, mi ha detto “Demone, farò come mi hai chiesto, sarebbe scortese rifiutare. Tuttavia è necessario considerare sia la tua che la mia situazione. Da quando ho iniziato a praticare l’oratoria politica, non ho mai parlato in un caso privato, ma.. [31]Inoltre, quelli hanno qualche altra speranza di poterci imbrogliare e ingannare. Accuseranno Demostene e diranno che io, solo perché mi sono affidato a lui, ho intentato causa contro Zenotemide, replicando che è un motivo convincente poiché lui è un oratore e un personaggio noto. Demostene è mio parente, o Ateniesi, (e vi giuro in nome di tutti gli dei che dico il vero), [32] ma, quando mi avvicinai a lui e gli chiesi di aiutarmi, disse: “Demone, io farò come tu mi comandi (infatti sarebbe crudele non farlo). Bisogna, però, considerare sia la tua posizione sia la mia. Non mi è mai capitato, da quando mi sono dedicato all’oratoria politica, di essermi occupato di una causa privata; ma ho anche evitato quelle dello Stato stesso”…