Sommario Articolo del Prefetto La celebrazione del venticinquesimo della Facoltà Teologica di Sicilia «San Giovanni Evangelista» ha dato al Cardinale Zenon Grochelewski l’occasione di pronunciarsi sul ruolo di una Facoltà teologica nella missione evangelizzatrice della Chiesa locale ed universale e pure nel mondo della cultura. Ispirandosi alla Costituzione Apostolica Sapientia Christiana, il Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica ha ricavato la vocazione della Facoltà teologica nella formazione dei presbiteri «da cui dipenderà grandissima parte del futuro della Chiesa». UNA FACOLTÀ DI TEOLOGIA AL SERVIZIO DELLE CHIESE LOCALI 1 Zenon Card. Grocholewski Eminenza, Eccellenze, illustri Professori, gentili Autorità accademiche, civili e militari, carissimi Studenti, Signore e Signori, Introduzione a. Il Concilio Vaticano II ha costatato: «Molto si attende la Chiesa dall’attività delle facoltà di scienze sacre. È ad esse infatti che affida [un] compito importantissimo»2. La partecipazione, quindi, alla celebrazione dei 25 anni della fruttuosa attività della Facoltà Teologica di Sicilia «San Giovanni Evangelista» è per me motivo di grande soddisfazione. Per tale ricorrenza porgo, pertanto, un cordiale saluto, mio personale come anche da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica, a quanti dei qui presenti hanno operato e operano in questa Facoltà: all’Eccellentissimo Mons. Paolo Romeo, il nuovo Gran Cancelliere, che certamente vi darà il proprio valido sostegno e una guida illuminata; agli Eccellentissimi Vescovi della Sicilia, ai quali non può non stare a cuore la Facoltà; agli Illustrissimi Preside e Professori, al Personale amministrativo, nonché ai 1 Conferenza pronunziata in occasione del 25° della Facoltà Teologica di Sicilia, Palermo, 14 febbraio 2007. 2 CONC. VATI. II, Dich. Gravissimum educationis, n. 11a. carissimi Studenti; ai Moderatori e Docenti dei Seminari e degli Istituti con i quali collabora la Facoltà; e a quanti danno sostegno e guardano con benevolenza questa istituzione accademica. Al mio saluto è unito un sincero apprezzamento per quanto è stato realizzato in questo centro di studi teologici, ed i migliori auguri per il servizio futuro, sempre più generoso e proficuo per il bene della Chiesa e della Sicilia. Una Facoltà ha dei compiti ecclesiali insostituibili da svolgere all’interno delle Chiese nelle quali è collocata, come pure per tutta la Chiesa, ma ha ugualmente un ruolo da svolgere nell’ambito della società civile, nei confronti della cultura circostante. In questa visuale, mi piace notare la presenza delle Autorità della prestigiosa Università degli Studi di Palermo, che sono intervenute con le loro relazioni sul ruolo svolto dalla festeggiata Facoltà. A loro rivolgo i sentimenti di stima e di comunione. In realtà, la Facoltà Teologica, che scruta il messaggio della Rivelazione divina, per essere fedele ai compiti affidatile, anzi per essere se stessa, deve inserirsi, con il proprio contributo e come interlocutrice qualificata, nel mondo dei centri di studi superiori esistenti nel territorio, offrendo un apporto proprio per il bene di tutti. b. Come si intuisce dal programma della giornata, con un significativo titolo «Tra memoria e progettualità», la presente circostanza è occasione, da una parte, per riflettere su un percorso passato, per verità ancora relativamente breve, di questa istituzione accademica, ossia sulla sua incisività nella vita della Chiesa e della società siciliana in genere, e dall’altra parte per progettare in avanti, per determinare cioè un ulteriore slancio di qualità nello svolgimento della propria missione ecclesiale ed accademica. Per quanto concerne lo sguardo sul passato, avete avuto la possibilità di ripercorrere alcuni momenti forti che hanno caratterizzato questi primi 25 anni di vita della vostra Facoltà nel campo di ricerca, di didattica e di diaconia, connessi strettamente all’esercizio del «munus docendi» della Chiesa, in un tempo contrassegnato, «da una parte, da un progresso tecnico impressionante e, dall’altra, dalle più varie contraddizioni, scissioni e tensioni»3. Le considerazioni che intendo ora proporre – e che riguardano il contributo che una Facoltà di Teologia è chiamata ad offrire alle Chiese locali, delle quali è espressione, e nello stesso tempo al cammino dell’intera società civile – progettano principalmente il 3 GIOVANNI PAOLO II, Discorso di Giovanni Paolo II agli officiali della Congregazione per l'Educazione Cattolica, 27 aprile 2004, n. 1a. futuro. Esse, infatti, mirano a mettere in rilievo alcune caratteristiche, che pur presenti nell’attuale vita della Facoltà Teologica di Palermo, sono da ricordare e da prendere in considerazione per rafforzare il suo costruttivo ruolo nella compagine ecclesiale e culturale in genere. Nel mio intervento vorrei prendere in considerazione due prospettive: una è marcata dal fatto che la vostra Facoltà è stata eretta poco dopo la promulgazione della Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II Sapientia christiana (15 aprile 1979). Ciò implica senza dubbio che quel documento ha ispirato l’impianto di questa Facoltà, all’ombra del Concilio Vaticano II (1962-1965) da poco concluso. L’altra prospettiva su cui mi fermerò è segnata dalla volontà di mettersi in ascolto delle istanze del nostro tempo, atteggiamento necessario per la Chiesa e, ancor più, per quella istituzione che come una sentinella è preposta a scrutare le nuove domande alla luce della Rivelazione e ad educarvi una porzione dei suoi componenti chiamati a svolgere una missione particolare. Queste prospettive dettano due corrispondenti urgenze: quella di perseguire un alto profilo di formazione per gli studenti che frequentano la Facoltà, e quella di coltivare a livello accademico il dialogo con la cultura del nostro tempo. 1. Il rinnovamento auspicato dal Concilio Vaticano II Il Concilio aveva invitato la Chiesa a tornare alle proprie radici perché vi attingesse nuova vitalità e si aprisse a un ascolto rinnovato del mondo circostante in rapida evoluzione, per prestare maggiore attenzione all’uomo e alla sua vita, per prendersi cura, secondo il modello del buon Samaritano, di chiunque abbia bisogno di aiuto e di speranza. Questo invito ha ispirato un profondo rinnovamento della Chiesa, diretto ad approfondire la Rivelazione, a maturare una maggiore consapevolezza della propria identità da parte della Chiesa stessa e della sua pluridimensionale missione evangelizzatrice. Per attuare una tale maturazione interiore della vita cristiana e il rinvigorimento della missione della Chiesa furono compiuti gli sforzi diretti ad una nuova formazione rivolta a tutte le componenti del Popolo di Dio, dai Presbiteri, ai Religiosi e ai Laici. Era ovvio che questo slancio conciliare venisse supportato soprattutto da quelle istituzioni che la Chiesa ha coltivato da secoli, quali sono le scuole di grado superiore, specialmente le Università e le Facoltà. Proprio all’interno di questa Facoltà il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II il 21 novembre 1982 ribadiva i compiti affidati ad essa entro il quadro di quello sforzo di rinnovamento che caratterizzava la Chiesa intera. Mi permetto di citare un passaggio significativo: «La giovane Facoltà Teologica, infatti, è sorta dall’avvertito bisogno di qualificare accademicamente l’ambiente teologico siciliano, in pieno fervore di rinnovamento, dopo il Concilio Vaticano II. Essa trova così il suo posto nella famiglia dei centri italiani di studi ecclesiastici, assumendo la responsabilità di condividere i compiti che la Chiesa assegna ad essi: l’investigazione teologica, la docenza-formazione ed uno specifico impegno nell’opera di evangelizzazione» (n. 2a). Una Facoltà Teologica, vincolata così strettamente al Vangelo di Cristo e al servizio della sua intelligenza nella Chiesa di questo tempo, enuclea, elabora e presenta, nella fedeltà alla Tradizione e nella stretta comunione con il Magistero della Chiesa, la Rivelazione agli uomini, assumendo così il ruolo di uno strumento particolarmente prezioso per l’evangelizzazione della cultura. Attraverso un diligente studio del dato rivelato e trasmesso interpella a fondo la cultura contemporanea e da essa si lascia ugualmente interpellare. Infatti, essa è il luogo qualificato in cui vanno coltivati con rispettoso ossequio l’incontro e il confronto tra fede e ragione, tra rivelazione e cultura, tra Chiesa e mondo, tra Dio e uomo, nella sua forma riflessa e sistematica. Evidentemente, questo compito, in modi diversi, interpella tutti: la gerarchia, il teologo e ogni seguace del Signore Gesù. Ma ad una Facoltà Teologica compete una particolare «diaconia della Verità», perché le spetta, come ancora affermò il Santo Padre, «di chiarirla, di determinarla e di annunziarla poi in modo appropriato ed aggiornato; con convinzione, con coscienza, con competenza» (ibid. n. 2c). 2. La Costituzione Apostolica Sapientia christiana La riforma degli studi superiori delle scienze sacre – per le quali fin a quel tempo vigeva la Costituzione Apostolica di Pio XI Deus Scientiarium Dominus del 24 maggio 1931 – fu realizzata secondo le indicazioni conciliari prima dalle Normae quaedam della Congregazione per l’Educazione Cattolica del 20 maggio 1968, e poi più profondamente e più organicamente dalla già menzionata Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II Sapientia christiana. La Sapientia christiana, come sappiamo, era già pronta ai tempi di Paolo VI, ma a causa della sua morte slittò all’inizio del pontificato di Giovanni Paolo Il, che la promulgò il 15 aprile 1979. Due settimane più tardi, il 29 aprile dello stesso anno, la Congregazione per l’Educazione Cattolica pubblicava le Norme applicative («Ordinationes») in cui erano date tutte le indicazioni per la fedele esecuzione del documento pontificio. Questo slittamento fu forse provvidenziale, in quanto permise al Papa – che tanto aveva a cuore il problema degli studi – di apportarvi ulteriori ritocchi. Nello spirito della collegialità episcopale, affermata dalla Lumen gentium, il suo intervento mirava a rafforzare l’importanza delle Conferenze Episcopali nell’organizzazione degli studi e ad auspicare che i Seminari fossero affiliati ad una Facoltà Teologica, per garantire in essi lo svolgimento di una formazione di livello accademico. La Sapientia christiana, in sintonia con il nuovo clima ecclesiologico, è frutto di un intenso lavoro collegiale e di una ampia e costruttiva collaborazione, secondo gli orientamenti dati dal Concilio, ai cui lavori ha preso parte attiva anche il Metropolita di Cracovia di allora, il Cardinale Karol Wojty_a, in veste di membro della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Tra le indicazioni innovative che hanno ispirato la riforma vorrei richiamare quella della corresponsabilità: «Poiché l’Università o la Facoltà costituisce in certo qual modo una comunità, tutte le persone che ne fanno parte, sia singolarmente prese che raccolte nei consigli, devono sentirsi, ciascuna secondo la propria condizione, corresponsabile del bene comune e devono sollecitamente contribuire al conseguimento del fine della comunità medesima» (art. 11, §1). In questa corresponsabilità, oltre a quanti direttamente operano all’interno dell’istituzione accademica, hanno parte anche i rispettivi Vescovi. Sono quindi contento di vedere oggi tanti Vescovi presenti a questa giornata di studio. Il segno della ecclesialità di una Facoltà è rappresentato nel documento in parola dal legame forte sia con la Chiesa locale sia con la Chiesa universale. Infatti, da una parte, sono le Chiese locali, normalmente limitrofe (come quelle della Sicilia) che pongono in atto tutte le condizioni perché essa si costituisca e possa funzionare fruttuosamente. Inoltre, la Sapientia christiana stabilisce che la Conferenza Episcopale (si tratta delle Conferenza Episcopale Nazionale) deve aiutare la Congregazione per l’Educazione Cattolica nella retta pianificazione delle Facoltà Ecclesiastiche (cf. art. 60), nonché deve «interessarsi alacremente della vita e del progresso delle Università o Facoltà Ecclesiastiche, a motivo della loro particolare importanza ecclesiale» (art. 4). D’altra parte, è presente la Chiesa universale, in quanto l’erezione o l’approvazione di tali Facoltà spetta alla Santa Sede (art. 5), nel nome della quale vengono poi rilasciati i gradi accademici (art. 2, nonché proemio IVc) e vi è uno specifico ufficio di Gran Cancelliere che «rappresenta la Santa Sede presso [...] la Facoltà e così pure questa presso la Santa Sede, ne promuove la conservazione e il progresso, ne favorisce la comunione con la Chiesa sia particolare che universale» (art. 12). Questo doppio legame assicura alla Facoltà, da un lato, l’apertura universale. Non potrebbe essere diversamente a motivo del compito affidatole, che è quello di approfondire e di trasmettere il Mistero divino rivelato, valendosi dell’assistenza dello Spirito Santo, effuso e operante nella Chiesa, che ci guida a penetrare un tale Mistero sempre più profondamente. Si tratta, quindi, di un compito che non conosce confini geografici come non li conosce il raggio della sua investigazione. Dall’altro lato, una Facoltà nata dalla preoccupazione e dalla necessità di evangelizzazione di una Chiesa o di un gruppo di Chiese legate a un territorio e a una cultura omogenei, si trova a coniugare strettamente la propria ricerca con le necessità del Vangelo che sorgono in quel determinato luogo. Questa apertura al territorio finisce per esprimere un progetto ecclesiale, finalizzato ad ascoltare le «specifiche istanze di un determinato ambiente ecclesiale» per poter ricondurre ad unità tutti i servizi che una Facoltà è chiamata a dare. Anzi, come ebbe sempre a ribadire il Papa nel già menzionato discorso qui a Palermo: «In definitiva, a quest’ultima finalità può ricondursi tutta la ragion d’essere di una Facoltà Teologica regionale» (n. 4e). 3. Il legame con le Chiese locali a. L’inserimento reale di una Facoltà Teologica nell’impianto ecclesiale e culturale di una regione, significa soprattutto il suo servizio, svolto in comunione con i Vescovi – ai quali per la volontà di Cristo spetta a pieno titolo il «munus docendi» nella Chiesa – per affrontare adeguatamente le necessità pastorali del luogo. Il suo compito riguarda principalmente la comprensione e la divulgazione della dottrina della Chiesa, ma indirettamente si riflette su tutti gli aspetti della pastorale. Questo compito implica anche lo studio critico e l’indagine metodica sia della storia che delle prospettive del luogo. Con l’ascolto attento delle problematiche di uno spazio geografico, si possono cogliere le virtù e le difficoltà della gente che vi abita, le sfide e le potenzialità di un popolo, per orientarle alla luce del Vangelo. Questo impegno è una vera testimonianza di amore verso il prossimo. La creazione di una Facoltà Teologica al servizio delle Chiese locali non va, comunque, concepita in maniera riduttiva, quasi che essa dovesse semplicemente obbedire al comodo della propria regione. Essa si inserisce, infatti, in una grande opera di evangelizzazione, di incarnazione del Vangelo, che entra e si diffonde fino ai confini della terra, ma d’altra parte esercita il suo effetto benefico e durevole soltanto nella misura in cui, attraverso il suo continuo annuncio, influenza i modi di pensare, penetra la cultura in profondità. Per tal ragione la sua fondazione è impiantata in un progetto pastorale concepito dai Vescovi che la creano. Il progetto della sua creazione e della sua struttura va perciò elaborato con molta cura dai Pastori e dalle diverse componenti ecclesiali, perché l’intero Popolo di Dio la avverta come un guadagno per la propria crescita spirituale. La cultura circostante, le esigenze del dialogo, la preoccupazione della Chiesa per l’uomo nella sua concretezza del tempo e del luogo, e tanti altri fattori interpellano una Facoltà Teologica e rendono prezioso il suo lavoro di ricerca e di insegnamento in un determinato territorio. b. Il problema va anche inquadrato e si concretizza nel concetto che si ha della Chiesa e della sua missione. Infatti, una Facoltà di Teologia deve sentirsi interpellata come una realtà ecclesiale. Il Concilio ha avuto la coscienza che un tempo nuovo era iniziato nel quadrante della storia, in cui la Chiesa doveva prendere una coscienza più profonda di se stessa. «Ci sembra sia venuto ora il tempo – diceva allora Paolo VI – nel quale si debba più profondamente esaminare, riordinare esprimere la verità sulla Chiesa di Cristo»4. Infatti, il Concilio – avendo presentato la Chiesa da diversi punti di vista (come una specifica e profonda «communio» con Dio e con gli uomini, come «il popolo di Dio» pellegrinante verso la salvezza eterna, come il «Corpo Mistico di Cristo», come un «sacramento universale di salvezza») e avendo affrontato la questione della relazione fra la Chiesa universale e quella locale – ha dato un grande contributo affinché la vera identità della Chiesa venisse sempre più percepita, compresa e vissuta. La Facoltà Teologica deve essere un’espressione forte di questa autocoscienza della Chiesa nel determinato territorio in cui è inserita. Ciò determina evidentemente il suo impegno, da realizzare con coerenza e coraggio. PAOLO VI, Discorso per l’apertura del secondo periodo del Concilio, 29 settembre 1963, n. 4d (si legga tutto il n. 4). 4 La natura e la missione della Chiesa, a cui la Facoltà Teologia fa riferimento, non è un’astrazione e tanto meno un affare di organizzazione, ma è lo stesso Gesù Cristo, «Via, Verità e Vita», costantemente presente ed operante nella Chiesa, con la forza dello Spirito Santo. Dinanzi alla crescente diffidenza nei riguardi della Chiesa, registratasi nel secolo scorso anche in terre di antichissima tradizione cristiana come l’Italia, che giunge a credere in Cristo senza voler credere o appartenere alla Chiesa, o a rivendicare un accesso a Lui che eviti ed oltrepassi la Chiesa, la nostra risposta non può che essere quella di rafforzare la comprensione della Chiesa, e quindi l’autentico amore verso il Corpo Mistico di Cristo. La Facoltà Teologica, espressione significativa della Chiesa – operando secondo i principi di una sana ed approfondita ecclesiologia – deve stare accanto all’uomo concreto, ossia alle persone del proprio territorio in un determinato tempo, nell’investigazione del vero e nell’operare nella verità, spesso offuscata e disprezzata. c. Il servizio alle Chiese locali coinvolge la Facoltà Teologica nello sforzo di «inculturazione del Vangelo» nel proprio territorio. Evidentemente in Italia l’inculturazione del Vangelo è molto forte ed opera già da millenni, però in qualche misura la questione rimane sempre e dovunque attuale. Proprio oggi (14 febbraio) la Chiesa celebra la festa dei santi Cirillo e Metodio. Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Slavorum Apostoli (2 giugno 1985), ha presentato la loro opera come modello di una sana inculturazione. Egli scrisse: «Nell’opera di evangelizzazione, che essi compirono – come pionieri in territorio abitato da popoli slavi –, è contenuto al tempo stesso un modello di ciò che oggi porta il nome di «inculturazione» – l’incarnazione del Vangelo nelle culture autoctone – ed insieme l’introduzione di esse nella vita della Chiesa» (n. 21a). In quel documento il Papa ha opportunamente osservato: «Il Vangelo non porta all’impoverimento o allo spegnimento di ciò che ogni uomo, popolo e Nazione, ogni cultura durante la storia riconoscono ed attuano come bene, verità e bellezza. Piuttosto, esso spinge ad assimilare e a sviluppare tutti questi valori: a viverli con magnanimità e gioia ed a completarli con la misteriosa ed esaltante luce della Rivelazione» (n. 18b). «La Chiesa attua dappertutto la propria universalità accogliendo, unendo ed esaltando nel modo che le è proprio, con premura materna, ogni autentico valore umano. Al tempo stesso, essa si adopera in ogni latitudine e longitudine geografica ed in ogni situazione storica per guadagnare a Dio ciascun uomo e tutti gli uomini, per unirli tra loro e con lui nella sua verità e nel suo amore. Ogni uomo, ogni Nazione, ogni cultura e civiltà hanno un proprio ruolo da svolgere e un proprio posto nel misterioso piano di Dio e nell’ universale storia della salvezza» (n. 19a-b). Comunque, «l’opera di evangelizzazione non è mai un semplice adattarsi alle culture, ma è sempre anche una purificazione, un taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento, un’apertura che consente di nascere a quella «creatura nuova» (2 Cor 5, 17; Gal 6, 15) che è il frutto dello Spirito Santo»5. 4. La formazione dei presbiteri a. Come il Concilio Vaticano II nella Dichiarazione Gravissimum educationis (n. 11a), così anche la Costituzione Apostolica Sapientia christiana indica tre scopi pratici ed immediati delle Facoltà di scienze sacre, ossia di preparare con particolare cura i propri aspiranti: a) al ministero sacerdotale; b) all’insegnamento delle scienze sacre; c) ai compiti più difficili dell’apostolato (proemio IIIb). Evidentemente non si tratta qui di compiti adeguatamente distinti, in quanto sono proprio i sacerdoti che assumono principalmente l’insegnamento delle scienze sacre e i compiti più difficili dell’apostolato. Comunque, nei due menzionati documenti la preparazione con particolare cura degli aspiranti al sacerdozio ministeriale è sempre al primo posto. Queste determinazioni riguardano – occorre notarlo – le scienze sacre in genere. Poi quando la Sapientia christiana tratta specificatamente della Facoltà Teologica, enuclea di nuovo: «È peculiare compito della Facoltà di Sacra Teologia di curare la formazione scientifica teologica di coloro che sono avviati al presbiterato, o si preparano ad assolvere speciali incarichi ecclesiastici» (art. 74 §1). Quindi, tra tante sfide alle quali oggi una Facoltà Teologica deve rispondere per il bene e al servizio delle Chiese locali, al primo posto c’è quella della formazione teologica dei presbiteri. Dalla solida formazione dei sacerdoti dipenderà, infatti, in grandissima parte il futuro della Chiesa, dipenderà lo slancio di evangelizzazione, dipenderà anche l’apostolato dei laici, la serietà della vita consacrata, ecc. La missione sacerdotale è affascinante, è un coinvolgimento straordinario nella storia della salvezza. Oggi, però, l’essere sacerdote è per vari motivi più difficile che nel 5 BENEDETTO XVI, Discorso al IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, 19 ottobre 2006, nel punto intitolato «Rendere visibile il grande «sì» della fede», cpv. 2. passato. Una Facoltà Teologica non può rendere un servizio più prezioso alla Chiesa locale che quello di dare una solida preparazione teologica ai presbiteri, ed indirettamente contribuire anche alla maturazione di altri aspetti della loro formazione integrale. Dalla dovuta preparazione dei sacerdoti, capaci di affrontare con amore, coraggio e competenza le sfide pastorali di oggi, dipenderà anche in gran parte il superamento della crisi delle vocazioni sacerdotali, in quanto sono i sacerdoti al primo posto fra quelli che devono aiutare i giovani a scoprire e a rispondere generosamente alla chiamata del Signore. b. Il problema della formazione teologica per tanti fattori si è fatto acuto, e rischia di esserlo ancora di più, dal momento che non raramente si osserva la tendenza di allineare tale formazione al ribasso. I motivi di questo fenomeno sono molto complessi e di non facile soluzione, ma di fronte ad essi non ci si può fermare in maniera rassegnata. Alcune di queste cause vengono da lontano e dipendono dalla qualità della formazione umana e cristiana con cui gli studenti approdano ad una Facoltà Teologica. La formazione religiosa di provenienza a volte non è solida, spesso anche lacunosa, e in ogni caso appare inadeguata rispetto alle sfide culturali che i credenti sono chiamati ad affrontare e insufficiente pure per affrontare la serietà degli studi teologici. Il tipo di formazione, per lo più tecnica, non è sovente di supporto allo studio della teologia. Questo spiega il disorientamento o una certa carenza di motivazioni rispetto allo sforzo che richiede un serio impegno intellettuale. Spesso questa difficoltà si spinge fino a mettere in dubbio il valore insostituibile o il senso dello studio in vista del futuro apostolato. È un problema che richiede di essere coscientemente e responsabilmente affrontato, mettendo in atto delle strategie che favoriscano il processo di apprendimento dello studente. Questo ovviamente vale per tutti gli studenti che entrano in una Facoltà Teologica, ma in modo particolare, per i candidati agli ordini sacri, ai quali verrà affidato il delicatissimo e insostituibile compito di diffondere la Parola del Maestro, di collaborare con i Vescovi nel «munus docendi», di amministrare i Sacramenti della salvezza e di guidare le coscienze. A questo proposito è auspicabile che acquisti rilievo la fase propedeutica, nella quale si dovrà opportunamente colmare quel debito culturale con il quale gli studenti approdano allo studio della teologia. Nel corso degli ultimi decenni, le Facoltà hanno tentato di venire incontro agli studenti in genere e ai Seminaristi in modo particolare, arricchendo di contenuti e di proposte proprio questo periodo propedeutico, perché l’accesso alla teologia avvenisse nel modo migliore e il suo studio fosse affrontato in profondità e senza improvvisazioni. c. Con riferimento all’insegnamento della teologia, la questione deve essere analizzata sia dal punto di vista metodologico che contenutistico. Ciò richiede l’impegno da parte del corpo docente nel suo insieme per elaborare strategie meglio rispondenti alle esigenze delle mutate condizioni culturali, e anche da parte dei singoli docenti nel loro delicato e prezioso servizio di ricerca e di insegnamento. Dal punto di vista didattico, i docenti devono essere capaci di saper motivare, in modo costante e convincente, i candidati agli ordini sacri nei riguardi della teologia, trasmettendo loro la passione, la gioia, la dedizione per la formazione e l’impegno accademico, mettendo in luce il suo valore e il suo insostituibile servizio alla causa e alla predicazione del Vangelo. Oggi, forse più che mai, per un intreccio di congiunture dovute alla cultura dominante e alla condizione religiosa che si registra in Occidente, l’impegno nello studio delle discipline sacre è un servizio particolarmente prezioso e si va configurando come diaconia agli uomini e alle donne del nostro tempo. Una Facoltà non si può accontentare solo dei risultati conseguiti agli esami, né di aver trasmesso e fatto assimilare una serie di nozioni che rischiano di rimanere distaccate dalla missione di apostolato. Essa deve mirare a trasmettere agli studenti un habitus intellettuale diligente, una passione teologica profonda, un coinvolgimento personale totale, vera espressione di una risposta libera all’appello di Cristo. Solo così si può creare in loro una disposizione permanente allo studio e all’aggiornamento assiduo, che dovrà accompagnare i futuri presbiteri non solo durante gli anni dello studio accademico della teologia, ma anche per tutto il tempo del loro ministero pastorale. È ovvio, che per suscitare una risposta generosa e convinta da parte degli studenti, giova soprattutto l’entusiasmo dei professori, il loro amore della materia insegnata, il loro «sentire cum Ecclesia», il loro impegno ecclesiale. Per quanto attiene all’aspetto contenutistico, l’occasione mi è gradita per richiamare la necessità e l’importanza di offrire agli studenti di una Facoltà Teologica nel primo ciclo, specialmente ai candidati al sacerdozio ministeriale, una solida formazione base, ossia organica, essenziale, unitaria e completa del sapere teologico. Oggi osserviamo una tendenza assai generalizzata di caricare gli studi teologici, anche nel primo ciclo, di tanti interessanti corsi monografici, a scapito però di una solida organica e completa formazione base. Invece, è proprio una adeguata formazione base che rende capace il sacerdote sia di affrontare le odierne sfide pastorali sia di perfezionare ulteriormente la propria formazione teologica e compiere fruttuosamente ulteriori ricerche e studi nelle materie teologiche. In merito alla necessaria armonizzazione delle discipline insegnate nelle Facoltà Teologiche prescrive opportunamente la Sapientia christiana: «Le singole discipline teologiche devono essere insegnate in modo tale che, dalle interne ragioni dell’oggetto proprio di ciascuna ed in connessione con le altre discipline, anche filosofiche, nonché con le scienze antropologiche, risulti ben chiara l’unità dell’intero insegnamento teologico, e tutte le discipline convergano verso la conoscenza intima del mistero di Cristo, perché sia così annunciato con maggiore efficacia al popolo di Dio ed a tutte le genti» (art. 67 §2). La Congregazione per l’Educazione Cattolica nelle Norme applicative evidenzia lo scopo di tale armonizzazione, che è la formazione solida, organica e completa: «Nel quinquennio istituzionale del primo ciclo occorre curare diligentemente che tutte le discipline siano trattate con tale ordine, ampiezza e metodo proprio, da concorrere armonicamente ed efficacemente a dare agli studenti una formazione solida, organica e completa in materia teologica, grazie alla quale diventino capaci sia di proseguire gli studi teologici superiori nel secondo ciclo, sia di esercitare convenientemente determinati incarichi ecclesiastici» ( art. 52). Le citate norme cercano quindi di prevenire un rischio, purtroppo oggi reale, del frazionamento e della frammentazione del sapere teologico, delle cosiddette teologie del genitivo o, peggio ancora, di intuizioni teologiche di un momento che vengono avanzate per la soluzione di tanti problemi, che invece andrebbero ponderati più a fondo. In tal modo, ad una visione globale di detto sapere, si sostituiscono trattazioni parcellizzate e settoriali. Specialmente nel primo ciclo istituzionale si dovrà porre cura perché, in modo accademico, venga offerto il panorama completo del patrimonio teologico acquisito dalla Chiesa. Esso servirà ad avere dei punti di riferimento validi, che saranno insostituibili anche in funzione di una valutazione critica rispetto alle nuove offerte del sapere, con le quali i sacerdoti dovranno confrontarsi nel corso del loro servizio ministeriale. Da qui il compito di offrire ai futuri pastori del popolo di Dio, al termine del loro studio accademico, una sintesi di ampio respiro dei contenuti della teologia, assieme all’incoraggiamento di continuare l’apprendimento e l’approfondimento del suo patrimonio6. La conoscenza di una rigorosa metodologia scientifica, propria delle scienze sacre, il desiderio di un costante aggiornamento li aiuterà a non sentirsi superati dalla storia e dalla sue infinite variazioni, ed infine li introdurrà all’atteggiamento di umile apertura al dono dello Spirito che, passo dopo passo, guida la Chiesa alla conoscenza della verità tutta intera. d. Anche se ciò in qualche modo risulta già da quanto ho detto, ma forse solo implicitamente, ritengo opportuno puntualizzare qualche elemento: – Per una certa direi «economia dell’insegnamento» è utile ogni tanto verificare il programma dal punto di vista sistematico, per evitare il rischio di avere da una parte lacune, dall’altra invece ripetizioni, ed inoltre sproporzioni nell’insegnamento delle discipline teologiche. – Oltre alla docenza non è da sottovalutare il ruolo determinante dei docenti nella trasmissione del sapere teologico, del loro atteggiamento, della loro testimonianza. Si tratta, infatti, della «scienza della fede», della «scienza di Dio», che non è una scienza qualunque, in quanto coinvolge profondamente la vita dei docenti e degli alunni come uomini e ancor di più come credenti. Gli uni e gli altri, per la comune vocazione ad essere discepoli dell’unico Maestro, hanno una reciproca responsabilità ecclesiale. Sono chiamati a diventare, attraverso l’insegnamento o lo studio accademico della teologia, testimoni del Cristo risorto, unica speranza del mondo. – Alla metodologia delle scienze sacre, oltre allo studio e alla ricerca, appartiene in modo indispensabile anche la preghiera, la contemplazione, l’ascolto della Parola di Dio. Questo rapporto diretto con il Signore aiuta, o piuttosto è un elemento decisivo nel comprendere le verità di fede; aiuta a trasmetterle con maggiore efficacia in ordine a trasformare la gente ed avvicinarla a Dio; fa sì che la coltivazione della teologia conduca alla santità personale e degli altri. La teologia, se non spinge alla santità personale, è certamente coltivata male. 5. L’intelligenza della fede Vale la pena di ricordare qui l’art. 70 della Sapientia christiana che si riferisce specificatamente agli studi di teologia: «Nello studio e nell’insegnamento della dottrina cattolica deve sempre aver rilievo la fedeltà al Magistero della Chiesa. Nell’adempiere l’ufficio didattico, specialmente nel ciclo istituzionale, siano anzitutto impartiti quegli insegnamenti, che riguardano il patrimonio acquisito della Chiesa. Le opinioni probabili e personali, che derivano dalle nuove ricerche, siano modestamente proposte come tali». 6 a. Dopo 25 anni di vita e di storia, la vostra Facoltà Teologica come ogni altra si trova ad agire nei contesti culturale, sociale ed economico segnati da profonde trasformazioni che, per quel processo che ha fatto del mondo un villaggio globale, ormai investono tutto il pianeta. Nuovi flussi migratori hanno messo il mondo in movimento e stanno creando inediti equilibri internazionali. I popoli, le culture, le religioni sono entrate in contatto, a volte in modo pacifico e costruttivo, altre volte con notevoli tensioni. La tecnologia permette sempre di più la conoscenza, gli scambi, gli incontri in «tempo reale». Una civiltà dell’immagine si sta per sostituire a quella tradizionale basata sulla scrittura e sulla memoria. L’accesso ad un sapere preconfezionato e disponibile in rete, senza nessuna fatica personale, allontana sempre di più, soprattutto i giovani, dallo studio paziente e metodico. Nuove conoscenze e nuove possibilità tecniche spostano ogni giorno la frontiera di ciò su cui è possibile intervenire. E così anche la genetica, che prima rappresentava un limite invalicabile o di fantascienza, oggi non solo è oggetto di studio ma soprattutto di intervento. E siccome queste operazioni riguardano non solo le piante o gli animali, ma lo stesso uomo, stanno sorgendo e sorgeranno sempre di più, problemi etici delicatissimi e di difficile soluzione. La cronaca di ogni giorno ci interpella e ci costringe a confrontarci inesorabilmente con domande e sfide a cui il credente non può né sottrarsi di rispondere, né ripetere semplicemente quanto ha elaborato in precedenza. Come primo passo, la teologia – e qui non parlo evidentemente dell’insegnamento del primo ciclo, ma principalmente del compito della ricerca, dalla quale non può esimersi nessuna seria Facoltà – dovrà impegnarsi a fondo nella comprensione dei problemi attraverso la ricerca paziente e approfondita. Alla fase dello studio dovrà seguire quella dell’elaborazione, per offrire ai propri studenti un insegnamento accademicamente qualificato, in modo che essi possano rendere ragione della loro fede e della loro speranza di fronte alle profonde trasformazioni culturali che vivono. b. L’elenco di queste trasformazioni, di cui oggi siamo insieme destinatari e attori, è sempre più lungo di quello che riusciamo ad individuare. Ma tutto ciò che sta accadendo attorno e dentro di noi, non può lasciare nessuno nell’indifferenza, tanto meno i credenti e quanti, in ragione del loro ufficio o del servizio che prestano, sono chiamati in causa in prima persona. E in considerazione di tale realtà, vorrei incoraggiare questa Facoltà Teologica a non sottrarsi, in ragione del suo mandato, ad offrire l’apporto che è suo proprio. Per discernere questi cambiamenti epocali non può mancare l’intelligenza della fede che il teologo è chiamato a dare. Infatti, le conoscenze, i mezzi tecnici, in quanto tali non sono né buoni né cattivi, buono o cattivo è l’uso che se ne fa. Per questo è indispensabile offrire ad ogni opera dell’uomo la luce della Rivelazione e la prospettiva del Vangelo. Lo ha ricordato Benedetto XVI proprio alla Chiesa italiana riunita a Verona lo scorso ottobre per il IV Convegno nazionale: «La riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. È questo un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza»7. 7 BENEDETTO XVI, Discorso al IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, 19 ottobre 2006, nel punto intitolato «Rendere visibile il grande «sì» della fede», verso la fine. c. Come il Magistero ci ha ricordato, la Chiesa spesso non può offrire soluzioni pratiche o suggerimenti concreti. Essa, invece, si riserva, per il mandato di ammaestrare ricevuto dal Signore, di dare orientamenti di senso, criteri di valutazione, principi di fondo e fondazione etica, alla ricerca delle soluzioni pratiche. Tutto questo chiama in causa anche una Facoltà di Teologia. Per sua costituzione essa deve dare le ragioni della fede, deve motivare la speranza, deve fondare le soluzioni, deve illuminare le questioni, deve aiutare gli uomini a passare dai fenomeni al loro senso e dimensione. A voi è affidato il delicato ed esaltante compito di offrire nella Chiesa la dimensione adulta dell’intelligenza e della fede, di ricercare la misura alta della ragione, di trovare le categorie più adatte in cui la Rivelazione può essere donata agli uomini, in maniera fondata e per questo più comprensibile. Nella misura in cui una Facoltà assolve questo suo compito, non solo svolge un servizio per i credenti all’interno della Chiesa, ma si propone, in maniera credibile, cioè scientifica, anche agli altri referenti culturali della società. Sul piano scientifico, sul versante della ragione, sull’approfondimento razionale, essa può e deve entrare in dialogo, spesso attraverso quest’unico canale rimasto disponibile, con quelli che non hanno la fede, ma che nutrono rispetto per la ragione e il suo esercizio. Essa può disporre di iniziative e mezzi idonei che costituiscono una vera risorsa per il dialogo scientifico in corso. La Congregazione per l’Educazione Cattolica guarda con fiducia e speranza alle Facoltà di Teologia, convinta che esse, attraverso l’investigazione accurata della Rivelazione, sapranno dare quel prezioso contributo che compete loro. Infatti, la Rivelazione divina è istanza critica decisiva, e non solo per il credente. Essa nell’indicare al sapere scientifico la sua fondatezza e il suo limite, lo fa convergere verso quella suprema istanza di unità e verità, che non può mai prescindere dalla Verità che è Cristo Gesù. A tale riguardo prescrive la Sapientia christiana: «La verità rivelata deve essere considerata anche in connessione con le acquisizioni scientifiche dell’età che si evolve, perché si comprenda chiaramente «come la fede e la ragione s’incontrino nell’unica verità» e la sua esposizione sia tale che, senza mutamento della verità, sia adattata alla natura e all’indole di ciascuna cultura, tenendo conto particolarmente della filosofia e della sapienza dei popoli, esclusa qualsiasi forma di sincretismo e di falso particolarismo. Devono essere ricercati, scelti ed assunti con cura i valori positivi che si trovano nelle varie filosofie e culture; tuttavia non sono da accettare sistemi e metodi che non si possono conciliare con la fede cristiana» (art. 68, §§ 1-2). Anzi, nella frammentazione odierna delle conoscenze, che rispecchia i mutamenti della nostra epoca, la teologia è sfidata a scoprire ed indicare una armoniosa unità e dipendenza del sapere umano. Infatti, Giovanni Paolo II ha ribadito più volte alle Facoltà ecclesiastiche di: «adoperarsi con tutta la loro forza a ricongiungere ed unire il mondo della scienza e della cultura alla verità della fede, per far riscoprire l’ordine salvifico del piano divino nella realtà di questo mondo»8. Con la sua riflessione la teologia ha dunque un doppio compito, quello di legittimare la causa della fede dinanzi al tribunale della ragione, e quello altrettanto necessario di orientare la ragione alla luce della fede. Conclusione Per una Facoltà di Teologia 25 anni di vita rappresentano un tratto abbastanza breve del suo cammino: solitamente esso è a buon diritto impiegato per darle un volto più definito rispetto al suo inizio. Questi 25 anni hanno arricchito la Facoltà Teologica «San Giovanni Evangelista» di un’esperienza che le permette di verificare e valutare il cammino già fatto e di aprirsi a progetti nuovi che la facciano crescere e inserire più compiutamente nella realtà umana, culturale ed ecclesiale della Sicilia e dell’Italia. Per concludere vorrei riferirmi alle parole del Concilio Vaticano II con le quali ho iniziato questo mio intervento: «Molto si attende la Chiesa dall’attività delle facoltà di scienze sacre. È ad esse infatti che affida [un] compito importantissimo». Auguro alla Facoltà Teologica «San Giovanni Evangelista» che non deluda mai queste aspettative espresse dal Concilio, ma al contrario che il ruolo che svolge assuma sempre più una importanza decisiva per la crescita della Chiesa, per il bene della Sicilia, dell’Italia, dell’Europa e dell’umanità intera. 8 GIOVANNI PAOLO II, Discorso di Giovanni Paolo II agli officiali della Congregazione per l'Educazione Cattolica, 27 aprile 2004, n. 1b.