XVII Domenica del Tempo Ordinario
Anno B
COLLETTA
O Dio, nostra forza e nostra speranza,
senza di te nulla esiste di valido e di santo;
effondi su di noi la tua misericordia
perché, da te sorretti e guidati,
usiamo saggiamente dei beni terreni
nella continua ricerca dei beni eterni.
Prima lettura – 2 Re 4,42-44
Ne mangeranno e ne faranno avanzare.
Sono molte le figure bibliche con le quali Dio prefigura l’Eucaristia. Una di esse è la moltiplicazione
dei pani operata dal Signore tramite il profeta Eliseo. Essa rimanda alla moltiplicazione dei pani
narrata dai Vangeli. L’accento del brano è posto sull’abbondanza. Sarà la nota dominante nel
banchetto del regno messianico.
Dal secondo libro dei Re
In quei giorni, 42da Baal-Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani
d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.
Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». 43Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo
davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne
mangeranno e ne faranno avanzare”».
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Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.
Dal Salmo 144 (145)
Pensando al tema eucaristico della liturgia della Parola, il salmo canta il Signore che provvede a tutti
il cibo a suo tempo e che sazia la fame di ogni vivente. Fedele alle sue promesse, Dio continua ancora
oggi a saziare la nostra fame: non solo corporale, con la sua Provvidenza, ma anche spirituale con il
Corpo ed il Sangue di Gesù.
Rit.: Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R/.
Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente. R/.
Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità. R/.
1
Seconda lettura – Ef 4,1-6
Un solo corpo, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.
Uno degli effetti principali della nostra partecipazione all’Eucaristia è l’unità. San Paolo insiste su
questa unità come frutto della carità che deve regnare in tutti noi. Tanti sono i motivi per attuarla,
soprattutto perché Gesù ha pregato, nell’ultima cena, per tale unità.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, 1io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata
che avete ricevuto, 2con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore,
3
avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
4
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della
vostra vocazione; 5un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 6Un solo Dio e Padre di tutti, che
è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
Canto al Vangelo – Lc 7,16
Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia, alleluia.
Vangelo – Gv 6,1-15
Distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano.
Giovanni ci dona la sua descrizione della moltiplicazione dei pani nel deserto. Nella narrazione
l’evangelista mette in evidenza l’azione quasi sacramentale di Gesù, in funzione della fede e
dell’Eucaristia. Gesù è il pane vivo disceso dal cielo: chi mangia di lui vivrà in eterno.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, 1Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande
folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i
suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
5
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo
comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6Diceva così per metterlo alla prova; egli
infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono
sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
8
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9«C’è qui un ragazzo che ha
cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10Rispose Gesù: «Fateli sedere».
C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
11
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece
dei pesci, quanto ne volevano.
12
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada
perduto». 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a
coloro che avevano mangiato.
14
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che
viene nel mondo!». 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul
monte, lui da solo.
2
Dopo la Comunione
O Dio nostro Padre, che ci hai dato la grazia
di partecipare al mistero eucaristico,
memoriale perpetuo della passione del tuo Figlio,
fa’ che questo dono del suo ineffabile amore
giovi sempre per la nostra salvezza.
Note del testo
Sebbene il Vangelo ricalchi il tema della moltiplicazione dei pani, possiamo prestare attenzione agli
aspetti più caratteristici del racconto di Gv 6, che ci accompagnerà per varie domeniche.
Il brano inizia con un accenno al popolo che segue Gesù perché attirato dai segni che compie sui
malati; il popolo non matura però il passo più importante che è il riconoscere il vero segno che è Lui, il
Figlio di Dio. Alla folla e a noi è chiesto di andare al di là del pane che si è mangiato e saper cercare
Colui che ha donato il pane. Cioè, non sono solo i doni di Gesù che dobbiamo gustare: ci è chiesto di
arrivare a quel Gesù stesso che ci fa il dono. Non sono solo i doni di Dio che arricchiscono la nostra
vita: è Dio che si dona a noi che arricchisce la nostra vita. Non è tanto il pane quello che conta, ma è il
Cristo ciò che conta; non è il dono, ma il donatore. Il dono è l’itinerario, il cammino, il segno, la prova,
l’invito, ma dobbiamo superare il dono per arrivare a Colui che si dona a noi.
Nella prima lettura ci viene indicato che è compito dei profeti quello di annunciare con gesti e parole
l’azione di Dio e in particolare ciò che Dio manifesterà in pienezza in Cristo Gesù. Ecco perché di
fronte alla condivisione dei pani i contemporanei di Gesù, ricordandosi del prodigio operato dal profeta
Eliseo, esclameranno: “Questi è veramente il profeta che deve venire nel mondo”.
v. 4:
Il contesto in cui Gesù narra questa condivisione dei pani e dei pesci è un contesto nell’imminenza
della Pasqua. Le premesse sono premesse per le quali c’è una chiesa messa alla prova. È un contesto
legato alla chiesa, al suo cammino, alla sua conversione. Don Alberto Altana parlava del Concilio come
di un evento fondamentale soprattutto per la chiesa. E papa Giovanni aveva intuito che i cambiamenti
del mondo andavano vissuti cambiando la chiesa.
v. 6:
In cosa consiste, in fondo, la prova a cui questa chiesa è sottoposta? La prova a cui la chiesa è
sottoposta è la prova per la quale alla chiesa è chiesto di non quantificare l’esigenza dei poveri. Quante
volte abbiamo ridotto l’esigenza della povera gente al “quanto”. Questo vuol dire che Filippo non ha
ancora colto la centralità della persona del Signore. La prova è su questo: dove possiamo comprare? E
subito c’è una previsione di bilancio: duecento denari. Non sono sufficienti. Difficilmente riusciamo a
vivere l’Eucaristia se non riusciamo a uscire dalla logica per la quale il problema dei poveri è
essenzialmente un problema di investimenti. La prova è questa: il contrario del dono, il contrario della
gratuità, il contrario della signoria di Gesù è quello di quantificare il bisogno dei poveri.
v. 9:
Da una parte si ricorda il bisogno di pane, cioè di vita, che c’è in una moltitudine di persone. Sono
cinquemila persone che hanno fame, simbolo dell’umanità che ha bisogno di vita. Dall’altra ci sono
cinque pani e due pesci, che sono molto poco rispetto alla necessità. Si potrebbe dire: prendiamo i
cinque pani e i due pesci, li portiamo alla gente e li distribuiamo, il risultato è che rimangono tutti
affamati. Il vangelo immagina un cammino diverso. I cinque pani e i due pesci, invece di essere portati
alla gente, sono portati a Gesù, e da Gesù vanno incontro alle persone. Questo passaggio, secondo il
vangelo, ottiene il fatto che quei cinque pani e due pesci diventano capaci di sfamare cinquemila
3
persone e ne rimangono dodici ceste, perché ce n’è ancora per gli altri, con il segno evidente
dell’abbondanza. Noi non riusciamo a soddisfare la fame di vita, di speranza, di amore che c’è nel
cuore dell’uomo. Non ci riusciamo perché quello che abbiamo noi, come nostro possesso, rimane
radicalmente povero. Però, dice il vangelo, se quel poco che hai lo porti al Signore e dopo lo fai
arrivare alla gente attraverso il Signore, allora quel poco che hai diventa sufficiente, anzi,
sovrabbondante. È una promessa.
v. 11:
La presenza del Cristo fa essere del poco dei poveri il segno perché tutti possano godere della presenza
misericordiosa del Signore. È importante che tutto venga da Gesù e che Gesù ci dica che è la
condizione dei poveri che rende possibile la sua azione. Cosa è quel poco nelle mani del Signore? È
tutto. Letto con gli occhi della fede, quei cinque pani e due pesci sono tutto. Se il diaconato servisse a
chi presiede l’Eucaristia per indicare che l’Eucaristia che celebriamo è tutto! Le nostre Eucaristie fanno
fatica ad essere Eucaristie rese possibili dal poco dei poveri. Facciamo ancora dipendere le nostre
Eucaristie da altre cose, tutte legittime, ma che non sono, essenzialmente, il poco dei poveri; fino a
quando continueremo a denigrare il poco dei poveri, le nostre Eucaristie saranno poco vere. La
presenza alle porte delle nostre chiese di gente che chiede l’elemosina mette forse in dubbio la verità
dell’Eucaristia che celebriamo…
Un’altra omissione è notevole, rispetto alle versioni sinottiche: Gesù non alza gli occhi al cielo, come
per domandare al Padre il pane miracoloso. Questo dono viene fatto certamente in comunione con il
Padre, ma esso significa l’amore di Gesù stesso per i suoi. Nel discorso egli dichiarerà: “il pane che io
vi darò è la mia carne per la vita del mondo”.
L’originalità di questo brano del vangelo di Giovanni consiste nel fatto che è Gesù che distribuisce i
pani e non i discepoli. L’attenzione di Giovanni non è tanto su una dimensione di chiesa, quanto
piuttosto sulla centralità del mistero di Cristo, come Giovanni avrà modo di sottolineare nel discorso
che riporta di Gesù, fino alla fine del capitolo.
La sazietà su cui culminava il racconto sinottico, Giovanni l’annota solo di passaggio per introdurre un
ordine di Gesù. Questo spostamento di accento ci deve trovare attenti. Nel nostro testo non è quindi la
folla che spontaneamente “raccoglie” i pezzi avanzati, ma sono i discepoli che li raccolgono su ordine
di Gesù, affinché “niente vada perduto”. Conviene andare al racconto di Eliseo: Così parla JHWH: “si
mangerà e ne avanzerà”. Ora, più che un resto (ciò che ancora rimane dopo che un tutto è scomparso),
si tratta propriamente in Giovanni di un “sovrappiù” (ciò che vi è in più del tutto): a una cosa che, da un
certo punto di vista, era già completa in sé (la gente ha mangiato a sazietà), viene ad aggiungersi
un’altra cosa, anch’essa completa in se stessa, come suggerisce anche il numero di dodici. Due sono le
interpretazioni proposte di ciò che in Giovanni sembra un elemento essenziale. La prima è che lo scopo
a cui Gesù mira attraverso il segno dei pani non è la sazietà fisica, ma la vita divina che egli è venuto
ad offrire. Il sovrappiù, preservato dalla perdita, simboleggia l’aspetto incorruttibile del nutrimento che
dona Gesù. Esso orienta a ciò che è sorgente perenne di vita, e conduce a una interpretazione spirituale
del segno che Gesù ha compiuto. La seconda interpretazione sottolinea che il sovrappiù manifesta il
contrasto tra il pane che dona Gesù e il nutrimento ricevuto nel deserto. Anche gli Ebrei avevano
mangiato a sazietà, ma la manna si corrompeva se ne conservavano oltre il necessario. Il pane di Gesù,
inversamente, è destinato a conservarsi: non simboleggia allora il dono dell’Eucaristia?
v. 15:
Dinanzi al tentativo di “rapirlo con la forza” per farlo re, Gesù fugge dimostrando il profondo equivoco
in cui è incorsa la folla. L’idea di un regno politico sulla terra è in fondo misconoscere, per mancanza
di fede, il vero regno di Gesù, che non è di questo mondo, e significa offrire un’immagine distorta della
sua identità e della sua missione.
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La solitudine di Gesù, mentre diventa una chiara presa di posizione contro indebite attese e desideri,
rivela il profondo legame con il Padre. L’essere solo del Cristo giovanneo significa infatti essere
insieme al Padre suo. Non sono gli uomini a determinare con le loro attese la missione di Gesù, ma
l’obbedienza alla volontà del Padre è l’unico criterio normativo per il Figlio.
Padri della chiesa
I cinque pani significavano i cinque libri della Legge di Mosè. La legge antica è orzo rispetto al grano
evangelico. In quei Libri si contengono grandi misteri del Cristo. Pertanto, egli stesso affermò: se
credeste a Mosè, credereste anche a me; infatti egli ha scritto di me (Gv 5.46). Ma come nell’orzo
l’interno è nascosto sotto la pula, così il Cristo si cela sotto il velo dei misteri della Legge. Come pane
i misteri della Legge sono presentati e messi in evidenza, così anche quei pani si espandevano quando
venivano spezzati. Vi ho spezzato il pane, ed è ciò che vi ho esposto. I cinquemila uomini significano il
popolo posto sotto i cinque libri della Legge. Le dodici ceste sono i dodici apostoli i quali, a loro volta,
sono stati riempiti dei passi della Legge. I due pesci sono o i due precetti dell’amore di Dio e del
prossimo, o i due popoli: il popolo dei circoncisi Giudei e il popolo degli incirconcisi Gentili, o anche
le sacre persone del re e del sacerdote. Queste verità nell’analisi dell’esposizione vengono come
sminuzzate; mentre si comprendono si fanno alimento (Agostino, Disc. 130.1).
Dio, all’inizio, non ha fatto uno ricco e uno povero, ma ha dato a tutti la stessa terra. E allora i frutti
della terra devono essere comuni a tutti. Le parole «mio» e «tuo» sono causa di discordie. La comunità
è molto più conveniente all’ordine naturale che la proprietà. (G. Crisostomo, Sul Salmo 2, 4)
Altri autori cristiani
Testimonia Eliseo: Il Signore ha detto così: Se ne mangerà e ne avanzerà… (2Re 4.43). Ne avanzò in
antico; ne avanzarono 12 ceste all’epoca di Gesù. L’avanzare è segno di sovrabbondanza, di possibilità
di poter tenere in serbo qualcosa (Rt 2.14), e tuttavia non va dimenticato che questo stesso verbo è
impiegato (in un contesto riferito… all’esodo e alla Pasqua) per comandare anche il comportamento
opposto, cioè quello secondo cui nulla deve avanzare. Tutto deve consumarsi, e ciò vale tanto per
l’agnello pasquale (Es 12.10), quanto per la manna che non si deve tenere in serbo per il giorno dopo
(Es 16.19) (…) La frase perché nulla vada perduto (letteralmente, perisca) allude certamente al vero
pane di cui parlerà Gesù nel discorso successivo: procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che
dura per la vita eterna e che il Figlio dell’Uomo vi darà (Gv 6.27). Ciò che davvero non perisce, né va
perduto è il pane d ella vita eterna. Ma neppure qui si esauriscono i significati. Nel raccogliere quanto
vi è di sovrabbondante, si manifesta la volontà di non far perire nulla di ciò che ci è stato affidato; tale
atto diventa così segno della missione stessa di Gesù. Egli infatti è venuto perché chi crede in lui non
perisca (Gv 3.16; cfr Gv 10.28; 17.12) (P. Stefani, Sia santificato il tuo nome B pp. 145-6).
Nei gesti della condivisione dei pani (dove sta scritto moltiplicazione?), ci sono i segni dell’ultima
cena, c’è il mistero di un pane che viene sacrificato una sola volta e che viene mangiato per migliaia di
anni da miliardi di persone senza che ne siano sazi e senza che si esaurisca. Così il segno, che non era
nuovo nell’esperienza del popolo di Israele (2Re 4,42-44), assume connotati molto differenti dal
passato. Il dividersi per gli altri, il lasciarsi divorare, entrando nel metabolismo di ciascuno,
imprigionandosi nella vita degli altri. E pensare che a noi suonano inarrivabili già le parole di Paolo
che, in fondo, ci chiede solo di sopportarci “con amore”. Ma per noi è già un impresa sopportarci! Cosa
si pretende poi, l’amore? In che senso in che modo; è così difficile arrivare a definire l’amore, a
comprendere i gesti conseguenti una scelta di amore. Gesù per amarci parte dal considerarci amici, dal
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porsi di fronte a noi senza vincoli di subalternità, senza ruoli predefiniti e posizioni dall’alto in basso.
Se non fosse amico, non darebbe la vita; così se noi non decidiamo di essere amici gli uni degli altri,
finiamo rapidamente per ignorarci, dimenticarci, estromettere gli altri dalla nostra vita, privare gli altri
di una vita di relazione con noi. Qualcosa che in definitiva non è molto differente dall’uccidere
(Gruppo OPG).
Passi biblici paralleli
vv. 1-15:
Mt 14.13-21: Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la
folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì
compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero:
«Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da
mangiare». Ma Gesù rispose: «Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare». Gli
risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qua». E dopo aver
ordinato alla folla di sedersi sull‘erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo,
pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla.
Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che
avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Mc 6.30-44: Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e
insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’». Era infatti
molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono
sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città
cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si commosse per
loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai
fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali
perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». Ma
egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare
duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a
vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». Allora ordinò loro di farli mettere tutti a
sedere, a gruppi, sull‘erba verde. E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. Presi i
cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai
discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e
portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani
erano cinquemila uomini.
Lc 9.10-17;
v. 4:
Gv 2.13.23: Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 23Mentre era a
Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo
nome.
Nm 28.26: Il giorno delle primizie, quando presenterete al Signore una oblazione nuova, alla vostra
festa delle settimane, terrete una sacra adunanza; non farete alcun lavoro servile.
Rt 1.22.17.23: Così Noemi tornò con Rut, la Moabita, sua nuora, venuta dalle campagne di Moab.
Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l‘orzo. 17Così essa spigolò nel campo
fino alla sera; batté quello che aveva raccolto e ne venne circa una quarantina di chili di orzo. 23Essa
rimase dunque con le schiave di Booz, a spigolare, sino alla fine della mietitura dell‘orzo e del
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frumento. Poi abitò con la suocera.
Dt 8.3: Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non
conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l‘uomo non vive soltanto
di pane, ma che l‘uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Ez 16.19: Il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l‘olio e il miele di cui ti nutrivo ponesti davanti
ad esse come offerta di soave odore. Oracolo del Signore Dio.
v. 6:
Gv 2.24-25: Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che
qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c‘è in ogni uomo.
v. 7:
Mt 20.2: Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
v. 9:
Ap 6.6;
v. 12:
Gv 6.31-35; Es 16.19: Poi Mosè disse loro: «Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino».
Mt 6.25-28: Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e
neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più
del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure
il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare,
può aggiungere un‘ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono
i gigli del campo: non lavorano e non filano.
Gv 11.50-51;
v. 14:
Gv 19.19: Pilato compose anche l‘iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il
Nazareno, il re dei Giudei».
v. 15:
Gv 18.36: Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo,
i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di
quaggiù».
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