LEZIONE DEL 11/01/2005:
Si sposta il discorso del baricentro del discorso linguaggio-logica-mondo. C’è un punto di partenza:
il ruolo ontologico è assegnato alla semantica stessa, dar forma all’essere del mondo. Questa tesi,
comunque, non si trova mai enunciata nelle Ricerche. Tutto l’impianto delle ricerche è un impianto
che si nega proposizioni cardine e una teoria con uno sguardo dall’alto, cosa che però troviamo nel
Tractatus. Non è una riflessione immanente alla struttura ordinaria del linguaggio. Non c’è un ordito
sistematico nelle Ricerche (è come il cammino in una città). L’oggetto stesso assunto a tema della
riflessione, ovvero il linguaggio ordinario, non è riconducibile ad un riferimento geometrico. Il
primo grande mutamento è quello di stile, che contiene un punto di partenza diverso. Ci troviamo
davanti ad un tessuto di osservazioni, in cui non c’è né un disegno predeterminato, né un centro. La
sua prima mossa è quella di scardinare uno dei tasselli che tiene insieme il Tractatus: relativo
all’esserci di un nucleo costitutivo del linguaggio dato dalla funzione denotativa-rappresentativa: i
nomi sono rappresentanti delle cose del mondo; il significato si dà per pura ostensione. Così cade
tuta la costruzione del Tractatus. C’è anche un senso diverso del costruire: non troviamo tesi a
priori. Le Ricerche procedono per osservazioni esemplari (nel Tractatus non si trovano esempi). Qui
si osserva quello che si fa con il linguaggio, analisi di proposizioni di tipo effettivo. Qui l’esempio
non è il caso che conferma una legge. Ciò che imputa alla tesi agostiniana è che dare un referente,
non ci dice niente, è qualcosa di ovvio, ma di vacuo. Deviazione tra senso e denotazione. La
funzione denotativa p una delle componenti del linguaggio, non la sua componente fondamentale.
Si procede per osservazione. Il ruolo della filosofia è quello di capire e descrivere. Il linguaggio
nella sua ordinarietà. [2] La risposta è un’azione (i muratori), non è un’ostensione. La metafisica,
nel Tractatus, viene data ai confini del linguaggio, ovvero al mistico. Il senso si determina
dall’assunto che il linguaggio è un insieme aperto di “giochi linguistici”, connesso alla tesi che in
quasi tutti i casi il senso di un termine è l’uso che se ne fa all’interno di una proposizione. Assimila
il significato di un termine alla pedina di una scacchiera: il denotare il senso di essere re lo si trova
all’interno della regola degli scacchi. Tutto viene assunto all’interno di ciò che facciamo con il
linguaggio. Un’altra importante metafora riguarda la cassetta degli attrezzi e le differenti funzioni
degli utensili. Esteriormente tutte le parole sono parole, ma ognuna di esse è irriducibile l’una
all’altra; compito della filosofia è rendere perspicuo l’uso delle parole. Il significato delle parole
non è l’oggetto per cui stanno. Tema delle regole immanenti: le regole del funzionare non sono le
stesse; ad esempio, la funzione di verità può valere per certe proposizioni, ma non per tutte. Molte
delle cose che diciamo non sono né vere né false (ad esempio: beh…). Il nucleo saldo non sta più
nella logica né nella raffiguratività della proposizione, ma nella forma di vita in cui si radica ogni
gioco linguistico. Il beh ha senso nel suo uso. Osservazione della città  § 18. Anche la matematica
o la chimica stanno nei sobborghi del linguaggio. Alla nascita di un linguaggio corrisponde una
forma di vita. Osservazione 23: la vita del segno è nell’uso. Osservazione 11: cassetta degli attrezzi.